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Autore: ClostridiumDiff2020    08/07/2023    0 recensioni
Secondo la leggenda due giovani si tolsero la vita sotto le fronde di un albero di more di gelso.
Il terreno impregnato del loro sangue macchiò I candidi frutti di quell'albero che divennero scuri.
All'ombra di quell'albero William cerca di rimettere assieme le fila della sua vita a pezzi, inseguendo sogni misteriosi e incomprensibili del passato di un'anima smarrita... Forse di una sua vita precedente...
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Billy Russo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 01

 
 

We lay my love and I beneath the weeping willow.
Siamo sdraiati il mio amore ed io, sotto il salice piangente.
But now alone I lie and weep beside the tree.
Ma ora da solo mi sdraio e piango accanto all'albero.


Singing 'Oh willow waly' by the tree that weeps with me.
Canto 'Oh salice piangente' vicino l'albero che piange con me.
Singing 'Oh willow waly' till my lover return to me.
Canto 'Oh salice waly' fino a che il mio amante ritorna da me.


We lay my love and I beneath the weeping willow.
Siamo sdraiati il mio amore ed io, sotto il salice piangente.
A broken heart have I. Oh willow I die, oh willow I die.
Un cuore spezzato ho. Oh salice muoio, oh salice muoio.
 
Amare veramente un'altra persona vuol dire accettare che o sforzo di amarla valga il dolore di perderla…
(The Hunting of Bly Manor )

 
 


William si svegliò con quelle parole ancora aggrappate a quelle labbra, poteva avvertirle sulla sua fronte, vere quanto l’odore del sangue che gli riempiva le narici mentre caldo gli colava lungo il viso.
 
Ringhiò contro se stesso riuscendo solo a tendere la stoffa della camicia di forza, torcendosi dolorosamente le braccia.
 
L'infermiere si era affacciato e scuotendo la testa aveva bofonchiato.
 
«Prima dovrà calmarsi perché io non entro là dentro con quella furia»
E lo aveva lasciato solo, a dissanguarsi furente sul pavimento.
 
Quelle parole lo avevano fatto infuriare ancora di più.
Aveva urlato contro quell’idiota ma anche contro se stesso.
Si odiava per quello stato pietoso. Ridursi in quel modo per di più solamente per un incubo. O per essersi dimenato così tanto da essere caduto dal letto urtando la testa e attorcigliandosi come avrebbe fatto una zanzara nella tela di un ragno finendo per farsi solo più male.
 
Nessuno era venuto per lui in quel luogo dimenticato da Dio.
Che razza di stronzo doveva essere per essersi ridotto così…
Solo e indesiderato…
Con la sola compagnia di spettri notturni e teschi insanguinati e un albero…
Un albero perfetto sotto cui chiudere gli occhi e lasciarsi andare per sempre, sparendo nell’oblio.
 
«Will!»
 
La voce di John lo raggiunse da sotto la porta.
 
La speranza si fece strada per breve istante nel cuore di William sostituita rapidamente da nuova rabbia.
Era sempre così!
 
Il suo corpo vibrava quasi non riuscisse a trattenerla.
Usciva da lui incontrollabile, lo portava a urlare e desiderare di fare a pezzi ogni cosa.
 
«Vattene maledizione! Lasciami stare!»
 
Mentre la furia prendeva il controllo della sua voce, come un mostro nero lacerante, il suo cuore gemeva sofferente.
 
No! Ti prego! Non andartene anche te, non lasciarmi affogare tra gli incubi!
 
Non voleva che se ne andasse!
Era forse la sola persona in quel maledetto posto che aveva mostrato del vago interesse nei suoi confronti.
Forse l’unica anima in tutto il globo che sembrava interessarsi a lui, per quanto William non riuscisse a capirne la ragione.
Come non comprendeva perché quel ragazzo gentile fosse rinchiuso in un manicomio, era certo che fosse a modo suo un indesiderato.
 
Il silenzio che sopraggiunse andò a riempirsi di lacrime amare.
Bruciavano roventi nei suoi occhi.


Stava per urlare ancora tra i singhiozzi di frustrazione quando la porta si aprì e John scivolò nella stanza richiudendosela alle spalle.
 
Come lo vide si precipitò al suo fianco e lo strinse.
 
Avrebbe voluto ribellarsi a quella stretta premurosa.
Sapeva quanto il ragazzo volesse solamente aiutalo ma non riusciva a permettergli di farlo.
 
John si discostò per osservarlo.
«Vattene!»
Si sentiva così stupido mentre suoi grandi occhi scuri si riempivano di lacrime.
 
«Ho preso la chiave dall' altro infermiere di turno! Non è difficile sai? Quando è appagato con i pantaloni alle caviglie non fa caso a nient'altro! Non potevo aspettare l’alba, ero preoccupato! Temevo che ti fossi fatto davvero male... Hai fatto un bel tonfo sai?»
 
William si immobilizzò mentre con respiro ansante elaborava ciò che l'atro gli aveva detto.
 
Nel buio silenzio John gli prese il volto tra le mani per studiarlo con attenzione.
 
Il respiro ansimante di William si regolarizzava e John ne approfittò per finire di districarlo dalla trappola di stoffa che lo bloccava.
 
Il ragazzo infine premette la manica del suo pigiama sulla sua fronte sanguinante.
Quel gesto così semplice eppure inatteso.
 
William lo osservava cercando di ponderare ogni parola.
Quella frase lanciata con così tanta noncuranza lo aveva stordito, gli riportava alla mente fitte dolorose e la spalla gli scattò in alto.
 
In quegli interminabili giorni aveva notato gli sguardi che l'anziano guardiano rivolgeva a John ma non pensava che l'atro potesse essere interessato.
Ogni parola del ragazzo una pugnalata che accentuava il dolore alla spalla.
«Perché ti sei piegato a quel bastardo?»
Il ragazzo alzò i suoi occhi di giada al cielo come se William avesse detto qualcosa di molto stupido.
 
«Te l’ho detto! Mi servivano quelle chiavi! Ti avrebbero lasciato a terra anche fino a domani…»
 
«Ma…Tu non puoi essere…»
William non riusciva a trovare le parole.
La rabbia defluiva via sostituita da nausea e sconcerto.
Non si era piegato quando Arthur aveva richiesto il suo pagamento, nonostante fosse stato solamente un ragazzino ci aveva provato e lui gli aveva spezzato il braccio.
E poi si era preso comunque il suo premio.
A chi importava di un bambino in una casa-famiglia, a chi importava di un ex soldato rinchiuso in un ospedale psichiatrico.
 
John gli si avvicinò e il suo respiro gli solleticò la pelle.
 
«Avevi bisogno d'aiuto…»
 
Chiuse gli occhi mentre quel fosco passato si affievoliva nel pozzo profondo da dove trasudava.
 
«Io sto bene…» borbottò William con voce spezzata.
 
Sto bene, sto bene...
 
Quelle parole risuonavano sempre più vuote e prive di significato.
 
Le lacrime continuavano a scendere mentre ripeteva come un mantra quelle parole vuote.
 
«Sto benissimo... Sto bene…»
 
Quando le labbra di John gli si posarono sulla fronte ogni cosa gli crollò addosso.
Gli incubi, i ricordi frammentati che gli impedivano di mettere a fuoco cosa lo avesse condotto in quel luogo strappandolo ai suoi compagni… Alla sola famiglia che avesse mai avuto.
Cosa lo aveva portato via dall’esercito, sfregiato il volto e spezzettato ogni pensiero?
Come era sopravvissuto alla sua infanzia? Ai soprusi della casa-famiglia di quell’uomo dagli occhi di ghiaccio, Arthur?
Cosa?
 
Non riusciva a mettere ordine a capire!
 ripeté con sempre meno convinzione.
 
Rimasero immobili avvolti dalla notte finché i tremori di William non si placarono, solo allora John si distaccò nuovamente e gli tampinò ancora con cura la ferita alla fronte che aveva ripreso a sanguinare.
 
«Non riuscivo a dormire nemmeno io sai? Osservavo dalla finestra il nostro albero fortunato e... Avrei giurato di aver visto una figura seduta sotto di esso. Mi sono detto, Sragiono! Solo tu e io i sediamo là e tu eri qua in isolamento! È tanto che non ci vado, non riesco senza di te!»
 
John parlava a ruota libera e la sua voce squillante cullava e placava la mente confusa di William fino a quando le parole non emersero.
 
«Da quando sono qua sogno sempre le stesse cose! Priama vedo il mio riflesso in frantumi! Il mio volto è una maschera lacera! I capelli impastati di sangue e cos’ tanto dolore da perdere la ragione! Sono certo di aver perso tutto quello che mi ha sempre definito, ogni possibilità di riscatto e realizzazione! Di essere completamente assolutamente... spezzato... Urlo e a quel punto dovrei svegliarmi e invece mi ritrovo sotto a quell'albero e sto morendo. Una chiazza scarlatta mi sgorga dal petto. Ancora terrore! Una figura dagli occhi verdi mi fissa… Cerco di chiamarla ma non trovo la voce mentre il mio sangue nutre quell’albero e dilaga tra le radici e impregna in terreno… Mi sveglio urlando perché non ricordo quel nome, non mi resta nulla solo dolore e senso di perdita!»
 
John si appoggiò alle spalle di William e i due rimasero in silenzio.
William neanche si era accorto di aver stretto il polso di John con forza.
 
«Vorresti uscire adesso e sgranchirti le gambe?» esclamò John improvvisamente.


«Sei sicuro? Non è rischioso se ci beccano?»
John gli sorrise divertito.
«Questa è la parte divertente! Ma sta pure tranquillo, non permetterò che ti vedano O che ti facciano ancora del male!»
 
William si rialzò a fatica, si lasciò accompagnare da quel folletto dagli occhi scintillanti.
I muscoli gli dolevano per quella lotta contro le contenzioni e per la prolungata immobilità.
 
Era stato quel bacio, aveva scacciato ogni grammo di rabbia, perché aveva ricordato di averlo già ricevuto, era stata l’ultima sensazione piacevole prima di risvegliarsi.
Non era stata la furia a destarlo ma un accecante senso di perdita.
Non era riuscito a confessarlo a John, temeva che questo lo avrebbe portato lontano.
 
E poi che poteva dirgli mai?
 
Ricordo che tu mi hai baciato sotto all’albero mentre stavo morendo dissanguato?
Rammento il profumo dei tuoi capelli come se mi avessero accompagnato per tutta la mia vita?
 
Preferì tacere e lasciarsi condurre verso il loro rifugio.
 
 
L'albero lo osservava in silenzio e lo giudicava, William ne era certo.
 
«Mi detesta, sente la mia follia e vorrebbe solo che fossi colpito da un fulmine…»
 
A William scappò una mezza risata.
 
«Credo che odi molto di più me sai? Forse ricorda il mio sangue e ne è ancora affamato… Ho macchiato i suoi frutti... Ho insozzato il suo candido nettare…»
 
Si sorprese delle sue parole, come se a pronunciarle fosse stato qualcun altro attraverso la sua voce.
 
«Ho letto in un libro! Pare che le more di gelso un tempo fossero solo bianche e che il sacrificio di due amanti ai loro piedi ha cambiato per sempre il loro aspetto! L'albero si è nutrito del loro sangue come del loro dolore, come nel tuo sogno!»
 
William si portò le mani al petto, come se potesse ricordare il dolore di quella ferita.
«Sono il suo cibo…»
«Gesù Will che cosa macabra! Scusa so che non ami i soprannomi necessito di chiamarti in un modo più semplice e immediato…»
«Fa come vuoi…» borbottò William.


John gli sfiorò di nuovo la fronte mentre un rivolo di sangue gli scivolò sulle ciglia.
«Cerchiamo di non nutrirlo di nuovo!»
 
Era un gesto semplice ma William lo trovava dolorosamente confortante.
 
Aveva appena chiuso gli occhi quando una lieve brezza gli sfiorò la nuca portandogli il dolce profumo dell’albero in fiore.
Lei era davanti a lui e lo osservava con due occhi di smeraldo scintillanti. Era sopra di lui e lo osservava con sguardo colmo di rimprovero.
Per un attimo credette che fosse un'allucinazione, ma poi la donna parlò.
«Voi due non dovreste stare qua a quest'ora!»

   
 
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