Oggi, sabato 10 giugno 2023,
ringrazio me e le mie idee del
cazzo, sempre pronta a nuove sfide e rotture di maroni, al punto che a
volte mi
inerpico su per progetti che a prima vista paiono stimolanti, per
ridurmi come
uno straccio al traguardo. Come oggi.
Un mese fa, in seguito al fatto che
mentre ero in ufficio ho
sentito del cattivo odore provenire dal bar (chiuso da febbraio causa
fallimento) ho fatto presente al proprietario dell’immobile
che qualcosa non
andava. Lui mi ha consegnato le chiavi dicendo se per favore potevo
controllare
io, dato che si fida di me.
Come sono entrata in quel tugurio, ho
compreso
immediatamente che la situazione era grave. L’odore era
nauseabondo, l’aria quasi
irrespirabile. In pratica, il brillante titolare del bar, per motivi
che non mi
va di sciorinare, una notte di febbraio se l’è
svignata, lasciando TUTTO nel bar.
Frigoriferi pieni, congelatori pieni, luci accese (che si sono spente a
marzo per
taglio della corrente)… potete immaginare che
finché a febbraio e marzo ha
fatto freddo, non c’erano grandi problemi di marcescenza. Ma
come a maggio è
arrivato il vero calore, il putridume ha raggiunto livelli tali da
infestare l’intero
condominio.
Avendo io la propensione quasi
masochistica a cercare di
fare soldi (vecchio lascito di una vita passata in cui avevo sempre le
pezze al
culo) ho proposto al proprietario dell’immobile di risolvere
il suo problema, sgomberando
e pulendo il locale alla cifra paragonabile ad un terzo dello stipendio
mensile
di un operaio. Non dico l’importo preciso semplicemente
perché non vivo in
Italia e quindi non è in euro e sarebbe difficile spiegarne
il valore visto che
il costo della vita è differente. Comunque una cifra
abbastanza elevata per un
giorno di lavoro.
Lui dapprima ha titubato, poi dopo
essere entrato a vedere
con i suoi occhi, ha accettato.
Ho chiesto ad una mia amica di
aiutarmi, così che avremmo
fatto prima e diviso il compenso.
Non potevo eseguire immediatamente i
lavori, allora ho
rimandato a oggi, sabato 10 giugno.
Dopo un inizio di giornata che
prometteva un abbondante
disagio, ci siamo ritrovati in quattro (io, la mia amica e i nostri
compagni) alle
8:30 al locale e lì ci siamo finalmente resi conto di cosa
avevamo accettato di
fare. Come abbiamo aperto la stanza che sarebbe dovuta essere adibita a
cucina,
nonostante io sia atea, un solo pensiero mi ha folgorato:
“Dio ha abbandonato
queste terre”. La mia amica si è girata verso di
me lentamente e ho letto nel
suo sguardo la stessa angoscia.
Ci siamo messe sotto di buona lena,
ho fatto la bellezza di quattro
giri in discarica, caricando la mia auto di tutta la porcheria che i
disgraziati che avevano il posto avevano accumulato.
Non ricordo più come sono
le discariche in Italia, forse
negli ultimi dieci anni sono cambiate, l’ultima volta che ne
vidi una era il
2018, fatto sta che in sto cazzo di Paese, in discarica regnano gli
assistenti
ecologici. Una razza di potenti rotti in culo che ti impongono a
momenti di
staccare anche l’etichetta dalle bottiglie
dell’acqua perché “quello è
PET,
quello è PP, quello è PPE, quella è la
fessa di soreta” ma andate un po’ a
fanculo per cortesia: ho oltre 700kg di spazzatura da buttare oggi,
vogliamo
analizzarla tutta tutta o pensate di darvi una mossa? Magari, visto che
porco
demonio vi paghiamo un fottio tra tasse sui rifiuti, tasse sul sacco,
tasse sulla
gran voglia di rompere i coglioni che avete, MAGARI, magari, potreste
anche
smistarla voi sta spazzatura. In fondo comunque state di fianco a me ad
annuire
come gli avvoltoi per dirmi cosa fare con ogni pezzo, forse, visto che
vi ho
detto diciotto volte che sono di fretta, POTRESTE ANCHE AIUTARMI OLTRE
A PARLARE.
Una pignoleria castrante e
controproducente perché alla fine
la maggior parte degli stronzi che conosco, non così
sensibili alla questione “pianeta
Terra”, buttano tutto nell’indifferenziata e se ne
sbattono. Nonostante io
disapprovi questo atteggiamento, oggi ho pensato a loro con grande
solidarietà perché
ogni volta che sono andata in discarica, mi hanno trifolato la minchia
al punto
tale che avrei buttato loro, nelle benne, al posto
dell’immondizia. Dopo un
paio di badilate sulle tempie.
Come se non bastasse, al ritorno
dalla prima volta in cui mi
sono recata all’ecocentro, ecco davanti a me
un’autocisterna. All’inizio ho
pensato che no, non era niente di che, e dovevo mantenere la calma
nonostante mi
avessero appena fatto perdere 45 minuti per il primo viaggio del giorno
e l’istinto
primordiale era di farmela a fuoco per tornare ad aiutare la squadra.
Invece stranamente
ad un incrocio, l’autocisterna si ferma. Non capivo cosa
stesse succedendo, il
veicolo davanti era grandissimo e mi impediva la visuale. Sapevo solo
che eravamo
fermi da oltre cinque minuti. Dopo qualche altro minuto sono scesa a
vedere che
fosse successo e… il minchione al volante
dell’autocisterna probabilmente doveva
aver fatto voto di bontà, perché stava lasciando
passare TUTTI, tutti, ogni
cosa, persona, veicolo, ciclista, rosa di Gerico fosse nei paraggi, lui
la
lasciava passare, sebbene fosse lui che aveva diritto alla precedenza!
Ho percepito chiaramente la pazienza
abbandonami, sono
risalita in auto e, memore delle mie origini peninsulari, mi sono
attaccata al
clacson. Non ci crederete ma ha funzionato, il coglione è
ripartito.
L’intera giornata
è proceduta a ritmo di marcia, ogni cosa
che spostavamo nascondeva un nuovo regno microbiotico, vere e proprie
colonie e
colture di ogni organismo unicellulare e poco pluricellulare che
possiate
immaginare. Quando abbiamo spostato i frigoriferi, il pavimento si
trovava sotto
a 2cm di sporco.
Dietro al bancone abbiamo dovuto
usare una spatola per stucco
al fine di rivedere le piastrelle. È stata
un’esperienza nauseante e allo
stesso tempo mistica. Senza musica, nel silenzio (eravamo tutti sotto
shock),
il mio cervello non ha fatto altro che filosofeggiare tutto il tempo.
È stato
stressante sia fisicamente che psicologicamente, alla fine non mi
sopportavo
manco più.
Dopo le prime sei ore, il mio
compagno è entrato in uno
stato dissociativo tale che la mia amica, che è una
psicologa, ha ritenuto
opportuno farlo sedere e dargli un po’ di caffè.
Era così turbato dalla sozzura
che non si è offeso nemmeno quando l’ho preso per
il culo perché aveva i conati
di vomito, e credetemi, lui si offende con niente. Ma non ho potuto
cogliere l’occasione
di essere bastarda più volte… ad un certo punto
mi rendevo conto che tutti
venivano a chiedermi cosa dovessero fare, manco fossi il generale alla
guida di
un esercito invasore in territorio nemico.
Ogni cinque minuti qualcuno mi
chiamava e mi esponeva dei
quesiti che ancora adesso mi chiedo “perché lo
domandate a me? Ma perché io
dovrei saperlo? Ma fate un po’ come vi pare!”. Al
che ho espresso i miei dubbi
ad alta voce, un po’ pittorescamente, per calcare il concetto
che mi avevano “leggermente”
stressato. In realtà è una cosa che succede molto
spesso e ultimamente mi sta
angosciando l’idea che tutti mi si rivolgano sempre per le
mie capacità di
problems solving, perché mi caricano di un lavoro mentale
che esula dalla mia
vita e di cui potrei fare tranquillamente a meno.
Il compagno della mia amica si
è esposto con una risposta
che mi ha dato da pensare per ore:
Lui: “non è
colpa nostra, non siamo abituati a fare queste
cose e domandiamo perché qui non si capisce dove mettere le
mani prima”.
Io: “nemmeno io sono una
donna delle pulizie, cosa vi fa
pensare che abbia tutte le soluzioni?”
Lui: “il modo in cui ti
poni. Sai quello che fai e non
abbassi mai lo sguardo, trovi soluzioni velocemente e quasi sempre
funzionano, fai
come quando sei a lavoro e alla fine diventi il punto di riferimento
(io sono
datore di lavoro e amministratore della mia ditta)”.
Ah però, mecojoni. In
pratica il fatto che per anni io abbia
gestito un’azienda, ha modificato radicalmente il mio modo di
comportami al
punto che attiro l’interesse di chi non sa che cazzo fare.
Bello, grazie, mi
mancava alla mia lista di rotture di coglioni. La aggiungo subito.
Il bello di pulire insieme a due
uomini abituati ad essere
serviti e riveriti ha dato presto i suoi frutti, quando tra il fatto
che avessi
assunto il ruolo di leader e il fatto che fossero entrambi storditi, ho
dovuto
dar retta non solo al mio compagno, bensì al compagno di
entrambe!
Mio compagno: “ho
fame”
Suo compagno: “ehi, non
trovo il caricatore del telefono…
comunque, mangiamo che dici?”
Io: “Non l’ho
visto. Se avete fame andate a comprarvi qualcosa…”
Suo compagno:
“ok… ehi ma dov’è
l’acqua?”
Io: “è sul
tavolo, la vedo da qui.”
Suo compagno: “ah
già. Hai visto il mio caricatore?”
Mio compagno: “io sono
stanco, dove sono le tue sigarette
che faccio pausa?”
Io: “non ho visto il
caricatore. Le sigarette sono dove sono
sempre state: nella mia borsa.”
Passa mezzora. Tornano alla carica.
Mio compagno: “Quanto
manca? Cosa devo fare? Io ho ancora fame…”
Suo compagno: “Hai visto il
mio caricatore?”
CAZZO. Li avrei ammazzati. Ho alzato
lo sguardo verso la mia
amica che stava pulendo dietro di me. La stronza ghignava. Sapeva che
mi
stavano rompendo le balle senza sosta ma non faceva nulla per fermare
almeno la
SUA piaga. La MIA purtroppo l’ho scelta e amen, me la tengo,
ma anche la SUA?!
Per fortuna al mio sguardo omicida
è andata a cercargli sto caricatore,
che era tipo ad un metro e mezzo da lui, ben visibile dal suo punto di
vista e
non dal mio, in ginocchio sotto al bancone.
Nel mentre di tutto questo disagio,
abbiamo potuto godere
della totale assenza di discrezione della gente che passava per strada,
notava
la confusione all’interno e decideva di ignorare il cartello
che chiedeva di
non entrare, solo per venirmi a chiedere come mai stessi facendo questo
lavoro
dato che si discosta enormemente dalla mia figura professionale, come
mai era
stato chiuso il bar, perché verteva in quelle condizioni,
quando avrebbe
riaperto, se ero io che avevo deciso di aprire una terza
attività (no Dio, ti
prego no)… a questi gentili visitatori rispondeva la mia
amica, con uno sguardo
che sembrava spiritato e un sorriso così tirato che avresti
potuto suonarci il
violino. Per fortuna che fa la psicologa, se no ne avrebbe accoppato
qualcuno.
La serata è finita in
bellezza, con il mio compagno che
perdeva copiosamente sangue dal naso e con la scusa non ha
più mosso un gluteo
e si è messo ad ascoltare la partita alla radio sciorinando
scuse su quanto lui
in realtà disprezzi il calcio, però
chissà perché sta partita voleva proprio
ascoltarla! La mia amica ad una certa ha cominciato a tubare col suo
compagno
che ripeteva da oltre otto ore di voler scappare anche lui, come
l’ex titolare
del bar, e io che mi sono smazzata l’ultima ora quasi da sola
perché COL CAZZO
CHE TORNO DOMANI MATTINA A FINIRE IL LAVORO. Manco se mi paga
un’altra volta lo
stesso importo. Beh no, forse per quello sarei tornata, però
non era questo il
caso.
Alle dieci di sera il fidanzato della
mia amica ha proposto
di regalare al mio compagno un teaser, così da potermi
stordire all’occorrenza,
come ad esempio in una situazione come quella odierna, in cui ho
lavorato più
di loro due messi insieme e non volevo fermarmi per il semplice fatto
che
preferivo fare tutto sabato piuttosto che rovinarmi TUTTO il weekend.
In totale ci abbiamo messo 14 ore.
Sono arrivata a casa alle
23, con la schiena a pezzi e le mani tutte sbucciate e tagliate
nonostante i
guanti, lercia come una bestia selvatica e con i capelli che non si
capiva più
che forma avessero. Mi sono lavata e lui è crollato sul
divano con i gatti, io
ho voluto dedicare un’oretta a raccontare questa giornata
perché a quanto pare
oggi il mio cervello sentiva la necessità di raccontarsi, e
visto che riesco
ancora a muovere le dita abbastanza velocemente, tanto valeva cogliere
l’occasione.
Comunque la prossima volta mi faccio
i cazzi miei.