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Autore: Airborne    26/07/2023    1 recensioni
Tenzō ha nove anni quando viene salvato dalle grinfie di Orochimaru ed entra nella Radice perdendo ogni cosa. Kakashi ha tredici anni, è il capitano più giovane nella storia degli ANBU ed è cresciuto bruscamente e brutalmente. Sono giovani, sono diversi, sono ben lontani dall’essere il prototipo del ninja eroico e sanno già che faranno i conti con il passato per sempre; ma sono anche determinati a mettere la propria vita in campo per Konoha, per un futuro migliore, e l’uno per l’altro.
Kakashi/Yamato
***
«Credo che diventerà un ninja interessante» dice solo.
«Se esce indenne dalla Radice».
Kakashi rabbrividisce. Menomale che lui non ci è finito, nella Radice. Spera, come fa per tutti i ragazzini dell’organizzazione, che quel Tenzō sia abbastanza forte da sopravvivere. E spera che non debba mai, mai fare i conti con qualcosa come Obito e Rin.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kakashi Hatake, Yamato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Niente di cui scusarsi

 

And up until now I have sworn to myself that I'm content
With loneliness
Because none of it was ever worth the risk, well
You
Are
The only exception

Paramore – The Only Exception

 

 

3

Tenzō

 

 

 

Ogni mattina, quando si sveglia, Tenzō è contento. Riflettendoci avrebbe molti motivi per non esserlo, ma non gli importa. È contento perché ha uno scopo, dei compagni che chiamare famiglia sarebbe più corretto, una vita migliore di molte altre in un villaggio ninja stabile di un Paese non dilaniato dalla guerra, dalla povertà o dalla criminalità organizzata. È contento che il suo scopo sia mantenere quella situazione invariata, perché può dedicare la sua vita a migliorare quelle degli altri.

Ovviamente, Tenzō non sa di essere contento per queste ragioni. Ha solo tredici anni, dopotutto, ha uno stile di vita che nessun tredicenne dovrebbe avere, fa cose che nessun tredicenne dovrebbe fare e il suo passato è pieno di traumi, e a dirla tutta non è mai del tutto contento di svegliarsi, perché i suoi doveri lo buttano giù dal letto alle cinque del mattino quando, avendo tredici anni e un compagno di stanza coetaneo, passa le serate a trovare pretesti per non andare a dormire, ma è contento. Ha il suo posto nel mondo, cosa che a molte persone manca.

Sono un bel posto, gli ANBU, al contrario di quello che molti dicono. Ci si trova bene. Ci si trova anche meglio di quanto non facesse nella Radice. Non è del tutto sicuro che il suo passaggio da un’organizzazione all’altra sia stato un buon segno (d’altra parte, se gli ANBU sono la punta di diamante del villaggio, la Radice è la punta di diamante degli ANBU), ma ci sta decisamente meglio. Nemmeno nella Radice si era trovato male, ma solo ora si rende conto di quanto fosse dura la vita sotto il comando diretto di Danzō. E, soprattutto, è molto più divertente. Niente allenamenti sfibranti nel cuore della notte, tanto per cominciare, e molte meno regole. Anche se gli tocca comunque alzarsi tutti i giorni alle cinque, quando non gli viene ordinato di prepararsi ancora prima per missioni molto mattiniere. Per fortuna non è uno di quei giorni, ma non è ancora del tutto sveglio quando viene il suo turno di entrare nell’ufficio dell’Hokage per l’assegnazione degli incarichi.

«Kakashi Hatake, Tenzō, Itachi Uchiha».

I due nomi pronunciati dall’assistente dell’Hokage insieme al suo lo svegliano di colpo. Li conosce entrambi, e conosce Itachi anche di persona. Gli sta simpatico, quel ragazzino: è piccolo, più piccolo di lui, ed è estremamente schivo, ma si è sempre trovato bene durante le missioni che hanno svolto insieme. Kakashi, invece…

Su Kakashi girano un sacco di voci. Tenzō non gli ha mai nemmeno rivolto un saluto, ma sa tutto di lui: che è stato allievo del Quarto Hokage, di come suo padre, il leggendario Zanna Bianca, è morto, di come sia tornato da una missione con un compagno in meno e uno Sharingan in più e di come la sua altra compagna di squadra sia morta in sua presenza in circostanze non chiare. Lo stesso Kakashi è quasi una leggenda tra i compagni: jōnin a tredici anni, il secondo ANBU più giovane della storia e l’unico che abbia già capitanato ninja molto più grandi ed esperti di lui, un numero assurdamente esiguo di missioni fallite e feriti gravi o deceduti nella sua squadra. Ed è strano che perfino lui, dopo soli pochi mesi negli ANBU, sappia tutto di Kakashi, ma che quest’ultimo rimanga comunque circondato da un’impenetrabile aura di mistero e soggezione.

Certo, quella maschera non aiuta pensa guardandolo di traverso nell’ufficio dell’Hokage, incapace di trattenere la curiosità. Nessuno lo ha mai visto in viso, a quanto si dice. Tenzō si è sempre chiesto il perché di tutto ciò. Non crede che lo scoprirà durante la missione che li aspetta.

«Ah, sì» sorride l’Hokage. «voi tre».

A volte, Tenzō pensa che il Terzo Hokage si diverta alle spalle dei suoi sottoposti. Quell’atteggiamento gli fa sospettare che abbia formato quella squadra, composta dai tre ANBU più giovani, per pura curiosità.

«Missione di ricognizione» gracchia l’Hokage con la pipa tra le labbra. «Ci sono stati segnalati degli strani movimenti in questa zona», e indica un’area boschiva sulla mappa di fronte a lui, a un paio d’ore di strada da Konoha, «e sospettiamo che ci sia lo zampino di una qualche banda mai notata prima. Stazionerete là due giorni e farete rapporto domani sera, segnalandoci ogni cosa sospetta che avrete notato. Nessuno deve sapere che siete lì».

Una missione piuttosto rilassante, pensa Tenzō. Ne è contento, ogni tanto gli ci vuole.

«Il capitano, ovviamente, sarà Kakashi».

Non c’erano dubbi.

«Andate».

 

 

 

È davvero una missione rilassante, constata Tenzō a fine giornata, quando si accampano in una grotta in cui di lì a breve farà un freddo cane. Non possono fare altrimenti: hanno una visuale perfetta sui dintorni, cosa che permetterà loro di tenere sott’occhio la situazione. Durante il giorno hanno individuato una serie di tracce molto strane, il che ha spinto Kakashi a ipotizzare che la banda di briganti esista davvero, che sia composta da una decina di persone parecchio alle prime armi e dagli intenti non troppo definiti. “Un branco di buffoni”, li ha definiti con grande sorpresa di Tenzō. Un linguaggio del genere non gli si addice proprio.

Nessuno dei tre ha parlato molto durante la giornata. La missione lo richiede, dopotutto, ma è comunque strano. Tenzō non è un chiacchierone, ma è socievole. Ci tiene ad andare d’accordo con i compagni, a conoscerli, per quanto possibile nella loro condizione di ANBU. Kakashi, in particolare, lo incuriosisce molto. Ha solo sedici anni, ma sembra molto più esperto e autoritario di altri. Anche dietro la maschera da cane, il suo sguardo attento è perfettamente avvertibile e anche parecchio pesante, se deve dirla tutta. Kakashi gli sembra il tipo di persona che giudica spietatamente gli altri, soprattutto i propri sottoposti durante una missione. D’altra parte, tra i doveri di un caposquadra c’è anche quello di riferire ai superiori il comportamento dei compagni, segnalandone i punti di forza e debolezza, in modo da poterli sfruttare e correggere affinché le missioni successive siano assegnate ai ninja più adatti. Non è un tipo di giudizio che gli mette pressione o lo preoccupa, però. È un giudizio professionale e giusto nella sua spietatezza.

O forse è tutta una sua impressione e Kakashi è la persona più tranquilla del mondo, e lui si è semplicemente fatto suggestionare da tutte le voci che circolano a riguardo.

Aveva anche sperato di vederlo usare lo Sharingan, ma data la natura della missione dubita che succederà. Dovrà vivere ancora un po’ con quella curiosità.

«Stanotte vi organizzerete su turni» esordisce ancor prima di aver finito il suo pasto. La sua voce è profonda, ferma e imperturbabile. «Dobbiamo tenere sott’occhio la zona per tutta la notte. Farete guardie di quattro ore, mentre l’altro riposerà. Decidete voi chi comincia».

«Tu cosa farai, capitano?» gli chiede Itachi. Lui sì che è incredibile. Essere lì a undici anni, parlare a un suo superiore con quel tono… Tenzō ne ha quasi paura, a volte.

«Io pattuglierò la foresta per osservare la situazione più da vicino. Tornerò qui all’alba e vedremo il da farsi, a seconda dei movimenti che avremo registrato. Non dimenticate di annotare tutto quello che cattura la vostra attenzione, ogni minima cosa».

«Non dormirai neanche un po’?» domanda Tenzō. Non è una cosa infrequente nelle missioni degli ANBU, ma è sempre meglio evitarlo, se possibile, e quell’incarico non è così essenziale da richiedere una dedizione del genere. Anche lui o Itachi potrebbero pattugliare la foresta per qualche ora, se servisse.

«No, la missione è più importante» risponde fissandolo con l’unico occhio scoperto, mortalmente serio. «Questa può sembrare una banda trascurabile, ma non lo è. È esattamente il tipo di organizzazione che in futuro potrebbe darci un sacco di grane, se non ce ne occupiamo adesso. Potrebbe anche essere trascurabile sul serio, ma non possiamo permetterci di ragionare in questo modo».

Tenzō è sorpreso e ammirato. Non molti compagni con cui ha lavorato hanno la dedizione di Kakashi.

«Però potresti riposare un po’ anche tu, capitano. Potremmo darti il cambio poco prima dell’alba, che è l’ora in cui è meno probabile che si muovano. Così controlleresti comunque la situazione nei momenti cruciali, ma recupereresti anche un po’ di forze per la giornata di domani».

Sì, i ragionamenti di Itachi lo lasciano decisamente a bocca aperta. Lui, dall’alto dei suoi due anni in più, non ha minimamente pensato a organizzarsi in quel modo.

«No, non vi preoccupate di questo» rifiuta ancora una volta Kakashi. «Voi avete molto più bisogno di dormire di me. E poi sono abituato a rimanere sveglio per più giorni di fila». Quel commento chiude la conversazione.

Kakashi sparisce nella foresta poco dopo, al calare del sole, mentre Tenzō e Itachi stanno finendo di mangiare. Itachi ha preso il primo turno di guardia, ma non è ancora lontanamente l’ora in cui Tenzō si mette a dormire, così si siede accanto a lui stringendosi nel mantello. Sono esposti al vento e fa già parecchio freddo. «Che ne pensi di Kakashi? Nemmeno tu ci avevi mai lavorato prima, vero?»

«No» conferma Itachi. «Mi piace. Sa quello che fa e non perde tempo».

«Non ti sembra un po’ troppo… rigido?»

«No. È solo molto bravo».

«Ho capito, ma negarsi così qualche ora di sonno, solo per orgoglio…» Per Tenzō, rinunciare volontariamente a dormire quando si potrebbe benissimo evitare non è nemmeno concepibile, soprattutto quando hai passato la giornata a correre di qua e di là e sai che l’indomani sarà uguale.

«Non credo sia orgoglio. Secondo me è dedizione».

Se le ricorderà, Tenzō, quelle parole.

 

 

 

La notte è tranquilla, ma Kakashi non si concede un minuto di riposo. Lui dorme anche troppo, invece: Itachi lo sveglia con mezz’ora di ritardo rispetto alla fine del suo turno di guardia, dicendo che “mi sono perso nei miei pensieri e non mi sono accorto del tempo che passava”. Fresco come una rosa, al pari del loro capitano.

Ora, Tenzō non si considera affatto un ninja debole o poco preciso nel suo lavoro, ma quei due sono dei mostri. Di Itachi lo sapeva, naturalmente, ma per quanto riguarda Kakashi non si era mai davvero fidato delle voci che circolano su di lui. Credeva che fossero ingigantite all’estremo, ma anche se quella è solo una missione di ricognizione è più che evidente che tipo di ninja sia Kakashi, non solo per il modo in cui regge alla fatica e all’assenza di sonno. Non esita mai, non si concede un singolo attimo di distrazione anche quando potrebbe benissimo farlo, non fa rumore quando si muove e non lascia tracce del suo passaggio. Utilizza tecniche senza nemmeno formare i sigilli e la sua mente sembra sempre essere tre passi avanti ai fatti, e Tenzō è convinto che l’unico motivo per cui non hanno ancora messo le mani sui banditi è che gli è stato ordinato diversamente. Anche quella diceria è totalmente vera: Kakashi segue le regole alla lettera e si assicura che lui e Itachi facciano lo stesso. Sembra saltato fuori dai manuali ninja della Radice.

Tenzō avrà occasione, più avanti, di vedere quanto ciò sia vero solo fino a un certo punto. Ma in quel momento pensa solo che non è sicuro di volerlo vedere all’opera in una missione più movimentata, perché gli legge negli occhi (nell’occhio) che sarebbe disposto a sacrificare qualunque cosa pur di portarla a termine con successo. E lui non ha nessuna intenzione di lasciarci le penne a tredici anni.

E poi, dopo due giorni di ordini comunicati a gesti durante i quali Tenzō ha visto piano piano scemare le possibilità di conoscere il leggendario Kakashi Hatake più da vicino, la suddetta leggenda vivente decide di farlo lui, sempre che la sua frase possa essere considerata tale.

«Tenzō» lo chiama, e lui si volta rallentando il passo, aspettando che lo raggiunga. Lo fissa negli occhi dall’alto dei suoi venti centimetri in più, ed è intimorente.

«Hai fatto un buon lavoro».

E non è niente, sono cinque misere parole, ma Tenzō si sente come se non gli avessero mai fatto un complimento migliore.

  
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