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Autore: MaryFangirl    04/07/2023    0 recensioni
Camilo è un barista part time al Café Madrigal, un piccolo locale che ha perso quasi tutto, tranne i suoi più leali clienti, a causa di uno Starbucks aperto vicino.
Un giorno arriva Bruno, un uomo misterioso che diventa un nuovo cliente abituale.
(Coffee Shop Au – Bruno/Camilo – NO incest)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Bruno Madrigal, Camilo Madrigal
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Non smette di preoccuparsi.
 
Anzi, peggiora. Non riesce a concentrarsi alle lezioni né a dormire la notte né a focalizzarsi abbastanza da ascoltare Mirabel che gli racconta della sua giornata. Ora che sa che Bruno sta bene – o almeno, non è in pericolo immediato – non può fingere che le sue ragioni per preoccuparsi non siano del tutto egoistiche. Continua a dimenticare le battute durante le lezioni di recitazioni e a volte non le frequenta neanche per fermarsi al caffè, nel caso Bruno torni. Un giorno annulla un appuntamento per tagliarsi i capelli solo per presentarsi presto al locale, anche se la signora Madrigal chiaramente non è contenta di vederlo due ore prima del suo turno.
 
“Lavori troppo, figliolo” lo rimprovera e Camilo cerca di non alzare gli occhi al cielo. Da che pulpito viene la predica.
 
Tuttavia, inizia a pentirsi di aver ignorato il parrucchiere quando i suoi riccioli continuano a tornargli sugli occhi mentre prepara l’ordine di Isabela. Lei deve aver notato la sua aria stanca, perché non dice nulla sulla differenza sostanziale tra schiuma e caffè, si limita ad alzare un sopracciglio perfettamente delineato in un modo che chiaramente significa che sarà meglio che non trovi un capello, lì dentro.
 
“Hai un elastico da prestarmi?” chiede Camilo nel momento in cui Mirabel varca la soglia alla fine della giornata.
 
“Ciao anche a te” sbuffa lei, frugando nella borsa perché ovviamente ha una dozzina di elastici per capelli nel caso qualcuno possa averne bisogno.
 
“Scusa” dice Camilo, raccogliendo i capelli in una disordinata coda. “Sono felice di vederti. È stata una lunga giornata”
 
Mirabel osserva il locale vuoto, i tavoli e le sedie immacolati che a malapena sono stati spostati. “Non sapevo che i venerdì fossero così impegnativi da queste parti”
 
“Non impegnativa” corregge Camilo, “solo lunga”
 
Mirabel gli sorride confortante, riportandolo a quando aveva cinque anni e piangeva come una fontana dopo aver perso l’orsacchiotto che lei gli aveva promesso che avrebbero ritrovato – sarebbe saltato fuori, prima o poi.
 
“Tornerà, Cami” dice, stringendogli la spalla.
 
“Come lo sai?” chiede Camilo, un po’ allarmato dal suono rauco della sua voce, “Mira, è sparito da quasi un mese”
 
“Due settimane non sono un mese” sottolinea Mirabel, “e non chiedermi come lo so. Lo so e basta”.
 
 
 
-Sono davvero passate solo due settimane?- si chiede Camilo dopo che Mirabel se n’è andata, pulendo i tavoli mentre si prepara per chiudere il locale. È strano come il tempo possa allungarsi, lungo e fluido come vetro fuso, prima di congelarsi in una forma solida che confonde per la sua piccolezza e semplicità: due settimane, quattordici giorni.
 
Gli occhi di Camilo si posano sulla poltrona verde vicino alla finestra e si rende conto che è lo stesso tempo trascorso da quando qualcuno vi si è seduto. Nessuno vi si è avvicinato da quando Bruno l’ha lasciata. Non c’è motivo per cui i clienti la evitino: è graziosa e imbottita, un ottimo posto per osservare la gente e oziare al sole. Ora che Camilo si prende il tempo di guardarla realmente, però, sembra un po’ più...abbandonata del solito, come sgonfiata su se stessa.
 
“Non fare così” dice alla poltrona, cercando di apparire più allegro di quanto si senta. “Hai sentito Mira: tornerà”
 
La poltrona sembra fissarlo dubbiosa.
 
“Non so quando, ok?” ribatte. “E non serve tenere il broncio. Non ti deve niente. Non mi deve niente. Abbiamo solo chiesto che stia bene, ricordi?”
 
La poltrona rimane silenziosa.
 
Camilo sospira. “Mi dispiace, non volevo scattare così. La verità è che non ho idea se tornerà mai. So che Mira intendeva farmi sentire meglio, ma non può vedere il futuro o-”
 
Il suono di un campanello interrompe il suo monologo, sottile e chiaro nella sera. Deve essere un senzatetto in cerca di avanzi o qualcuno che si è smarrito e ha bisogno di un bagno, pensa Camilo. Si alza, si gira e quasi cade.
 
“Ehi” lo saluta Bruno, entrando mentre si chiude la porta alle spalle.
 
Ha la stessa vecchia borsa a tracolla e lo stesso cappotto verde troppo grande. La camicia che indossa sotto però sembra nuova, o almeno stirata, il che è una novità. Forse è per questo che ha quell’aura sconosciuta che Camilo riesce a descrivere come salutare, come di qualcuno che lentamente inizia a riprendersi da una lunga convalescenza. Le borse sotto gli occhi sono un po’ più leggere di quanto Camilo ricordi e i suoi capelli sono più vaporosi che mai.
 
Ha un bell’aspetto: nervoso, come al solito, ma anche quasi stranamente...propositivo. Camilo pensa al primo giorno in cui Bruno è entrato, come aveva inalato il suo caffè, come un uomo in missione, prima di scappare altrettanto velocemente.
 
Il suo cervello cerca qualcosa da dire – qualsiasi cosa – e prevedibilmente trova la peggiore opzione possibile. “Stavo per chiudere”
 
“Oh, scusa” Bruno fa un immediato passo indietro, “posso tornare un altro giorno, o-”
 
“No!” Camilo quasi urla. Si rimprovera per il sussulto di Bruno, ma non può biasimarlo. “Uh, scusa. Volevo dire, non c’è problema”
 
“Sei sicuro?”
 
“Certo”
 
Camilo si schiarisce la gola. Ora che ha avuto qualche secondo per riprendersi, riesce a sorridere. “È passato un po’ di tempo. È bello vederti”
 
Bruno ricambia il sorriso, tremulo. “È bello vedere anche te”, si guarda i piedi, le dita giocherellano di nuovo con la tracolla della borsa e, Dio, Camilo non si è reso conto fino ad ora di quanto quell’immagine fosse diventata familiare, di quanto fosse sbagliata la sua assenza.
 
Un brivido gli sale in petto, stringendogli il cuore in una morsa gelida: e se avesse frainteso tutto dall’inizio alla fine? E se avesse letto troppo in tutti quegli strani sguardi e bizzarri sentimenti? Per tutto il tempo, ha gettato le sue speranze in un lungo tunnel incredibilmente buio, ascoltando gli echi di una risposta; avvicinandosi di soppiatto ora gli dà la terribile sensazione che non ci sia mai stato nessuno dall’altra parte.
 
Bruno incluna leggermente il capo, come colpito da un pensiero improvviso. “I tuoi capelli” riflette, “sono diversi”
 
La mano di Camilo raggiunge i propri ricci e ricorda distrattamente che è la prima volta che Bruno lo vede con i capelli raccolti. A malapena, in realtà: la coda è molto sciolta. Il suo aspetto deve essere disastroso. “Volevo tagliarli” dice debolmente.
 
“No, voglio dire...ti stanno bene” Bruno continua a fissarlo con quello sguardo stranamente distante, poi sbatte le palpebre e si colora di una leggere sfumatura rosa. Lo stomaco di Camilo pare essere caduto dopo aver mancato un gradino.
 
“Vuoi sederti?” chiede, sperando di non suonare troppo disperato.
 
Bruno scuote il capo. “No, sono a posto, io, uhm” inizia, infilando la mano nella borsa e tirando fuori l’album da disegno. “Posso...posso mostrarti una cosa?”
 
Sembra più nervoso, nient’affatto al livello di serenità che erano riusciti a raggiungere prima che se ne andasse. Camilo suppone che sia verosimile dopo due lunghe settimane di silenzio, e tenta – fallendo – di non agitarsi troppo.
 
“Certo” risponde, sforzandosi di sorridere, “mi sono mancati i tuoi ratti”
 
Bruno sfoglia goffamente l’album per trovare la pagina che desidera e dato che non sembra volersi accomodare, Camilo si avvicina fino ad essere accanto a lui.
 
Sbircia l’album ed emette un piccolo suono sorpreso quando, invece dei familiari roditori, vede delle persone. La sua gente, per l’esattezza: tutti i clienti abituali del Café Madrigal, in piccole e paffute caricature, ma impossibili da non riconoscere.
 
C’è Isabela con una ghirlanda di fiori e viti intrecciate tra i capelli, che regge una delicata tazza di porcellana con il mignolo alzato. Vestita con un tailleur pantalone a righe in stile anni 80 con enormi spalline, Pepa cammina su una corda tesa con tacchi comicamente alti mentre tiene in equilibrio una valigetta sulla testa, e un adorabilmente minuscolo Antonio si aggrappa alla sua gamba.
 
Due piccoli Luisa e Mariano sfoggiano i bicipiti l’uno all’altra, impegnati in un feroce braccio di ferro. Con un ampio sorriso, Mirabel gira con una gonna ridicolmente ampia, mentre delle stelline fuoriescono dai suoi riccioli.
 
“Wow” esala Camilo, “devi farmelo appendere” osserva i dettagli dei vestiti, ogni minima espressione facciale amorevolmente ricalcata. Meravigliato, allunga la mano per afferrare l’album. “È perfetto. Ci sono tutti”
 
Bruno annuisce, compiaciuto dalla sua reazione e Camilo è così sollevato, così felice di vederlo che non resiste alla tentazione di scherzare. Solo un po’. “Beh, non tutti” aggiunge sfacciatamente, “e io? Sono io che gestisco questo posto, no?”
 
Bruno gli rivolge uno sguardo stranamente intenso e, con una mossa insolitamente audace, sposta la mano su quella di Camilo che regge l’album, le dita tremano leggermente mentre gira lentamente e con cautela sulla pagina successiva.
 
Il cuore di Camilo si agita fino a fermarsi per quello che sembra un intero minuto. Eccolo ritratto sul foglio, mentre sorride a se stesso. Ma non è un bozzetto: è un ritratto completo dipinto con delicate ombre acquerellate, ricco di quelle sottili sfumature che possono derivare solo dal tempo, dallo sforzo e dalla devozione. Il grembiule intorno alla vita è del colore dei girasoli, la calda tonalità degli occhi è più dorata che marrone. La posa è la stessa del primo schizzo di Bruno, ma più rilassata, quasi languida. Il Camilo del ritratto incluna un fianco di lato con una grazia che eclissa di gran lunga qualsiasi posa abbia mai assunto nella vita reale, appoggiando un gomito sul ripiano del Café Madrigal mentre sorride davanti a una tazza di cioccolata calda.
 
Il vero Camilo che sa che è cioccolata calda, non può che essere la cioccolata di Bruno, per via del minuscolo topo tracciato sulla superficie schiumosa della bevanda.
 
Camilo sente di non avere abbastanza occhi per osservare il ritratto. Ne è così assorbito che si accorge a malapena che Bruno sta parlando di nuovo e si allunga per riprendere l’album nelle sue mani.
 
“Mi dispiace, davvero. Volevo tornare prima, ma ci è voluto molto più tempo per finirlo di quanto mi aspettassi e ho dovuto ricominciare da capo tante volte perché volevo farlo bene. Non è perfetto, ovviamente, è passato molto tempo dall’ultima volta in cui ho ritratto delle persone. Quindi va bene se non ti piace. Ma, uhm, se invece ti piace, puoi...tenerlo”
 
“Lo hai fatto per me?” chiede Camilo, uscendo dalla sua trance.
 
“Sì” risponde Bruno, “ho pensato che fosse il minimo dopo tutti quei caffè che mi hai preparato. Solo se lo vuoi, però” si affretta ad aggiungere, “non sei costretto ad accettarlo, naturalmente, ma se ti va, posso strappare la pagina, è davvero facile con questo tipo di album...”
 
“Mi piaci” dice Camilo.
 
“Ha le pagine strappabili, vedi, è comodo...” Bruno si ferma nel mezzo della sua frase, alza lo sguardo e sbatte le palpebre. “S-scusa, cos’hai detto?”
 
“Mi piaci” ripete Camilo e sa che Bruno non può interpretare male quelle parole perché sta per fare la confessione più schietta e imbarazzante della sua vita. “Mi piace tutto di te. Mi piacciono i tuoi capelli, le tue mani e il tuo stupido cappotto verde, e mi piace il modo in cui ridi quando non c’è nessuno. Mi piace come parli della tua vita, sia le parti belle che quelle brutte. Mi piace la tua espressione quando disegni i ratti o leggi delle star delle telenovele. Mi piacciono tutte queste cose, molto, e mi sono davvero mancate mentre eri via”
 
Bruno lo fissa come se il suo cervello si stesse riavviando. Appoggia tremante l’album sul tavolo e apre la bocca per dire qualcosa, ma la richiude. La apre e la richiude come un pesce fuor d’acqua.
 
“Ehi, hai bisogno di sederti?” chiede piano Camilo, iniziando a rimpiangere la propria franchezza. Qualcuno doveva aver sganciato qualche bomba con più grazia.
 
Bruno fa alcuni respiri profondi. “No, va bene, sto bene” per una frazione di secondo le sue mani si chiudono a pugno, chiaramente desiderose di eseguire il rituale dei colpi, ma si fermano e si rilassano. “Quindi, hai appena detto che ti...ti piaccio”
 
La sua voce suona molto più stabile di quanto Camilo si sarebbe aspettato, il che lo fa sentire sia sollevato che umiliato. “Sì” dice, “forse non nel modo più eloquente, ma, uhm, questo era il succo”
 
“E-e lo pensi davvero?”
 
La risposta è facile. “Assolutamente”
 
Bruno fa un altro respiro profondo, passandosi una mano tra i capelli e, dannazione, ora non è davvero il momento di notare quanto sia sexy. Per quanto ci provi, Camilo non riesce a leggere la sua espressione: un acceso rossore si diffonde sul suo viso e i suoi occhi sono molto luminosi, ma l’aria che ha, come se fosse sul punto di svenire, non è esattamente incoraggiante.
 
“Camilo” inizia, “non so se...se è una buona idea che io ti piaccia. Non mi conosci nemmeno. Sono solo uno strambo cliente che ha iniziato a venire qui perché il resto del mondo era troppo spaventoso. Se abbiamo...iniziato a parlare, è perché stavi facendo il tuo lavoro”
 
“Lo pensi davvero?” chiede Camilo, mortificato.
 
“E sei così giovane” continua Bruno, “ho quasi quarant’anni, Camilo, sono vecchio. Mio dio” aggiunge, con un’espressione di orrore, “potresti essere uno dei miei studenti”
 
“Ma non lo sono” sottolinea Camilo, “e non significa granché. Sono sicuro che potresti avere studenti più vecchi di te”
 
“Sì, ma non è questo il punto-”
 
“Il punto è che pensi che sarebbe sbagliato se ci frequentassimo, o non provi lo stesso per me?” chiede Camilo senza mezzi termini, “perché se è la seconda opzione, è totalmente comprensibile e possiamo dimenticare tutto quello che ho detto. Ma se è la prima, sono un adulto e non c’è alcuna dinamica di potere in ballo. Non ho iniziato a parlarti perché ero costretto a farlo. So di essere un barista eccezionale, ma non mi sforzerei mai di parlare con qualcuno con cui non voglio solo per il mio lavoro”
 
“Non è la seconda opzione” dice Bruno e il cuore di Camilo si ferma per la seconda volta durante la giornata, con tutta la grazia di un personaggio dei cartoni animati che si schianta contro un muro.
 
Anche se gli ci vuole un po’ per elaborare le parole, è impossibile fraintendere. Il viso di Bruno è rosso vivo e i suoi occhi fissano furiosamente il pavimento, ma la sua voce è stata forte e chiara. Forse Camilo dovrebbe essere sempre così schietto.
 
“Ah no?” chiede, la voce un po’ incrinata per la sorpresa.
 
“Certo che no” risponde Bruno con un sorriso dolce, un po’ incredulo, come se la sua risposta fosse fin troppo ovvia, prima di schiarirsi la voce. “Più o meno è quello che volevo dirti...o mostrarti, con il ritratto” abbassa di nuovo lo sguardo, il suo sorriso diventa impacciato. “Quando ho iniziato a lavorarci, tre settimane fa, ero così paranoico all’idea che mi beccassi mentre ti fissavo e mi chiedessi che problemi avevo. Per questo ci è voluta un’eternità solo per uno schizzo. Poi ho dovuto scegliere i colori giusti e ho impiegato altri cinque giorni. Ho anche ricominciato a uscire. Sono andato al parco e qualche volta sono anche riuscito a tornare in biblioteca”
 
“È fantastico, Bruno” dice Camilo, pieno di orgoglio. “Congratulazioni”
 
“Solo poche ore alla volta” precisa umilmente Bruno, “rientravo a casa e ogni giorno lavoravo al ritratto. Quando ne ho parlato con Dolores, lei ha detto che avrei dovuto pensare di mostrartelo. Non dovevo...dirti quello che provavo, se dirlo apertamente faceva troppa paura, ma se passavo così tanto tempo a pensare a te, forse meritavi di saperlo” aggiunge, le guance rosee per l’imbarazzo.
 
Camilo deglutisce. “Anch’io ho pensato a te” ammette. “Ogni giorno. Ho cercato di trovare un modo per contattarti, ho perfino contemplato l’idea di attaccare dei volantini per persona scomparsa”
 
Bruno ride genuinamente, una breve esplosione di allegria che gli fa arricciare gli angoli degli occhi e gocce di luce solare liquida entrano nel cuore di Camilo. “Mi dispiace di averti fatto preoccupare scomparendo così” dice, “non sono stato un ottimo cliente, né amico”
 
“Potremmo essere amici per davvero, non solo conoscenti che si incontrano in un bar” offre Camilo, “o magari” aggiunge, correndo su una speranza cieca e disperato ottimismo, “potremmo uscire insieme. Se ti va. Giusto per vedere come va. Nessuna pressione, nessun vincolo”
 
Un debole sorriso si allarga sulle labbra di Bruno. “Nessuna pressione è un concetto che il mio cervello di solito fatica a comprendere”
 
“Se decidiamo di smettere dopo un’uscita, ti prometto che potrai sempre venire qui tutti i giorni e io ti preparerò la cioccolata. Certo, all’inizio potrebbe essere imbarazzante: probabilmente sembreremo due idioti e proveremo a fingere che non sia mai successo. Ma alla fine diventerà qualcosa di cui ridere, tra amici”
 
“Non sarebbe strano per te?” chiede Bruno timidamente, “servire cioccolata al tizio che ti ha friendzonato?”
 
“Ti prego” glissa Camilo, “se avessi paura di mettermi in imbarazzo, non avrei mai possibilità come attore. Inoltre, mi piace la friendzone. È un posto fantastico. Tutti hanno bisogno di amici”
 
Bruno ride piano, ma sembra che cominci a capire. Incoraggiato, Camilo fa un passo avanti.
 
“Il punto è che non dobbiamo essere nulla per cui non sei pronto” dice con attenzione, “ma possiamo essere tutto ciò che vuoi che siamo. È vero che non ti conosco molto bene. Ho tanto da imparare. Quello che so è che la tua amicizia non è un premio di consolazione. Essere nella tua vita, come amico o altro, è una cosa che non darò mai per scontata”
 
Bruno deglutisce. Da così vicino, Camilo può vedere il suo pomo d’Adamo nel pallore della sua gola, può vedere la punta della lingua rosa che guizza fuori per inumidirsi il labbro inferiore. “Penso” inizia Bruno, gli occhi scivolano sulle labbra di Camilo, “che saremmo buoni amici”
 
“Ottimi” concorda Camilo in un mezzo soffio.
 
Non sa altro, perché un attimo dopo si china e chiude lo spazio tra le sue labbra e quelle di Bruno.
 
Per una frazione di secondo il suo cuore esplode ed è convinto di aver rovinato tutto, il pensiero -Avrei dovuto chiederglielo, volevo chiederglielo- attraversa la sua mente a un ritmo frenetico, ma il suo cervello si zittisce molto velocemente quando si rende conto che la bocca di Bruno si muove contro la sua, calda e morbida e dal vago sapore dolce. Tutti i pensieri vengono spazzati via e si avvicina di più, incastrandosi bene per baciare Bruno più profondamente, le mani che si alzano a stringergli il viso.
 
Le guance di Bruno sono leggermente ruvide sotto le dita, il suo odore gli riempie i polmoni con il fresco profumo di dopobarba, le mani di Bruno sono arricciate intorno alla sua camicia, tirando leggermente il colletto in un modo che gli fa battere forte il cuore. Poi proseguono fino ai capelli, toccandoli quando con riverenza; la coda si scioglie facilmente, così come il nodo allo stomaco di Camilo – quello presente dal primo giorno in cui Bruno non si era presentato al locale, da quando l’album da disegno era scivolato per terra, da quando Camilo aveva visto sorridere per la prima volta il suo cliente più silenzioso e si era chiesto come farlo accadere di nuovo.
 
Quando si separa per prendere aria, con l’intenzione di chiedere a Bruno se ha fatto bene, se è andato troppo veloce, viene accolto da due occhi verdi socchiusi e labbra rose lucide semiaperte in attesa. Una ciocca è caduta sul viso di Bruno e Camilo cede finalmente alla tentazione ormai vecchia di sistemargliela delicatamente dietro l’orecchio.
 
Le palpebre di Bruno si chiudono come colte da stordimento, come fosse stato addormentato dal bacio di uno spirito invisibile.
 
Qualcosa nella nuda franchezza della sua espressione – il visibile rossore sulle sue guance – spezza ciò che rimane della determinazione di Camilo. Bacia Bruno di nuovo, con più forza, trascinando le mani lungo la schiena dell’uomo e inghiottendo avidamente il piccolo suono di sorpresa che emerge dalla sua gola.
 
-Ho mentito- pensa Camilo, mentre una mano si infila tra i riccioli disordinati di Bruno, l’altra passa sotto la camicia e trova la strada verso la pelle nella parte bassa della schiena.
-Non voglio essere suo amico-
 
Come potrebbe bastare l’amicizia, ora che sa com’è baciare Bruno, avere quelle mani delicate ed espressive che si arrampicano per attirarlo di più, sentire quella voce bassa sospirare così dolcemente per lui quando le loro labbra si allontanano solo per incontrarsi di nuovo l’istante successivo?
 
Bruno sembra condividere la sensazione, a giudicare da come il suo corpo si scioglie mentre Camilo stringe possessivamente la presa sulla sua vita, dal modo in cui la sua bocca si apre teneramente per la lingua di Camilo, da ogni lamento soffocato e gemito che risuona come un chiaro ‘Sì’ alla domanda di Camilo.
 
“Posso offrirti da bere?” chiede Camilo quando finalmente, finalmente si separano, entrambi senza fiato e fuori di testa. “Non per forza qui. Possiamo andare dove vuoi”
 
Bruno sbatte le palpebre, riemergendo dal suo stordimento. Lentamente, un sorriso folgorato si allarga sul suo volto. “Qui va bene” gli risponde, con occhi pieni di qualcosa che sembra meraviglia. “Mi piace qui”.
  
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