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Autore: Enchalott    26/06/2023    3 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La luna di Mardan

Il fiotto di sangue inondò il petto dell’Ojikumaar, che confisse la lama a inchiodarlo alla parete. Mahati inghiottì un gemito e levò la sinistra per liberarsi con una spinta opposta, troppo fiacca per ovviare. Quando Rhenn estrasse la spada, il dolore gli schizzò al cervello e gli confuse la vista: si accasciò dipingendo sul muro una scia vermiglia.
Il primogenito riguadagnò la posizione d’attacco e angolò l’arma, pronto al colpo di grazia.
«No!»
Yozora si precipitò per la gradinata, incurante della formalità cui era tenuta.
Non sono una Khai! Non ce la faccio! Non posso…
Valka l’afferrò sull’ultimo scalino, trattenendola con rammaricata risolutezza.
«Mia signora! Scavalcare il re è passibile di pena capitale!»
«Egli non è in sé, altrimenti…»
«Ssh, che non vi oda! Intralciando le sue decisioni, non otterrete che fomentarne l’ira e acuirete il tormento del vostro sposo. Ricordate la fierezza demoniaca.»
Gli occhi del reikan erano dilatati per l’ansia, le pupille una linea verticale nel mare scarlatto, eppure le braccia che la trattenevano erano salde come roccia. Da lontano nessuno avrebbe realizzato il suo stato d’animo in bilico tra la collera e l’angoscia, simile a quello di ogni guerriero lì presente.
«Cosa dovrei fare!?»
«Non c’è nulla in vostro potere.»
Lei rifiutò di rassegnarsi e si divincolò tanto da volgersi all’alto scranno.
«Vi supplico, erkhem! Non consentite che il principe della corona si macchi dell’omicidio di suo fratello!»
Si accorse tardi che l’appello implicava un’affinità con la morte di Kujul e che sarebbe potuto suonare alla stregua di un’accusa infamante. Scoperchiare il passato era rischioso, avrebbe suscitato tempesta e non rimorso.
Avvertì mille sguardi su di sé: quelli esterrefatti degli astanti, quello indifferente di Rhenn e quello lucido di Mahati, quello disumano del tiranno che li aveva generati.
«Prendete me» disse, decisa rettificare le interpretazioni «Non intendo pretendere senza pagare, offro la mia vita. Oggi avete esaudito la mia supplica, ottenere una seconda soddisfazione è ingiusto verso chi non è stato accontentato.»
I Khai tumultuarono in ammirato sconcerto, persino Ŷalda elargì un altezzoso sogghigno. L’Ojikumaar abbassò impercettibilmente la spada, un’incrinatura nella sicurezza ostentata sino a quel momento.
«Uccidimi subito! Non osare lasciarla a nostro padre!» ansò il secondogenito.
«Parli della tua vita o della tua donna?»
Mahati espirò con divertito disprezzo.
«È terribile annaspare nell’indecisione, non è così?»
«Perché non ti ammazzi da solo!?»
 
Kaniša levò la destra, ottenendo istantaneo silenzio. Si alzò con palese sforzo, tendendole l’anello. Yozora si piegò per baciarlo, ma lui l’attirò a sé.
«La verità, diletta, sarà mia e vostra» sussurrò in lingua salki «Un’esitazione, una menzogna e la pagherete cara. Sono stanco del non detto.»
Yozora assentì, spinta da una fiducia che non aveva ragione di sussistere ma che conficcava le radici in una pena che il re comprendeva per esperienza, impossibile da ammansire. Kaniša sapeva che, in sua presenza, la prova di destrezza sarebbe mutata in scontro e ogni sua precedente affermazione acquisì significato. Gli rispose con autenticità e vergogna, bagnando di pianto il manto regale. Tuttavia, pronunciare l’inconfessato spartendolo con la persona meno idonea, la pose difronte a se stessa.
Il sovrano annuì come avesse infine ottenuto il farmaco atto a guarirlo.
«Se lo amate, salvatelo» impose, articolando il verbo proibito «Gli hanran dicono che gli dèi vi abbiano inviata qui, io mi ostino a credere che siate il vindice dono di Naora. Il mio secolare cammino è al termine, non ho potuto niente contro me stesso né contro la linfa che ho tramandato ai miei discendenti. Sono un Khai devoto al sommo Belker, voi siete libera da tale dannazione e non avete paura di combattere. Salvate mio figlio, diletta. Salvatelo senza infierire su chi si opporrà.»
La scostò brusco, lasciandola in piena confusione.
«Riponi la spada, Rhenn» tuonò «Ricevo la vittoria di colui che prenderà la mia corona! L’unico re non può essere sconfitto neppure dal suo stesso sangue, ecco la prova eccelsa. Onore all’erede!»
Lasciò la sala del trono. I sudditi ribadirono l’elogio, inchinandosi al vincitore per poi sciamare verso il banchetto.
L’Ojikumaar imprecò. Scagliò la spada, conficcandola al centro di un arazzo. La vibrazione metallica echeggiò nell’ambiente ormai deserto.
«Con l’augurio di strozzarti!» rincarò rabbioso, accosciandosi davanti al fratello «E tu? Aspetti il prossimo anniversario per alzarti?»
Lo sguardo di Mahati era rivolto alla moglie, che stava accorrendo malgrado le proteste della sua guardia del corpo. Rhenn sbuffò all’occhiataccia che lo trapassò da parte a parte.
Yozora non gli rivolse la parola, impiegando le energie per non scoppiare in lacrime innanzi al marito. Solo i guaritori riuscirono a staccarla da lui, costretti a giurare che non era ferito in modo serio e assunto l’impegno di rimetterlo in sesto.
Rhenn ebbe un sussulto quando si sentì sfiorare il gomito. Il profumo di Rasalaje gli invase le narici, riportandolo con i piedi su una terra che scottava.
«Siamo attesi, mio prezioso. Le dorei hanno approntato il bagno e il cambio d’abito, lascia che ti assista nella vestizione.»
Lui aggrottò la fronte fissandosi le mani arrossate dalle fiamme dell’ofytar. Lo spruzzo di sangue che gli aveva macchiato il torace aveva creato un disegno grottesco sovrapposto al thyr. Gocce calde di sudore gli scendevano lungo il collo e il dorso, i capelli erano incollati alla fronte.
Sono impresentabile. So di non dover esibire fatica, ma ora non m’importa.
Si scrollò dal tocco gentile della moglie e lasciò l’area dello scontro in falcate nervose.
 
Seduta a tavola, Yozora si sentì soffocare. Il vociare dei commensali, la musica e il caldo creavano una miscela letale, con l’apprensione per Mahati come sottofondo. Guardò il posto vuoto e la voragine ingigantì.
Alle sue spalle, la schiena dritta e le braccia incrociate sul petto, Valka scosse il capo: non aveva notizie e non era autorizzato ad abbandonare la sorveglianza.
Lei ebbe un moto di dispiacere nel constatare che non aveva mangiato nulla ed era in piedi dall’alba. Ciononostante non mostrava segni di cedimento.
Per lui sarà uno scherzo a confronto dell’addestramento, però mi rincresce che con questa temperatura non gli sia concesso neppure un sorso d’acqua.
Stabilì che la misura era colma. Si scusò e lasciò il banchetto.
Il reikan la tallonò, la sinistra posata sulle spade.
«Dove state andando?»
«Ho bisogno d’aria. Scortate una signora anche quando va a rinfrescarsi?»
«Non ho disposizioni contrarie» sorrise sfacciato.
«Buono a sapersi. Prendete questi intanto.»
Lui inarcò un sopracciglio, puntando i frutti che aveva cavato dalle gonne.
«Un gioco di prestigio niente male.»
«L’ho imparato da mia sorella. Una principessa non si rimpinza durante un convito, ma nei suoi appartamenti la regola cade. Meglio premunirsi, no?»
Il giovane le riservò uno sguardo di una dolcezza tale da metterla in imbarazzo.
«Non… non avete appetito?» arrossì lei.
«Lo stomaco mi sta insultando dal primo tramonto. Non dovrei accettare bensì spendermi in una severa ramanzina.»
«Diamola per fatta. Mangiate, finché siamo soli.»
«Questa è corruzione» esalò Valka, consumando il bottino in un batter d’occhio.
«Ha presa sui Khai?»
«Di sicuro su di me. Dove desiderate vi accompagni?»
«C’è una terrazza in quest’ala del palazzo?»
Lui le porse il braccio, disattendendo ogni sorta di regola e distacco sociale. Yozora accettò con un pizzico di timore, memore delle conseguenze che spesso aveva provocato senza intenzionalità. Si fidò del sesto senso del suo difensore. Sotto l’alta uniforme i bicipiti del cavaliere alato erano marmorei. Per l’occasione portava gli alamari agganciati, indossava un fermaglio d’argento e la folta cascata rosso scuro gli accarezzava le spalle aitanti. Gli orecchini di tormalina ondeggiavano ipnotici.
Non mi sorprenderebbe se le sue compagne d’arme intentassero disputa per lui.
Si lasciò investire dalla brezza notturna, sciogliendo i pensieri, pregando Kalemi affinché vegliasse su di lei e la guidasse nei momenti difficili. A tu per tu con l’io, reduce dal dialogo con il re, si sentì scottare come nella vampa dell’Haiflamur. Non realizzò la presenza nell’ombra finché essa non deliberò di palesarsi.
«La vostra guardia del corpo meriterebbe lo yonfuchi
«Rhenn!?»
Il cuore diede un balzo. La mano premuta al seno non bastò a contenere i battiti. Gettò un’occhiata all’entrata, indecisa se richiamare Valka.
«Non siete divertente!» esplose «Cosa meritereste voi, piuttosto!»
Lui vuotò il calice e lo rigirò tra le dita.
«È risaputo, sono perfido. Un caso disperato. Mi prenderanno in carico gli Immortali, neppure voi siete in grado di sanare la mia cattiveria.»
«Fingere di denigrarvi non cancellerà la mortificazione inflitta a Mahati!»
«Oh, per favore! Un duello prevede un perdente e - lode a Belker - non sono io. Non morirà per una ferita alla spalla, tra l’altro cauterizzata dalla temperatura della lama.»
«Lo stratega supremo non potrà combattere! Vi pare poco?»
«Bizzarro vedervi preoccupata per le sorti della guerra. Mahati è mancino, un graffio a destra non ne diminuirà le doti. Meno che mai la prestanza sessuale, giusto per rassicurarvi. Ingerire un po’ di polvere è parte della dieta equilibrata di chi parla a sproposito.»
«Che intendete?»
Rhenn si issò sulla balaustra e sporse le gambe oltre la ringhiera, penzolando nel vuoto. Trasse dal cinto una boccetta e la tracannò d’un fiato. L’aroma penetrante dell’alcol si mischiò agli odori del vento.
«Non vi riguarda. Lo attendete per ammirare la luna piena?»
«Sì! Sareste il terzo incomodo.»
L’Ojikumaar rise, però non c’era allegria negli occhi scuri.
«Non è vero» mormorò «Avete disertato il ricevimento come il sottoscritto.»
«Inutile contraddirvi, presumete di sapere tutto.»
«Già. Per esempio conosco il motivo per cui abbiamo tre soli e un’unica sorīya. Lo stesso per cui la mia terra è fiaccata dall’arsura.»
«Una leggenda?» domandò Yozora, colpita dalla malinconia della sua voce.
«A Mardan vivevano tre fratelli di nobile stirpe. Atakhe, il maggiore, era intelligente e valoroso, rispettato per l’equanimità e destinato al comando. Karidan, il mediano, era gentile ed empatico, curava le malattie e si adoperava per il prossimo. Hymahar, il più giovane, era di una bellezza straordinaria e di pari modestia, tanto che alle mansioni regali preferiva lavorare la terra. Vivevano in iwatha, tra loro non esisteva competizione. Finché la principessa Sorīya, raggiunta l’età adulta, non fu presentata a corte: i fratelli rimasero folgorati e uno dopo l’altro chiesero la sua mano. Lei era irreprensibile e non voleva dispiacere ad alcuno, così domandò tempo per decidere. Atakhe provò a conquistarla promettendo che sarebbe stata la sua adorata regina, Karidan la corteggiò giurando che con lui non avrebbe mai sofferto, Hymahar le offrì una vita semplice e pacifica. Sorīya gradiva ognuno nelle sue peculiarità e il suo interesse si distribuiva in modo equo, impedendole di eleggere il prediletto. I tre continuarono a mettersi in luce, ardendo di stolto ahaki, disputandosela e trascurando il regno, che iniziò a deperire. Compresa la tragicità della stasi e la conseguente rovina, gli Immortali intervennero: mutarono i fratelli nel Sole Trigemino e la giovane titubante nella luna, con il patto che avrebbero restituito loro l’umanità una volta sciolta la questione.»
«Oh» fece Yozora trattenendo il fiato «E come finì?»
«Non finì. I prìncipi seguitano a lottare, si sfidano attraverso l’ardere intenso dei raggi, cercano di superarsi a vicenda e il nostro mondo brucia in attesa che sorīya si risolva. L’indecisione uccide, ecco la morale.»
«Hanno sbagliato, se uno di loro avesse offerto il cuore, Sorīya lo avrebbe sposato.»
Rhenn sgranò gli occhi.
«Non dite idiozie, siamo Khai. La prerogativa posa sulla spada vincente. Quanto alla vostra simulata inconsapevolezza, sappiate che non ci casco.»
«Di che parlate?»
«Dei nostri incontri in biblioteca. Mahati ha proibito a me di avvicinarvi, non a voi di cercarmi. Ho atteso che mi raggiungeste o comunicaste l’intenzione avversa, invece mi avete tenuto sulla corda.»
«È sottinteso che non voglia dispiacere a mio marito!»
«Niente affatto!» sbottò lui saltando dalla balaustra «Non vi sono mancato?»
«C-certo, ma…»
«Ma non in modo tale da spingervi ad agire di testa vostra! Mio fratello vi ha forse minacciata?»
«Mahati non si comporta così!»
«Allora perché non siete venuta!?»
«Lasciatemi o chiamo aiuto!»
«Fiato sprecato, Valka obbedirebbe a me. Rispondete!»
«Perché è meglio per tutti!» singhiozzò lei.
«Vi gloriate di conoscere cos’è meglio per me!? Non avete idea di quanto mi è pesata la vostra assenza!»
«Siete ubriaco! Altrimenti non vi atteggereste a vittima!»
Rhenn l’attrasse per le spalle e le circondò la vita con le braccia, piegandosi per accostare le labbra al suo orecchio.
«E se lo avessi ammazzato?»
Lei sobbalzò.
«È per questo che lo avete ferito? Perché non ho soddisfatto i vostri capricci?»
«Cosa… capricci!? Voi ed io abbiamo siglato un patto! Mio fratello ed io combattiamo da quando siamo nati! È così che va, sbatterlo giù è un modo per rammentare al creato chi è il più forte!»
«Vostro padre ha affermato che l’ofytar è sempre terminato in pari! Perché oggi no?»
«Ditemelo voi. Vi ha parlato con una certa confidenza.»
«M-mi ha solo chiesto di assistere.»
Rhenn inalò l’aria e la emise in una sorta di sospiro svagato.
Gli dèi lo dannino in eterno…
«Il motivo?»
«Ha detto che alla fine avrei compreso.»
«Quindi?»
«Lasciatemi andare, vi prego.»
Lui le terse le lacrime con il pollice, il viso accostato al suo: il panico emanava da lei in flutti violenti, il cuore batteva furibondo. La schiena seminuda contro il suo petto era fresca, piacevole.
«“Attendi l’istante in cui i cieli cadranno, quando la terra si frantumerà e tutto andrà in pezzi. Allora apri gli occhi: senza un luogo sicuro ove riposare l’anima puoi solo abbandonare l’orgoglio. Un mondo senza di te è qualcosa che non posso tollerare. È l’istante il cui l’amore si trasforma in una spada fiammeggiante e rifiuta l’addio. Il tempo si ferma, grazie a te che sei nel mio cuore la distanza che esso promette non fa più paura.”»
Yozora si voltò a guardarlo abbacinata.
«Non sono parole mie, è lo Shikin.»
«Citandolo a memoria, dimostrate che non sono necessaria.»
«Le pagine sono intrise di sangue, Kushan ha tracciato i segni mentre esalava gli ultimi respiri. Avrebbe potuto lasciare al suo discendente termini degni di un daama, invece ha scritto un patetico addio, ove la fine appare quasi risolutiva. Leggo ma la mente rifiuta di concepirlo. Ho bisogno di voi.»
«Non è vero. È un monito, lo sapete da solo.»
«Invece no! Credete sia felice di ammettere che non capisco!?»
Yozora mantenne gli occhi nei suoi, il cuore stretto in una morsa invisibile.
È capace di inventare qualunque scusa, persino di spacciarsi per illetterato pur di protrarre un gioco che lo soddisfa.
Tuttavia aveva constatato quanto fosse esasperato dalle visioni.
«Kushan ravvisava con onestà la vostra cocciutaggine.»
Rhenn trasecolò. Al movimento la corona d’oro rosso mandò un bagliore.
«Io sarei testardo? Da che podio!»
«Lo Shikin è riferito al popolo che rappresentate» mitigò lei «L’autore paventa che rifiutiate di capire l’amore del suo gesto e che, come lui, verrete spinti allo stremo. Quando tutto mancherà, sarete indotti a prenderne atto.»
«È assurdo!»
«Non lamentatevi. Avete comandato un’opinione, eccola.»
«Tsk! Sono d’accordo con la vostra interpretazione, riesco addirittura a digerire che il nostro capostipite parli di ahaki come chiave per giungere a capo del suo lascito. Ma esigo che mi venga spiegato!»
Yozora lo fissò meravigliata. La sensazione di allarme mutò in tenerezza.
«Rhenn… l’amore non si può spiegare.»
«Come fate a dirlo? A meno che non lo proviate…» si illuminò «Siete innamorata di Mahati e non vantate sufficienti argomentazioni?»
Non la interrogò con il solito sarcasmo, pareva impaziente, nervoso, una stonatura nel suo carattere.
«Yozora.»
La voce autorevole del Kharnot interruppe il confronto. Era accigliato e squadrava il fratello con aperto biasimo. Dalla scollatura si intravedeva la fasciatura alla spalla, ma non mostrava dolore nella posa risoluta.
«Era ora» criticò Rhenn «Senza di te la festa non è la stessa. Almeno per qualcuno.»
«Non ero stato chiaro?»
«Cristallino. Ma sai com’è, viviamo nello stesso palazzo.»
Mahati tese la mano alla moglie e la cinse protettivo.
«Come no. Ne ho fin sopra i capelli delle tue intromissioni.»
«Io di non infilarti la lama nel posto giusto.»
Yozora si sentì in colpa. Strinse il braccio del marito a prevenire la rissa.
«Sono uscita per una boccata d’aria, ci siamo incontrati per caso. Rientriamo, è scortese mancare alla solennità di tuo padre.»
«Ho sentito abbastanza per non chiamare in causa il fato» asserì il secondogenito.
«Perché non hai atteso che rispondesse allora?» ironizzò Rhenn «Avresti eliminato una volta per tutte i dubbi sui sentimenti della tua donna.»
Mahati sorrise, tagliente e minatorio.
«A differenza tua non ho bisogno di saperlo.»
Voltò le spalle al fratello e lasciò la terrazza.
All’interno lo attendevano tre reikan, le decorazioni di capistormo sugli omeri. Valka abbassò il ginocchio sinistro e confisse a terra il pugno opposto.
«Dieci colpi di frusta» sibilò il Šarkumaar oltrepassandolo senza considerarlo.
Yozora avvertì un masso alla bocca dello stomaco, il senso di colpa acuì.
«Mahati…»
«Niente discussioni.»
«Valka non merita di essere punito, mi ha scortata come suo dovere ma è dovuto sottostare a Rhenn!»
«Lo so benissimo. Sarebbero cento, altrimenti.»
«Metà a mio carico!»
Mahati si arrestò di botto, trapassandola con un’occhiata di fuoco.
«Davvero? Prenderesti cinque scudisciate per coprire Rhenn?»
«Per sgravare un innocente! Avrei dovuto congedarmi subito, invece mi sono lasciata incantare dalla favola della luna di Mardan!»
Il demone la fissò in silenzio, un lampo d’angoscia transitò nelle iridi nocciola.
Sei davvero uscito di testa, Rhenn?
«Come desideri» ribatté incolore «Stanotte avrai quanto richiesto.»
   
 
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