Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: coldcatepf98    28/07/2023    2 recensioni
Dopo che Historia decide di rivelare la sua vera identità, Erwin, indagando sulla faccenda, teme delle ritorsioni dal corpo di gendarmeria. Chiede quindi appoggio al comandante Pyxis, ma questo, non potendosi basare su fatti certi, concede al corpo di ricerca uno dei suoi soldati-spia che ha tenuto per sé gelosamente fino a quel momento: Siri, anche detta "il geco".
L'aiuto di Siri sarà fin da subito fondamentale per il corpo di ricerca, già provato dalle perdite dell'ultima spedizione, che avrà bisogno di un aiuto per affrontare il nuovo nemico: gli esseri umani.
Tuttavia Siri è una mercenaria, e non viene vista bene dagli altri soldati del corpo di ricerca, soprattutto dal capitano Levi che si mostra subito diffidente verso la ragazza sfacciata. Presto, però, si renderà conto che Siri non è quella che sembra.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Capitolo 38 – Il tramonto e l’alba

 

I'm a fool to hold you
Such a fool to hold you
To seek a kiss not mine alone
To share a kiss the Devil has known
 
Time and time again I said I'd leave you
Time and time again I went away
But then would come the time
When I would need you
And once again
These words I'd have to say

 
Mikasa non avrebbe potuto spiegare in maniera coerente quello che aveva visto, né tantomeno quanto tempo fosse passato, un secondo, una vita intera, le sembrava di essere stata in un sogno senza fine. Quando era tornata alla realtà erano circondati dal vapore talmente fitto da essere surreale, si era guardata attorno e le era sembrato di vedere una bambina in piedi davanti a lei. Non l’aveva mai vista in vita sua ma la cosa assurda era che lei riuscì a riconoscerla e anche a darle un nome.
Ymir… – disse a mezza voce. La bambina le sorrise e scomparve insieme al vapore che si diradava, anche la pioggia sembrava essersi placata. 
Man mano che la nebbia scompariva il suo velo fitto e grigio si alzava metro per metro rivelando come un sipario lo spettacolo macabro sulla piana, atrocità e sangue la costellavano: accanto agli ufficiali di guarnigione e gendarmeria che si riprendevano, confusi e frastornati dalla trasformazione in giganti, i corpi degli Yeageristi giacevano immobili senza vita, la vista degli innumerevoli cadaveri scomposti lasciò sgomentati i soldati che si guardavano attorno con orrore, alcuni di loro si piegarono per i conati alla vista degli Yeageristi di cui rimanevano soltanto alcuni arti o il busto martoriato.
Mikasa bloccò il suo sgomento con una mano, i disertori erano stati decimati e ora quelli rimasti venivano ammanettati. La ragazza aveva allungato di molto la strada per far recuperare tempo alla sua squadra, ma mai si sarebbe immaginata qualcosa di simile, e ancora non riusciva bene a capire come potesse essere stato possibile che i suoi superiori si fossero trasformati in giganti. Marley? Pensò, ma lo escluse perché se ci fossero state spie la sua squadra l’avrebbe saputo, inoltre i superiori avrebbero dovuto inalare il liquido spinale di Zeke e si sarebbero ricordati di un evento del genere. 
Sentì stringersi la mano e si voltò alla sua destra: Eren, ancora disteso, la guardava con occhi carichi di sconforto ma non poté fare a meno di allungare l’altra mano e accogliere la guancia della ragazza nel suo palmo. Mikasa piegò la testa per farla aderire ancor più al suo viso.
Lei stava per dirgli qualcosa, quando vennero brutalmente interrotti da dei fucili puntati contro di loro.
- Hai fatto un ottimo lavoro Mikasa. – Hange era tra due soldati armati, con un’espressione non molto felice in volto – Eren Yeager, Zeke Yeager, vi dichiaro in arresto.
Mikasa protese le mani in avanti, cercando di fermarli: - No! aspetti comandante…
- Soldato, sei con noi o coi fratelli Yeager? – la ragazza stava per parlare quando il comandante la interruppe di nuovo – Pensaci bene prima di rispondermi.
Eren si mise seduto e fulminò Mikasa con lo sguardo, lei non sapeva cosa dire, impanicata, guardava prima lui e poi Hange, come se fosse alla ricerca di una risposta. In realtà sapeva benissimo cosa dovesse dire, soprattutto se voleva che quello che avevano fatto funzionasse.
- La mia lealtà… – la ragazza si fermò quasi le parole che stesse per dire le facessero male fisicamente, Hange la fissava intensamente, come a sperare dicesse quanto desiderasse – La mia lealtà… è col corpo di ricerca.
Il ragazzo abbassò lo sguardo ma, come Hange, sembrava molto sollevato sentendo le sue parole. I due ragazzi si alzarono e uno dei soldati ammanettò Eren, mentre l’altro si diresse verso Zeke che ancora giaceva disteso in uno stato catatonico.
- Hai sentito? Alzati. Sei in arresto per crimini contro l’umanità. – gli intimò il soldato.
Zeke si lasciò alzare di peso e rimase a fissare il vuoto mentre lo ammanettavano. Una volta fatto, i soldati si allontanarono verso la foresta coi due prigionieri che li precedevano. Il tutto avvenne sotto lo sguardo preoccupato di Mikasa, che fece qualche passo verso di loro.
- Mikasa. – Hange le si avvicinò – Perché non raggiungi Connie, Jean e gli altri? Stiamo raccogliendo gli ultimi Yeageristi per incarcerarli o… – spostò brevemente l’occhio verso la radura – … seppellirli, non sappiamo quanti nemici siano ancora nei paraggi e preferirei li aiutassi. Sono laggiù, dall’altra parte del sentiero, quando siete al sicuro raggiungeteci al campo base che stiamo allestendo.
La ragazza annuì e il comandante si voltò per seguire gli altri due soldati.
- Comandante Hange, aspetti per favore.
L’altra si fermò a metà strada e si voltò.
- Come… da dove sono venuti fuori quei giganti? So chi erano, ho intravisto qualche superiore del corpo di guarnigione e gendarmeria, ma come è possibile che…
- Zeke ha nascosto del liquido spinale in delle bottiglie di vino che poi alcuni volontari hanno servito agli alti in grado e ai soldati di guardia a Zeke, compreso Levi. Per fortuna, anche se quest’ultimo l’avesse bevuto, come ben sai, non gli sarebbe successo niente. 
- Quindi ad uccidere tutti questi soldati disertori…
- Siamo stati noi, seppure non proprio in forma umana. Vi abbiamo seguito a distanza e abbiamo sfruttato il loro stesso tranello studiato per tenerci all’amo. – Hange notò lo sguardo perplesso di Mikasa e continuò ferma – Avevano già ucciso tantissimi altri soldati di tutti e tre i reggimenti, compresi i civili che non hanno voluto collaborare alla presa del potere.
La ragazza sgranò gli occhi inorridita. Dovevano aver scoperto queste notizie da Pyxis dopo che lei era scappata dagli Yeageristi, non poteva spiegarselo altrimenti visto che fino a quel momento era sempre stata con loro. Rabbrividiva al pensiero di Eren che commetteva crimini così orribili, ingannare i propri commilitoni, macchiarsi la coscienza con così tante vite innocenti…
- Quindi adesso… che succederà ad Eren?
Hange sospirò stanca: - Ci sarà un processo militare una volta che arriveremo a nord, sia per lui che per Zeke, oltre che per tutti gli altri Yeageristi. Voglio avvisarti Mikasa, non sarà piacevole e io di certo né vorrò né potrò interdire. I crimini di cui si è macchiato Eren non sono facili da discutere o perdonare.
Il comandante se ne andò verso l’accampamento, chiudendo così la loro conversazione. Mikasa si strofinò un braccio, si sentiva persa e confusa, in tutto questo ancora non riusciva bene a realizzare che cosa fosse successo durante il contatto. Una folata di vento più fredda la spinse a seguire il consiglio di Hange, infreddolita e ancora bagnata per la pioggia si portò dall’altra parte dell’accampamento di fortuna dove credeva la sua squadra si fosse riunita. Tagliò il sentiero in obliquo ed entrata di qualche metro nella foresta, trovò subito il focolare attorno al quale i suoi amici si erano raccolti. Jean era seduto con le gambe incrociate dandole le spalle, Siri gli stava medicando una ferita sul viso inginocchiata davanti a lui, mentre una ragazza dai folti capelli neri era seduta accanto al ragazzo e guardava con attenzione i movimenti della spia.
- Ehi, guardate, c’è Mikasa! – disse Connie che stava tenendo vivo il fuoco.
Dall’altra parte rispetto a lui, Gabi e Yvonne, sedute davanti al fuoco, le dedicarono una breve occhiata disinteressata mentre Jean cercò di voltarsi per vederla.
- Guarda che non mi faccio scrupoli a dartele di santa ragione. – berciò Siri che con una manata spostò il mento di Jean per tenergli il viso difronte a lei.
- Non hai i modi che si addicono ad un medico. – disse Pieck melliflua.
- Succede a frequentare certe compagnie. – le rispose Siri concentrata sul taglio sulla fronte che stava cercando di richiudere con ago e filo chirurgici.
Pieck seguì con lo sguardo Mikasa sistemarsi accanto a loro, il più vicino possibile a Connie.
- Quindi è lei la tua amica… – disse la marleyana a Jean, facendolo arrossire di poco.
- Stai bene? – le chiese quindi Jean restando immobile.
Mikasa alzò la sciarpa per coprire meglio il collo: - Sto bene. – incuriosita guardò la ragazza accanto a Jean che le parve familiare. Quando comprese chi fosse, s’inginocchiò in un lampo e impugnò i manici del dispositivo.
- Siri, attenta, lei è…
- Ferma. – Siri annodò l’ultimo punto, facendo digrignare i denti a Jean per il dolore – È una lunga storia, per farla breve sono dalla nostra parte.
- Tch. – un ragazzo che fino ad allora non aveva notato, sedeva di fronte a loro con le spalle appoggiate al tronco di un albero lontano dal fuoco. Mikasa riconobbe anche lui, era senza alcun dubbio il possessore del gigante mascella.
Siri sospirò sonoramente mentre si alzava e, quando le passò davanti, la sentì dire a bassa voce tra sé: - Ne ho abbastanza di ‘ste stronzate.
- Mikasa! – la ragazza si voltò, oltre Connie, Armin teneva tra le braccia della legna ed era appena tornato al focolare. Lasciò cadere il piccolo carico per terra e si gettò verso Mikasa che fece altrettanto. Armin la strinse fortissimo a sé e non si impegnò molto per trattenere le lacrime, accompagnate da qualche singhiozzo.
- Temevo gli Yeageristi ti avrebbero fatto del male… come sono contento che tu sia ancora viva…
Circondata dai suoi amici si era sentita più sicura, ma adesso tra le braccia di Armin si sentiva a casa, sentiva l’angoscia che le appesantiva il petto abbandonarla, se non del tutto, quel tanto che bastava per sentirsi meglio. Si strinse ancora più strettamente al migliore amico, bagnandogli la camicia con le poche lacrime che scivolarono dai suoi occhi.
Quando si separarono da quell’abbraccio, notò che Siri si era portata in un punto accanto a Connie che prima di allora non aveva notato, nascosto com’era dalle spalle del compagno di squadra. Sussultò alla visione del capitano Levi senza sensi, col petto ricoperto di qualche innominabile poltiglia che Siri gli stava cambiando con una precisione maniacale, oltre che, le sembrava, con una certa cura affettuosa. Accanto al capitano c’era il bambino marleyano che avevano arrestato anche lui privo di sensi, con la testa fasciata.
- Che è successo al capitano Levi?
- Una lancia fulmine. – le rispose Siri, apponendo l’ultimo bendaggio sul petto dell’uomo. 
Armin poggiò una mano sulla spalla di Mikasa: - Non so se ne sei a conoscenza, ma i giganti che sono apparsi qui erano…
- Sì, lo so. Me l’ha detto il comandante quando mi sono ripresa.
Il ragazzo sospirò: - Per permettere a te, Eren e Zeke di toccarvi abbiamo dovuto distrarre i giganti evitando il più possibile di ucciderli, almeno fino a quel momento. Ma come puoi immaginare non è stata un’impresa facile e persino soldati forti come Jean si sono feriti, alcuni gravemente.
Mikasa sentì lo sguardo di tutti i presenti su di lei, comprese di essere l’unica a non aver ancora capito dove Armin volesse andare a parare.
- Per molti giganti non abbiamo potuto fare altro che abbatterli, erano troppo pericolosi, eppure così facendo abbiamo perso altri compagni.
- Facciamo che glielo chiedo io senza troppi giri di parole, che ne dici Armin? – Jean interruppe l’amico, facendo voltare Mikasa verso di lui – Ci siete riusciti Mikasa?
Il silenzio che si creò era interrotto soltanto dallo scoppiettio del fuoco, sembravano essere tutti sulle spine per il suo responso e solo quando lei incrociò lo sguardo con Connie ebbe la forza di parlare, ma Porko la interruppe prima che lo potesse fare.
- È chiaro che ci sono riusciti, sento… beh, non sento, è questo il punto. E poi… – alzò una mano, rivelando un grosso taglio sanguinante sul palmo – Non si è ancora rimarginato.
- Ma allora lo fate apposta. – Siri prese la sacca che aveva poggiato accanto al corpo di Levi e si alzò, dirigendosi stancamente verso il ragazzo – Alcune parole della nostra lingua sono diverse, ma credo mi fossi fatta capire quando ho detto “chi è ferito?”.
- Non ero sicuro non si sarebbe rimarginato subito.
Connie si alzò: - Mikasa voglio sentirlo dire da te. Ci siete davvero riusciti?
Lei si voltò verso di lui: - Sì. Ho ancora delle strane sensazioni in merito, ma sento che ha funzionato.
- Perdonami… Mikasa, ma non è delle sensazioni che possiamo fidarci. – esordì Pieck – Come fai a sentire che ci siete riusciti?
Mikasa la guardò interrogativa e cercò del supporto da Jean guardandolo, ma lui distolse il suo, facendole capire che era d’accordo con la marleyana.
- Non ricordo perfettamente cosa è successo, ma… – posò i polpastrelli al lato della testa sforzandosi di ricordare – Siamo stati catapultati in un posto che non era questo, né uno che avevo mai visto in vita mia, c’erano Zeke ed Eren, e una bambina… è stano perché sento di conoscerla, ma allo stesso tempo non ho idea di chi fosse. Zeke ed Eren hanno discusso ed io ero lì e… discutevo con loro. Poi ad un certo punto sapevo cosa dovevo fare e l’ho fatto. Scusate se non so dirvi perfettamente com’è andata ma è come se avessi vissuto queste cose tantissimo tempo fa.
Siri annodò la benda attorno alla mano di Porko: - Ad ogni modo non abbiamo tempo di preoccuparci di quello che ricorda o non ricorda Mikasa. – si alzò e tornò dai due pazienti incoscienti, sedendosi accanto a Falco – Se quel boato che abbiamo sentito è davvero quello che abbiamo intuito, allora dobbiamo spostarci a nord il prima possibile.
- Boato? – Mikasa si voltò verso Armin in cerca di spiegazioni – Quale boato?
- Beh… tu forse eri… ovunque tu fossi, ma quando si è alzato il vapore abbiamo avuto delle visioni e si è sentito un boato fortissimo, era distante da qui quindi non poteva essere una delle nostre lance fulmine.
- E Armin ovviamente ha una teoria… – disse Connie accigliato, incrociando le braccia.
L’altro sospirò: - È solo una teoria appunto, ma… se il potere dei giganti è scomparso, esattamente come i giganti che stavamo combattendo, allora anche i colossali contenuti all’interno delle mura si saranno volatilizzati e senza di loro a tenere le mura, queste è probabile siano crollate, dopotutto non erano altro che il frutto del loro indurimento. Pensavo che sarebbero rimaste intatte visti gli esperimenti fatti con Eren, ma poi Siri visitando Falco ha scoperto che la pietra luminosa che usava per controllare le pupille era scomparsa.
- Addio mura, addio protezione dai rivoltosi. – disse Siri lapidaria – C’erano già numerosi posti di blocco e barriere di fortuna a dividere nord e sud, ma le mura rimanevano il migliore sistema di divisione, soprattutto per la capitale che era riuscita a rimanere isolata. Entro domattina dobbiamo andare via di qui, quando il resto degli Yeageristi rimasti a sud non vedranno tornare né Eren né Floch arriveranno e vorrei evitare un altro bagno di sangue.
Mikasa si sedette di nuovo davanti al fuoco tra Connie e Armin che fecero altrettanto, Connie offrì un cracker alla ragazza che iniziò a mangiarlo in silenzio. Gabi e Pieck si avvicinarono a Siri non appena ebbe finito di auscultare Falco.
- Sta bene, credo abbia una leggera commozione. – disse la donna coprendolo con la coperta fin sotto il mento – Deve riposare, anche si risvegliasse tra qualche ora non dovrebbe fare movimenti bruschi o camminare.
Gabi si strinse le braccia a sé e annuì sconfortata mentre Pieck le accarezzava dolcemente la testa.
- Oh Siri, – le tre si voltarono verso Mikasa – Hange mi ha detto di raggiungere il campo base quando siamo pronti.
La spia non ci dovette nemmeno pensare, scosse subito la testa: - Non esiste. Questi due non posso spostarli, e poi Pieck e Porko sono più al sicuro qui, lontani da occhi indiscreti. Vi sarei grata non gironzolaste a proposito, non tutti sono entusiasti della nostra… collaborazione.
Porko si alzò: - Non preoccuparti di questo, non abbiamo alcuna intenzione di andarcene fino a quando il nostro accordo non verrà rispettato.
- Su questo non devi temere, siamo persone di parola. 
- È difficile fidarsi di qualcuno che ha contribuito alla caduta in disgrazia della nostra nazione!
Pieck tornò a sedersi accanto a Jean: - Porko sono andati fino in fondo anche loro, voglio ricordarti che non potevamo fidarci nemmeno dei Marleyani, e, arrivati a questo punto, soprattutto dei Marleyani. Inoltre daremo il colpo di grazia alla nostra adorata nazione con questa esecuzione.
Il marleyano si sentì tradito dalle parole della compatriota e inveì contro di lei, rosso di rabbia: - Ti sei ammattita adesso?! Stai dalla parte di queste… persone?! – quasi sputò fuori l’ultima parola, la disse con un tale disprezzo che Jean non riuscì a stare zitto.
- Perché non la fai finita? La biasimi per averci dato la sua fiducia quando nemmeno ti rivolgi a lei con rispetto. Pieck è sicuramente un soldato molto più assennato di te. – la soldatessa rimase molto colpita dalle parole di Jean, tanto quanto Siri che adesso guardava i due sospettosa – Non mi sembra tra l’altro che abbiate altra scelta.
Porko parve visibilmente interdetto: - Non ho alcun interesse a fraternizzare con voi. Voglio solo vedere impiccato il bastardo che ha raso al suolo il mio distretto il prima possibile.
Con uno sguardo tagliente, Connie gli piantò addosso le sue iridi ambra: - Ehi, spiegami una cosa, hai così tanta fretta di portare qualcuno al patibolo?
Porko fece qualche passo verso di lui, non credevano avrebbe attaccato il ragazzo, ma tutti s’irrigidirono visibilmente: - Di sicuro non mi va di perdere tempo in inutili chiacchiere, e voi, con questo processo, sembrate tanto propensi a farlo.
- Armin. – la voce di Mikasa pareva talmente terrorizzata che tutti portarono la loro attenzione da Porko a lei – Di cosa state parlando?
Mikasa si alzò di scatto e guardò Siri con gli occhi pieni di lacrime: - Cosa intendono dire?!
- Mikasa, calmati per favore… – Armin si era alzato e si era interposto tra le due, le afferrò una spalla per farsi ascoltare ma la ragazza con uno scossone del braccio scaraventò il ragazzo al suolo.
- Hange ha detto che ci sarebbe stato un processo!
Siri mise una mano su un pugnale che teneva nella cintura e rimase ferma ad osservarla, imperturbabile. Mikasa iniziò a boccheggiare, si guardò attorno e nessuno dei suoi amici aveva il coraggio di guardarla negli occhi, ad eccezione dei due mutaforma marleyani: quel silenzio fu sufficiente a farla girare e correre via a perdifiato verso l’accampamento.
- Cazzo. – Siri si tolse la sacca dalla cintura e iniziò a correrle dietro, seguita a ruota da Armin.
Corsero più veloce che potettero ma Mikasa li aveva doppiati, neanche lo slalom tra le tende e i fuochi dell’accampamento riuscirono a rallentarla. Tra gli stretti corridoi che si erano venuti a creare, ansimante e col viso rigato dalle lacrime, Mikasa cercò la tenda del comandante, quando scorse da lontano lo stemma del corpo di ricerca ricamato sulla tenda più grande di tutte, estrasse le lame del dispositivo e si precipitò verso di essa, irrompendo all’interno come una furia.
- Mi avete mentito! – non appena entrò, la scena che le si parò davanti la bloccò all’istante.
Hange ed Eren sedevano l’uno di fronte all’altra e sembrava gli avesse interrotti nel bel mezzo di un discorso. Il ragazzo era ancora in manette e quando la vide entrare si alzò, guardandola incredulo.
- Mikasa, che ci fai qui? Metti via quelle lame.
Hange si alzò sorpresa, ma quando vide il viso deformato dal pianto della ragazza capì all’istante che aveva saputo del destino che sarebbe toccato ad Eren. Mikasa ignorò la richiesta del ragazzo, la sua voce era rotta e disperata.
- Eren! Devi scappare, loro non… – probabilmente fu il suo stato d’animo, l’intensità dei momenti che aveva dovuto affrontare uno dopo l’altro che permisero ad Armin e Siri di immobilizzarla ed addormentarla con un anestetico. Mikasa sussultò senza avere la prontezza di contrattaccare e sentì solo il pizzico della siringa sopra la clavicola prima di addormentarsi.
 
Mikasa si svegliò qualche ora dopo, con molta fatica cercò di sollevare le palpebre che sembravano pesarle una tonnellata. Non appena aprì gli occhi, capì di trovarsi in una tenda oltre il cui tessuto s’intravedeva qualche luce sfuocata delle lanterne provenire dall’esterno, ma doveva essere notte per l’oscurità in cui era immersa. Lei era stata adagiata su di una branda e non appena tentò di portare una mano sulla faccia, si rese conto di essere ammanettata. Abbassò la testa verso il grembo e muovendo i fianchi vide che non aveva più nemmeno il dispositivo di manovra addosso.
- Te l’hanno tolto. – Eren era su una sedia accanto a lei – Non agitarti troppo, Siri ha detto che l’anestetico che ti ha dato era tra i più forti che conosce.
- Eren…
- Pensavo di aver risolto questa questione. Non mi aspettavo piombassi armata e fuori di te…
Mikasa aggrottò la fronte: - Di cosa stai parlando?
Lui le restituì lo sguardò incredulo: - Davvero non ricordi nulla?
Mikasa si tirò su a sedere e cercò di concentrarsi più che poté: - Io… ho come delle sensazioni, so che abbiamo fatto quello che dovevamo fare, ho vaghe immagini di quello che è successo, ricordo che discutevamo ma non so quello che ci siamo detti.
Il ragazzo annuì: - È così in effetti. Il potere dei giganti è scomparso, ed è stato solo grazie a te Mikasa. – lei lo guardò sorpresa – Ma non può funzionare se tu continui a comportarti così.
- Eren, loro non mi hanno dato il tempo di spiegare. Non hanno intenzione di darti un processo onesto, ti condanneranno a morte. – Eren scosse la testa – Dobbiamo scappare, adesso che il capitano Levi è ferito nessuno potrà fermarmi. Riusciremo ad allontanarci e poi…
- Mikasa, adesso basta.
- Eren, non capisci?! Se rimaniamo qui tu…
Lui si alzò di scatto e alzò la voce per non ammettere altre repliche: - Certo che capisco. – si strofinò la fronte coi polpastrelli e sospirò. Mikasa lo osservò sedersi accanto a lei sulla branda: poteva essere abbastanza forte da sconfiggere un’armata intera di soldati, anche di giganti se l’occasione l’avesse richiesto, ma non lo era abbastanza da venire a patti col fatto che Eren aveva accettato il suo destino.
- Lo so. Hange me l’ha detto, e io sono pronto ad andare avanti con quanto è stato deciso.
- No! – Mikasa si allontanò da lui, indignata – Come puoi accettare questo?! Non è giusto quello che vogliono farti!
- È giusto invece che io abbia ucciso migliaia di innocenti? Mikasa, per favore, non fare finta che io non abbia alcuna colpa.
Lei scosse la testa: - Eravamo in guerra, Marley ha ucciso nel tempo…
- E anche noi. Marley sta pagando ogni singolo crimine che ha compiuto contro le nazioni che ha conquistato, e che senso avrebbe continuare a rivangare il passato, chiedersi chi ha più colpe?! Ne abbiamo parlato continuamente in questi ultimi quattro anni, siamo in questa situazione per colpa dei nostri antenati e abbiamo fatto di tutto per porvi rimedio.
- Ma non vedo perché tu debba andarci di mezzo! – disse Mikasa con gli occhi lucidi – Abbiamo eliminato il potere dei giganti, è abbastanza!
- Non è neanche lontanamente abbastanza. Mikasa qualcosa è cambiato, perché quello che sarebbe successo se io avessi proseguito… – Eren si bloccò, digrignò i denti e si coprì il viso con le mani – Sarei diventato un simbolo anche in quel caso e lo sono anche adesso, a Paradise per aver distrutto Liberio e poi tra le nazioni conquistate da Marley per avergli dato un’occasione per essere indipendenti. Riportandomi in patria, gli Eldiani saranno in parte scagionati, non avranno motivo di pensare che hanno fatto combutta con noi e Paradise ha finalmente un futuro davanti a sé.
- Ma così tu non lo avrai… – Mikasa poggiò le mani sul ginocchio di Eren – Ti prego, non farlo.
Eren si voltò e la guardò sconsolato: - La mia morte darà una spinta in più alle rivolte oltreoceano e al movimento di liberazione per gli eldiani. – le asciugò una lacrima e poi le prese le mani – Eravamo d’accordo Mikasa… tu non riesci a ricordarlo e non riesco a capirne il motivo.
Si guardarono negli occhi così intensamente che anche quelli di Eren divennero lucidi.
- Devi lasciarmi andare Mikasa.
Il volto della ragazza divenne una maschera di dolore, scosse la testa: - No…
- Non funzionerà Mikasa, se non mi lasci andare non funzionerà. – la ragazza continuò a scuotere la testa piangendo disperata, senza forze si lasciò abbracciare da Eren che le diede un bacio affettuoso sulla nuca – L’hai già fatto nei sentieri, non ricordi? Se non lo fai anche qui non funzionerà…
Mikasa lo circondò con le braccia e strinse il tessuto della sua maglia nelle mani, mentre lasciava che le sue lacrime bagnassero la sua spalla: - Non voglio. – disse tra i singhiozzi.
Eren fece un respiro profondo, strofinò la mano sulla spalla della ragazza e capì perché non ricordava alcunché della loro esperienza nei sentieri di Ymir. Lui le aveva cancellato i ricordi del loro futuro alternativo e aveva lasciato soltanto quanto avevano vissuto con Zeke, in nessun modo lui avrebbe potuto sbagliare in questo processo: Mikasa non voleva ricordare, farlo per lei era troppo doloroso e ora Eren stava rivivendo tutto daccapo e sapeva quanto sarebbe stato difficile quando lei l’avrebbe lasciato andare.
 
***
 

Take me out tonight
Because I want to see people 
And I want to see life
Driving in your car
Oh, please don't drop me home
Because it's not my home, it's their home
 
And I'm welcome no more
And if a double-decker bus
Crashes into us
To die by your side
Is such a heavenly way to die
And if a ten ton truck
Kills the both of us
To die by your side
Well, the pleasure, the privilege is mine

 
Non pioveva da almeno una settimana. Il settimo giorno dalla scomparsa dei giganti dal mondo, Historia partorì la sua primogenita, Siri pensò potesse avere un qualche significato. Una sorta di rinascita sia fisica che metaforica, ma abbandonò presto questa idea quando Historia chiamò la bambina Ymir. Non c’erano significati di entità superiori nascosti nelle cose, se non quelli che le persone gli davano volontariamente.
Siri era seduta sul prato, poggiava la schiena sulla staccionata e guardava gli orfani giocare in lontananza. Per giorni erano state solo queste le sue giornate e all’inizio aveva faticato a trovarne un senso. Si dedicava ai bambini e ai malati, puliva un po’ per noia un po’ per fare un piacere, lavorava l’orto di Historia ma finiva quasi sempre molto presto, lasciandole il resto della giornata completamente libero. Shawn e Kerstin che aveva trovato già lì al suo arrivo, dopo che la regina ebbe partorito se ne andarono, lasciandola sola coi suoi pensieri.
Piegò la testa all’indietro, facendo scivolare il cappello sulla faccia: la prospettiva di addormentarsi lì e rientrare per cena la allettava e allo stesso tempo le dava dell’ansia immotivata. Passava il suo tempo a preoccuparsi di dover fare qualcosa e a rassicurarsi del fatto che non aveva altro da fare se non il medico o dedicarsi all’orto. Sapeva doveva essere solo una questione d’abitudine, ma ogni tanto invidiava Levi che dormiva per ore e ore, più di una volta si chiese se stesse recuperando il sonno perduto per anni tutto in una volta.
- Ti ho trovata finalmente.
Siri sussultò quando riconobbe la sua voce, rizzò in piedi talmente velocemente che le vennero le scintille agli occhi. Si voltò e vide Hange venire verso di lei dalla casa di Historia, scavalcò la staccionata e andarono una incontro all’altra.
- Credevo avessi abbastanza da fare per venire a trovare due soldati in pensione.
- La regina in realtà aveva bisogno di essere aggiornata, quindi… – la spia le diede un pugnetto sul braccio abbozzando un sorriso – Dove possiamo parlare?
 
L’ombra dell’olmo sotto cui si erano sedute era abbastanza rinfrescante, da lì riuscivano a vedere la casa di Historia che dava sulla staccionata per gli animali e anche i bambini che ancora giocavano davanti al fienile. La scena dava ad Hange una strana pace accompagnata da un’angoscia che non sapeva spiegarsi, si chiese se Siri si sentisse sopraffatta da un cambio di stile di vita così radicale, a giudicare dal suo aspetto più radioso avrebbe giurato di sì, ma i suoi modi di fare molto più contenuti parevano dirle il contrario.
- Yvonne ha trovato Bernard. – Hange la guardò brevemente, poi tornò a fissare di nuovo lo spettacolo bucolico davanti a sé – Dalle sue ferite si può dire che non ha parlato, non mi è ancora arrivato il resoconto dell’autopsia ma ad un primo sguardo il dottore mi ha detto che non sapeva se sia morto per la costola che gli ha perforato il polmone o per le infezioni.
Siri strinse le labbra e annuì, il comandante rimase qualche secondo in silenzio per darle il tempo di digerire la notizia.
- Yvonne come sta?
- Non è stata molto bene, ha preso una licenza ed è tornata da suo fratello maggiore. Sarebbe dovuta venire lei qui, ma, beh… credo avesse bisogno di riposare. Dopotutto è voluta andare da sola alla ricerca di Bernard ed è riuscita a tornare a nord poco prima che chiudessero definitivamente la frontiera.
- Quindi adesso è ufficiale.
Hange staccò qualche filo d’erba: - In realtà sono venuta qui anche per questo… Con Historia dovremmo cercare di firmare un armistizio, oltre che la loro indipendenza. Non vogliamo altri spargimenti di sangue o guerre inutili… gli accordi commerciali saranno leggermente più difficili da ripartire o ridefinire, ma speriamo di trovare una soluzione.
Siri allungò le gambe e sgranchì il busto, rimanendo in silenzio. Hange cercò di leggere nella sua espressione qualsiasi cosa le potesse far capire il reale stato d’animo della spia. Tentò un approccio in punta di piedi.
- E lui invece come sta?
L’altra soffiò col naso e scosse la testa: - Sta bene. Come non mi aspetterei, ma sta bene. – Hange continuò a fissarla e questo fece sentire a Siri il bisogno di continuare a parlare – Una lancia fulmine l’ha preso in pieno, gli ha bruciato il petto, la spalla aveva un’ustione quasi di terzo grado, con ogni probabilità si sarebbe dovuta infettare, per non parlare dell’emotorace.
Hange notò come gli occhi di Siri trasmettevano una profonda tristezza, ma il suo viso era rimasto impassibile.
Sarebbe dovuto morire. Non c’era alcuna possibilità che si potesse salvare, anche se sono stata perfetta in tutto quello che ho fatto. Sono stata… ho fatto tutto quello che dovevo fare come l’avrei fatto anni e anni fa, precisa e metodica.
- È una cosa bell…
- Lui non è sopravvissuto grazie a me. – finalmente Siri stava iniziando a piangere – È sopravvissuto perché è un Ackerman. È ancora qui solo perché è nato così. E ogni giorno mi sono chiesta se essere un Ackerman sarebbe bastato o se ad un certo punto mi sarei svegliata e lui no.
Hange ricordò il comportamento della spia nella foresta, prima che lei portasse Levi via con sé, ad un certo punto l’aveva trovata accartocciata su sé stessa, addormentata, mentre gli teneva indice e medio sulla carotide.
La sentì riprendere fiato per calmarsi, poi si asciugò le lacrime col lembo della maglia.
- Siri io credo che quello che conta è che sei riuscita ad avere polso quando è stato necessario. Che fosse un Ackerman o meno, poco importa. – la spia tirò su col naso – Il solo fatto di curarlo ti ha ricordato chi vuoi essere, se non l’avessi fatto lui sarebbe morto di sicuro.
Siri si avvicinò ad Hange e poggiò la testa sulla sua spalla.
- L’hai salutato?
- Sì, anche se non so abbia realizzato fossi veramente io, si è riaddormentato subito dopo avermi salutato. – sospirò e disse con tono ironico – Anni di insonnia e ora non fa che dormire, eppure neanche un buon riposo gli toglie quel broncio.
Siri rise e rimasero ancora sotto l’olmo fino a quando non arrivò l’ora di cena, poi Hange se ne andò.
 
Siri si rigirò nel letto, nella testa si ripetevano le stesse immagini che la tormentavano nel sonno da settimane, ancora e ancora. Levi nella foresta, il petto pieno di bruciature ed ustioni, lo sguardo vuoto e poco reattivo. Senza parlare di quel rantolo che aveva come respiro che ogni tanto riusciva a sentire come se fosse vero, svegliandola nel bel mezzo della notte solo per farle realizzare che lui era vivo e vegeto al suo fianco e dormiva come un angioletto.
Si era addormentata dopo pranzo per recuperare il sonno perduto, la notte prima aveva dormito poco e niente perché Levi le aveva rivelato di avere qualche fastidio ad ingoiare, fastidio che alla fine era sparito il mattino dopo, probabilmente era stato causato dalla minestra troppo calda della cena. Siri anche questa volta nel suo sogno era nella foresta e Zeke aveva appena urlato, i soldati tutt’attorno a loro avevano iniziato a trasformarsi, il cuore le batteva talmente forte che la svegliò. 
Catapultata di nuovo nella realtà, diventata stranamente più rassicurante rispetto al passato, si voltò vero il lato di Levi e impietrì quando lo trovò vuoto, neanche ci fece mente locale ma la sua mano teneva già uno dei pugnali che aveva sistemato sul comodino. Si guardò attorno e vide la porta del bagno semiaperta, da seduta vedeva una piccola lama di luce provenire dall’interno. Scese dal letto e si diresse verso lo stanzino, afferrò il pomello coi muscoli tesi e quando si affacciò all’interno si rilassò. Aprì tutta la porta e si poggiò sull’uscio con una spalla, aspettando che Levi, in piedi davanti al lavandino, incrociasse il suo sguardo attraverso lo specchio.
Si era messo una camicia che aveva lasciato aperta, il torace era ancora in parte fasciato e con le mani tremanti teneva un paio di forbici davanti alla faccia, tentando di tagliarsi i capelli ancora tutti bagnati.
- Che stai facendo? – esordì Siri con un tono quasi accusatorio, visto che Levi ancora sembrava totalmente assorbito nell’atto.
Lui la guardò attraverso lo specchio: - Non si vede? – le sue mani tremarono ancora, lei fece una smorfia di disapprovazione.
Levi abbassò le forbici e poggiò i palmi sul bordo del lavandino, la sua voce pareva un’ammissione di colpe: - Non ne potevo più.
Lei ripose il coltello in una fodera che teneva alla cintura: - Quindi hai pesato bene che la prima azione da fare dopo che ti alzi dal letto per la prima volta a parte che per usare il bagno, è impugnare un paio di forbici affilate. 
- Parla quella che continua a tenere i coltelli sul comodino. Che farai se mi alzo di notte, mi scambi per uno Yeagerista e mi ammazzi?
- Consideri sul serio l’eventualità che io possa riuscire ad ammazzarti? – Siri posò una mano su quella con cui Levi teneva ancora le forbici e fece scivolare le dita nel suo palmo per sfilargliele.
Levi strinse leggermente la presa e deglutì: - Volevo solo fare qualcosa di normale.
A Siri le si annodò la gola, rimase a fissare l’utensile della discordia in silenzio fino a quando non glielo sfilò con più decisione dalle dita, d’altro canto lui la lasciò fare con docile remissione.
- Prendi uno sgabello e un asciugamano e vai sul portico. – lui la guardò interrogativo – Con questa luce non vedo bene.
Fece come gli disse e dopo un po’ lei lo raggiunse all’esterno. La rampa del portico era in legno, come quasi tutta la casa di Historia, e si affacciava direttamente sulla radura colorata dai caldi colori del tramonto che Levi rimase a fissare nell’attesa. Siri gli si sedette di fronte e sistemò su un tavolino accanto a loro una ciotola piena d’acqua e un kit per la rasatura che aprì con una precisione degna di un chirurgo. Dopodichè sistemò un asciugamano sulle gambe, stirandolo con le mani per farlo aderire alle cosce.
- Da dove hai tirato fuori tutti questi arnesi?
- Dalla mia sacca, da dove se no. – si guardarono e Siri accennò un sorriso, facendogli capire scherzasse – Ma come, non lo sapevi? Non ci hai ancora frugato dentro?
- Lo dici come se fosse normale. Frugare nelle cose degli altri.
- Io l’avrei fatto fossi stato in te.
- Ma non mi dire.
Siri gli prese l’asciugamano che teneva ancora in mano e glielo passò attorno al collo e lo chiuse con cura sul petto con una spilla, prese con una brocca un po’ d’acqua dalla ciotola e, tenendogli la nuca all’indietro, si sporse verso di lui e gli ribagnò i capelli, facendo cadere l’acqua sul pavimento di legno. Mise via la piccola brocca e posò l’altra mano sulla sua guancia, quindi gli alzò delicatamente la testa. Non che Levi avesse bisogno di tutte quelle accortezze, era molto più in forze rispetto ai giorni prima, ma ogni tocco delicato di Siri era una sensazione così piacevole che lo faceva sentire leggero, bello quanto dormire senza nessuna preoccupazione.
- Ho voluto molto negli anni ti prendessi cura di me.
Siri aggrottò la fronte, aprì e chiuse le forbici veloce, quando capì, scosse la testa: - Un modo piuttosto singolare quello di ferirsi a morte per farmelo fare. Hai forse tendenze masochiste?
- Non. – le orecchie di Levi arrossirono – Non sono masochista.
Lei gli prese una ciocca di capelli e iniziò a tagliare: - Meglio così.
Passarono il resto del tempo in silenzio, coperto solo dal suono rilassante dei capelli che venivano tagliati. Quando finì, Levi la vide preparare il necessario per la rasatura.
- Quindi sai anche fare la barba.
Siri annuì concentrata: - Anticipo qualche altra tua brillante idea. Finisce che ti recidi la giugulare… chi pensi te l’abbia fatta mentre eri in dormiveglia?
Non ci aveva pensato fino a quel momento, ma credeva che forse il compagno di Historia si fosse offerto di fargliela.
- Io e Ankha ci alternavamo quando stavamo da Pyxis. – spiegò Siri mentre gli stendeva la schiuma sul viso – Ho imparato abbastanza in fretta, dopotutto ho sempre avuto una certa predisposizione per le lame.
Levi infatti, quando Siri iniziò ad usare il rasoio, notò una certa dimestichezza oltre che un movimento di polso per lui ipnotizzante, non portava le fasciature per cui poteva osservare le sue mani nude attraversate dalle cicatrici e da quella grossa K solitamente così difficile da ignorare ma a cui ci aveva fatto l’abitudine col tempo.
- Siri. – lei si limitò a mugugnare, assorta completamente nella rasatura. – Possiamo parlare di quello che mi ha detto Hange?
- Sei tu quello che deve parlarmene.
Levi tenne ferma la testa per permetterle di passare la lama lungo la guancia.
- Volevo sapere cosa ne pensi.
- Cosa ne penso? – Siri sciacquò il rasoio nella ciotola – Penso che tu sei libero di fare quello che ti pare. Se ci vai hai la soddisfazione di piantare la pallottola in fronte a Zeke, se non ci vai, lui muore lo stesso.
- Anch’io ci sono arrivato fin qui, sono abbastanza perspicace. – si zittì di nuovo per farle radere metà del collo – Puoi darmi la tua opinione? Io voglio ascoltarla.
Siri sospirò nervosa e pulì la lama sull’asciugamano che teneva sulle gambe: - Me lo chiedi perché non sei più così convinto di volerlo fare o perché hai paura della mia reazione se tu deciderai di partecipare all’esecuzione?
Levi le piantò gli occhi addosso e il suo sguardo pesava così tanto che Siri non riusciva a non distogliere il suo.
- Tu non vuoi sapere quello che penso.
Lui continuò a rimanere in silenzio, il suo modo per pretendere una risposta che d’altronde non tardò ad arrivare, il fiume in piena delle parole di Siri si riversò su di lui come se lei non stesse aspettando altro che l’occasione per farlo uscire.
- Penso che sia inutile arrivati a questo punto, partire nelle condizioni in cui ti trovi ora per una soddisfazione che io comprendo, credimi, ma è davvero da irresponsabili. Il potere dei giganti è scomparso, Zeke morirà comunque vadano le cose. Quindi il mio interrogativo rimane quello, perché sei ancora qui? Perché non ci sei andato? Perché vuoi un mio parere Levi? A cosa serve saperlo se… – Siri posò il rasoio sul tavolino – Io non verrò con te. Voglio lasciarmi tutto questo alle spalle, mi viene la nausea solo a parlarne e vedere l’ennesimo spargimento di sangue… non ce la faccio.
- Va bene. – Siri lo guardò confusa, poi riprese la lama e la passò sull’altra guancia, ma dopo averlo fatto si bloccò di nuovo.
- Tutto qui? Cosa vorresti dire?
- Che il tuo punto di vista è giusto. Ma c’è qualcosa che manca.
Siri inclinò la testa, tentando di leggere negli occhi dell’altro cosa volesse comunicarle.
- Chiedimelo.
- Chiederti cosa?
- Chiedimi di restare.
Siri rimase scioccata, abbassò la testa e la scosse, cercando di trovare le parole per rispondergli.
- Io… io questo non posso farlo, come… non so se è quello che vuoi.
- Siri. – Levi le prese il mento e lo alzò per fargli incontrare di nuovo i suoi occhi – Chiedimelo.
Lei deglutì e il grigio dei suoi occhi non le era mai parso così sconfinato fino ad allora, la guardava come qualcuno avrebbe guardato il tramonto alle sue spalle, con la spensieratezza di un bambino. La felicità di Levi era così grande che la si poteva leggere solo dal suo sguardo, dalla sua espressione rilassata anche senza che fosse attraversata da un sorriso.
- Bene. – riuscì a dire a mezza voce Siri – Allora mettiamola così. Questa volta sono io a minacciarti di spezzarti entrambe le gambe, dopotutto io sono il medico e tu il paziente decido io e tu non puoi andare via.
- Potrei non rendertela così semplice. – disse lui stando al gioco.
- Ridotto così ci riuscirei, l’hai ammesso anche tu prima. Non dovresti sfidarmi, sai che mi piace vincere.
- In realtà ti lascerei vincere con piacere. Adesso sono davvero stanco anche io, vorrei solo mi chiedessi di riposare, con te.
Un brivido attraversò Siri che arrossì e distolse lo sguardo dal suo: - Non guardarmi così…
Levi contrasse le sopracciglia e non appena lei lo spiò, riabbassò immediatamente gli occhi.
- Così come, saltimbanco?
- Con quello sguardo. – ammise imbarazzata e si coprì il naso col dorso della mano – La prima volta è stata quando hai avuto quel colpo di calore, quando ti ho messo l’olio sulle tempie… io sto cercando di sembrare autoritaria e tu…
Siri strinse i pugni e raddrizzò la schiena, lo guardò dritto negli occhi e col sole che la illuminava alle spalle sembrava che i raggi le uscissero dal corpo: - Resta con me.
- Non avevo intenzione di andarci comunque.
Siri sorrise e prese di nuovo il rasoio: - Non è stata una buona idea ammetterlo prima che ti radessi il collo, boss.
Non appena finì, lei lo aiutò a tornare dentro e a distendersi di nuovo nel letto, mentre lei stava controllando le fasciature che gli erano rimaste sul torace, Levi le afferrò il braccio e la tirò a sé. Siri acconsentì alla richiesta silenziosa, si sfilò le scarpe e si sistemò al suo fianco con la testa poggiata nell’incavo del suo braccio. Levi chiuse gli occhi e poggiò le labbra sulla sua testa.
- Quando andremo via di qui? – ormai non si sorprese nemmeno di aver usato il plurale, non più costretto dalle regole che gli erano imposte.
- Quando sia tu che Historia vi sarete perfettamente ripresi.
Levi mugugnò un verso d’assenso, inebriato da quel senso di pace da cui si lasciò invadere con piacere. Qual era il senso di continuare a combattere, sembrava così inutile ad entrambi quando avevano tutto quello che potevano desiderare in quel momento. Gli incubi, il senso d’inadeguatezza sarebbero finiti prima o poi, perché prima di sopravvivere alla guerra proteggendosi l’un l’altro coi propri mezzi, si erano salvati a vicenda diventando la pace l’uno dell’altra.

Fine.

 
Saluti e ringraziamenti:
dopo quasi due anni da quando ho iniziato questa storia è giunta al termine e onestamente quando ho messo l’ultimo punto, non mi sembrava vero. Come ho scritto nel disclaimer che ho inserito da poco nel prologo, all’inizio avevo pensato a questa storia con toni totalmente diversi, molto più “facile” da scrivere e da sviluppare, ve l’ho già detto ma andando avanti mi sono davvero appassionata e ho dato il 100%. Con queste ultime righe volevo solo chiarire alcuni aspetti della storia che magari non sono stati compresi, a partire dal fatto che la relazione amorosa non è mai stata un triangolo e spero di averlo ribadito abbastanza con i dialoghi di Siri. Per essere un triangolo Siri avrebbe dovuto essere indecisa tra Levi e Bernard, ma questo non accade mai. Ho tagliato parecchie parti che avevo pianificato di scrivere per alleggerire questo capitolo già ricco di eventi, ma alla fine spero che la narrazione non ne abbia risentito, ma nel caso sarete voi a dirmelo, soprattutto se la mia idea per il finale alternativo vi è piaciuta. 
Ci tengo a dire che a me il finale originale è piaciuto, al contrario di quanto se ne dica è un buon finale che è lo specchio della nostra società dopotutto. Ho voluto cambiare il finale per potermi distaccare dal canon e poi perché sono una forte sostenitrice dell’effetto farfalla: l’entrata in scena di Siri avrei voluto renderla più casuale, un gioco del destino più efficace, ma mi accontento di come è venuto fuori il tutto. L’idea di fondo era come un singolo piccolo evento potesse cambiare l’andamento delle cose in maniera talmente drastica da renderlo imprevedibile al “corso naturale” degli eventi previsto da Eren.
Parlando invece di Siri volevo solo chiarire qualche punto, a partire dalla sua memoria, chiamata erroneamente “fotografica”, in realtà ci sono evidenze di persone con una memoria molto più forte rispetto alle altre ma se volete il mio parere, non è che queste persone hanno una memoria sovrannaturale, ma semplicemente usano il cosiddetto “castello della memoria” in maniera naturale, senza accorgersene. Chiaramente, lo ribadisco, essendo questa un’opera di fantasia oltre che essere ambientata in tempi abbastanza antichi, mi sono presa grandi libertà quindi facciamo finta che Siri abbia questa memoria fotografica. Parlando invece del suo aspetto fisico, ne ho scelto uno molto “ordinario” con qualche particolarità come cicatrici e lentiggini per rispettare la linea stilistica di Isayama oltre che per il principio secondo il quale Pyxis scelga delle spie dall’aspetto poco singolare perché passino effettivamente inosservate.
Infine giusto qualche chiarimento sulla questione lucertola/geco: potrebbe sembrare un buco di trama, ma in realtà c’è un motivo dietro questa dualità. Il soprannome “lucertola” dà a Siri una certa soddisfazione, azzarderei a dire perversa, perché è legato a degli aspetti del suo passato, che lei ricorda con piacere, soprattutto per la persona che era, mentre “geco” è l’identità da cui lei vorrebbe rifuggire, legato al momento in cui ha dovuto cambiare vita e al suo operato da spia.
Prima di lasciarvi alla lista delle canzoni che ho inserito nella storia, vorrei ringraziare tutti quelli che hanno letto la storia, l’hanno seguita e messa tra i preferiti, un ringraziamento anche a chi ha lasciato un proprio pensiero e uno in particolare a Kamony che non ringrazierò mai abbastanza per aver dato una chance a questa storia dandomi dei preziosi riscontri.
Ci si vede sul sito! Buona lettura!!
 
In ordine di pubblicazione:
• Elastic heart, Sia
• Starry eyes, The Weeknd
• California, Lana del rey
• Wicked game, Chris Isaak
• TV, Billie Eilish
• Cardigan, Taylor Swift
• Say yes to heaven, Lana del rey
• My war, Shinsei Kamattechan
• I’m a fool to want you, Billie holiday
• There Is a Light That Never Goes Out, The Smiths
  
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