Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Kimando714    24/05/2023    0 recensioni
La vita a quasi trent’anni è fatta di tante cose: eventi felici ed eventi che ti mandano in crisi, successi ed insuccessi, traguardi personali e lavorativi, vecchi legami che cambiano e nuovi che nascono … Giulia è convinta di saper navigare il mare di contraddizioni che la vita le sta per mettere di fronte, e così lei anche il gruppo storico di amici. Ma la vita ti sorprende quando meno te l’aspetti, e non sempre sei pronto a ciò che ti pone davanti. E forse, il bello dell’avventura, sta proprio in questo.
“Se è una storia che sto raccontando, posso scegliere il finale. Ci sarà un finale, alla storia, e poi seguirà la vita vera” - Margaret Atwood, The Handmaid’s Tale
[Terza e conclusiva parte della trilogia “Walf of Life”]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 2 - KEEP THE FAITH
 
 
What do you got, if you ain't got love
Whatever you got, it just ain't enough
You're walking the road, but you're going nowhere
You're trying to find your way home, but there's no one there
Who do you hold, in the dark of night
You wanna give up, but it's worth the fight
(Bon Jovi - "What do you got?")*
 

Il sole degli ultimi giorni di Gennaio non aveva mai riscaldato così tanto. Sembrava quasi una primavera anticipata, una falsa primavera che sarebbe durata solamente fino al ritorno delle piogge e delle mattine gelide. C’era una bella luce che entrava dalla finestra della cucina: Pietro era sicuro che, vicino alle vetrate, dovesse fare davvero caldo.
Represse con fatica uno sbadiglio, mentre si versava il caffè appena pronto nella tazzina che usava ogni singolo giorno; poteva permettersi più calma, al sabato mattina, per fare colazione e riprendersi dal risveglio avvenuto da poco.
Andò a sedersi al solito posto al tavolo, sul lato sinistro, di fronte a Giada. Si era svegliata prima di lui, come al solito, insolitamente piena di energie e florida come non succedeva da un po’ di settimane.
-Forse dovremmo pensare a trasferirci in un appartamento più grande-.
Per i primi secondi Pietro non si rese nemmeno conto che Giada aveva parlato, con una tale disinvoltura che faceva sembrare di aver appena ripreso un discorso interrotto solo qualche minuto prima.
Forse per il sonno, o forse per l’incredulità delle parole, Pietro non comprese appieno ciò che aveva appena udito.
-Perché?- chiese semplicemente, alzando appena gli occhi dalla sua tazzina di caffè fumante.
Giada sgranò gli occhi, bloccandosi con il cucchiaino a metà strada tra la sua bocca e lo yogurt che stava mangiando:
-Come perché?- ripeté, quasi incredula – Quando saranno grandi questo appartamento sarà troppo piccolo. E poi vorranno ognuno una stanza per sé-.
“Ma certo” si ritrovò a pensare tra sé e sé Pietro, con una punta di malcelato fastidio, “Come ho fatto a non pensarci subito”.
Cercò di reprimere il soddisfacimento che provò mentre, con tutta la nonchalance che gli era possibile, cercava il modo per smontare i piani di Giada nel più breve tempo possibile:
-Manca ancora un sacco di tempo. Lascia che prima crescano un po’, almeno-.
Erano passate a malapena due settimane dalla cena a casa di Alessio, e poco meno di dieci giorni da quando Giada – quasi provvidenzialmente- aveva fatto il test di gravidanza che accertava che, effettivamente, era di nuovo incinta. Stavolta non c’erano stati tentennamenti di alcun genere, né dubbi né timori che l’avevano spinta a fermarsi a pensare per più di un secondo: era partita con mille progetti diversi, tutti riguardanti la vita che li attendeva. L’idea di una casa più grande andava solo ad aggiungersi ad una lista già troppo ampia.
Avrebbe dovuto farci l’abitudine a quella nuova vitalità che aveva ritrovato Giada nel loro rapporto, dopo un anno e mezzo: era come se dopo la nascita di Giacomo, pian piano, avessero ritrovato anche qualche motivo per essere legati – per rimanere legati.
“O forse mi sono solo rassegnato a vivere così, con lei accanto”.
Forse poco importavano le dinamiche e come si erano evolute: l’unico risultato era quello, uno scenario in cui stavano giocando a fare la famiglia felice, con un secondo figlio in arrivo.
-Se sarà una bambina i tempi si accorceranno- obiettò lei, aggrottando la fronte.
-Ci penseremo più avanti- tagliò corto lui, cercando di ignorare gli occhi azzurri di Giada che lo tenevano fissato in un misto di stupore e delusione. Sembrava del tutto sorpresa di non trovare l’appoggio di Pietro in cui, a quanto pareva, aveva creduto e dato per scontato. Si alzò lentamente dalla sedia, Pietro che la teneva osservata di sottecchi mentre finiva di rigirare il cucchiaino nella tazzina. La alzò, bevendo tutto di fiato, qualche secondo prima che Giada finisse la sua circumnavigazione del tavolo, arrivandogli di fianco. Gli sfilò la tazzina dalle dita, riappoggiandola sulla superficie del tavolo, prima di sederglisi in grembo.
Ora che l’aveva così vicina, a tanto così dal poter inspirare il suo profumo femminile, Pietro si sentì più vulnerabile: gli era sempre stato difficile combattere contro il lato più ostinato del carattere di Giada. Era conscio che quella vicinanza fosse solo una tattica che, a quanto sembrava, secondo lei l’avrebbe fatto capitolare più in fretta.
-Non mi sembri molto entusiasta all’idea di trasferirti-.
Pietro represse a stento uno sbuffo sonoro, mentre Giada portava una mano sui suoi capelli, accarezzandoglieli piano.
Aveva ragione: l’idea di andarsene da quell’appartamento gli dava semplicemente la nausea. C’erano troppi ricordi racchiusi tra quei muri, troppi legami che erano rimasti nonostante il passare degli anni.
Ricordava ancora perfettamente, in ogni minimo particolare, il giorno in cui lui ed Alessio avevano varcato la porta d’ingresso per la prima volta. Pensare di lasciare quella casa gli faceva stringere il cuore, lo lasciava vuoto come un guscio aperto ed ormai inutile.
-Dico solo che non c’è bisogno di pensare di traslocare subito- si sforzò di mormorare, passandosi una mano sul viso – E poi non abbiamo abbastanza soldi da parte per farlo-.
-Questo è vero- per una volta Giada sembrò ammettere la sconfitta su quel fronte – Dovremo mettere da parte qualcosa. Però gli affitti a Mestre sono decisamente più bassi, e … -.
-Possiamo parlare d’altro?- la interruppe, alzando finalmente gli occhi verso di lei – Mi stai facendo venire l’ansia-.
Sperò con tutto il cuore che si alzasse per allontanarsi – era già abbastanza difficile la notte quando si ritrovavano a dover condividere lo stesso letto per dormire-, ma quando seguì il lento movimento della mano di Giada, Pietro non riuscì a reprimere un brivido di repulsione. La sentì abbandonare i capelli, scendere lungo la mascella e poi con gli stessi movimenti calcolati accarezzargli il collo, la curva delle spalle.
Non erano carezze casuali, e per quanto cercasse di allontanare la nausea che gli stava salendo, ogni tentativo sembrava sempre meno funzionante. Ormai succedeva sempre più spesso e ogni volta che Giada lo toccava in quel modo, ed ogni volta diventava sempre più difficile da sopportare.
Il timore di arrivare presto al limite era sempre più concreto e sempre più ingombrante.
-Va bene- Giada gli sussurrò in un orecchio, sensuale – Se vogliamo parlare d’altro … Avrei un’idea da proporti-.
Pietro rimase immobile, mentre l’altra mano di Giada si intrufolava sotto il bordo della maglietta, arrivando alla pelle dell’addome.
-Tipo?-.
Sentì se stesso sussurrarlo quasi con timore, talmente piano che Giada non l’avrebbe nemmeno sentito, se solo si fosse trovata un po’ più distante.
-Questo-.
Sapeva che di lì in poi sarebbe stato tutto meccanico, come se a guidarlo fosse qualcuno altro. Non impedì a Giada di baciarlo, né di continuare quel contatto.
Era un’abitudine, ormai: aspettare che finisse tutto, cercare di non pensarci troppo ed immaginare che fosse qualcun altro al suo posto.
 
*
 
Everyone needs just one, someone
To tell them the truth
 
Tirava una leggera brezza pomeridiana, mentre le nuvole rendevano il sole sempre meno visibile e lontano. Pietro rabbrividì appena, quando una folata più forte delle precedenti lo raggiunse, colpendolo e scompigliandogli appena i capelli.
Anche le innumerevoli barche attraccate al molo, lungo la riva degli Schiavoni, ondeggiavano al ritmo della laguna sollecitata dal vento, i rimbombi degli scafi che facevano da sottofondo a quella passeggiata particolarmente silenziosa.
Quando Fernando gli aveva telefonato a metà settimana, Pietro era rimasto sorpreso: erano mesi che si faceva vivo solamente attraverso qualche messaggio, con risposte laconiche che non lasciavano trasparire nulla che non fosse superficiale. Quando aveva visto il mittente della chiamata aveva sbattuto le palpebre un paio di volte per l’incredulità.
Non poteva non ammettere, però, che gli aveva fatto piacere scoprire che Fernando non aveva affatto dimenticato l’arrivo del suo compleanno. Gli aveva chiesto se gli andava di passare qualche ora con lui – tanto per fargli gli auguri, chiacchierare in pace, una normale uscita come non capitava da tempo-, e a quella proposta Pietro non aveva potuto rifiutare, non quando il suo compleanno cadeva proprio di sabato.
Erano appena le tre del pomeriggio, mentre si ritrovavano a girovagare senza una reale meta: quando mezz’ora prima si erano incontrati, davanti a San Marco, la prima cosa che Fernando aveva fatto era stato abbracciarlo mentre gli sussurrava gli auguri per il suo ventisettesimo compleanno. Era stato un abbraccio lungo, intenso, ed aveva lasciato a Pietro una sensazione così strana che non era riuscito a decodificarla. Non era qualcosa dovuto al lungo tempo che era passato dall’ultima volta che si erano visti: era una malinconia totalmente differente, che l’aveva scosso nel profondo.
Svoltarono per una calle che si addentrava nei meandri della città, poco affollata di turisti di passaggio. Poco più avanti Fernando alzò un braccio per indicare l’insegna di un piccolo bar: ad una prima occhiata a Pietro sembrò una di quelle bettole frequentate unicamente dagli abitanti del posto, dove i proprietari dovevano conoscere ognuno dei clienti.
-Ci avventuriamo lì dentro?- Fernando si voltò brevemente verso di lui, un sorriso incoraggiante che spuntava fuori dalla barba scura e fitta.
-Già stanco di girovagare?- lo prese in giro Pietro, prima di seguirlo verso l’entrata.
Qualche minuto dopo avevano già occupato un tavolo – uno minuscolo che bastava appena per due persone- e ordinato due birre. A quell’ora nel piccolo bar non c’era quasi nessuno oltre a loro – solo una coppia di anziani infervorati dalla partita a carte che stavano portando avanti-, e le loro ordinazioni arrivarono praticamente subito.
-Speravo di poterti festeggiare in posto migliore, ma ultimamente le mie tasche sono un po’ vuote- mormorò Fernando, il tono di scuse che la sua voce lasciava trapelare. Pietro sorrise tra sé e sé, nel poter risentire il famigliare e vago accento ispanico dell’altro.
-Va benissimo anche qui- disse, cercando di essere convincente – E poi mi interessa più parlare con te che festeggiare sul serio-.
Di certo quello non era il primo posto che gli sarebbe venuto in mente dove andare – troppo spartano e rozzo come ambiente, troppo piccolo per non sentirsi soffocare-, ma in quel momento gli importava davvero molto di più poter passare qualche ora da solo con Fernando.
-Immagino tu abbia festeggiato già decentemente a casa- Fernando prese un lungo sorso di birra, la schiuma che gli imbiancò la parte superiore della barba – Hai ricevuto qualche regalo?-.
-Un disegno da mio figlio vale?- rise Pietro.
Giacomo l’aveva festeggiato regalandogli un foglio bianco dove aveva disegnato – per quanto i tratti delle figure fossero stilizzati ed abbozzati con mille diverse matite colorate- lui, Pietro e Giada tutti insieme. Quando l’aveva preso dalle sue mani, Pietro aveva dovuto sforzarsi un po’ per non piangere.
-Certo che vale- gli sorrise addolcito Fernando – Era un bel disegno?-.
-Ci sono ampi margini di miglioramento, ma per ora va benissimo così-.
Risero di nuovo, in un momento di distensione totale come ancora non era successo. Per un attimo a Pietro sembrò di essere tornato a tre anni prima, quando Giacomo ancora era ben lontano anche solo dal nascere, e Fernando cominciava ad essere sempre più un punto di riferimento imprescindibile. Sembravano tempi lontanissimi, e ricordarli lo fece diventare a tratti malinconico.
-Non sai quanto mi piacerebbe rivedere tuo figlio, ora che è cresciuto-.
Pietro osservò il sorriso mesto di Fernando, mentre parlava con aria così pensierosa che gli sembrò quasi si stesse rivolgendo a se stesso.
-Me lo immagino un po’ come la tua fotocopia, solo un po’ ringiovanita- aggiunse, a voce un po’ più alta, rialzando gli occhi scuri.
Pietro rise appena, pensando che, pur inconsapevolmente, Fernando non ci era andato poi così tanto distante.
-Magari un giorno te lo presento di nuovo- disse, riportando alla mente un altro ricordo, quello del giorno in cui Fernando aveva conosciuto Giacomo ancora neonato – Probabilmente non si ricorda di te dall’ultima volta … Era giusto un po’ piccolo-.
Fernando annuì, in una tacita conferma:
-Già-.
Pietro prese un lungo sorso di birra fresca, nel tentativo di prendere tempo. Era da quando aveva rivisto Fernando, nell’esatto momento in cui l’aveva abbracciato e tenuto stretto, che sapeva che non sarebbe riuscito a tenersi dentro la notizia di quel che stava avvenendo nella sua vita.
Non aveva idea di come l’avrebbe presa: le cose erano cambiate rispetto a quando Giada era rimasta incinta la prima volta, e anche Fernando era cambiato. Lui stesso non era più lo stesso, su questo non ci pioveva.
Era qualcosa che gli voleva dire, nonostante tutto; sarebbe stato il primo a saperlo, e sarebbe passato ancora un po’ di tempo prima che la notizia si spargesse – Giada cominciava a fidarsi poco dei suoi trentasette anni, e aspettare il terzo mese prima di annunciarlo a parenti ed amici era l’unica cosa che le importava.
-Sembra che avrà un fratello, ad Agosto- si ritrovò a mormorare piano Pietro, con più serenità di quella che si era aspettato da se stesso – O una sorella, chi lo sa-.
Fernando sgranò gli occhi, guardandolo sorpreso:
-Sul serio?-.
Pietro annuì, di colpo sul chi vive; il nodo d’agitazione che sentiva in gola si sciolse dopo qualche secondo, quando Fernando si lasciò andare ad un sorriso contento:
-Congratulazioni, caspita!- si sporse sopra il tavolo per lasciare una pacca sulla spalla di Pietro – Sei felice della notizia?-.
Quella era una domanda a cui rispondere era più complicato di quel che poteva sembrare.
-Sì, non lo sembro?- replicò Pietro, conscio che quel tentativo di sviare non avrebbe mai potuto funzionare appieno con Fernando: condivideva con Alessio la capacità di capire cosa gli passasse per la mente in qualsiasi momento, in qualsiasi occasione. Era come se le sue difese venissero meno ogni volta che veniva scrutato dai loro occhi.
-Non lo so-.
Fernando abbassò per un attimo lo sguardo, le mani lasciate intorno al suo boccale, ormai pieno solo per metà. Sembrava in preda ai suoi pensieri, e Pietro riuscì a percepire che, inevitabilmente, l’atmosfera si era fatta più seria e meno svagata.
-Fatico ancora un po’ a credere che mettere su famiglia con Giada sia la cosa che vuoi davvero. Ma se senti di essere sufficientemente felice così … -.
Pietro tacque per un attimo, gli occhi abbassati sul tavolo. Fernando era stato interrotto da un accesso di tosse particolarmente violento che spinse Pietro ad alzare gli occhi, chiedendosi se gli fosse andato di traverso qualcosa; il volto cereo di Fernando era ancora contratto dallo sforzo di tossire, un fazzoletto tirato fuori e messo davanti alla bocca.
Quando riuscì finalmente a calmarsi, Pietro si fece coraggio:
-Le cose sono un po’ cambiate- mormorò, le mani giunte in grembo sotto il tavolino.
Erano cambiate, per davvero … Ma in peggio. Pietro tacque su quel particolare: Fernando non gli sembrava nella miglior forma possibile, né così sereno come tentava di apparire. Fargli sapere anche quel lato della sua vita attuale, quello più difficile anche solo da spiegare, sarebbe equivalso solo a farlo tornare a casa ancor più in apprensione.
Pietro trattenne a stento un sospiro stanco, esasperato.
Si era talmente abituato a vivere in quella bolla di finzione che ora, nel rischiare di farla scoppiare, quasi si sentiva terrorizzato.
E non poteva caricare di nuovo anche le spalle di Fernando con i suoi problemi. Era lui che aveva scelto quella strada, senza distrarsi un attimo dal sentiero principale.
Era la norma, ormai, fare finta che andasse tutto bene. Forse anche Giada ci si era abituata: non sembrava nemmeno più delusa ogni volta che tra di loro non riuscivano ad andare oltre qualche bacio, qualche carezza più spinta e qualche contatto intimo. Era stato così anche la settimana prima: ormai non c’era neppure più il bisogno di accampare scuse per certe défaillance, tanto erano diventate ricorrenti.
A Pietro non importava neppure più il giudizio di Giada. Era arrivato ad un punto tale in cui la strada si biforcava inevitabilmente: cedere alle paure, o avere fede in sé e sperare che, prima o poi, tutto sarebbe finito.
Era quella fede che lo stava facendo andare avanti, ogni singolo giorno.
Fernando annuì piano, un sorriso appena presente sulle sue labbra ma sincero:
-Buon per te. Davvero, Pietro: se sei contento tu, lo sono anche io-.
Pietro gli sorrise di cuore: era come sentirsi dire che, finalmente, anche qualcun altro credeva in lui.
-Grazie-.
Per un attimo nessuno di loro disse altro. Pietro non ne sentiva l’esigenza, né percepiva quell’improvviso silenzio con la pesantezza con cui l’avrebbe percepito in qualsiasi altra situazione: sapeva che non c’era bisogno di aggiungere altro. Era consapevole che, in fondo, il punto era proprio quello: che nonostante la lontananza, gli sporadici incontri e le idee completamente diverse, Fernando era lì per lui. Ci sarebbe stato sempre.
Per un attimo sentì alcune lacrime agli angoli degli occhi, ma cercò di ricacciarle indietro come meglio poté. Gli sorrise ancora, poco prima di avvicinare il boccale di birra per mandar giù un altro sorso generoso.
-E tu?- gli chiese qualche secondo dopo, schiarendosi la voce – Che mi dici?-.
Fernando alzò le spalle, d’un tratto meno sorridente:
-Non è cambiato molto negli ultimi sei mesi- mormorò, con una sorta d’esitazione che mal gli si addiceva. Pietro aggrottò la fronte, confuso:
-A me sembri un po’ cambiato-.
Era la prima volta che glielo faceva notare, anche se non poteva dire che Fernando fosse cambiato davvero e solo negli ultimi sei mesi in cui non l’aveva visto. Era stato un cambiamento graduale, da un anno e mezzo a quella parte, e che ancora non era del tutto percepibile.
La differenza stava nei piccoli dettagli, nei gesti meno entusiasti e nei sorrisi meno calorosi che, invece, appartenevano al Fernando che Pietro aveva conosciuto alla laurea di Giulia.
-Forse sono più disilluso-.
Fernando abbassò gli occhi per un lungo attimo durante il quale, esitante, Pietro non era riuscito a scrollarsi di dosso la sensazione che ci fosse molto di più dietro a quelle parole vaghe. Sembrava che Fernando volesse chiudere quella conversazione il prima possibile, ma Pietro fece comunque un tentativo:
-Ne vuoi parlare?-.
Cercò di avvicinarsi a lui più che potè, da sopra il tavolo, come a volergli dimostrare ancor di più la sua vicinanza. Non era sicuro di poter aiutare sul serio Fernando – non parlavano seriamente da troppo tempo, e Fernando eludeva le domande su di sé troppo facilmente per lasciar trasparire qualcosa che andasse oltre la superficie-, ma era almeno sicuro di volerci provare. Per una volta avrebbe volentieri ricambiato tutti i favori che aveva ricevuto da quando si conoscevano; aveva voglia di ascoltarlo, non solo di parlargli di quanto la sua vita fosse un intero casino.
-Va tutto bene, non preoccuparti- Fernando gesticolò appena, per niente meno determinato di fronte allo sguardo pieno di scetticismo che Pietro gli rivolse.
-Sul serio, sto bene-.
Fernando allungò il braccio da sopra il tavolo, raggiungendo la mano che Pietro aveva lasciato mollemente sulla superficie; il palmo di Fernando aderì al suo dorso in un contatto d’affetto che, per qualche secondo, riuscì a rincuorare Pietro.
Abbassò gli occhi per un secondo, un sorriso lieve che gli si stava dipingendo sulle labbra, lo stesso sorriso che gli si ghiacciò nel momento in cui osservò la manica lievemente sollevata di Fernando, nello sforzo di tendere il braccio verso di lui.
C’era uno strano rossore sul polso – una macchia color vinaccia che rovinava la pelle leggermente ambrata di Fernando-, che era rimasto coperto dal bordo della manica fino a quel momento.
Forse era solo una bruciatura che Fernando doveva essersi procurato cucinando, anche se non ne aveva molto l’aria.
 “È solo un neo. Deve essere solo un neo”.
-Ne sei sicuro?-.
Pietro rialzò gli occhi, percependo la propria voce più profonda e più inquieta di quel che si sarebbe immaginato. C’erano mille spiegazioni diverse che potevano ricondurre a quegli sfoghi, e non voleva sembrare troppo paranoico; c’era qualcosa, però, una sensazione irrazionale che invece non lo lasciava respirare.
Fernando aggrottò la fronte, stringendogli un po’ di più la mano:
-Ehi, non devi farti prendere dall’ansia anche per me, ok?-.
Lo disse sorridendo, lo stesso sorriso forzato che Pietro aveva imparato a riconoscere e a distinguere da quelli sinceri.
Lasciò vagare gli occhi su tutta la figura di Fernando, sulle poche parti di pelle lasciate scoperte dai vestiti invernali e dalla sciarpa che aveva ancora intorno al collo. Era proprio lì, appena sotto il mento, quasi nascosta dal tessuto morbido della sciarpa, che gli parve di vedere lo stesso livido rosso, fin troppo simile a quello sul polso.
Non riusciva a vederlo distintamente, e non aveva l’assoluta certezza che fosse una macchia simile alla prima; quasi in un tentativo di autoconvincimento, Pietro liquidò la cosa come autosuggestione. Doveva essere solo un neo, nulla di cui aver paura – o almeno, era questo che voleva credere.
Alzò gli occhi sul viso di Fernando, ricambiando la stretta della sua mano.
-Ma se ci fosse qualcosa che non va me lo diresti, vero?-.
Sperò con tutto sé stesso che Fernando gli dicesse di sì.
Sperò che, prima o poi, si fidasse di nuovo abbastanza per parlare con lui; non voleva vedere Fernando seguire la sua stessa strada e vederlo fare forza unicamente su di sé.
Avrebbe voluto dirglielo a voce, dirgli che almeno lui doveva avere fiducia e fidarsi di chi gli stava accanto.
-Sì, certo-.
Fernando abbassò appena gli occhi, prima di sciogliere lentamente la presa della mano e cercare di tornare a sorridere più convintamente di prima.
Quel tentativo di farlo restare tranquillo fece stringere il cuore di Pietro ancora una volta, nella maniera più dolorosa possibile.
-Ma ora piantala con queste paranoie. È il tuo compleanno, e stai per diventare di nuovo padre: dobbiamo festeggiare- Fernando alzò il suo boccale a mezz’aria, in una tacita proposta di brindisi – E non accetterò proteste-.
Pietro si arrese: alzò a sua volta il suo boccale, ormai più vuoto che pieno, facendolo scontrare con quello di Fernando. Il tintinnio di vetro accompagnò la sua incertezza e il suo domandarsi se, prima o poi, ci sarebbe stato sul serio qualcosa da festeggiare.
 






 
*il copyright della canzone appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.

NOTE DELLE AUTRICI
Il secondo capitolo è interamente dedicato a Pietro, e allo scorcio sulla sua vita attuale. A quanto pare, da quando ha deciso di rimanere con Giada per amore del figlio, la sua vita è rimasta incastrata nel ruolo di compagno e padre che, però, gli va stretto, non tanto a causa di Giacomo ma per Giada stessa. Sembra ormai essersi assuefatto e rassegnato a restare con lei pur non provando alcuna felicità, e soprattutto sentendosi sempre meno a suo agio. 
Tutt'altro sentimento che prova nel rivedere il vecchio amico Fernando, dopo molti mesi di silenzio e senza essersi mai incontrati. Il loro è comunque un incontro dal tono di velata malinconia, a cui si aggiunge poi una sensazione poco serena da parte di Pietro. Fa bene ad essere preoccupato o sta ingigantendo il tutto? Voi cosa avreste fatto al suo posto?
Questi primi due capitoli sono stati piuttosto brevi, ma erano solo un assaggio: dal prossimo aggiornamento aspettatevi capitoli decisamente (ma davvero molto) molto più lunghi! E stavolta non dovreste nemmeno aspettare molto … Ci rivediamo mercoledì prossimo con il capitolo 3! 😊
Kiara & Greyjoy
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Kimando714