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Autore: fiore di pesco    11/06/2023    4 recensioni
Vi propongo degli estratti dei miei pensieri più intimi, celata da un anonimato che dura da oltre un decennio.
Non è un testo delicato, non sono una persona eccessivamente sensibile e quindi potreste incappare in black humor, turpiloquio e considerazioni talvolta ciniche che potrebbero turbare i lettori più emotivi. Non voglio far finta che questo mi dolga, non sono mai stata ipocrita.
Potrete trovare capitoli composti da una vicenda che mi è successa di recente, altre molto lontane nel tempo, pensieri, aforismi, quello che mi va.
Alcune di queste riflessioni sono state scritte in bozze sul mio diario anni fa e non so perchè stasera abbia sentito l'esigenza di condividerle con qualcuno. Forse per strappare una risata o una imprecazione, ma sempre meglio della noia.
Questa "storia" è una raccolta disomogenea e non segue una trama, ogni capitolo è a sè e quindi non pubblicherò con scadenze, seguirà l'ispirazione.
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Oggi, sabato 10 giugno 2023, ringrazio me e le mie idee del cazzo, sempre pronta a nuove sfide e rotture di maroni, al punto che a volte mi inerpico su per progetti che a prima vista paiono stimolanti, per ridurmi come uno straccio al traguardo. Come oggi.

Un mese fa, in seguito al fatto che mentre ero in ufficio ho sentito del cattivo odore provenire dal bar (chiuso da febbraio causa fallimento) ho fatto presente al proprietario dell’immobile che qualcosa non andava. Lui mi ha consegnato le chiavi dicendo se per favore potevo controllare io, dato che si fida di me.

Come sono entrata in quel tugurio, ho compreso immediatamente che la situazione era grave. L’odore era nauseabondo, l’aria quasi irrespirabile. In pratica, il brillante titolare del bar, per motivi che non mi va di sciorinare, una notte di febbraio se l’è svignata, lasciando TUTTO nel bar. Frigoriferi pieni, congelatori pieni, luci accese (che si sono spente a marzo per taglio della corrente)… potete immaginare che finché a febbraio e marzo ha fatto freddo, non c’erano grandi problemi di marcescenza. Ma come a maggio è arrivato il vero calore, il putridume ha raggiunto livelli tali da infestare l’intero condominio.

Avendo io la propensione quasi masochistica a cercare di fare soldi (vecchio lascito di una vita passata in cui avevo sempre le pezze al culo) ho proposto al proprietario dell’immobile di risolvere il suo problema, sgomberando e pulendo il locale alla cifra paragonabile ad un terzo dello stipendio mensile di un operaio. Non dico l’importo preciso semplicemente perché non vivo in Italia e quindi non è in euro e sarebbe difficile spiegarne il valore visto che il costo della vita è differente. Comunque una cifra abbastanza elevata per un giorno di lavoro.

Lui dapprima ha titubato, poi dopo essere entrato a vedere con i suoi occhi, ha accettato.

Ho chiesto ad una mia amica di aiutarmi, così che avremmo fatto prima e diviso il compenso.

Non potevo eseguire immediatamente i lavori, allora ho rimandato a oggi, sabato 10 giugno.

Dopo un inizio di giornata che prometteva un abbondante disagio, ci siamo ritrovati in quattro (io, la mia amica e i nostri compagni) alle 8:30 al locale e lì ci siamo finalmente resi conto di cosa avevamo accettato di fare. Come abbiamo aperto la stanza che sarebbe dovuta essere adibita a cucina, nonostante io sia atea, un solo pensiero mi ha folgorato: “Dio ha abbandonato queste terre”. La mia amica si è girata verso di me lentamente e ho letto nel suo sguardo la stessa angoscia.

Ci siamo messe sotto di buona lena, ho fatto la bellezza di quattro giri in discarica, caricando la mia auto di tutta la porcheria che i disgraziati che avevano il posto avevano accumulato.

Non ricordo più come sono le discariche in Italia, forse negli ultimi dieci anni sono cambiate, l’ultima volta che ne vidi una era il 2018, fatto sta che in sto cazzo di Paese, in discarica regnano gli assistenti ecologici. Una razza di potenti rotti in culo che ti impongono a momenti di staccare anche l’etichetta dalle bottiglie dell’acqua perché “quello è PET, quello è PP, quello è PPE, quella è la fessa di soreta” ma andate un po’ a fanculo per cortesia: ho oltre 700kg di spazzatura da buttare oggi, vogliamo analizzarla tutta tutta o pensate di darvi una mossa? Magari, visto che porco demonio vi paghiamo un fottio tra tasse sui rifiuti, tasse sul sacco, tasse sulla gran voglia di rompere i coglioni che avete, MAGARI, magari, potreste anche smistarla voi sta spazzatura. In fondo comunque state di fianco a me ad annuire come gli avvoltoi per dirmi cosa fare con ogni pezzo, forse, visto che vi ho detto diciotto volte che sono di fretta, POTRESTE ANCHE AIUTARMI OLTRE A PARLARE.

Una pignoleria castrante e controproducente perché alla fine la maggior parte degli stronzi che conosco, non così sensibili alla questione “pianeta Terra”, buttano tutto nell’indifferenziata e se ne sbattono. Nonostante io disapprovi questo atteggiamento, oggi ho pensato a loro con grande solidarietà perché ogni volta che sono andata in discarica, mi hanno trifolato la minchia al punto tale che avrei buttato loro, nelle benne, al posto dell’immondizia. Dopo un paio di badilate sulle tempie.

Come se non bastasse, al ritorno dalla prima volta in cui mi sono recata all’ecocentro, ecco davanti a me un’autocisterna. All’inizio ho pensato che no, non era niente di che, e dovevo mantenere la calma nonostante mi avessero appena fatto perdere 45 minuti per il primo viaggio del giorno e l’istinto primordiale era di farmela a fuoco per tornare ad aiutare la squadra. Invece stranamente ad un incrocio, l’autocisterna si ferma. Non capivo cosa stesse succedendo, il veicolo davanti era grandissimo e mi impediva la visuale. Sapevo solo che eravamo fermi da oltre cinque minuti. Dopo qualche altro minuto sono scesa a vedere che fosse successo e… il minchione al volante dell’autocisterna probabilmente doveva aver fatto voto di bontà, perché stava lasciando passare TUTTI, tutti, ogni cosa, persona, veicolo, ciclista, rosa di Gerico fosse nei paraggi, lui la lasciava passare, sebbene fosse lui che aveva diritto alla precedenza!

Ho percepito chiaramente la pazienza abbandonami, sono risalita in auto e, memore delle mie origini peninsulari, mi sono attaccata al clacson. Non ci crederete ma ha funzionato, il coglione è ripartito.

L’intera giornata è proceduta a ritmo di marcia, ogni cosa che spostavamo nascondeva un nuovo regno microbiotico, vere e proprie colonie e colture di ogni organismo unicellulare e poco pluricellulare che possiate immaginare. Quando abbiamo spostato i frigoriferi, il pavimento si trovava sotto a 2cm di sporco.

Dietro al bancone abbiamo dovuto usare una spatola per stucco al fine di rivedere le piastrelle. È stata un’esperienza nauseante e allo stesso tempo mistica. Senza musica, nel silenzio (eravamo tutti sotto shock), il mio cervello non ha fatto altro che filosofeggiare tutto il tempo. È stato stressante sia fisicamente che psicologicamente, alla fine non mi sopportavo manco più.

Dopo le prime sei ore, il mio compagno è entrato in uno stato dissociativo tale che la mia amica, che è una psicologa, ha ritenuto opportuno farlo sedere e dargli un po’ di caffè. Era così turbato dalla sozzura che non si è offeso nemmeno quando l’ho preso per il culo perché aveva i conati di vomito, e credetemi, lui si offende con niente. Ma non ho potuto cogliere l’occasione di essere bastarda più volte… ad un certo punto mi rendevo conto che tutti venivano a chiedermi cosa dovessero fare, manco fossi il generale alla guida di un esercito invasore in territorio nemico.

Ogni cinque minuti qualcuno mi chiamava e mi esponeva dei quesiti che ancora adesso mi chiedo “perché lo domandate a me? Ma perché io dovrei saperlo? Ma fate un po’ come vi pare!”. Al che ho espresso i miei dubbi ad alta voce, un po’ pittorescamente, per calcare il concetto che mi avevano “leggermente” stressato. In realtà è una cosa che succede molto spesso e ultimamente mi sta angosciando l’idea che tutti mi si rivolgano sempre per le mie capacità di problems solving, perché mi caricano di un lavoro mentale che esula dalla mia vita e di cui potrei fare tranquillamente a meno.

Il compagno della mia amica si è esposto con una risposta che mi ha dato da pensare per ore:

Lui: “non è colpa nostra, non siamo abituati a fare queste cose e domandiamo perché qui non si capisce dove mettere le mani prima”.

Io: “nemmeno io sono una donna delle pulizie, cosa vi fa pensare che abbia tutte le soluzioni?”

Lui: “il modo in cui ti poni. Sai quello che fai e non abbassi mai lo sguardo, trovi soluzioni velocemente e quasi sempre funzionano, fai come quando sei a lavoro e alla fine diventi il punto di riferimento (io sono datore di lavoro e amministratore della mia ditta)”.

Ah però, mecojoni. In pratica il fatto che per anni io abbia gestito un’azienda, ha modificato radicalmente il mio modo di comportami al punto che attiro l’interesse di chi non sa che cazzo fare. Bello, grazie, mi mancava alla mia lista di rotture di coglioni. La aggiungo subito.

Il bello di pulire insieme a due uomini abituati ad essere serviti e riveriti ha dato presto i suoi frutti, quando tra il fatto che avessi assunto il ruolo di leader e il fatto che fossero entrambi storditi, ho dovuto dar retta non solo al mio compagno, bensì al compagno di entrambe!

Mio compagno: “ho fame”

Suo compagno: “ehi, non trovo il caricatore del telefono… comunque, mangiamo che dici?”

Io: “Non l’ho visto. Se avete fame andate a comprarvi qualcosa…”

Suo compagno: “ok… ehi ma dov’è l’acqua?”

Io: “è sul tavolo, la vedo da qui.”

Suo compagno: “ah già. Hai visto il mio caricatore?”

Mio compagno: “io sono stanco, dove sono le tue sigarette che faccio pausa?”

Io: “non ho visto il caricatore. Le sigarette sono dove sono sempre state: nella mia borsa.”

Passa mezzora. Tornano alla carica.

Mio compagno: “Quanto manca? Cosa devo fare? Io ho ancora fame…”

Suo compagno: “Hai visto il mio caricatore?”

CAZZO. Li avrei ammazzati. Ho alzato lo sguardo verso la mia amica che stava pulendo dietro di me. La stronza ghignava. Sapeva che mi stavano rompendo le balle senza sosta ma non faceva nulla per fermare almeno la SUA piaga. La MIA purtroppo l’ho scelta e amen, me la tengo, ma anche la SUA?!

Per fortuna al mio sguardo omicida è andata a cercargli sto caricatore, che era tipo ad un metro e mezzo da lui, ben visibile dal suo punto di vista e non dal mio, in ginocchio sotto al bancone.

Nel mentre di tutto questo disagio, abbiamo potuto godere della totale assenza di discrezione della gente che passava per strada, notava la confusione all’interno e decideva di ignorare il cartello che chiedeva di non entrare, solo per venirmi a chiedere come mai stessi facendo questo lavoro dato che si discosta enormemente dalla mia figura professionale, come mai era stato chiuso il bar, perché verteva in quelle condizioni, quando avrebbe riaperto, se ero io che avevo deciso di aprire una terza attività (no Dio, ti prego no)… a questi gentili visitatori rispondeva la mia amica, con uno sguardo che sembrava spiritato e un sorriso così tirato che avresti potuto suonarci il violino. Per fortuna che fa la psicologa, se no ne avrebbe accoppato qualcuno.

La serata è finita in bellezza, con il mio compagno che perdeva copiosamente sangue dal naso e con la scusa non ha più mosso un gluteo e si è messo ad ascoltare la partita alla radio sciorinando scuse su quanto lui in realtà disprezzi il calcio, però chissà perché sta partita voleva proprio ascoltarla! La mia amica ad una certa ha cominciato a tubare col suo compagno che ripeteva da oltre otto ore di voler scappare anche lui, come l’ex titolare del bar, e io che mi sono smazzata l’ultima ora quasi da sola perché COL CAZZO CHE TORNO DOMANI MATTINA A FINIRE IL LAVORO. Manco se mi paga un’altra volta lo stesso importo. Beh no, forse per quello sarei tornata, però non era questo il caso.

Alle dieci di sera il fidanzato della mia amica ha proposto di regalare al mio compagno un teaser, così da potermi stordire all’occorrenza, come ad esempio in una situazione come quella odierna, in cui ho lavorato più di loro due messi insieme e non volevo fermarmi per il semplice fatto che preferivo fare tutto sabato piuttosto che rovinarmi TUTTO il weekend.

In totale ci abbiamo messo 14 ore. Sono arrivata a casa alle 23, con la schiena a pezzi e le mani tutte sbucciate e tagliate nonostante i guanti, lercia come una bestia selvatica e con i capelli che non si capiva più che forma avessero. Mi sono lavata e lui è crollato sul divano con i gatti, io ho voluto dedicare un’oretta a raccontare questa giornata perché a quanto pare oggi il mio cervello sentiva la necessità di raccontarsi, e visto che riesco ancora a muovere le dita abbastanza velocemente, tanto valeva cogliere l’occasione.

Comunque la prossima volta mi faccio i cazzi miei.

  
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