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Autore: ChrisAndreini    08/06/2023    1 recensioni
[Seguito di Rainbow Cookies, si consiglia la lettura del libro precedente prima di leggere questo, onde evitare spoilers]
Sono passati sette mesi da quando Leo è tornato a casa dopo la sua incredibile avventura nei sette regni, eppure l'aspirante cuoco non riesce ancora a riprendersi del tutto, e a ricominciare a vivere una vita normale. Non aiuta che la sua migliore amica continua ad impedirgli di tornare in visita a Jediah.
E quando scopre che una guerra è scoppiata tra i due regni rivali, dovrà usare tutte le sue poche abilità per riuscire a salvare i suoi amici ed evitare che molte persone muoiano, affrontando combattimenti, sospetto, e soprattutto una schiera di divinità che non tollerano affatto che outsiders mettano mano nella loro Storia perfettamente programmata.
Armato solo della sua capacità in cucina, il suo istinto suicida, e conoscenze di un futuro che cercherà di cambiare in tutti i modi, riuscirà Leo a sopravvivere ad una seconda avventura nei sette regni?
Le divinità dicono di no!
Genere: Comico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rainbow Cookies'
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Divento giardiniere e crocerossina… che dolore pazzesco!

 

Leo si era ripreso completamente, Gideon era stato dimesso, e con le nuove strategie di difesa, gli attacchi erano diventati sempre più semplici da sventare… soprattutto grazie ad Alex che, più energica grazie alle cure magiche di Leo, aveva offerto grandi spunti.

E tutto questo in meno di una settimana.

Un problema che però continuava a persistere e si faceva sempre più grave era la mancanza di risorse, soprattutto combustibile, più che cibo.

E dopo giorni di riflessioni sulle parole di Flora, e sulla sua nuova utilissima benedizione, a Leo era venuta un’idea.

Pericolosa… molto pericolosa… rischiava di rimetterci almeno una vita.

Ma valeva la pena tentare.

Pertanto chiese di essere mandato, insieme a Gideon e ad Alex, al villaggio a rifornirsi di cibo.

E si fece lasciare nella foresta infinita.

Da vicino gli alberi bruciati facevano un effetto davvero tremendo.

-Leonardo, cosa vuoi fare qui?- chiese Alex, guardandosi intorno e assicurandosi di non essere stati seguiti.

Avevano alcune ore e tanti compiti, ma Leo si fidava a lasciare il rifornimento ad Alex e Gideon, dato che anche gli altri bambini si erano offerti di aiutare.

Era bello avere una squadra che gli guardava le spalle.

Anche se Alex iniziava a preoccuparsi un po’ troppo per lui.

-Spero sia una cosa importante, dato che puzzerò per sempre!- si lamentò Gideon, lanciando un’occhiataccia al sacco di fertilizzante che Leo aveva portato con loro e che stava scaricando dalla carrozza fetida.

-Lo spero anche io- borbottò, osservando il contenuto e valutando quanto utilizzarne.

Sperava davvero che avrebbe funzionato.

E che non sarebbe inavvertitamente rimasto ferito in modo grave nel tentativo.

Tipo amputazioni o ustioni di quarto grado…

No, non poteva farsi fermare dai dubbi. Aveva fatto i calcoli, e sebbene non fosse esperto di statistica, Leo era certo che le cose sarebbero andate per il meglio.

La speranza è l’ultima a morire!

-Leonardo, cosa vuoi fare qui?- chiese nuovamente Alex, decisamente preoccupata.

-Un esperimento. Ma tranquilla, è super sicuro. Niente di preoccupante- mentì Leo, con sicurezza, per provare a rassicurarla.

Alex ormai lo conosceva troppo bene per farsi fregare.

-Leonardo, cosa vuoi fare qui?- chiese nuovamente, fissandolo dritto negli occhi.

Leo distolse il proprio sguardo.

-Una cosa... tu e Gideon dovete andare se volete fare tutte le commissioni in tempo. Non potete rischiare di attirare attenzione indesiderata o arrivare in ritardo- Leo provò a scrollarsela di dosso.

-Leonardo, cosa vuoi fare qui?- Alex però era un disco rotto, e cercò lo sguardo di Leo.

Il cuoco decise semplicemente di non risponderle, e si limitò a portare il fertilizzante fatto in casa verso i resti bruciate degli alberi, che iniziò ad analizzare.

Non sembravano completamente morti, era una cosa positiva.

Onestamente Leo non credeva che sarebbe riuscito nel suo intento, ma tanto valeva tentare.

Degli alberi facevano comodo in quella circostanza, e la dea Flora aveva detto “esseri viventi”. Gli alberi non erano esattamente esseri, ma erano viventi, no?

-Leonardo…- cominciò Alex.

-…cosa vuoi fare qui?- conclusero insieme a lei sia Leo che Gideon.

Alex lanciò loro un’occhiataccia.

-Sentite, ho tutto sotto controllo, e se avessimo abbastanza tempo vi terrei anche qui intorno ad aiutarmi, ma è una cosa che devo fare da solo, e non abbiamo tempo. Tranquilla, Alex. Andrà bene. Ci rivediamo qui tra due ore, come stabilito- Leo decise di spiegare un po’ meglio, senza però fornire troppi dettagli.

Se l’avesse fatto, Alex probabilmente avrebbe cercato di fermarlo.

Sembrava in procinto di farlo comunque.

-Leonardo…- 

-…cosa vuoi fare qui?- indovinò Gideon, che iniziava a divertirsi.

-No! Volevo dire… Leonardo, non mi convince questa cosa. Potrebbe essere pericoloso, e sei ancora…- Alex non concluse la frase, ma lanciò un’occhiata a Gideon, che abbassò la testa, e abbandonò il sorrisino.

Leo e Alex cercavano di non parlarne e di non farglielo pesare, ma Gideon aveva capito che Leo era rimasto ferito nel salvarlo, e si sentiva parecchio in colpa.

Forse anche per questo motivo era diventato molto più incline a seguire gli ordini di Leo.

-Sto benissimo, Alex! Non ci proverei se non sapessi con assoluta certezza che è una cosa sicura e che sono in grado di affrontare- Leo rassicurò entrambi… ma stava mentendo.

Non aveva la più pallida idea di cosa gli riservava il futuro.

Ma, ehi, le grandi scoperte si facevano solo tentando, e Leo aveva ancora cinque vite.

Alex si morse il labbro, incerta, ma alla fine sospirò, cedendo.

-Ci vediamo tra due ore… andiamo, piccoletto- incoraggiò Gideon a seguirla, e si avviò nuovamente alla carrozza.

Gideon esitò un attimo prima di seguirla.

-Ci vediamo dopo- disse solo, andandole dietro zompettando.

Leo aspettò di vederli sparire all’orizzonte prima di mettersi a lavoro.

Il fertilizzante puzzava tantissimo, ma iniziava ormai a farci l’abitudine, e aveva portato degli ottimi guanti spessi per lavorare senza restare troppo disgustato.

Anche se… lui era abituato al cibo, non alla terra.

Beh, dai, alla fine molti ingredienti venivano dalla terra, che era concimata… non sarebbe stato così traumatico… forse… sperava.

La prima cosa era cercare un perfetto esemplare per il primo esperimento.

Un albero non troppo grande, non troppo bruciato… non troppo lontano perché il fertilizzante era anche pesante, oltre che puzzolente.

Leo si preparò psicologicamente, si tolse i vestiti scomodi e la parrucca per non rischiare di sporcarli, restando quindi solo con la biancheria intima che comprendeva mutandoni e canottiera di lana, e poi infilò i guanti, pronto ad un’operazione che con molta probabilità sarebbe risultata infruttuosa o mortale.

Fece un profondo respiro.

E poi iniziò a fertilizzare i resti dell’albero.

Era un piano stupido, ad essere onesti.

Non è che buttare del fertilizzante su un albero equivale a nutrirlo, e probabilmente gli alberi non erano neanche compresi nella benedizione di Flora, anche se era la dea della natura.

Ma tanto valeva provare, giusto?

Almeno non avrebbe avuto rimpianti.

E nella migliore delle ipotesi, Leo avrebbe guarito degli alberi che presto sarebbero cresciuti offrendo legna per l’inverno.

Non andò come la migliore delle ipotesi di Leo.

Affatto.

Neanche il tempo di finire di spalmare quella roba come capitava, che un enorme tronco crebbe con la velocità di un’esplosione, sbalzando indietro Leo per la forza d’impatto, e mandandolo a sbattere contro il terreno di testa.

-Ma che… non mi aspettavo queste conseguenz…- massaggiandosi la testa dolorante, e spuntando qualche foglia, Leo iniziò a lamentarsi, ma rimase completamente ammutolito quando si rese conto di cosa fosse appena successo.

Davanti a lui, infatti, era cresciuto un albero immenso, perfettamente adulto e perfettamente sano.

Rimase a fissarlo qualche secondo, incredulo.

Sì, sapeva che il suo potere curasse completamente le persone, ma non si aspettava un successo del genere sugli alberi.

Ancora scioccato, riuscì a riprendersi abbastanza da toccare la base del collo, con il fiore tatuato, per controllare le sue statistiche.

“Affetto: 1%

Coinvolgimento emotivo: 0%

Intenzione: 30%

Danno totale assorbito: 10%

Danno totale eliminato: 100%”

Ah…

AH!

WOW!

Leo… Leo aveva… Leo aveva fatto una cosa giusta.

Era andata mille volte meglio della migliore delle ipotesi!

Il danno assorbito era minimo, e da ciò che il cuoco poteva vedere, aveva ancora tutti gli arti al proprio posto.

Ma mentre lo shock si acquietava, Leo iniziò a sentire una fortissima fitta sul polpaccio.

Prima di alzarsi, decise di dare un’occhiata, e dovette ammettere che era piuttosto… brutto.

Quasi tutto il polpaccio destro era rosso e bruciato.

Non sembrava una bruciatura gravissima, ma… faceva male.

Ed era probabile che sarebbe rimasta la cicatrice.

Solo il 10% di ciò che quell’albero aveva dovuto subire…

Che orrore!

Come si poteva essere così orribili con la natura?!

Leo si alzò con una certa difficoltà, e diede una carezza all’albero.

-Grazie- gli sussurrò, con sincerità, felice che fosse cresciuto così in fretta e che fosse così forte e in salute.

Poi, zoppicando, iniziò a cercare altri alberi da fertilizzare.

…che detta così suona malissimo, ma Leo intende letterale fertilizzante.

Se era solo il 10% del danno totale, Leo non aveva molto da temere. Sicuramente avrebbe avuto un danno piuttosto superficiale, che poteva trattare con qualche pomata in infermeria.

Le cuoche si bruciavano spesso, non avrebbe neanche destato troppi sospetti.

Solo alcuni sospetti.

Si avviò al secondo albero con un certo ottimismo.

Ma da lì in poi, le cose iniziarono a crollare.

Questa volta fu attento a non essere troppo vicino, e riuscì a non venire sbalzato via dall’impatto della crescita miracolosa.

Ma non trattenne un urlo quando sentì una fitta devastante al fianco, che lo fece piegare in due.

“Affetto: 3%

Coinvolgimento emotivo: 5%

Intenzione: 50%

Danno totale assorbito: 19%

Danno totale eliminato: 100%”

Era… aumentato?

Ma perché?!

La percentuale era quasi raddoppiata tra un albero e l’altro.

Probabilmente la sicurezza di Leo di riuscire a curare gli alberi aveva aumentato l’intenzione.

E ora che aveva provato un minimo del dolore degli alberi, il coinvolgimento emotivo e l’affetto erano aumentati a loro volta.

19% era molto, molto di più.

O almeno Leo lo sentiva molto, molto di più.

Leo ci mise qualche minuto a calmarsi abbastanza da regolare nuovamente il respiro, e con le lacrime agli occhi per il dolore indescrivibile, e le mani tremanti, si sollevò la canottiera per constatare il danno.

Era molto più esteso rispetto a quello del polpaccio, ma non sembrava molto profondo, anche se faceva davvero male.

Ustione di secondo grado, probabilmente, piena di vesciche, ma trattabile.

Era ancora trattabile.

Anche se il dolore stava letteralmente impedendo a Leo di respirare.

Forse non era stata l’idea migliore del mondo.

Lentamente, il dolore iniziò ad affievolirsi.

Forse ci mise qualche minuto, forse qualche ora.

Probabilmente circa venti minuti o poco più.

Ma Leo riuscì a regolare del tutto il respiro, e a calmarsi.

-Non ti amo tanto in questo momento- borbottò all’albero, cercando di distanziarsi emotivamente da lui.

Si alzò per distanziarsi anche fisicamente, e si guardò intorno cercando un albero grande e non eccessivamente messo male.

Un terzo albero non poteva fargli troppo male, giusto?

Forse due bastavano per un po’.

…no, Leo doveva salvare più alberi possibili. Non sapeva quando lo avrebbero fatto nuovamente uscire, e il popolo aveva bisogno della legna.

Si avvicinò ad un esemplare perfetto, e con esitazione e ad occhi chiusi, iniziò a spalmare il fertilizzante, tenendo i denti stretti e preparandosi a terribili conseguenze.

Uno solo.

Solo uno…

Questa volta Leo si ritirò buttandosi di proposito a terra nel momento stesso in cui finì l’operazione, e rimase ad occhi chiusi aspettandosi il risultato e il dolore acuto.

E infatti sentì l’aria spostarsi con foga, e un forte dolore alla mano.

No, non la mano!

Aveva bisogno delle mani!

Si tolse il guanto per constatare i danni, rischiando davvero di strapparsi anche un lembo di pelle.

Però sembrava meno grave del fianco.

E almeno era la mano sinistra, quella con il…

Leo era un idiota.

Aveva il ghiaccio!

Perché non lo stava usando?!

Quasi inconsciamente la mano bruciata si ricoprì di uno spesso strato di ghiaccio, che la avvolse completamente come un guanto.

Non era un ghiaccio troppo freddo, ma della temperatura necessaria a non provocargli ulteriori danni, anche se faceva comunque molto, molto male.

Usò il guanto anche sul fianco, trattenendo a stento un urlo, ma sentendosi decisamente meglio.

Un po’ più tranquillo, e più ottimista rispetto a un albero prima, Leo toccò nuovamente il fiore.

“Affetto: 2%

Coinvolgimento emotivo: 1%

Intenzione: 35%

Danno totale assorbito: 13%

Danno totale eliminato: 90%”

Oh…

Il danno era minore.

L’intenzione era scesa parecchio.

E anche il coinvolgimento e l’affetto.

Però… il danno totale eliminato non era al massimo.

Leo sollevò la testa e notò che all’albero mancava qualche ramo, ed era meno alto dei suoi fratelli.

-Mi dispiace- borbottò, sentendosi un po’ in colpa che la propria esitazione avesse martoriato quell’albero.

Però… la mano andava abbastanza bene. Forse poteva permettersi un altro albero.

Un solo albero.

…questa l’ho già sentita, Leo.

Ma prima era meglio farsi degli impacchi di ghiaccio seri.

Ci mise circa una mezzora, ma quando concluse il lavoro, si sentiva molto meglio.

Forse poteva addirittura osare e fare due alberi.

Già che era lì, doveva fare del suo meglio, giusto?

Leo, sei un pericolo per te stesso!

Cercò un albero parecchio grande, e ne trovò uno con la circonferenza piuttosto ampia.

Era un rischio? Sì.

Leo era un idiota suicida e ci avrebbe provato comunque? Assolutamente sì.

Se ne sarebbe pentito? Ma ovviamente sì!

Usando l’unica mano non bruciata, Leo iniziò a spalmare il fertilizzante.

-Sappi, albero orribile, che lo faccio solo per dovere morale, e ti odio, e non ho la minima intenzione di farti crescere rigoglioso e splendente- provò a dire, sperando di fregare il potere o convincersi delle proprie false parole.

Questa volta il dolore arrivò prima ancora che Leo finisse di spalmare, e Leo si ritirò su sé stesso qualche istante prima che l’albero avesse il solito sbalzo di crescita.

-Ahi, ahi ahi… ahi…- Leo non trattenne una lamentela, irrigidendo le spalle super doloranti.

Se le toccò immediatamente con la mano libera, ma ottenne solo di provocarsi più dolore.

Aveva tutta la schiena in fiamme.

-È come ricevere una scottatura al mare… moltiplicata per venti- borbottò, sfiorando il fiore e controllando ad occhi socchiusi e lacrimanti le statistiche.

“Affetto: 5%

Coinvolgimento emotivo: 2%

Intenzione: 70%

Danno totale assorbito: 25%

Danno totale eliminato: 100%”

-Ma come?! Così tanto?! Ma non avevo così tanta intenzione!- provò a lamentarsi, sospirando sonoramente.

Si guardò intorno… quattro alberi.

Erano piuttosto grandi.

Dai, sicuramente sarebbero bastati per l’inverno.

Forse…

Jediah era grande.

Ma Leo era distrutto.

Non si sentiva più la schiena…

-…Dea Flora?- provò a chiamare, in un sussurro.

La dea gli comparve davanti con espressione molto seria e braccia incrociate.

-In cosa posso aiutarti, Leonardo?- chiese, in tono freddo.

Leo non si aspettava questa accoglienza.

-Eh… l’ho offesa in qualche modo?- chiese, preoccupato.

Pensava che sarebbe stata felice di vedere Leo intento ad occuparsi della natura.

Era la dea delle piante, dopotutto.

-No, hai il diritto di utilizzare la mia benedizione come meglio credi, Leonardo- la dea scosse la testa, ma continuò a guardarlo con espressione indefinibile.

E sembrava decisamente arrabbiata.

-Non è vero che odio le piante! L’ho detto per ottenere i minimi effetti collaterali. E mi dispiace se ho utilizzato un fertilizzante non idoneo, ma doveva essere qualcosa di fatto da me, quindi…- Leo iniziò a scusarsi nel caso avesse offeso le piante, e Flora sospirò.

-Non è per questo che sono seccata!- lo interruppe, portandosi le dita alle tempie, per riordinare le idee.

-Quindi è seccata!- Leo le puntò il dito contro, ma lo ritirò immediatamente rendendosi conto di quanto potesse essere considerato irrispettoso.

-Mi scusi!- arrossì, imbarazzato.

Aveva iniziato ad avere un rapporto abbastanza rilassato con Noella e Jahlee, ma Flora non la conosceva affatto, e non credeva di potersi prendere certe libertà.

Intenerita, Flora abbandonò i modi freddi, e si sedette accanto a lui.

-Non sono seccata, solo… non mi aspettavo usassi la mia benedizione in questo modo- ammise, osservando gli alberi attorno a lei.

-Pensavo le avrebbe fatto piacere se avessi ridato vita alla foresta infinita. E mi sembrava il modo meno rischioso per sfruttare il mio potere. Avevo sottovalutato un po’ il bruciore, ma…- Leo provò a osservarsi la schiena, ma solo il movimento gli stava facendo vedere le stelle.

-Sappi che sei stato molto fortunato con le conseguenze, soprattutto l’ultimo albero. Sarebbe potuto andare molto in profondità in una zona specifica, e invece ha preso una zona estesa e si è mantenuto più superficiale… beh, relativamente- spiegò Flora, osservando per lui, con un sopracciglio inarcato.

-Per fortuna… non mi aspettavo di arrivare così in alto in percentuale- Leo sospirò, leggermente rasserenato.

-Perché mi hai chiamato, Leonardo?- chiese Flora, abbandonando la conversazione e andando dritta al sodo.

Leo esitò appena prima di rispondere.

-Beh… volevo solo chiedere… siccome lei è la dea della natura…- iniziò.

-Non posso curarti in alcun modo, se è quello che vuoi. Nè fare niente per questi alberi. Non posso interferire in queste faccende- Flora mise subito le mani avanti, interrompendolo.

Leo scosse la testa, provocandosi una fitta.

-No, no! Non lo chiederei mai! Sono pronto a vivere con le conseguenze. Volevo solo… quanti alberi servono per avere abbastanza legna per tutto il regno… fino alla fine dell’inverno?- chiese, titubante.

Flora lo osservò con attenzione.

-Non stai pensando di usarlo nuovamente, vero?- chiese.

-Forse un altro albero… ma se quattro bastano allora…- Leo iniziò a torturarsi le unghie.

Flora sembrò valutare attentamente cosa dire, prima di rispondere.

Ma alla fine optò per l’assoluta sincerità.

Dopotutto stava ancora testando Leo per capire effettivamente era meritevole di essere patrocinato. Non poteva affezionarsi troppo.

-Quattro alberi sono un buon numero, ma per avere abbastanza legna per tutto l’inverno e per tutto il regno, servirebbero almeno cinque alberi- ammise, con parecchia esitazione, ma cercando di distanziarsi.

Leo si incupì.

-Oh…- borbottò, deluso.

Sperava davvero di non avere un tale conflitto morale.

-Ciò non significa che tu debba fare altri sacrifici- gli fece presente Flora, facendo il segno di mettergli una mano sulla spalla, ma trapassandolo dato che era immateriale.

-Lo so, ma… visto che sono qui… non sarebbe più corretto usare i miei poteri per fare il più bene possibile?- Leo spiegò il suo punto di vista, nervoso.

-Ti consiglio di scegliere bene le tue battaglie. E di sfruttare la tua benedizione con attenzione. Non sai mai quando potresti doverti ritrovare in una situazione dove una scelta precedente sbagliata può fare la differenza tra la vita e la morte- gli suggerì Flora, incoraggiante ma anche con fermezza.

Era il suo dovere di dea essere al di sopra delle parti, giusta, corretta, e senza favoritismi.

Ma quando vedeva umani gentili e altruisti come Leo, era davvero difficile non restare coinvolta.

-Grazie del consiglio, dea Flora… spero di non averla delusa- Leo fraintese i sentimenti e la freddezza della dea, e abbassò la testa, demoralizzato.

Era impossibile non voler bene a quel ragazzo.

-Delusa?- Flora si girò verso Leo, con un grande sorriso -Al contrario, mi hai davvero stupita. Non mi sarei mai aspettata questa iniziativa e questo amore verso le piante… sono solo preoccupata per te, tutto qui. Stai attento- alla fine neanche lei riuscì più ad essere impassibile, ed espresse tutto l’apprezzamento che provava per il giovane.

Detto questo, sparì.

E Leo… chiuse gli occhi qualche secondo, valutando cosa fare.

Alla fine, però, decise di osare.

Aveva fatto trenta, tanto valeva fare trentuno.

Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, giusto?

E alla fine aveva ancora cinque vite.

Prese un po’ di fertilizzante, e cercò l’albero meno malandato possibile, ma anche abbastanza grande.

Aveva paura, doveva ammetterlo.

E una parte di lui era completamente indecisa, e non voleva rischiare tanto.

Ma doveva provarci!

Era il suo dovere!

…non voleva, non voleva affatto.

Eseguì l’operazione ad occhi chiusi, pregando ogni divinità di essere fortunato anche quella volta.

E probabilmente Flora gli diede un piccolo aiuto, perché quando la forza dell’impatto dell’albero che tornava in vita lo sbalzò all’indietro, facendogli sbattere la schiena ferita contro il terreno e rischiando di farlo svenire per il dolore, Leo non sentì nessuna fitta così dolorosa da togliergli il fiato da nessun’altra parte.

Con la schiena che urlava, e gli arti formicolanti, ma che comunque riusciva ancora bene a sentire, usò le sue ultime forze per controllare le statistiche.

“Affetto: 3%

Coinvolgimento emotivo: 10%

Intenzione: 10%

Danno totale assorbito: 8%

Danno totale eliminato: 90%”

-Grazie agli dei…- sussurrò, tirando un profondo sospiro di sollievo.

Sicuramente non aveva perso nessun arto.

Il danno era il minore fino a quel momento.

Ma con il suo dovere ormai realizzato, la soddisfazione per non essere morto, e il dolore allucinante provocato dai precedenti alberi, Leo sentì i sensi venire meno, anche se stava cercando in tutti i modi di mantenere la lucidità.

Sperò di non essere sbranato da qualche animale selvatico.

Sarebbe stata una morte davvero ridicola, dopo tutto quello che aveva subito.

Anche se sicuramente avrebbero apprezzato la sua carne cotta a puntino.

-Santo? Stai bene? Santo?- sentì una voce che sembrava venire da molto lontano.

Con chi stava parlando? Sicuramente non con lui, vero?

Oh no! Se Leo veniva beccato adesso, era davvero un problema.

-Tutto okay- borbottò con un filo di voce che non sentì neanche lui.

-Santo, non preoccuparti! Ti aiuto io!- sentì la voce un po’ più vicina e allo stesso tempo più lontana.

Vide un’ombra sovrastarlo.

Poi non vide più niente.

 

Leo si era risvegliato in carrozza vestito da cameriera, perfettamente pulito e sistemato, e si era beccato una strigliata così poderosa da parte di Alex, che probabilmente le orecchie gli avrebbero fatto male molto più delle bruciature, e per più tempo.

Le bruciature infatti stavano guarendo molto più velocemente di quanto si sarebbe mai aspettato.

Tra le urla di Alex, Gideon gli aveva raccontato che quando l’avevano trovato, dopo una estenuante ricerca di almeno dieci minuti, era appoggiato contro un albero con parecchi impacchi di erbe nei punti bruciati.

Impacchi che avevano funzionato molto meglio del ghiaccio per alleviare il dolore.

Leo ripensò alla voce che aveva sentito prima di svenire.

Probabilmente era merito suo se era stato curato così bene.

Inaspettato, ma anche apprezzabile.

Soprattutto perché non aveva chiamato le guardie per farlo arrestare, visto che Leo versione maschile era ricercato in tutti i regni, come ricorderete.

Chissà se Leo avrebbe scoperto l’identità del suo nuovo alleato.

Probabilmente ci vorranno decine di capitoli di mistero prima di scoprire la sua identità e ciò che vuole e… 

Compare tra poche pagine, ve lo dico subito.

Appena arrivati a palazzo, Leo aveva fatto ciò che doveva fare, finto di stare bene e in salute, e nessuno aveva troppo badato a lui, dato che tutti stavano commentando gli alberi cresciuti dal nulla che avevano sollevato molto scalpore a palazzo e probabilmente anche nei villaggi vicini.

-Voi eravate al villaggio quando è successo. Avete visto qualcosa?- chiese Anna, ad un certo punto, mentre Leo era intento ad impastare del pane con Gideon accanto che gli passava gli ingredienti.

-Beh…- iniziò a dire, cercando una scusa al volo.

-Eravamo impegnati con le faccende, ma quando abbiamo notato gli alberi c’è stata agitazione generale al villaggio. Davvero strano da vedere da lontano- rispose Gideon per lui, dicendo la sua verità.

-Immagino! Speriamo che non sia un trucco di Valkrest per farci abbassare la guardia. La legna ci serve più dell’acqua, in questo momento- borbottò Mary, sfregandosi le mani per provare a riscaldarle dopo aver lavorato sulle verdure che aveva dovuto lavare in acqua gelida.

-Secondo me è un segnale divino. Gli dei stanno esprimendo la loro opinione sulla guerra, e sono schierati dalla nostra parte! Per questo ci hanno benedetto con sette nuovi alberi- suppose Anna, speranzosa.

-Cinque…- borbottò Leo, cercando di non gemere per il dolore alla mano che continuava a usare nonostante fosse ustionata.

-Cinque? Come sai che sono cinque? Non si conta il numero preciso da qui- notò Dotty, sorpresa, sporgendo la testa verso di lui.

-Eh…- Leo esitò, ma ancora una volta Gideon aveva la risposta pronta.

-Ci siamo fermati a controllare al ritorno, e sembravano cinque alberi. Però in effetti non ha molto senso, visto che il numero magico è sette. Gli dei potevano impegnarsi un po’ di più- spiegò, e lanciò un’occhiatina a Leo, che lo guardò storto, ma non commentò.

Già cinque era stato troppo. Se avesse osato con più alberi avrebbe senz’altro perso una vita. E poi bastavano cinque alberi per sistemare il regno fino alla fine dell’inverno. La comodità era meglio dei numeri divini.

-Forse solo cinque dei su sette ci supportano. Probabilmente Veer e Noella sono dalla parte di Valkrest- provò ad indovinare Jane, pratica.

Povera Noella, era la più grande sostenitrice di Leo.

Ma Leo non la difese perché non poteva giocarsi la copertura.

E poi sia Nivern che Fring erano dalla parte di Valkrest, era risaputo.

-Forse Laasya si è mantenuta neutrale, essendo la regina degli dei- rifletté Dotty.

-Ragazze, meno chiacchiere e più lavoro. È appena arrivato un ospite importante per cena e dobbiamo organizzare un pasto perfetto!- Mildred entrò nella stanza e le richiamò all’ordine.

-Che ospite? Ha a che fare con gli alberi, vero?- chiese Anna, curiosa.

-Non è importante! L’importante è fare un buon lavoro e farlo in fretta, Anna!- la riprese Mildred, burbera.

-Sarei così curioso di sapere chi è. Davvero non sa niente, Madame Mildred?- chiese Gideon, in tono tenero e facendo due grandi occhioni.

Mildred si addolcì.

Come tutte le cuoche, aveva un debole per quel ragazzino.

Nessuno conosceva la sua vera natura tsundere.

…ma anche Leo che la conosceva lo adorava, quindi dettagli.

-Pare che potrebbe essere il saggio della foresta infinita. Lo hanno convocato a palazzo e penso che sia appena giunto. Forse ha visto cosa è successo e potrà dare delucidazioni- spiegò, sempre in tono burbero, ma decisamente più aperta.

-Mi raccomando, fate particolare attenzione con frutta e verdura. È molto schizzinoso sul cibo- Mildred poi si rivolse a tutte le altre, con il dito per aria.

-Sì, Madame Mildred!- risposero tutte le cuoche in coro.

-Ottimo!- Mildred sorrise soddisfatta, e si guardò intorno, controllando le varie preparazioni.

Si fermò davanti a Leo, e inarcò le sopracciglia.

-Tutto bene, Leah?- chiese, sottovoce, mettendogli una mano sulla spalla.

Leo sobbalzò vistosamente e trattenne a stento una parolaccia.

Le bruciature sulla schiena erano in assoluto le più dolorose.

Cercò di fingere di essere solo sorpreso dall’essere chiamato.

-Certo, Madame Mildred! Tutto splendidamente!- esclamò con convinzione, mettendo su il suo migliore sorriso.

-Mmmm… forse ti sei sforzata troppo, oggi. La prossima volta manderò qualcun altro a fare rifornimento… Mary, occupati del piatto di Leah. Ha bisogno di riposo- Mildred la lasciò andare, e si rivolse alla cuoca più in gamba della cucina (dopo Leo).

-Cosa?! No! Posso lavorare! Sono davvero in forma!- Leo provò a ribellarsi e a dare segno di forza, ma fece un movimento brusco che per poco non gli fece cedere le ginocchia per il dolore, e Mildred sembrò più convinta di prima a metterlo in panchina.

-Ordini della capocuoca! Oggi hai un giorno di riposo. Vai a dormire presto e recupera le forze- lo incoraggiò Mildred, decisa.

-Mi sembra davvero un’ottima idea, Madame Mildred. Mia sorella ha decisamente bisogno di riposo- le diede man forte Gideon, con tono da angioletto.

Mildred sorrise molto soddisfatta.

Ormai, per colpa di quel traditore di Gideon non c’era niente che Leo potesse fare per convincerla a farlo cucinare.

Ma non voleva mettersi a dormire mentre tutte le altre lavoravano, soprattutto se c’era un ospite importante.

-Potrei magari essere incaricata di fare il servizio… oppure… oh, potrei portare il cibo ai malati in infermeria! Ho fatto molte caramelle arcobaleno gli ultimi giorni, potrei dare ai cavalieri anche quelle!- Leo provò a proporre.

Stava pensando già da un po’ di provare a trovare un modo di avvicinarsi ai feriti in infermeria e fare la crocerossina per aiutarli con buon cibo e un piccolo aiuto magico.

-Leah, devi riposare. Sei pallida come un fantasma, e bollente come il fuoco- insistette Mildred, preoccupata.

In effetti Leo non si sentiva granché bene. Ma c’erano cose più importanti a cui pensare che la propria salute fisica e mentale.

Tanto la salute mentale ormai non c’era già più da parecchio, quindi, insomma… 

-Appunto! Vado in infermeria a farmi controllare da qualcuno, e ne approfitto per dare da mangiare ai feriti!- provò a prendere due piccioni con una fava, anche se non aveva intenzione di farsi controllare da nessuno.

Perché era davvero rischioso, e poi stava bene, dai.

Solo ustioni di secondo grado in ogni parte del corpo, praticamente.

-Lo accompagno io- si offrì Gideon, decidendo di assecondare, per una volta, la finta sorella maggiore.

-Va bene. Ma subito dopo aver dato da mangiare, vai in camera a riposare- Mildred cedette, con un sospiro, e indicò il carrello con la zuppa e le ciotole che aveva preparato per le persone in infermeria.

Leo sorrise grato, e si affrettò a portare via il tutto prima che Mildred cambiasse idea, osservato preoccupato dalle colleghe, che si erano accorte anche loro che, per quanto cercasse di mostrarsi tranquillo e sereno, arrancava non poco.

Gideon lo seguì imbronciato.

-Perché se lo faccio io non va bene, ma se lo fai tu va bene?- chiese, una volta che furono soli nel corridoio.

-Fare cosa?- chiese Leo, confuso.

-Fare di tutto per salvare tutti- spiegò Gideon, incrociando le braccia.

-Beh… io ho cinque vite- provò a obiettare Leo.

Gideon non ribatté, ma sembrava seccato.

-A volte ci sono delle cose che… sai, dalle mie parti c’è una frase molto popolare: da grandi poteri, derivano grandi…- Leo iniziò a fare una citazione a Spiderman, ma per fortuna venne interrotto da delle voci nel corridoio che si stavano avvicinando velocemente.

E dico per fortuna perché come molti sanno, quella frase porta sfiga.

E Leo è già messo male di suo.

-Quindi non ha visto proprio nulla? È sicuro?- stava chiedendo una voce molto conosciuta, in tono civettuolo ma chiaramente seccato.

-No, principessa. Ma sarò felice di ripeterlo e ripeterlo e ripeterlo per tutta la notte, se vorrà- rispose una voce che invece era del tutto sconosciuta, e parecchio sgradevole.

Una volta girato l’angolo, Leo scoprì di chi si trattasse.

La principessa Opal stava passeggiando e conversando con un ragazzino che aveva circa la sua età, forse un anno in più, dalla pelle scura, vestiti semplici e ricci neri molto disordinati e folti. 

Entrambi si guardavano storto, a braccia incrociate.

-Buonasera principessa Opal. Che Jahlee la protegga- Leo attirò l’attenzione della principessa, e le fece un profondo inchino, anche se faceva davvero male inchinarsi con le bruciature sulla schiena.

-Buonasera Leah! Che Jahlee protegga anche te- rispose lei, illuminandosi nel vederlo.

Il tipo con lei si girò con un sopracciglio inarcato verso Leo.

Lo osservò per qualche secondo.

E poi il suo volto cambiò completamente, e si illuminò in un sorriso pieno di ammirazione ed entusiasmo.

-Santo…- sussurrò, molto tra sé, attirando l’attenzione di Opal e di Gideon, che lo guardarono entrambi con sospetto.

Leo impallidì.

Santo…

La figura misteriosa alla foresta infinita lo aveva chiamato così.

Ma Leo non era un santo.

Aveva solo tre benedizioni.

Che erano comunque tante ed era grato, ma non era un santo comunque.

-Oh, chiedo scusa. Non sapevo che aveste compagnia, principessa. Buonasera, io sono Leah, e sono una cuoca di questo castello- Leo si presentò al probabile salvatore con un inchino medio, e prima che Opal potesse presentarlo, il quasi certo salvatore ci pensò da solo perché fece un inchino profondo a Leo.

-Il mio nome è Sage, e sono il saggio della foresta infinita- si presentò, con un grande sorriso da fanboy.

Opal era senza parole.

Gideon sembrava furioso.

Leo voleva scavarsi la fossa e mettersi in un riposo eterno perché stava provando fin troppo imbarazzo.

Mentre Sage, ignaro, era completamente entusiasta, e fissava Leo come se fosse la sua celebrità preferita.

-È un piacere, saggio della foresta infinita- Leo fece un altro inchino e iniziò immediatamente a dirigersi verso l’infermeria, perché non aveva intenzione di rischiare che Opal facesse domande.

Non si sarebbe mai aspettato che il famoso saggio della foresta infinita fosse un ragazzo a malapena maggiorenne, ma ormai non si stupiva più di nulla, quindi l’importante era uscire da lì prima di essere scoperto dalla principessa in quanto impostore.

-Aspetta, Leah! Non prepari tu la cena, oggi?- chiese Opal, dimenticando del tutto Sage, e iniziando a seguire Leo concentrandosi su altre priorità.

-Madame Mildred mi ha dato la sera libera, dato che… ho un po’ di febbre, probabilmente. Ma niente di grave, non si preoccupi. Per rendermi utile sto portando da mangiare ai feriti dell’infermeria, e poi penso che andrò a dormire presto per riprendermi- spiegò Leo.

-Oh, no! Hai preso freddo? In effetti sei bollente! Ti accompagno in infermeria e mi assicurerò che ti diano le migliori cure, Leah!- si offrì Opal, preoccupandosi.

No! Leo non poteva permettersi di farsi visitare!

Avrebbero scoperto tutto.

Soprattutto con la principessa accanto.

-Non si preoccupi, principessa, non è così grave. Un po’ di riposo e domani sarò come nuova. Non voglio di certo distrarla quando ha un ospite- Leo cercò di farla desistere, indicando il saggio che li seguiva fisando Leo ad occhi brillanti.

-Detto tra noi… preferisco l’infermeria- gli sussurrò Opal all’orecchio, lanciando un’occhiata irritata a Sage, che si rese conto del confabulare e si fece nuovamente scuro in volto.

-Principessa, non dovrebbe andare in cucina ad assicurarsi che la cena sia preparata in maniera ottimale? Ci sono delle importanti tradizioni per il saggio della foresta infinita- si introdusse nella conversazione con tono di sufficienza.

-Peccato che il saggio non è qui…- borbottò Opal a denti stretti.

Leo non l’aveva mai vista così irritata.

-Voleva far compiere un viaggio del genere al mio vecchio e fragile nonnino? Davvero la principessa di Jediah è così insensibile?- si lamentò Sage, melodrammatico.

Opal sembrava in procinto di replicare, sarcastica, ma fu anticipata da Leo.

-Ecco! Mi sembrava troppo giovane!- esclamò, pensando all’età del saggio e compiacendosi che il cliché del vecchio saggio barbuto si applicasse anche lì.

Almeno alcuni cliché restavano tali, sennò questa storia diventa troppo strana.

Gideon ridacchiò.

Opal si trattenne dal fare altrettanto.

Sage aveva l’espressione di uno a cui hanno appena detto che il Natale è stato cancellato.

Leo si rese conto di aver espresso il suo pensiero ad alta voce, e impallidì.

Doveva tenersi buono il suo possibile salvatore.

-Ehm… cioè… io devo andare in infermeria…- iniziò a camminare più velocemente.

-Sono un ottimo apprendista, lo giuro! Mio nonno ormai è molto anziano e mi fa fare tutte le pratiche! E sono esperto di erbe e medicamenti…- iniziò a difendersi il saggio, seguendo Leo come un cagnolino in cerca di rassicurazioni.

Di certo non era esperto di discrezione.

-Ammirevole… sono certa che il vostro contributo sarà stato molto importante per la rivitalizzazione della foresta infinita… ora, con permesso… devo andare prima che il brodo si raffreddi- Leo provò a tagliare corto, e affrettò il passo.

-Già, questioni di massima importanza. Arrivederci saggio, i miei ossequi, principessa!- Gideon fece un inchino e seguì Leo.

-Aspetta, Leah. Ti accompagno!- Opal iniziò a tallonarlo.

-No, voglio accompagnarla io!- obiettò Sage, seguendo il gruppo.

Ma cosa aveva fatto Leo per meritare così tanta attenzione?!

Proprio ora che non voleva assolutamente attenzione.

-Perché sei così interessato alla mia cuoca? Vuoi assumerla per te?! Guarda che ha un contratto a tempo indeterminato- fiutando il rischio di perdere Leo, Opal gli afferrò il braccio, con fare protettivo.

Era il braccio bruciato, quindi Leo trattenne con tutte le sue forze un lamento, ma per il resto lo commosse l’affetto che Opal aveva già iniziato a provare per lui, anche in quelle vesti.

Era lì da poco, non era passato neanche un mese, eppure Opal si era già affezionata a Leah quanto a Leo.

E il ragazzo non dimenticava che la principessa continuava a tenere con affetto la palla di vetro con la neve che lui le aveva regalato.

L’amnesia non cancellava l’affetto, almeno non del tutto.

Era davvero rinfrancante.

-Stia attenta, è bru…!- iniziò a lamentarsi Sage, facendo per spostare via Opal e rischiando di tradire l’identità e le ferite di Leo, che si distolse dai pensieri nostalgici per interromperlo il più in fretta possibile.

-Non si preoccupi, principessa. Sa che ho una grande lealtà nei vostri confronti, non potrei mai abbandonarvi. E a questo proposito… non lo avete sentito da me, ma pare che siano avanzate parecchie caramelle arcobaleno in cucina, e anche qualche biscotto- Leo fece un occhiolino complice alla principessa, che perse tutto il sospetto e si aprì in un largo sorriso entusiasta all’idea di avere cibo fuori programma.

-Che biscotti?- chiese, interessata.

-Avena. Se va adesso con la scusa di controllare la cena per il saggio, Gideon potrebbe dargliene un paio di nascosto. Non lo diremo a nessuno- Leo incoraggiò il bambino ad accompagnarla in cucina.

Non era molto carino buttare Gideon sotto un metaforico autobus, ma aveva bisogno di allontanare Opal. Non poteva rischiare che lo accompagnasse davvero in infermeria.

-Okay! Suppongo che sia il mio compito assicurarmi che la cena per l’ospite sia perfetta. Andiamo, Gideon!- Opal non se lo fece ripetere due volte, e afferrò Gideon per una mano per trascinarlo verso la cucina senza dargli il tempo di obiettare.

Cosa che il ragazzino sembrava in procinto di fare, dato che non si fidava a lasciare Leo da solo in infermeria.

Ma Opal aveva la precedenza su tutto.

Leo li salutò con un gran sorriso, e appena furono fuori dalla portata di vista, tirò un profondo sospiro di sollievo.

Aveva evitato il peggio.

-Ottimo piano per farla andare via, Santo!- si complimentò una voce al suo fianco, e Leo sobbalzò vistosamente.

Si era quasi dimenticato di Sage.

Si guardò intorno spaventato, ma sembravano soli.

-Credo che si sia confuso con qualcun altro. Io sono solo una semplice cuoca… femmina… di nome Leah…- provò a svagare, sperando di riuscire ad evitare anche un nuovo famboy immeritato.

Sage gli punzecchiò la spalla.

E Leo si ritirò per il dolore.

-Non si preoccupi, Santo. Il suo segreto è al sicuro con me! Non ho detto a nessuno che l’ho vista resuscitare gli alberi con i suoi poteri divini! E che l’ho vista anche parlare con la meravigliosa dea Flora! E lamentarsi! E svenire per il dolore!- lo rassicurò il ragazzo, incoraggiante, continuando a seguirlo mentre Leo riesumava il suo percorso verso l’infermeria.

Il cuoco sospirò.

-Beh, la ringrazio per non aver detto niente a nessuno, ma… non sono un santo- si premurò di specificare.

-Oh, preferisce i pronomi femminili? Mi scusi, la chiamerò Santa, allora!- si affrettò a correggersi Sage.

-No! No… ecco… in realtà sono un ragazzo, e preferisco i pronomi maschili, decisamente, ma… sono… è una cosa complicata, ma non sono un santo, ho solo tre benedizioni divine, e sto fingendo di essere una semplicissima cuoca di nome Leah quindi la prego, stia al gioco e mi tratti come tale- Leo provò a supplicare Sage di essere discreto.

-Lo so! Ho visto i marchi! Tre benedizioni divine! Sono una faccenda così importante! Oh, non ci credo che ho curato un santo con tre benedizioni divine!- Sage iniziò a esaltarsi.

Leo voleva davvero sotterrarsi.

Era troppo imbarazzante essere acclamato così!

-A proposito… grazie dell’aiuto. Le bruciature vanno molto meglio- decise di prendere il buono della situazione.

Il ragazzo si illuminò.

-È stato un piacere! Oh! Ho portato anche un altro medicamento! Ero andato a prenderlo nella capanna per offrirlo a lei, ma quando sono tornato non era più lì e ho pensato che fosse una buona idea portarmelo dietro nel caso l’avessi incontrata!- Sage tirò fuori un contenitore con una pomata dall’odore boschivo.

-Oh… la ringrazio molto- Leo era sorpreso, ed effettivamente grato. Prese la crema con l’intenzione di usarla una volta solo in camera.

Dopotutto era fondamentale che si rimettesse presto, anche per fare del suo meglio per curare anche altre persone.

-Posso chiedere perché lavora qui? Il principe e la principessa non sembrano affatto delle persone gentili! Hanno messo manifesti in tutto il regno! Appena l’ho vista non ci potevo credere che la persona ricercata fosse un santo! Chi si credono di essere a…- Sage iniziò ad indignarsi per Leo, che intascò in fretta il medicamento e si affrettò a tappargli la bocca.

-Hey, non mi importa se sei un saggio, ma non parlare così del principe e della principessa!- lo mise in guardia, in parte perché non voleva che finisse troppo nei guai  nel caso qualcuno l’avesse sentito perché comunque lo aveva aiutato, in parte perché nessuno poteva permettersi di parlar male dell’amore della vita di Leo e della sua sorella acquisita! 

Opal e Daryan erano intoccabili!

Sage sembrò quasi spaventato dalla veemenza di Leo, e sgranò gli occhi, sorpreso.

Intuendo che avesse capito, Leo gli tolse la mano da davanti alla bocca, e continuò a dirigersi in infermeria.

-La stanno minacciando in qualche modo?!- chiese Sage, preoccupato.

Leo sbuffò, si fermò di nuovo, ormai davvero a pochi passi dalla porta, e si girò verso Sage, pronto a dirgliene quattro e mettere le cose in chiaro una volta per tutte.

Saggio o no, Leo doveva far valere la sua posizione, e difendere la famiglia reale a spada tratta.

-No! Il principe Daryan e la principessa Opal sono due persone meravigliose! La principessa Opal è una gemma, dolcissima, incoraggiante, che cerca sempre nuovi modi per fare del bene al suo popolo, e che tratta i suoi servitori come suoi grandi amici! È intelligente, sveglia ma anche con un cuore immenso- cominciò, con molta enfasi, ormai non pensando più a chi avrebbe potuto sentirlo.

Sage sembrò davvero colpito dalle sue parole.

-Oh, beh, capisc…- iniziò a fare un passo indietro, ma Leo non aveva finito…

-Il principe Daryan è il principe azzurro che viene descritto nei libri. Bello, intelligente, affascinante. Super amante della sua famiglia ma anche molto attento ai suoi sottoposti, e al popolo, così tanto attento agli altri che mette se stesso dopo, ed è anche molto solo. E dovrebbe essere meno solo perché caspiterina si merita tanti amici, e di ridere, e di essere felice, e di mettere se stesso al primo posto. E di mangiare perché mangia decisamente troppo poco e vorrei tanto vederlo un po’ più in forze. Il suo sorriso brilla come un sole. E anche quando sembra che non ascolta, in realtà ascolta tutto, e ricorda i dettagli, ed è incoraggiante, comprensivo, e… perché mi fai cenno di no con la testa?! È vero! È un principe straordinario e una delle persone che amo di più al mondo!- Leo avrebbe potuto scrivere una tesi di laurea sul principe Daryan, e se non avesse notato che ad un certo punto del discorso Sage aveva iniziato a fare cenno di no con la testa fissando qualcosa alle spalle di Leo, probabilmente avrebbe continuato.

…in realtà stava per continuare a prescindere, ma fu interrotto da una tosse sospetta alle sue spalle.

Il cuore di Leo sprofondò nelle sue viscere, o forse esplose direttamente.

Fatto stava che non era più nel petto di Leo, ma da qualche altra parte.

E anche Leo sarebbe voluto partire e andare a trovarlo perché se era successo ciò che temeva più di ogni altra cosa, poteva sinceramente morire da un momento all’altro per la vergogna.

Si girò lentamente, impallidendo, in direzione della tosse sospetta, e trattenne a stento una parolaccia quando si rese conto che tale tosse sospetta apparteneva, che ve lo dico a fare, al principe Daryan in persona, che era appena uscito dall’infermeria e stava probabilmente aspettando che Leo finisse il suo monologo per passare, dato che Leo bloccava il passaggio, con il carrello e il resto.

-Oh… eh… buonasera, principe Daryan. Che Jahl… spero stia passando una buona serata- Leo cercò di recuperarsi, e fece un inchino profondo molto lungo nella speranza che Daryan non vedesse quanto paonazzo fosse diventato il suo volto, evitando di nominare il dio perché sapeva che Daryan non apprezzava questo saluto.

-Buonasera anche a te… vedo che hai conosciuto… il saggio della foresta infinita…- Daryan non commentò il monologo, ma si vedeva che era parecchio a disagio anche lui, e se Leo avesse avuto il coraggio di alzare lo sguardo, avrebbe notato che le sue guance scavate si erano tinte di un leggero rossore.

-Ohhhhh voi due siete…- iniziò a supporre il saggio che non sembrava saggio neanche un po’, ma Leo lo interruppe.

-Sì, principe Daryan. Stavo andando in infermeria e l’ho incrociato per i corridoi e… devo andare in infermeria adesso. Il brodo si sta raffreddando! Buona serata ad entrambi!- prima di morire per l’imbarazzo, Leo prese il carrello e superò il principe per entrare nell’infermeria con l’intenzione di non uscire mai più da lì.

-Buona serata anche a te… Leah- rispose Daryan, in tono gentile anche se esitante.

E il cuore di Leo perse un battito.

O forse si fermò proprio.

Leo si segnò di controllare se avesse perso una vita, perché quella serie di spaventi e ansie rischiavano davvero di ammazzarlo.

Ma andiamo, quella era la prima volta che Daryan lo chiamava per nome.

…il nome sbagliato, ma era pur sempre qualcosa.

Ma davvero doveva farlo proprio ora che Leo aveva praticamente annunciato al mondo e allo stesso Daryan che era innamorato perso di lui?!

Poteva esserci una situazione più imbarazzante e ridicola di quella?!

Leo aveva quasi le lacrime agli occhi per la frustrazione.

-Finalmente è arrivato il cibo!- esclamò un cavaliere ferito vicino alla porta, notando l’arrivo di Leo.

-Sì… scusate il ritardo- Leo si diede un contegno, e accennò un sorriso.

-Leah, stai bene? Sembri turbata- chiese un cavaliere poco distante, alzandosi con difficoltà e provando ad avvicinarsi.

-Sì, sì, tutto bene, tutto bene. Chi vuole della buona zuppa fredda?- Leo gli fece cenno di stare seduto e si mise in un angolo, pronto a servire la cena a tutti.

Dopo il tempo passato lì con Gideon aveva iniziato a conoscere le persone ferite nei precedenti scontri, e loro conoscevano lei.

-Sicura di stare bene, Leah? Posso fare un controllo appena ho finito con questa analisi- gli propose Fenja Wallin, l’infermiera più capace dell’edificio, seconda solo a suo padre.

Anche lei ormai lo conosceva piuttosto bene.

Leo scosse la testa.

-Sono solo un po’ stanca, dato che oggi ero di turno per fare rifornimento. Niente che una notte di sonno non possa guarire- agitò la mano come se non fosse niente di ché.

La mano gli faceva male.

Ma tanto adesso aveva un’ottima crema per le ustioni.

-Va bene, Leah, ma non esitare a chiedere se avrai bisogno- gli sorrise Fenja, tornando alle sue operazioni.

E anche Leo iniziò a dare da mangiare ai cavalieri.

Ce n’erano più di una ventina ancora ricoverati con ferite che stavano guarendo lentamente, e almeno una decina nella stanza accanto, con ferite un po’ più gravi.

Era passato qualche giorno dall’ultimo attacco, quindi l’infermeria non era più stipata come prima.

Anche se arrivavano ogni giorno nuove persone da vari villaggi vicini.

Leo rimase durante tutto il pasto, a parlare, rassicurare, e aiutare a dare le medicine.

Sapeva di essere messo peggio di molti che stavano lì, ma comunque non riuscì a non provare pena per le loro ferite.

Leo era abituato a provare dolore, e aveva imparato fin da piccolo a mettere su un sorriso e ignorare tale dolore.

I bulli che lo prendevano sempre in giro e lo picchiavano se provava a ribellarsi…

Il padre che gli ordinava di stare zitto e smettere di lamentarsi…

Le maestre che avevano sempre usato punizioni corporali quando lui era all’asilo e alle elementari…

Leo conosceva bene il dolore.

E lo odiava.

Non sopportava l’idea di soffrire, e le torture erano il suo più grande incubo.

Ma se soffrendo solo lui avrebbe potuto eliminare la sofferenza di altre persone, di più di venti altre persone… non era egoista privare gli altri di questa opportunità?

Nessuno aveva ferite troppo gravi.

Leo avrebbe preso solo una piccola percentuale.

…probabilmente.

A malapena conosceva quelle persone, dopotutto. E il coinvolgimento emotivo derivava da un forte e prolungato uso dei suoi poteri.

Né Opal né Gideon erano tornati, e non c’era neanche Alex a fermarlo.

-Qualcuno vuole una caramella?- propose dopo un’attenta riflessione, con un grande sorriso, e tirando fuori un sacchetto con una trentina di caramelle arcobaleno che portava sempre in giro per ogni evenienza.

Le aveva realizzate esclusivamente lui, erano piccole, ma anche nutrienti. Perfette per curare e offrire dolcezza.

Erano tonde, morbide, e dai mille colori, mischiati tra loro.

-Una caramella?- chiese una guardia che Leo aveva imparato a conoscere come Louie.

-Sono fatte con gli scarti, ma sono davvero gustose- spiegò Leo, mangiandone una per dimostrare che non erano avvelenate e davvero molto buone.

-Oh, sì! Ne prendo con piacere una!- esclamò Ritter, un altro cavaliere, molto giovane ed entusiasta, mettendosi seduto più dritto.

Leo gli si avvicinò con la caramella in mano.

-Apri la bocca- lo incoraggiò, in tono giocoso.

Ritter ridacchiò, e lo fece fare.

Leo lo imboccò velocemente, sperando di non pentirsene.

Era decisamente terrorizzato.

Più dalla possibilità che scoprissero che fosse benedetto, che per altro.

Il dolore non lo spaventava così tanto, e Ritter aveva solo una gamba rotta e qualche costola incrinata, oltre ad alcune ferite superficiali.

Quasi immediatamente, Leo sentì una fitta alla gamba, ma fece finta di niente.

Non poteva neanche toccare il fiore tatuato, perché altrimenti l’avrebbe fatto notare dagli altri.

Sperò che la gamba si fosse contusa o qualcosa del genere, e non rotta.

Sarebbe stato davvero problematico

-Sono deliziose! Mi sembra quasi di stare già meglio- Ritter gli fece un occhiolino, e per fortuna sembrava più un flirt che un vero e proprio commento sospetto.

Leo sorrise soddisfatto, cercando di non mostrare le sue vere emozioni, e si girò verso gli altri.

-Chi vuole un po’ di caramelle magiche?- chiese, scherzosamente.

Quasi tutti i cavalieri accettarono, anche se non tutti si fecero imboccare. I più anziani lo trovavano sconveniente, e altri erano troppo orgogliosi.

Leo sperò che nessuno si rendesse conto che le persone curate fossero solo quelle che si erano fatte imboccare, perché sennò le domande sarebbero state tante.

Ma per il momento nessuno sembrava accorgersi di stare effettivamente meglio.

Probabilmente era la poca luce nella stanza, avvolta dalla notte e con poche candele accese a causa della carenza di combustibile. 

Forse semplicemente l’atmosfera goliardica aveva messo tutti troppo di buonumore per rendersi conto dei cambiamenti fisici dei loro corpi, che erano comunque imbottiti di antidolorifici e bende.

Forse la benedizione non stava funzionando.

Anche se l’ultima ipotesi era improbabile.

Perché Leo si sentiva sempre peggio ad ogni caramella che dava a qualcuno.

E fu grato al comandante Swain che si rifiutò di farsi imboccare, perché aveva in assoluto le ferite più gravi, e a Leo non ci voleva proprio uno squarcio sulla schiena bruciata.

Alla fine del giro, non erano rimaste molte caramelle, ma Leo aveva curato, probabilmente, diciotto persone, in entrambe le stanze.

-È arrivato il momento di spegnere le luci e andare a dormire. Leah, è meglio se vai a riposare in camera, sembri davvero provata- Fenja interruppe tutti, e incoraggiò Leo ad uscire, anche se con un grande sorriso.

-Devo portare il vassoio in cucina- notò Leo, alzandosi ma con enorme difficoltà deambulatorie.

Fenja se ne accorse, ma non commentò, e si limitò a metterle una mano incoraggiante sulla schiena, per aiutarla a raggiungere la porta e non il carrello.

-Ci penseremo domattina. Si è fatto tardi, e devi riposare anche tu. Si vede che sei stanca- 

-Grazie, Miss Wallin… vuole una caramella anche lei?- chiese Leo, accettando la proposta, e sollevando una delle sue caramelle.

Si sentiva in colpa a non avergliela offerta prima. Dopotutto era rimasta lì tutto il tempo, e anche se non aveva bisogno di essere curata, comunque meritava un dolcetto, visto tutto il lavoro che faceva.

-Non dico di no- Fenja sorrise, e aprì la bocca per farsi imboccare, sempre accompagnando Leo verso la porta.

L’operazione avvenne con semplicità, come tutte le altre.

-Wow, è davvero ottima…- commentò Fenja, incoraggiante, mentre masticava.

Poi si interruppe di scatto.

-…davvero, davvero… ottima- osservò, sorpresa.

-Tutto bene, signorina Wallin?- chiese Leo, confuso e un po’ preoccupato.

-Che ci hai messo dentro?- chiese Fenja, fissandolo con attenzione.

Leo registrò vagamente che gli era aumentato leggermente il mal di testa, e anche un po’ il mal di schiena.

Ma ormai non era più abbastanza padrone del proprio corpo per esserne sicuro.

-Avanzi vari, un po’ di zuccheri, e gelatina… probabilmente ha un effetto un po’… rivitalizzante, visto che sono tutti ingredienti molto sani- Leo provò ad inventarsi una scusa al volo per giustificare le proprietà benefiche delle proprie caramelle.

Non si aspettava minimamente che Fenja se ne sarebbe accorta.

Sarebbe stato comico se fosse stato beccato proprio ora che stava andando via.

-Wow… sono ottime. Mi sembra quasi di avere un’iniettata di energia. Potrei… potrei prenderne un paio anche per mio padre, e per il futuro?- chiese la ragazza, un po’ in imbarazzo.

-Certo, può prenderle tutte! Ma non credo che siano poi così miracolose- Leo le offrì il sacchetto, ma sperò che il gesto non gli si sarebbe ritorto contro.

L’importante, in quel momento, era uscire da lì il prima possibile.

Non ce la faceva più a sorridere.

E aveva bisogno di controllare le ferite e le bruciature, e mettere la crema, e… dormire.

Aveva un bisogno immenso di dormire.

Si era fatto davvero tardi, rischiava di trovare le sue coinquiline già a letto.

-Grazie! Oh, non ti trattengo. Buonanotte Leah!- Fenja la salutò, e Leo fu finalmente libero di andare.

Entrato in camera, tutte le sue colleghe erano già addormentate, tranne Dotty, che leggeva un libro con la luce di una candela.

-Leah! Finalmente! Ero preoccupata- l’accolse, a voce bassa per non svegliare le altre.

-Scusami, sono rimasta un po’ in infermeria- spiegò Leo, prendendo il necessario per prepararsi per la notte e dirigendosi verso il bagno.

-Ti sei fatta visitare? Stai bene?- chiese Dotty, preoccupata.

-Sì, devo solo riposare un po’- mentì Leo, con un sorriso, chiudendosi poi in bagno.

Nel momento stesso in cui chiuse la porta a chiave, Leo crollò.

Letteralmente.

Le gambe gli cedettero, e il corpo smise di seguire le sue indicazioni.

Ci mise tantissimo a recuperare le forze necessarie a controllare quantomeno le sue condizioni.

E… non erano belle.

Forse aveva esagerato.

Ma ehi, non era morto.

Ed era un fattore positivo.

Solo che se continuava così non sarebbe stato utile più a nessuno!

Leo si medicò le bruciature con la crema di Sage, che effettivamente gli provocò immediatamente sollievo, e poi le fasciò con delle garze nuove.

Controllò eventuali ferite, lividi e contusioni, e usò quasi tutto il kit medico che Alex gli aveva fornito di nascosto per ogni evenienza.

Tutte le operazioni vennero svolte con estrema lentezza e attenzione, dolori in tutto il corpo, e le palpebre davvero pesanti.

Dopo probabilmente più di un’ora, sentì un lieve bussare alla porta.

-Leah, va tutto bene?- chiese la voce di Dotty.

-Sì, tutto okay… sono solo un po’ stitica- si inventò Leo, per giustificare il lungo tempo passato in bagno.

-Oh, okay… se hai bisogno chiama. Io sto andando a dormire, ma ho il sonno leggero- si mise a disposizione.

-Non preoccuparti, niente di grave. Vai pure a dormire- la incoraggiò Leo, tornando poi alla sua operazione.

Quando ebbe finito, era ormai tardi.

Anzi… presto.

Perché iniziava ad arrivare il mattino.

Ma Leo doveva dormire, almeno un po’.

Ne aveva troppo bisogno.

Sistemò tutti i materiali, uscì dal bagno, e crollò addormentato nell’istante in cui il suo corpo martoriato toccò il materasso.

Per tutto il tempo, le parole della dea Flora gli erano risuonate in testa.

Leo doveva scegliersi bene le sue battaglie.

…ma era così difficile! 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Certo è che è un sacco che non aggiorno. Chiedo scusa sentitamente! Ho avuto tante cose da fare, e ispirazione un po’ bassa, e questo capitolo come potete vedere è molto pesante. Leo sembra stia per toccare il fondo.

Almeno c’è Sage a stemperare la tensione.

E il momento cringe con il principe.

Ho adorato scriverlo.

Un po’ di parti comiche in una storia che sta perdendo la sua verve comica, lo ammetto, e mi dispiace.

Ma nel prossimo capitolo ho intenzione di mettere più romanticismo e più comicità.

C’è bisogno di spezzare un po’ la tragicità!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, vi auguro una bella giornata, un bacione e alla prossima! :-*

   
 
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