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Autore: alga francoise14    24/08/2023    5 recensioni
Perché ogni anima, anche la più nobile, nasconde un lato oscuro...
Genere: Avventura, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Le Pen Duick


“Grandier… siete proprio voi!" 
Dall'alto della sua cavalcatura, Victor de Girodelle guardava stupito l’uomo che si era appena voltato verso di lui.
"Girodelle…" pronunciò André di rimando, spalancando gli occhi con la medesima sorpresa. 
"Cosa ci fate qui? Vi credevo ormai oltreoceano…" riprese il gentiluomo smontando da cavallo e avvicinandosi a lui con un sorriso gioviale, che tuttavia si spense rapidamente quando notò che superata la sorpresa, i tratti del viso di André si erano fatti tesi e gli occhi cupi, così come la voce, quando senza preamboli, lo informò di essere alla ricerca di Oscar, ormai sparita da molte ore. 
"Sparita…" ripeté Victor sconcertato. 
"È uscita stamattina e doveva rientrare entro un paio d'ore ma… non è più tornata. L'ho cercata ovunque… oramai non so più che pensare, temo che le sia accaduto qualcosa o che magari gli uomini di suo padre possano averci trovato e… " 
"Non credo che quest'ultima ipotesi sia possibile…" lo interruppe bruscamente Victor "So con ragionevole certezza che il Generale non ha mai dato l'ordine di seguirvi per riportare Oscar a Parigi o altro e comunque, se anche lo avesse fatto, oramai i suoi uomini non avrebbero più motivo di eseguire una tale disposizione… " 
André aggrottò la fronte e strinse gli occhi in una muta domanda a cui Victor esitò per un attimo prima di rispondere. 
"Il Generale… non è più tra noi". 
"Cosa?" 
"È morto Grandier… poche settimane fa." 
Una sensazione di profonda amarezza, un vuoto cupo, intenso, colpì André con una forza inaspettata, pervadendo in un momento ogni fibra del suo essere. 
Da che bambino era rimasto orfano, Augustin de Jarjayes era stato la figura più vicina a un padre che avesse avuto. Se non aveva dovuto subire le nefaste conseguenze di una ben triste infanzia trascorsa in uno dei tanti orfanotrofi della capitale, subissato da maltrattamenti, fiaccato dalla malnutrizione e da tutte quelle malattie che decimavano gli sfortunati ospiti degli ospizi di Parigi, lo doveva al Generale. Quell'uomo non soltanto gli aveva messo sulla testa un tetto molto più che decente, ma gli aveva anche dato la possibilità di un'infanzia tranquilla e tutto sommato spensierata, oltre che straordinariamente proficua. Il Generale gli aveva offerto sicurezza ed educazione e con quest'ultima i mezzi che gli avrebbero permesso di elevarsi e avere una vita degna e libera dalle fatiche del lavoro corporale e dello sfruttamento, cui certamente la sua condizione di orfano lo avrebbe condannato. Una vita di cui avrebbe potuto essere pienamente padrone se solo avesse voluto… se solo… non fosse cresciuto con lei.
Nelle intenzioni di Augustin de Jarjayes, André avrebbe dovuto accompagnare sua figlia all'età adulta, fungendo da compagno di giochi e studio, ma soprattutto ponendosi come un modello maschile di riferimento, un giovane uomo con cui confrontarsi e dal quale apprendere quei comportamenti e quei modi di fare tipici di un ragazzo. Gli aveva chiesto di essere per Oscar lo specchio della realtà riflessa dagli occhi di un uomo, e invece era accaduto che lo sguardo di quella giovane tanto speciale aveva frantumato lo specchio, riducendo la realtà a una miriade di frammenti che riflettevano le mille sfaccettature della sua anima. In ognuno di essi egli aveva finito per perdersi alla ricerca di uno spazio in cui tutto poteva accadere. 
E infine in quello spazio impossibile lui ed Oscar si erano ritrovati; ed amati, e tutto il resto era passato in secondo piano, compresa la sua devozione all'uomo che lo aveva accolto e la possibilità di vivere una vita diversa da quella che aveva avuto scegliendo di restarle affianco come suo attendente, con buona pace di ogni altra aspirazione o velleità che avesse potuto avere. 
Ma mentre legare la sua vita a quella di Oscar era stato qualcosa che aveva percepito come naturale e per cui non si era dovuto forzare neanche per un momento, diverso era stato per la lealtà che sentiva di dovere al Generale. 
Essere fedele al padre e amarne la figlia, così come lui la amava, in quel mondo era un binomio impossibile e non potendo rinunciare a quell'amore che gli scorreva nel sangue come un torrente in piena, aveva deciso di sacrificare la lealtà all'amore, immolando la sua coscienza sull'altare di quel silenzio che è fratello della menzogna, soffocandola ogni qualvolta il Generale gli aveva raccomandato di tenere d'occhio sua figlia, di starle accanto mitigandone l'irruenza, di essere attento, fedele, discreto come un'ombra, ma come un'ombra, ovviamente, relegato ad un mondo che per quanto vicino distava infinitamente da quello di Oscar e che mai e poi mai avrebbe dovuto veramente incontrare. 
Era anche per questo che la sua morte lo rattristava ancor più profondamente, in fondo a se stesso aveva sperato che un giorno, nonostante tutto, il Generale potesse capire, comprendere che lui non aveva mai voluto tradire di proposito la sua fiducia e che ciò che era sbocciato tra lui e Oscar non era stato cercato, ma era nato spontaneo come un fiore su una roccia. Aveva sperato che un giorno capisse, seppure senza accettarlo, che il loro era un amore profondo, sincero, unico; un sentimento che aveva camminato a lungo in silenzio prima di gridare, oppresso da quelle differenze sociali che per quanto pesanti non erano riuscite a soffocarlo e che alla lunga avevano finito col rivelarsi per ciò che erano: una gabbia con la pretesa di intrappolare il vento. 
Ora quella possibilità, seppur vaga, era svanita ed egli sempre si sarebbe portato nel cuore il rimpianto per non essere riuscito a far capire all'uomo cui doveva tutto che il suo bene più prezioso, quella figlia che aveva voluto impavida, fiera, forte e limpida come acqua, era con colui che aveva liberarmene scelto di amare, lo stesso uomo cui anni addietro egli stesso l'aveva affidata nella consapevolezza che l'avrebbe custodita come il più prezioso dei tesori. 
Dolorosa come un coltello affondato nel petto sentì l'angoscia attanagliargli il cuore. Il pensiero di aver perso Oscar ed esser venuto meno alla fiducia del Generale, mancando all'unica, muta promessa, che davvero contasse, gli provocò un groppo alla gola che faticò ad ingoiare. 
"Come è accaduto?" riuscì solo a chiedere.
"In duello" rispose Victor "ma è una storia lunga. Per ora vi basti sapere che è stata la lama di Grammont a porre fine ai suoi giorni, e che la vita del Generale è solo una delle molte che quell'uomo ha indegnamente preso".
Nel dargli quell'informazione, nella voce di Victor vibrò un disprezzo così veemente che André ne rimase sconcertato. Di Grammont fino a quel momento aveva avuto tutt'altra visione. Lo aveva conosciuto come una persona degna, che in circostanze difficili si era dimostrata amica, liberandolo prima dalla prigionia e poi aiutando lui e Oscar nella fuga, il tutto senza badare alla possibilità di compromettere la sua delicata posizione in seno alla famiglia Jarjayes. Quello che Girodelle gli aveva appena rivelato cozzava, quindi, fortemente con l'idea che si era fatto dell'ultimogenito del Generale, che gli era sembrato avesse non solo le caratteristiche fisiche, ma anche quelle morali dei Jarjayes. 
"Non immagino i motivi che possono aver incrinato i rapporti tra Grammont e il Generale… il legame che li accomunava era indubbiamente delicato e credo soggetto a un fragile equilibrio, quindi non mi sorprende che possano aver deciso di risolvere una questione, probabilmente d'onore, in un duello che si è rivelato malauguratamente tragico, ciò che mi sorprende è sentir descrivere un assassino…" osservò incredulo. 
"Un pendaglio da forca…" puntualizzò Victor con fermezza "e della peggior specie. Le mani di Grammont sono lorde di sangue e vi garantisco che è stato versato in maniera tutt'altro che onorevole… È da tempo che la Marina Reale gli dà la caccia…" 
"La Marina Reale? " 
Victor annuì.
"L'onorevole conte di Grammont si è rivelato essere un pirata, un bucaniere[1] per l'esattezza.  Per quanto ne so, la sua nave potrebbe essere ancorata qui, da qualche parte agli Chartrons o comunque lungo la Garonna…" 
Il lampo di un'intuizione passò rapido negli occhi di André, animandone il viso e spazzando via ogni altro pensiero. 
"Oscar!" esclamò repentinamente "Se quel che dite è vero, potrebbe essere lui il motivo per cui è sparita. Doveva andare agli Chartrons per discutere con il capitano di un mercantile un passaggio verso le Antille, ma se avesse incontrato Grammont? Lui potrebbe…" 
"Dannazione! Sì! Potrebbe essere come dite!" 
"Avete idea di dove possa essere? Se siete qui, immagino sia perché siate sulle sue tracce… " 
"Esattamente" gli confermò Victor. "Quando ha ucciso il Generale e la verità sul suo conto è venuta a galla, per impedirmi di smascherarlo e ottenere il mio silenzio, ha usato come arma di ricatto alcune lettere in suo possesso che coinvolgono la mia famiglia, una faccenda delicata… Fatto sta che so precisamente dove sia, perché sono qui per incontrarlo… " 
"Dove ?" 
"In un posto chiamato Le Pen Duick".
"Vengo con voi!" 
"Non credo sia una buona idea, se davvero Grammont ha Oscar, vedervi non farebbe altro che peggiorare la situazione, capirebbe che sappiamo e non avremmo più alcun vantaggio, se invece…" 
"Ho detto che vengo con voi, non se ne discute!" tagliò corto André "Ho bisogno della certezza che Oscar sia incolume e solo guardandolo negli occhi potrò averla, diversamente non avrete alcun motivo di preoccuparvi dei suoi ricatti né tanto meno di assicurarlo alla giustizia, perché vi garantisco che non uscirà vivo da quel posto… " 



In una stradina cupa e maleodorante dove una prostituta, afferrando un cliente per la camicia lo trascinava contro di sé in un anfratto buio, un'insegna di legno con sopra dipinto un uccello dalla testa nera indicò a Victor e André di aver trovato il luogo che cercavano. 
Non senza difficoltà Victor riuscì a convincere André ad attenderlo fuori, garantendogli che in breve tempo sarebbe tornato con le informazioni che bramava. 
Varcata la soglia, si ritrovò in un locale dal basso soffitto a botte; un massiccio candelabro di ferro rotondo pendeva al centro della sala e con poche altre candele sparse qua e là e infilate in vecchie bottiglie ricoperte di cera, illuminava fiocamente pareti che avevano visto tempi migliori. C'era odore di vino e il posto risuonava di voci e risate provenienti da una clientela tutt'altro che tranquilla. Per un momento si fermò a osservare la gente seduta ai tavoli in cerca del suo uomo. Un rumoroso gruppo di gente di vario tipo giocava a dadi, un altro stonava canzonacce in compagnia di donne vistose e discinte che ridevano senza ritegno, alcuni discutevano animatamente, altri se ne stavano soli ad affogare il mondo nel fondo del bicchiere che avevano innanzi, ma di Grammont neanche l'ombra. Si avviò dunque verso il bancone dall'altro lato della sala, per capire se l'oste potesse essergli d'aiuto, ma non arrivò al centro della stanza che un vecchio seduto a un tavolo si alzò e lo raggiunse. Senza parlare, gli indicò con un cenno della testa una rientranza nella parete, che in fondo al locale formava un angolo appartato e abbastanza ampio da poter accogliere un tavolo che offrisse l'intimità necessaria a chi non volesse essere disturbato. 
Lì, ad attenderlo, con due uomini armati fino ai denti alle spalle ed uno al suo fianco, sedeva serafica Aurore de Grammont. 
La sorpresa nel trovarsi innanzi la giovane contessa lo spiazzò. Per un lungo momento rimase a fissarla senza parole, mentre lei, avvolta in un lungo soprabito scuro che ne celava la figura sottile, si alzava e con lo stesso sorriso educato che gli avrebbe rivolto ricevendolo nel salotto della sua casa di Parigi, lo invitò ad accomodarsi. 
"Madame…" mormorò imbarazzato Victor, non riuscendo a evitare di inchinarsi leggermente in cenno di saluto. 
"Colonnello, che piacere rivedervi… anche se in circostanze tanto particolari" rispose lei con lo stesso imbarazzo, mentre abbassando lo sguardo tornava a sedersi. 
"Devo ammettere che sono piuttosto sorpreso, non era certo voi che mi aspettavo d’incontrare".
 "Oh sì… immagino, ma mio marito ha avuto un… contrattempo… e…"
"Un contrattempo…" ripeté Victor sarcastico "Aurore, non è necessario che ne giustifichiate la vigliaccheria" aggiunse distogliendo gli occhi dal viso della fanciulla e facendo vagare uno sguardo tagliente sui tizi alle sue spalle "perché cos'è, se non un vigliacco, un individuo che manda la moglie ad eseguire le sue vili manovre…" concluse fissando l'uomo seduto accanto a lei. 
Per nulla turbato dalle parole riservate al suo Capitano, colui che Victor aveva riconosciuto come lo stesso uomo che aveva fatto da secondo a Jean nel duello con il Generale, si lasciò andare contro lo schienale della sua sedia, mentre accavallando le gambe con disinvoltura gli rivolgeva un sorriso beffardo "È un piacere anche per me rivedervi, Colonnello… sbaglio o dovevate venire solo?" 
Per un attimo Girodelle rimase disorientato, ma ben presto si riprese considerando che fosse abbastanza ovvio che qualche scagnozzo di Grammont fosse appostato fuori dalla locanda, probabilmente quel tipo avvinghiato alla prostituta nel vicolo. 
"E lo sono d'Arvieux" rispose prontamente, recuperando dalla memoria il nome dell'uomo "Colui che mi attende fuori è semplicemente il mio palafreniere…" spiegò brevemente, valutando che difficilmente André potesse essere stato riconosciuto in quella strada buia, avvolto com'era nel mantello. 
"Come state?" domandò quindi con tenerezza, tornando a rivolgere la sua attenzione ad Aurore, che se ne stava seduta con la schiena rigida e lo sguardo basso sulle mani serrate in grembo, in una condizione di evidente disagio che palesava più di mille parole, quanto la sua presenza in quel luogo dovesse essere una costrizione, così come ogni momento che doveva trascorrere al fianco di suo marito. 
La ragazza alzò lo sguardo puntando sul viso di Victor due occhi profondi e limpidi che, per quanto si sforzasse, non riuscivano a celare l'inquietudine che l'agitava. Sorrise mestamente e socchiuse le labbra per rispondere, ma prima che potesse proferir parola, d'Arvieux rispose per lei. 
"Madame sta benissimo e ha fretta di ritornare da suo marito, direi quindi di chiudere con i convenevoli e venire al dunque" disse infilando la mano nella tasca interna della giacca ed estraendo un pacchetto di lettere strette da un nastro.  Per un momento lo sollevò mostrandolo a Girodelle, quindi tirò fuori con lentezza una lettera apparentemente a caso e la mise sul tavolo innanzi ad Aurore "Prego madame…" la esortò con un cenno della mano per poi riporre nuovamente le altre nella giacca. 
Aurore prese la lettera, chiuse gli occhi per un momento come per farsi coraggio e quindi la porse a Victor. 
"Questa è un gesto di buona volontà" esordì con voce atona "le altre le riceverete quando mio marito avrà ottenuto dal Re una Lettera di Corsa e con essa il riconoscimento del valore delle sue azioni a supporto della Marina Reale e a salvaguardia dei commerci e dei sudditi di Francia nei pericolosi mari caraibici".
Un'espressione di stupore mista a ira si dipinse sul volto di Victor. Quel nuovo assurdo ricatto era l'ennesima dimostrazione di quanto Jean de Grammont non avesse onore né limiti e di come la sua morte fosse l'unico modo possibile per chiudere quella faccenda. Ma mandando Aurore, Grammont gli aveva precluso quella possibilità e avrebbe continuato a tenerlo in pugno fino a che non avesse ottenuto la sicurezza dell'impunità per i suoi crimini. 
"Non era questo l'accordo!" sbottò con rabbia, alzandosi di scatto e colpendo il tavolo con i pugni mentre rivolgeva uno sguardo di fuoco a d'Arvieux.
"Calmatevi Colonnello" rispose freddamente questi "Ricordate che non siete nella posizione di poter dettare condizioni, quindi sedete e lasciate che la mia Signora continui. La state spaventando e non è un comportamento da gentiluomini, mi pare… " concluse in tono ilare. 
Victor volse lo sguardo ad Aurore, che li fissava pallida e atterrita. 
Si sentì in trappola. 
Serrò la mascella e inalando profondamente nello sforzo di contenere la collera che gli bolliva nel petto, tornò a sedere. 
"Scusatemi Aurore. Non era mia intenzione… " 
La giovane scosse la testa accennando un sorriso triste. Avrebbe voluto poter far qualcosa per evitare a Victor di subire l'odioso morso di Jean, ma prigioniera com'era della volontà di suo marito, non poteva nulla se non dimostrargli la sua empatia e il suo affetto. Si sporse quindi sul tavolo, e allungando entrambe le braccia posò le sue piccole mani delicate sui pugni ancora serrati di Victor. Per un attimo si fissarono negli occhi e lo sguardo di lei era così pieno di sincero calore e allo stesso tempo di tristezza che l'ufficiale ne fu turbato, realizzando in quell'istante che non poteva lasciarla al triste destino che l'attendeva nelle mani del marito. 
Un breve colpo di tosse di d'Arvieux bastò a ricordare ad Aurore quali fossero il suo ruolo e il suo posto, pertanto ella si allontanò tornando a sedere con la schiena dritta e le mani serrate in grembo. 
"Avete due mesi di tempo" riprese, recitando senza espressione alcuna, parole non sue "Vi ricordo che l'onore e il nome della vostra famiglia dipendono dall'esito di questa richiesta, vi suggerisco quindi di perorare il massimo impegno per il suo successo. Quanto al duello col Generale, farete in modo che le vere motivazioni che lo hanno causato vengano alla luce e che il suo sfortunato esito passi per quel che è effettivamente stato: un increscioso e non voluto incidente, il cui rimpianto il mio Signore si porterà tristemente nel cuore per il resto dei suoi giorni". 
Victor rimase per qualche istante in silenzio. Non voleva cedere al ricatto, ma sapeva di non avere molta scelta, la sua unica possibilità era guadagnare tempo. Era necessario per capire come muoversi, ma anche per cercare il modo per liberare Aurore… e poi prima di dare qualsiasi risposta aveva ancora una cosa fondamentale da sapere…
"Dov'è Oscar?" 
La voce alle sue spalle sembrava avergli letto nel pensiero, e pur sapendo perfettamente a chi appartenesse Victor si voltò. 
André era emerso dal tramezzo che isolava il tavolo. Aveva lo sguardo duro, deciso e tutta l'intenzione di avere una risposta immediata a una domanda precisa. Aveva dato fin troppo tempo a Girodelle e non intendeva attendere oltre per sapere quell'unica cosa che gli interessava. 
"È il tizio che abbiamo liberato a Parigi" osservò uno degli sgherri riconoscendolo e informando il suo capo, che non avendo partecipato all'azione lo vedeva allora per la prima volta.
Realizzando repentinamente le implicazioni della presenza di André in quella stanza, d'Arvieux scattò in piedi cercando con le dita l'elsa della spada.
"André, vi prego… " intervenne Victor alzandosi a sua volta e posandogli una mano sulla spalla nel tentativo di invitarlo alla calma. 
"Non preoccupatevi Girodelle, ho fatto solo una semplice domanda…" rispose lui con freddezza allontanandogli la mano, senza distogliere lo sguardo dagli occhi di d'Arvieux. 
"Non so di cosa parlate…" ribatté l'altro sprezzante. 
La tensione si fece palpabile. Aurore si portò una mano al cuore: avrebbe voluto rispondere lei ad André, assicurargli che la sua Oscar stava bene e che nessuno le avrebbe fatto del male, ma non sapeva quanto potesse essere vero e soprattutto le mancava il coraggio di parlare e disobbedire agli  ordini di Jean, che era stato più che chiaro su come non dovesse fare cenno a nessuno della loro preziosa ospite. 
Ma il silenzio non la salvò. 
"E voi madame? Lo sapete?" le domandò André pensando bene di andare dritto all'anello debole della catena, ricevendo in cambio uno sguardo di rammarico più eloquente di qualsiasi ammissione. 
D'Arvieux scosse la testa con un mezzo sorriso stampato sulle labbra. "Considerando che ci dovete la vita, il vostro atteggiamento è quanto meno da ingrato. In tutta onestà non meritereste risposta, ma fortunatamente per voi sono un uomo di buon cuore e voi così evidentemente preoccupato… Ebbene, sappiate che la vostra amica, nonché sorella carissima del nostro Capitano, è gradita ospite a bordo della Misericordia e tale rimarrà fino a che le sue richieste non verranno completamente soddisfatte". 
Il tono tranquillo e l'espressione pacata da gentiluomo svanirono nel pronunciare l'ultima frase, lasciando spazio a una durezza minacciosa e a un ghigno sprezzante che rivelavano appieno la vera natura di d'Arvieux . 
"Se le torcete anche un solo capello vi ammazzo tutti con le mie mani!" minacciò André rabbioso, muovendo un passo in avanti.
"State calmo André!” esclamò Victor, sbarrandogli la strada e afferrandolo per un braccio “Non siamo in condizione di fare minacce!" gli sussurrò quindi in un orecchio, invitandolo a riflettere e frapponendosi più fermamente tra lui e d'Arvieux, che intanto era avanzato a sua volta e lo fronteggiava a pochi passi di distanza. 
"Volete sapere qual è la cosa divertente di tutta questa storia?" lo provocò ancora quest’ultimo, ridendo di gusto "È stata lei a venire da noi! Pensate, voleva un passaggio per le Antille e quando le abbiamo detto che non era possibile ha insistito! Vi giuro che abbiamo provato a mandarla via ma non ne voleva sapere! Poco c'è mancato che Simon la prendesse a calci nel culo! Poi è arrivato il capitano e abbiamo scoperto che era la sorella! Ovviamente non poteva certo rifiutarle un passaggio! E che cazzo, è un gentiluomo lui!" esclamò scoppiando in una risata ancora più fragorosa, accompagnato dai suoi uomini. 
"Adesso basta, d'Arvieux! Vi prego di contenervi!" intervenne Aurore esasperata, alzandosi di scatto e portandosi innanzi a lui. 
"Scusatemi madame, avete ragione, mi sono lasciato andare" rispose costui ricomponendosi "È che volevo chiarire che non siamo andati noi a cercarla, ma si è trattato di una fortuita manna dal cielo" spiegò tornando a rivolgersi ad André "Converrete che sarebbe stato da stupidi non cogliere un tale imprevisto incentivo per il vostro nobile amico… La nostra dolce Signora ci sarebbe arrivata, ma ringraziando Dio l'avete tolta dall'imbarazzo…"
"Siete dei bastardi figli di puttana…" ringhiò Victor. 
D'Arvieux, indifferente all'offesa, inarcò appena la fronte. "Credo non ci sia altro da dire, a parte che come avrete intuito i legami di sangue non sono propriamente sacri per Le Requin, vi conviene quindi muovervi a fare quello che dovete. Avete sessanta giorni e non è poco, il nostro Capitano è stato sin troppo magnanimo. A tempo debito saremo noi a contattarvi" concluse, mentre con un cenno della testa ordinava ai due sgherri di farsi vicini ad Aurore per lasciare la locanda. 
"Mi dispiace…" mormorò la ragazza tirando su il cappuccio "non avrei mai volu…" 
Un improvviso clamore di voci alterate proveniente dalla sala coprì le sue parole; due uomini si stavano scambiando accuse e insulti, qualcosa era andato storto a un tavolo da gioco. In un attimo fu il caos. Urla, vetri rotti, pugni e calci che volavano ovunque: la taverna si trasformò in una bolgia. Poco distante dal punto in cui si trovavano un tale ruppe un boccale di birra sulla testa di un altro. 
Rendendosi conto che la situazione stava pericolosamente degenerando, d'Arvieux ordinò ai suoi uomini di farsi più da presso ad Aurore, ma nello stesso momento il compare di quello colpito caricò l'aggressore come un toro e lo colpì con tale violenza che questi volò all'indietro, schiantandosi sul tavolo in mezzo a loro e rovesciandolo. Approfittando del momento André afferrò per un braccio Aurore, che si era trovata separata dai suoi guardiani e con un gesto rapidissimo, la trasse alle sue spalle per poi indietreggiare nella confusione della locanda. 
"Portatela via!" gridò a Victor mentre d'Arvieux, ripresosi dalla sorpresa, con i suoi tirapiedi si faceva largo verso di loro a suon di pugni. Victor estrasse la spada e così fece anche André.
"Fate attenzione" gli raccomandò accorato prima di sparire tra la folla in direzione della porta.
André non rispose limitandosi a impugnare saldamente l'arma, ma l'intensità del suo sguardo carico di rabbia, fisso sugli uomini che avevano preso Oscar, annunciava che coinvolgerli in quella dannata storia era stata la peggiore delle idee… 
 
 
Non fu facile affrontare gli sgherri di Grammont, ma la collera che covava in corpo fu per André un valido aiuto. Attaccò i suoi avversari con tutta la forza dell'odio, lanciandosi contro di loro come un ariete, schivando i loro colpi mentre la lama della sua spada li incalzava senza sosta con una serie di rapidi fendenti. Tuttavia, per quanto inizialmente riuscì a tenergli testa, quello scontro impari, che anche al meglio delle sue possibilità sarebbe risultato arduo, finì col rivelarsi insostenibile. Le sue precarie condizioni di salute ben presto gli fecero accusare la stanchezza, rallentandolo e offuscandogli i riflessi, tanto che solo per miracolo alcuni colpi dei suoi avversari non andarono a segno. Nonostante la fortuna fosse dalla sua, non poté dunque tener banco a lungo e ormai fiaccato finì col commettere un errore fatale, ritrovandosi a terra, disarmato, sovrastato da d'Arvieux e circondato dagli altri. Riverso e inerme André fissò il viso soddisfatto di d’Arvieux, lo guardò asciugarsi con deliberata lentezza il sudore dalla fronte col dorso della mano destra, per poi rivolgergli un sorriso di scherno quando uno dei suoi, in segno di disprezzo, sputò a terra a un pelo dal suo viso mormorando un pesante insulto. Continuò a fissarlo mentre sollevava il braccio sopra la testa, teso e con la lama ben stretta in pugno, pronto a sferrare il colpo finale. In quell'attimo realizzò che stava per morire, ma pochi istanti prima che la spada si abbattesse sul suo petto, ebbe la prontezza di pronunciare le uniche parole in grado di salvarlo.
“Senza Aurore De Grammont mi seguirete presto all’inferno!" sbottò richiamando alla gola il poco fiato che gli rimaneva.
Neanche lo sguardo di Medusa avrebbe potuto pietrificare tanto rapidamente la mano del suo quasi assassino. D'Arvieux si bloccò di colpo arrestando la lama a un soffio dal petto di Andrè, rendendosi improvvisamente conto che la misera vita di quell'uomo non sarebbe bastata a salvare la sua, quando si sarebbe presentato a bordo della Misericordia senza la preziosa moglie di Le Requin ne alcunché per trovarla.
Quel maledetto gli aveva fatto perdere troppo  tempo. Victor de Girodelle e la ragazza ormai erano svaniti. Cercarli alla locanda dove il Colonnello alloggiava sarebbe stato inutile, solo uno stolto sarebbe tornato lì e Girodelle di certo non lo era, inoltre considerando i mezzi di cui disponeva, non avrebbe certo avuto problemi a pagare un nascondiglio sicuro per il tempo necessario a sparire. Una volta a Parigi poi, la situazione si sarebbe ulteriormente complicata… A quel punto, l'unica possibilità che aveva per sapere qualcosa e sperare di uscire vivo da quella situazione era quell'uomo.
"Alzatevi" sibilò abbassando la spada.
"Ma come? Volete risparmiare questo bastardo?!" domandò uno dei gaglioffi con un’espressione così incredula e al tempo stesso delusa, da ricordare un bambino a cui fosse stato portato via un giocattolo appena ricevuto.
"Stai zitto, idiota!" 
Fu il turno di André di sorridere compiaciuto fissando il volto tirato di d'Arvieux, prima di togliersi la soddisfazione di sputare il proprio disprezzo ai piedi dell'uomo che poco prima lo aveva dato per morto.
"Fatemi strada" disse quindi con calma "Sono ansioso di incontrare il famigerato Le Requin…"
D'Arvieux scosse la testa. "Non so se siete più pazzo o più idiota per essere tanto felice di mettere la testa nella bocca di uno squalo" disse senza trattenere un ghigno divertito.
André non rispose, non doveva certo spiegare a lui, né a nessun altro, che sarebbe sceso anche all'inferno se fosse stato necessario per riavere Oscar.
 
 
 
[1]I filibustieri erano i pirati dei Caraibi e delle coste dell'America, i bucanieri erano invece pirati, per lo più francesi, che intorno al 1600 si stabilirono nell'isola di Hispaniola, l'attuale Haiti, e Santo Domingo.
 
   
 
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