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Autore: summers001    16/05/2023    3 recensioni
Oscar&Andrè | Missing moments | più capitoli | OOC: alcuni avvenimenti sono tratti dai fumetti, altri dall'anime, altri ancora dal film. I personaggi sono forse più vicini a quelli del manga. Li ho sicuramente un po' rivisitati, ma spero per il meglio.
Dal testo:
“Non hai sonno?” ti domando, con una voce che mi esce strana, troppo seria, troppo brusca, troppo tutto.
Guardi in alto, verso il cielo ancora pallido. Poi guardi me. “E tu?” mi domandi. Chissà cosa vuoi dire, chissà cosa nascondi. Mi siedo accanto a te stavolta. La manica della mia giubba struscia accanto alla tua. Vorrei allungare la mano, respirarti meglio. Immagino il calore del tuo corpo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Oscar

Comincia tutto negli occhi e nella voce di Fersen “Il mio Andrè avete detto?”

Sì, l’avevo detto.

L’odore di sangue, urina, fuoco e tizzoni bruciati, tenuti da mani madide di sudore, l’odore dell’odio, mi riempie le narici e mi annebbia la vista, esplodendo in cieca agitazione. Il buio nasconde i crimini. Si sentono al sicuro i francesi durante la notte. Cala il sole e si raggruppano nelle taverne e nelle piazze. Accendono un fuoco, si armano di picche e bastoni. L’alcol li fomenta, la puzza li accoglie, li alimenta, in un circolo vizioso di violenza. A Parigi di notte si suda come all’inferno.

L’avevo detto tante volte prima di allora: è sempre stato il mio Andrè. E allora? Provo a scappare, tento di strattonare le mani di Fersen che mi tengono le spalle, le braccia, le mani, mentre gli sfuggo alla presa e la riacciuffa al volo. Devo correre, aiutarlo. Cerco e studio quella fetta di mondo oltre il vicolo fetido in cui mi ha tratta in salvo. Non urlo, per non giocarmi un nascondiglio. Ascolto le voci, ignorando lui. Ogni suono in più mi ricorda il rumore di spari, di calci, pugni e bastonate. Ognuna di loro potrebbe essere per il mio Andrè. Contro di lui, le sue ossa, i suoi polmoni, la sua testa.

“Oh Oscar,” mi fa Fersen e smette di stringere e trattenermi con la forza. Mi passa una mano sulla guancia, una carezza, ed io mi irrigidisco confusa. Non ha bisogno di trattenermi perché non sto più fuggendo “andrò io a salvare il vostro Andrè.”

Comincia tutto da Fersen.

Il mio Andrè.

Respiro a fatica, ansimo quasi. L’ha capito lui prima di me. Scappa via e mi lascia col fiato corto mentre il pensiero si forma chiaro: il mio Andrè. Mi chiudo le mani attorno alla bocca ed urlo. Un urlo soffocato, energia senza aria, così tanta che mi fa male la bocca e le dita mi lasciano il segno sulle guance. Mi lascio cadere a terra ed urlo, urlo ancora.

Cazzo, cazzo, cazzo.

Quasi non respiro, è tutto offuscato. Ho paura e mi manca il fiato. Ricomincio a ragionare solo quando la mano mi finisce in una pozza calda. Urina, forse. Mi levo il guanto schifata e cerco di mettermi in piedi. Tengo ancora l’altra mano sopra la bocca per paura della mia voce. Sento il petto vibrare ed urlare ancora.

La fetta di mondo nascosta dal vicolo si apre di nuovo e vedo la piazza. Sento rumori di scarpe e frenesia. Un urto, un calcio forse. Nelle tue costole. Le sento rompersi, le conto e chiudo gli occhi per trattenermi. Uno, due, tre. Se ti raggiungo e mi prendono è finita per entrambi. Quattro.
Solo quattro.

La gente scappa dall’altro lato. Mi vede e mi ignora. Abbandona quella che potrebbe essere la scena di un delitto. Il pensiero mi muore dentro. No, no, no. Solo quattro, mi ripeto. Non sento più niente e piano piano mi sporgo, ti cerco, ti raggiungo. Seguo i suoni.
Non ci sono parole per descrivere la gioia che provo nel vederti, e muovere anche. Eccoti. Una macchia blu e nera sfocata, che imperterrita cerca di alzarsi, mentre io mi lascio cadere a terra e ti raggiungo, quasi ti trascino di nuovo giù.

“Oscar.” Mi chiami, mi guardi e mi chiedo se i miei occhi sembrino come i tuoi adesso. Mi incanto a guardarti, mente le mie mani placano le mie paure e tastano le tue costole per cercare le fratture. Ci sono? Neanche me ne rendo conto. “Tutta intera?” Mi chiedi e devi averla percepita la mia paura, perché mi sorridi e mi vuoi dire che è tutto apposto. Vorrei sorridere anch’io ma non ce la faccio e piango come una stupida, singhiozzo, come una donna innamorata.

Sei sulle ginocchia adesso. Non ti rispondo e mi tocchi i fianchi anche tu. Tutta intera, vorrei dire, ma faccio solo sì con la testa e asciugo le lacrime. I capelli si sono appiccicati ed impastocchiati sulla fronte tra il sudore e le lacrime. Che sciocco pensare a queste cose proprio adesso, a cosa sembro, all’aspetto che ho.

“Andiamocene prima che tornino.” Dici soltanto e fai uno sforzo che sembra immane. Fai forza su un piede ed allora ti prendo una mano senza pensarci. Non è strano. Non è stata come la carezza di Fersen. Conosco la forma ed il calore della tua pelle alla perfezione.

Siamo in piedi, l’uno di fronte all’altra e mi fermo a guardarti, perdo tempo. Sei alto. Sento il rumore del mio cuore, e quelle parole con la voce di Fersen “il mio Andrè”. Mi torna in mente il vicolo e mi girò. “Là!” Ti indico e tu capisci e cominci a zoppicare in quella direzione. Ti vengo dietro, ti afferro per le spalle ma neanch’io cammino bene e ti sento sorridere.

“Sei tu che reggi me o il contrario?” Mi chiedi. Hai una voce viva, dolce, mi fa pensare alla primavera.

“Entrambi.” Rispondo solo, è il meglio che riesco ad ottenere. Eppure di parole ne ho tante che mi esplodono in testa.

“Se solo non fossi così mal ridotto.” Dici e lasci che quello che hai detto rimanga sospeso nell’aria.
Se non fossi così mal ridotto, cosa succederebbe, Andrè? Ti studio raggiungere il vicolo, il mio rifugio, dove tutto è cominciato; accasciarti contro il muro come avevo fatto anch’io, quando? Cinque minuti fa? Guardo altrove perché tu non ti insospettisca. Mi conosci così bene che potrei tradirmi presto.

Arriva una carrozza. La fermiamo. Il cocchiere mi fa un cenno. Che venga da Fersen?

Salgo io per prima ed allungo da dentro una mano per tirare su anche te. Tu, con le mani sulle ginocchia, mi guardi come se volessi contraddirmi, provarmi che sei forte anche tu, ma per questa volta non hai le forze ed accetti il mio aiuto. Lo vedi, ti conosco anch’io.

Mi prendi la mano e ti lancio su. Cadi sul sedile davanti ed io su quello dietro, l’uno di fronte all’altra. Ci accasciamo e ridiamo. Ridiamo di cuore mentre ce ne andiamo da Parigi, sani e salvi. Ridiamo perché siamo vivi. Rido perché sono innamorata. Ci mettiamo le dita davanti alla bocca come dei bambini quando sentiamo voci da fuori, ma le voci aumentano e dobbiamo davvero smetterla. Sento il cuore leggero come quando scappavamo dalla nonna dopo aver rubato il dolce in cucina.

Guardo fuori. Passiamo da certi vicoli e penso a Rosalie. A lei, nella sua casa, nel suo letto, con suo marito. Vorrei dirtelo ora, adesso. Vorrei dirti che ho scoperto una cosa, che non ci avevo mai pensato prima. O forse sì, ma non sembrava così perché i miei sentimenti s’erano mischiati e confusi ed è giusto, forse è così che dovrebbe essere. L’amore confina un po’ con l’amicizia, o sono proprio la stessa cosa? Due facce della stessa medaglia.

“A proposito chi è stato il nostro benefattore?” Mi domandi.

“Fersen.” Dico e torno a guardare fuori, pensando a come dirtelo. Mi rendo conto subito del silenzio. Pesante, arido, spoglio. Crederai che è a lui che sto pensando, magari in pensiero per la sua vita. Sì, ovvio, anche, ma…

Ora guardi fuori anche tu. Hai messo una mano davanti alla bocca, hai creato distanza. Ti ho ricordato quanto amarmi ti ferisca. Hai paura di vedere cose che credi non ci siano. No, no, Andrè, mio Andrè come posso convincerti che è a te che pensavo? Apro la bocca per dire qualcosa, ma non mi esce niente. Non so che dire. Torno a guardare fuori, poi sento un fruscio. Sei tu? Mi giro e fingi di distarti ancora.

Ti piaccio ancora?
Mi ami ancora?


 


Angolo dell'autrice
Heeeello!
Eccone un altro. Quando facciamo uscire il prossimo?
 
  
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