L’ultima prova
Yozora si sentì stringere il cuore: da quando era divenuto il suo custode, il cavaliere alato l’aveva protetta e assecondata nonostante il parere avverso, pagandolo a caro prezzo. Scorgere in lui tanta frustrazione, la spronò a non ignorare l’accusa.
«È per rispetto.»
«Lasciate, non capireste» Valka si appoggiò al palo che ancorava il soppalco «Siete straniera, aristocratica e promessa al mio principe, è un detestabile fallo credere di contare qualcosa per una donna come voi.»
«I miei natali e il mio matrimonio non mi impediscono di ritenervi amico.»
«Amico? Parliamo lingue diverse! Continuate a fissare il soffitto a vostro comodo, sono abituato alle bizze femminili!»
Yozora si indispettì ma comprese che vincere il disagio era la condizione necessaria per capire ciò che lo amareggiava, portandolo ad adottare quelle maniere brusche. I Khai comunicavano con il corpo e con i sensi, negare il confronto su quel piano era come turarsi le orecchie o sminuire le loro emozioni.
E va bene!
Si voltò facendo crepitare la paglia. I solidi propositi s’infransero negli occhi rubino che la scrutavano, sui capelli che sfioravano le spalle aitanti, sul fisico perfetto, sui tatuaggi bruni che lo fregiavano accentuandone la mascolinità.
Un guerriero non si spoglia al cospetto di una principessa reale. Mi sta provocando o è il segno della fiducia verso cui abbiamo indirizzato il rapporto?
«S-siete soddisfatto?»
«E voi?» le labbra di lui accennarono un sorriso.
«Volete sentirvi dire che siete attraente?»
«Di pareri oggettivi ne ho uditi a sufficienza.»
«Non vi seguo Valka, dove siete diretto? Vi stimo, vi sono riconoscente e mi detesto per avervi messo nei guai. Giuro che Mahati non mieterà la vostra vita senza prima avere la mia. Perciò ditemi che vi prende, dacché vi oltraggerei supponendo che non vogliate morire!»
Lui scosse la testa, l’espressione incupita di chi non viene ascoltato.
«Sapete perché vi ho appoggiata? Dalla vostra confusione deduco non ne abbiate idea. Mi è stato ordinato di farvi da guardia del corpo con l’intento di gettarmi nel disonore e di separarmi dalla donna che mi è preziosa. La decisione è venuta dal suo clan, perché nelle gerarchie di Mardan non sono abbastanza in alto. Al contempo l’hanno promessa a un altro, non mi è stato concesso di combattere in nome di Belker per accrescere la fama e chiederla in sposa! Me ne sarei fatto una ragione, se il distacco con cui ha accolto le disposizioni non mi avesse inflitto un tormento insopportabile, vi assicuro che l’imperturbabilità demoniaca è un’altra faccenda! Non le importa nulla di me, ecco la realtà!»
Yozora lo contemplò a occhi sgranati.
«Poi vi ho incontrata, la prima a trattarmi con una gentilezza che mai sperimentata. Da pari, preoccupandovi per me come quando avete rubato il cibo, condividendo il vostro privato o le vostre incertezze, addirittura implorando il Šarkumaar di non punirmi, offrendovi come sostituta.»
«Voi…!»
«Mardan non serba i segreti. Avete accolto un animo in pezzi e lo avete accudito, così il motivo per cui il principe brama sposarvi ha smesso di apparirmi nebuloso e non solo. Che idiota, Valka, che idiota! Confondere un gioco erotico con ciò che davvero incatena due persone equivale a scambiare una candela per un faro! Voi mi avete conferito valore a prescindere dal rango e dal fatuo contorno attraverso cui vengo giudicato. Ho percepito il vostro affetto, assistervi è venuto da sé, avrei compiuto qualunque sciocchezza per vedervi felice. E poi… vi ho confrontata con la donna che rimpiango e la razionalità è fuggita lasciandomi nel limbo, a meditare su ciò che avete fatto sbocciare nel mio petto. La vergogna di scoprirvi il proibito non è riuscita a bruciare quel germoglio e ora, quando avete rifiutato di guardarmi, il vuoto mi ha attanagliato. Sono un Khai anomalo, lo avete compreso, tuttavia nelle mie vene scorre sangue daamakha e mostrarmi in questo stato è il fondo della degradazione!»
Piombò sulle ginocchia in un fremere di rabbia e dolore, la testa tra le mani.
«Non sforzatevi così!» Yozora gli si approssimò in ansia «State… tremando.»
Gli appoggiò il mantello sulle spalle, posandogli le dita sul braccio sano.
«Ho perso i miei riferimenti, il mio credo» sussurrò lui «Sarebbe meglio se morissi. Non preoccupatevi di giustificarmi con il Kharnot, anzi datemi tutta la colpa.»
Yozora si ribellò all’idea.
«Etarmah!»
La trivialità del termine ottenne l’effetto sperato: il reikan la guardò sconcertato.
«Anche se pronuncio una volgarità non smetto di essere una principessa» arrossì lei «Voi restate un guerriero nonostante il momento di crisi.»
«Questo malessere è ahaki, uccide senza mercede. Anticiparlo è l’unico riscatto.»
«No! Non voglio perdervi! Ve lo proibisco!»
Valka le afferrò la mano e se la pose sul cuore, un sorriso triste sulle labbra.
«Mi prendereste in carico come Mirai? Siete convinta che tutti meritino la felicità?»
«Sì!»
«Questo sono io a proibirvelo, però vi ringrazio» disse baciandole le dita «Aiutatemi a capire che mi succede, voi intendete l’intensità dei sentimenti e non li disprezzate.»
Yozora si allarmò, lo sconcerto divenne panico. Provò a liberarsi dalla presa.
«Non pretendo di conoscere i termini giusti.»
«Khai e Salki sono inconciliabili sul sentire, inutile mutare i concetti in parole.»
«Allora come?»
«Unitevi a me, Yozora.»
«C-cosa? Mi state spaventando!»
«Se lo traducessi con “voglio fare l’amore”, la paura se ne andrebbe?»
«Non è divertente! Lasciatemi subito!»
Valka la sdraiò nella paglia con estrema facilità, il suo sguardo intenso la congelò.
«Mai stato tanto serio. È perché non vi piaccio?»
«Il fascino non conta! Non sono innamorata di voi e non tradirei mai Mahati!»
«Non siete sposata. Non sarebbe adulterio e da me non lo saprà di certo.»
Yozora avvertiva il calore delle sue membra, la carezza del suo respiro sulla pelle: per paradosso non appariva aggressivo, sebbene la stesse sovrastando. Quando si chinò per baciarla e le ciocche rosse le sfiorarono il viso, l’istinto scattò a risvegliarla da quella sorta di malia.
Il ceffone lo colse in pieno viso. Valka spalancò gli occhi esterrefatto e si raddrizzò in tempo per vederla protendersi frenetica verso la spada corta.
«Non osate! Giuro che ve la pianto nel cuore!»
Lui incrociò le braccia, un sorriso furbo ad addolcirgli i lineamenti.
«Innanzitutto dovreste sfoderare, impugnare nel modo corretto e sapere che vanto almeno dieci mosse per disarmarvi. Tuttavia non lo farò, procedete pure.»
«Lo dite per distrarmi!»
«Niente affatto. Sarebbe un modo per soddisfare il mio primo desiderio, al secondo avete già risposto di no.»
Yozora aggrottò la fronte e osservò il suo corpo, privo della feroce carica erotica che in un Khai accompagnava l’accoppiamento. Anche lo sguardo era calmo, addirittura malinconico. Abbassò l’arma con cautela.
«L’avete fatto apposta?»
Valka alzò le spalle e iniziò a rivestirsi.
«Non siete un’assassina, neppure per legittima difesa, come io non sono un bruto.»
Lei esitò.
Non lo conosco a fondo, ma un comportamento del genere non gli si addice. Un demone non si farebbe trafiggere da una shitai e non parlerebbe d’amore con simile scioltezza. Soprattutto non rinuncerebbe alla preda, magari non userebbe la violenza bensì il veleno…
«Siete la mia quarta asheat?»
«Non so di che parlate.»
«La menzogna infrange le leggi di Belker.»
Il reikan si sforzò di rindossare la camicia e un guizzo di dolore gli balenò sul volto. La principessa lo fermò e prese a tamponargli la ferita.
«Avete cambiato idea?» la pizzicò lui.
«Smettetela. In quale momento della giornata non avete recitato?»
«Potrei inventare nuove bugie.»
«Provateci mentre vi stringo le bende, se lo ritenete stimolante.»
Valka inalò l’aria e si rilassò, appoggiando la schiena al covone di paglia.
«Ho mescolato realtà e finzione» ammise «Però che mi piacete è vero.»
«Non come scaldaletto. Non c’è bisogno che confermiate, l’ho capito da sola.»
«Avete superato la prova e convolerete a nozze, non siete contenta?» rise lui.
«No. Attualmente qualcuna sta tentando Mahati e, per quanto nutra fiducia, la cosa mi urta. Inoltre avete esaurito il compito, tornerete nell’Irravin e non vi rivedrò.»
«Un cruccio inutile. Il Šarkumaar non scambierà l’oro con il piombo.»
«Ah, e quale metallo mi assegnate?»
Il guerriero tornò a ridere, poi piantò gli occhi nei suoi.
«Per lui siete preziosa oltre ogni immaginazione.»
«Come lo sapete?»
«Da come vi guarda.»
Yozora si concentrò sulla fasciatura senza riuscire a riordinare la bufera di emozioni.
«Lei come si chiama?» gli domandò.
«Lei chi?»
«Esiste una donna che amate senza speranza, altrimenti non sareste in grado di leggere l’animo altrui.»
«Un Khai non…»
Valka non poté completare il mantra. Si passò le dita tra i capelli, le iridi rosso sangue si intrisero di immane sconforto.
«Siete un’arma non convenzionale. Riferirò all’Ojikumaar che gli hanran hanno la vittoria in pugno.»
«Non avete risposto.»
«Dasmi, figlia di Raslan e Taygeta.»
«Una ragazzina arrogante e viziata, se vi ignora.»
«Una vera Khai piuttosto. Gradisco però il tentativo di complimento.»
«È poco per ringraziarvi. Siete certo che non prediliga il suo promesso sposo?»
«Mi ci giocherei gli attributi.»
«Potrei intercedere a vostro favore, ma temo che gli accordi tra clan pesino più della richiesta di una prigioniera.»
«Sono contrario alle imposizioni, inoltre ahaki non è comandabile. Se divenisse mia moglie, comunque non lo ricambierebbe.»
Yozora annichilì: terminò la medicazione con un senso di urticante vergogna che la portò quasi alle lacrime.
«Ho detto qualcosa di sbagliato?» si interessò il demone.
«Al contrario, mi avete ricordato la lezione base. Siete ammirevole, Valka, pregherò il sommo Kalemi affinché conquistiate la felicità che meritate.»
«A cosa vi riferite?»
«Non è importante. Ora, se non vi è di peso, mi narrereste di voi?»
Il terzo sole era calato sul racconto del cavaliere alato, che aveva ceduto alle ferite assopendosi sul mucchio di fieno. Yozora meditò su quanto ascoltato, l’attenzione all’ondeggiare della lampada a olio.
È così che mi sento, il cuore vacilla, le certezze perdono nitidezza. Divino Kalemi, fate che non ceda!
Allungò la mano e smorzò la fiammella, imponendosi il riposo: la mente sgombra era essenziale per selezionare le risposte che Mahati avrebbe preteso e per garantire al suo custode una condanna meno severa.
Avvertendo il suo respiro regolare, Valka socchiuse le palpebre. La coprì con il mantello e si distese accanto a lei, infrangendo i limiti previsti dal rango e dal decoro.
È la prima volta che proteggo qualcuno a prescindere dagli ordini e opero una scelta sganciata da qualsiasi finalità, come individuo. Non desidero che lei mi ami, non che mi salvi, è sufficiente la bellezza della sua amicizia e vorrei che i Khai conoscessero la pace che essa può donare.
Tornare sul vissuto e condividerlo era stato illuminante, il percorso aveva riacquisito forma. Non avvertiva lo smarrimento provocato dal non riconoscersi e dall’angoscia di aver perduto il fine ultimo, persino il rifiuto di Dasmi aveva meno presa su di lui.
«L’avete respinta?»
Yozora gli aveva rivolto la domanda con evidente stupore.
«Un maschio khai che rifiuta l’amplesso e va in meditazione per non impazzire… sciocco, vero?»
«Iroya vi desiderava dal cuore, non sarebbe stata la costrizione che le sottomesse barattano con la sopravvivenza. Se penso ai vostri canoni, è strano.»
Valka aveva annuito spostandosi sul fianco.
«Mi sono interrogato sul mio agire: provo disgusto per gli hanran, ma il motivo del mio no giace altrove.»
«Vi sarebbe apparsa un’infedeltà nei riguardi di Dasmi?»
«Un furto in realtà. Se la mia dorei non si fosse dichiarata, l’avrei portata a letto, così avrebbe smesso il broncio. Invece, indossando i suoi stessi panni, ho compreso che le avrei rubato la speranza. È quanto resta a chi ha perduto la libertà, meglio soffrire per un rigetto istantaneo che crogiolarsi per sempre nell’illusione.»
«L’avete punita?»
Appoggiandosi sul gomito, si era levato a fissare il viso sconsolato della principessa.
«No. Come lo giudicate?»
«Considerazione verso chi vi ama. Non siete come Dasmi.»
«Sono peggiore. Se sapeste cos’ho preteso da Iroya, la stima con cui mi onorate si volatizzerebbe. Conscio dei suoi sentimenti, non sono tornato indietro. Obbedirà e guardarla negli occhi diverrà il castigo che merito.»
Yozora aveva tormentato gli steli secchi, lo sguardo sulla vampa della lampada.
«Talora siamo chiamati a forzare noi stessi per realizzare un bene superiore. Voglio credere che sia così.»
«Parlate di voi stessa?»
«Oh, io… stavo pensando a quel ribelle, Elefter. Vive come un fuorilegge e soffoca l’orgoglio demoniaco in nome dell’ideale che lo guida. Se ci fosse un altro modo, lo adotterebbe. Per voi non è lo stesso?»
Valka aveva riflettuto e si era trovato d’accordo. La possibilità era una, altrimenti non avrebbe mai richiesto a Iroya di immolarsi per lui.
«Sì, sebbene il raffronto con un traditore non mi alletti. Vi siete inclusa nel cerchio di chi sacrifica il proprio credo, è perché vi siete sostituita a vostra sorella?»
«Quella storia… n-no, non l’ho vissuta come un’auto costrizione e poi sono stata fortunata a incontrare Mahati.»
«La vostra espressione racconta un’altra verità, però lungi da me insistere. Tuttavia potete affidarvi a me prima di usare violenza a voi stessa.»
Gli occhi bruni della ragazza si erano riempiti di commozione e Valka aveva capito che lo stava già facendo: reggeva un peso gravoso, che però non avrebbe spartito.
E così siamo più simili di quanto credessi.
Mahati squadrò Rhenn attraverso i vapori aromatici della piscina, concentrandosi sul calice di vino che teneva in mano, il terzo da quando erano lì.
«Beh?» bofonchiò il primogenito «Non era abbastanza sensuale?»
«Niente da eccepire, conosci i miei gusti.»
«Ma non è bastato.»
«Tsk, ti secca che abbia superato l’ultima prova o cosa?»
Rhenn roteò il polso e fissò il mulinello generatosi nel liquido violaceo.
«Mi sarei atteso un’esitazione davanti all’ultima occasione con una procace guerriera khai.»
«Ho di meglio nel talamo.»
«Ti stancherai presto, parlo per esperienza»
«Io non sono te e comunque quanto resterò sposato? Cent’anni?»
«Meno, stimando l’esistenza media dei Salki» sogghignò il maggiore «Non ti facevo così cinico, considerando quanto tieni alla tua donna.»
Nello sguardo del secondogenito passò un’ombra di tristezza.
«I due lati possono convivere.»
«Etarmah» motteggiò Rhenn buttando giù l’alcolico in un sorso.
«Da quanto bevi, il compimento delle mie asheat per te è una sconfitta. Illogico, visto che da mesi mi assilli per le nozze»
«Brindo alla fine del divertimento, chissà quando ne capiterà altro.»
«Sono certo che te lo stai già procurando. Per esempio, non lasciarmi sventrare il bastardo che ha portato Yozora ai quartieri bassi e ha passato la notte con lei in una stalla, ti garantisce l’anelato spasso.»
«Rimostranza fuori luogo, fratellino. Sai come funziona la prova, Valka aveva carta bianca. Avrebbe potuto sbattersela sul tuo letto se lo avesse ritenuto risolutivo.»
«È quello che hai fatto tu?» lo istigò Mahati.
«No, ho preferito il tappeto dell’anticamera. Conoscendomi, ho ottimizzato i tempi e Rasalaje ha dovuto farsene una ragione: tre su quattro è un signor risultato.»
Il minore alzò gli occhi al cielo, masticando un’ingiuria alla faccia di bronzo con cui l’altro aveva spiattellato il dettaglio privato.
«Intendi non dare seguito al fatto che la scelta azzardata del reikan abbia messo in pericolo Yozora?»
«L’incontro con gli hanran è stato un imprevisto. Si è difeso bene, non vedo perché punirlo.»
«Tre graffi e qualche ammaccatura in uno scontro impari? Se la cosa non desta i tuoi sospetti, ti sei bevuto il cervello o hai un piano di riserva.»
«Non consideri la terza opzione» mormorò serafico l’erede al trono.
«Che Valka sia complice? Vuoi tenerlo d’occhio e aspettare un passo falso?»
«Ah, sbagliato. Mi deludi.»
«Falla finita, Rhenn! La mia pazienza è esaurita, sono qui perché non posso evitarti, dacché presiederai la cerimonia!»
Il primogenito rigirò una ciocca intorno al dito, fissando il proprio riflesso nell’acqua: il calore gli arrossava le guance e gli imperlava la fronte, l’ametista delle iridi pareva bruno al riverbero delle lampade. Rimase in contemplazione, come se avesse notato qualcosa di fondamentale, poi riempì di nuovo il bicchiere.
«Ti ho insegnato a osservare gli eventi da tutte le prospettive. Sei talmente acciecato dai sentimenti da non considerare la seconda protagonista della faccenda. È ciò che mi disturba.»
Mahati si sentì colto in fallo ma alzò le spalle, svalutando la pungente osservazione.
«Non dire sciocchezze! Yozora non sa combattere!»
«La sua lingua taglia come le nostre lame. È lei che ha persuaso i traditori a lasciarli in pace.»
«Idiozie! L’ultima volta l’hanno quasi catturata, cosa ci sarebbe di diverso?!»
«Che ha promesso di perorare con te la loro causa» sentenziò Rhenn trionfante.
Il Šarkumaar rimase di sasso, gli occhi sbarrati a vagliare l’assurdità della rivelazione.
«Questo è…»
«È da lei, concordo.»
«Stavo per dire un affronto! Sono dei sempliciotti se le hanno creduto!»
«Yozora deve ancora essere presentata ufficialmente, ma è tua moglie, per giunta andate d’accordo. Il capo della feccia ha fatto bene i conti e a parer mio non è lontano dalla realtà. Preparati a lottare tra le lenzuola, fratellino, non nel modo che ti piace.»
«Sa che è inutile, ne abbiamo discusso!»
«Non tediarmi con le diatribe coniugali, ho già le mie.»
Lo sguardo di Mahati s’incendiò ma le labbra rimasero serrate. Tese il calice all’akacha e osservò il fratello attingere alla brocca del vino. L’apprensione per lui divenne percettibile.
«Pesanti a giudicare da quanto sei ubriaco.»
«Tsk, potrei danzare le lame a bordo vasca, non sbaglierei un passo. Piuttosto cerco di lesinare l’acqua, hai saputo del furto?»
«Una vergognosa distrazione, spiccherò la testa ai responsabili.»
«Una coincidenza alquanto singolare, invero. Vedi di indagare con metodo.»
«Ti ho detto che perseguirò la negligenza…»
«Ti stai limitando al braccio quando dovresti stanare la mente.»
Mahati sentì il cuore perdere un battito. Gli occhi di Rhenn emanavano una granitica sicurezza, inutile domandargli altro. Ingollò la bevanda calda e non rispose.
«Vedo che hai tratto le mie stesse conclusioni» sorrise il maggiore.
Yozora sentiva l’angoscia crescere di minuto in minuto: percorrere su e giù il loggiato dell’ala orientale non sortiva alcun effetto calmante.
Le fiaccole accese proiettavano contro la parete e sul pavimento la sua ombra, unica compagna dell’attesa snervante. Le ancelle erano state allontanate, affinché gli sposi discutessero in privato dell’ultima asheat e confermassero l’unione. Ignorare le sorti di Valka, che era sparito dopo averla ricondotta a palazzo, aggravava il madornale senso di colpa nei suoi confronti.
Quella mattina si era destata accanto a lui, uno smilzo accumulo di paglia a separarli.
Era avvampata ma il sorriso smaliziato l’aveva rassicurata. Quando le aveva teso la mano, aveva accettato senza indugi: non voleva comunicare né paura né sfiducia, solo affetto e gratitudine.
La stretta era quella di un fratello, non aveva nulla di erotico. Lo sentiva vicino più di chiunque altro, un’affinità che scaturiva dalle crepe nascoste del cuore e che anelava riposare nella comprensione reciproca. Così per lui.
«Io vi capisco» aveva sussurrato tra le lacrime «Non dall’esterno, non per empatia. Come voi vivo un amore impossibile, cerco di annegarlo in un recesso e so quanto fa male.»
Valka aveva socchiuso le palpebre, gli occhi lucidi di commozione.
«Realizzerete i vostri sogni» le aveva risposto.
Invece no. Non sarebbe accaduto ma si sarebbe fatta forza assistendo i reietti di Mardan e soffocando i vagheggiamenti.
Lo scalpiccio proveniente dalle scale esterne la fece trasalire.
Mahati si stagliò nel controluce della porta, il volto in ombra impossibile da indagare. Gli corse incontro senza respirare e, quando le sue braccia l’accolsero, ogni ansia si sciolse nel tepore della stretta.
«Non ti ho tradito, io non…» singhiozzò.
«Lo so.»
Le sue labbra le sfiorarono la fronte, l’indice le sollevò il mento. C’era dolcezza nelle iridi nocciola, ma la ruga verticale tra le sopracciglia era indice di turbamento.
«Mahati…?»
«Ti sono stato fedele.»
«Oh, non dubitavo…»
«Lo sarò in eterno» la interruppe «Con questa promessa, divento tuo marito.»
Yozora lo fissò trasognata, ammirando la sicurezza con cui aveva pronunciato la formula di chiusura del rituale. Il batticuore la stordì impedendole di replicare.
«E tu, mi vuoi?» la sollecitò con una scintilla di divertimento.
«Sì! Certo che sì! Con lo stesso giuramento, divengo tua moglie.»
Lui si chinò a baciarla.
«Sei mia» sussurrò «Mia per sempre, guai a chi oserà porsi tra noi.»
Era il vibrare terribile di una minaccia, come se avesse la certezza che qualcuno avrebbe tentato di dividerli.
«Non accadrà.»
«Ehn. Ho la fortuna di discendere dai daamakha.»
«C-come?»
«Se non fossi un demone, pretenderei il tuo cuore.»
L’affermazione la frastornò.
È percettivo, dotato di una sensibilità fuori dal comune, ma non può essere ciò che non sta dicendo. Non sta ammettendo che mi ama.
Affondò il viso nel suo petto, stringendolo forte.
«Ti darò tutto ciò che desideri, mio prezioso.»
«Una risposta, allora. Hai trafugato tu l’acqua?»
La delicatezza del momento s’infranse, le emozioni virarono nella direzione opposta.
Avrei dovuto attendermelo. I Khai non indulgono in romanticherie, tantomeno Mahati.
Yozora deglutì prima di raccontargli la verità.
«Valka non ha responsabilità! Ha solo colto l’occasione per… ti prego, non ucciderlo! Te lo chiedo come dono di nozze!»
Lo stratega supremo sollevò la destra.
«Nessuno dovrà saperlo. Se solo uno di quelli che ti hanno retto il gioco non manterrà il riserbo, ordinerò la carneficina.»
«N-non intendi catturarli?»
«No, se staranno alla condizione.»
«Io non so come…»
«Non è il regalo che chiedi. Mi si rivolta lo stomaco all’idea di mia moglie alla sbarra.»
«Capisco. Il tuo orgoglio non sarà intaccato per un mio fallo.»
«Šokai non c’entra, ma non domandarmi il perché. Forse lo capirò con il tempo. Lo capirò vivendo con te.»
Yozora si sentì stringere il cuore: da quando era divenuto il suo custode, il cavaliere alato l’aveva protetta e assecondata nonostante il parere avverso, pagandolo a caro prezzo. Scorgere in lui tanta frustrazione, la spronò a non ignorare l’accusa.
«È per rispetto.»
«Lasciate, non capireste» Valka si appoggiò al palo che ancorava il soppalco «Siete straniera, aristocratica e promessa al mio principe, è un detestabile fallo credere di contare qualcosa per una donna come voi.»
«I miei natali e il mio matrimonio non mi impediscono di ritenervi amico.»
«Amico? Parliamo lingue diverse! Continuate a fissare il soffitto a vostro comodo, sono abituato alle bizze femminili!»
Yozora si indispettì ma comprese che vincere il disagio era la condizione necessaria per capire ciò che lo amareggiava, portandolo ad adottare quelle maniere brusche. I Khai comunicavano con il corpo e con i sensi, negare il confronto su quel piano era come turarsi le orecchie o sminuire le loro emozioni.
E va bene!
Si voltò facendo crepitare la paglia. I solidi propositi s’infransero negli occhi rubino che la scrutavano, sui capelli che sfioravano le spalle aitanti, sul fisico perfetto, sui tatuaggi bruni che lo fregiavano accentuandone la mascolinità.
Un guerriero non si spoglia al cospetto di una principessa reale. Mi sta provocando o è il segno della fiducia verso cui abbiamo indirizzato il rapporto?
«S-siete soddisfatto?»
«E voi?» le labbra di lui accennarono un sorriso.
«Volete sentirvi dire che siete attraente?»
«Di pareri oggettivi ne ho uditi a sufficienza.»
«Non vi seguo Valka, dove siete diretto? Vi stimo, vi sono riconoscente e mi detesto per avervi messo nei guai. Giuro che Mahati non mieterà la vostra vita senza prima avere la mia. Perciò ditemi che vi prende, dacché vi oltraggerei supponendo che non vogliate morire!»
Lui scosse la testa, l’espressione incupita di chi non viene ascoltato.
«Sapete perché vi ho appoggiata? Dalla vostra confusione deduco non ne abbiate idea. Mi è stato ordinato di farvi da guardia del corpo con l’intento di gettarmi nel disonore e di separarmi dalla donna che mi è preziosa. La decisione è venuta dal suo clan, perché nelle gerarchie di Mardan non sono abbastanza in alto. Al contempo l’hanno promessa a un altro, non mi è stato concesso di combattere in nome di Belker per accrescere la fama e chiederla in sposa! Me ne sarei fatto una ragione, se il distacco con cui ha accolto le disposizioni non mi avesse inflitto un tormento insopportabile, vi assicuro che l’imperturbabilità demoniaca è un’altra faccenda! Non le importa nulla di me, ecco la realtà!»
Yozora lo contemplò a occhi sgranati.
«Poi vi ho incontrata, la prima a trattarmi con una gentilezza che mai sperimentata. Da pari, preoccupandovi per me come quando avete rubato il cibo, condividendo il vostro privato o le vostre incertezze, addirittura implorando il Šarkumaar di non punirmi, offrendovi come sostituta.»
«Voi…!»
«Mardan non serba i segreti. Avete accolto un animo in pezzi e lo avete accudito, così il motivo per cui il principe brama sposarvi ha smesso di apparirmi nebuloso e non solo. Che idiota, Valka, che idiota! Confondere un gioco erotico con ciò che davvero incatena due persone equivale a scambiare una candela per un faro! Voi mi avete conferito valore a prescindere dal rango e dal fatuo contorno attraverso cui vengo giudicato. Ho percepito il vostro affetto, assistervi è venuto da sé, avrei compiuto qualunque sciocchezza per vedervi felice. E poi… vi ho confrontata con la donna che rimpiango e la razionalità è fuggita lasciandomi nel limbo, a meditare su ciò che avete fatto sbocciare nel mio petto. La vergogna di scoprirvi il proibito non è riuscita a bruciare quel germoglio e ora, quando avete rifiutato di guardarmi, il vuoto mi ha attanagliato. Sono un Khai anomalo, lo avete compreso, tuttavia nelle mie vene scorre sangue daamakha e mostrarmi in questo stato è il fondo della degradazione!»
Piombò sulle ginocchia in un fremere di rabbia e dolore, la testa tra le mani.
«Non sforzatevi così!» Yozora gli si approssimò in ansia «State… tremando.»
Gli appoggiò il mantello sulle spalle, posandogli le dita sul braccio sano.
«Ho perso i miei riferimenti, il mio credo» sussurrò lui «Sarebbe meglio se morissi. Non preoccupatevi di giustificarmi con il Kharnot, anzi datemi tutta la colpa.»
Yozora si ribellò all’idea.
«Etarmah!»
La trivialità del termine ottenne l’effetto sperato: il reikan la guardò sconcertato.
«Anche se pronuncio una volgarità non smetto di essere una principessa» arrossì lei «Voi restate un guerriero nonostante il momento di crisi.»
«Questo malessere è ahaki, uccide senza mercede. Anticiparlo è l’unico riscatto.»
«No! Non voglio perdervi! Ve lo proibisco!»
Valka le afferrò la mano e se la pose sul cuore, un sorriso triste sulle labbra.
«Mi prendereste in carico come Mirai? Siete convinta che tutti meritino la felicità?»
«Sì!»
«Questo sono io a proibirvelo, però vi ringrazio» disse baciandole le dita «Aiutatemi a capire che mi succede, voi intendete l’intensità dei sentimenti e non li disprezzate.»
Yozora si allarmò, lo sconcerto divenne panico. Provò a liberarsi dalla presa.
«Non pretendo di conoscere i termini giusti.»
«Khai e Salki sono inconciliabili sul sentire, inutile mutare i concetti in parole.»
«Allora come?»
«Unitevi a me, Yozora.»
«C-cosa? Mi state spaventando!»
«Se lo traducessi con “voglio fare l’amore”, la paura se ne andrebbe?»
«Non è divertente! Lasciatemi subito!»
Valka la sdraiò nella paglia con estrema facilità, il suo sguardo intenso la congelò.
«Mai stato tanto serio. È perché non vi piaccio?»
«Il fascino non conta! Non sono innamorata di voi e non tradirei mai Mahati!»
«Non siete sposata. Non sarebbe adulterio e da me non lo saprà di certo.»
Yozora avvertiva il calore delle sue membra, la carezza del suo respiro sulla pelle: per paradosso non appariva aggressivo, sebbene la stesse sovrastando. Quando si chinò per baciarla e le ciocche rosse le sfiorarono il viso, l’istinto scattò a risvegliarla da quella sorta di malia.
Il ceffone lo colse in pieno viso. Valka spalancò gli occhi esterrefatto e si raddrizzò in tempo per vederla protendersi frenetica verso la spada corta.
«Non osate! Giuro che ve la pianto nel cuore!»
Lui incrociò le braccia, un sorriso furbo ad addolcirgli i lineamenti.
«Innanzitutto dovreste sfoderare, impugnare nel modo corretto e sapere che vanto almeno dieci mosse per disarmarvi. Tuttavia non lo farò, procedete pure.»
«Lo dite per distrarmi!»
«Niente affatto. Sarebbe un modo per soddisfare il mio primo desiderio, al secondo avete già risposto di no.»
Yozora aggrottò la fronte e osservò il suo corpo, privo della feroce carica erotica che in un Khai accompagnava l’accoppiamento. Anche lo sguardo era calmo, addirittura malinconico. Abbassò l’arma con cautela.
«L’avete fatto apposta?»
Valka alzò le spalle e iniziò a rivestirsi.
«Non siete un’assassina, neppure per legittima difesa, come io non sono un bruto.»
Lei esitò.
Non lo conosco a fondo, ma un comportamento del genere non gli si addice. Un demone non si farebbe trafiggere da una shitai e non parlerebbe d’amore con simile scioltezza. Soprattutto non rinuncerebbe alla preda, magari non userebbe la violenza bensì il veleno…
«Siete la mia quarta asheat?»
«Non so di che parlate.»
«La menzogna infrange le leggi di Belker.»
Il reikan si sforzò di rindossare la camicia e un guizzo di dolore gli balenò sul volto. La principessa lo fermò e prese a tamponargli la ferita.
«Avete cambiato idea?» la pizzicò lui.
«Smettetela. In quale momento della giornata non avete recitato?»
«Potrei inventare nuove bugie.»
«Provateci mentre vi stringo le bende, se lo ritenete stimolante.»
Valka inalò l’aria e si rilassò, appoggiando la schiena al covone di paglia.
«Ho mescolato realtà e finzione» ammise «Però che mi piacete è vero.»
«Non come scaldaletto. Non c’è bisogno che confermiate, l’ho capito da sola.»
«Avete superato la prova e convolerete a nozze, non siete contenta?» rise lui.
«No. Attualmente qualcuna sta tentando Mahati e, per quanto nutra fiducia, la cosa mi urta. Inoltre avete esaurito il compito, tornerete nell’Irravin e non vi rivedrò.»
«Un cruccio inutile. Il Šarkumaar non scambierà l’oro con il piombo.»
«Ah, e quale metallo mi assegnate?»
Il guerriero tornò a ridere, poi piantò gli occhi nei suoi.
«Per lui siete preziosa oltre ogni immaginazione.»
«Come lo sapete?»
«Da come vi guarda.»
Yozora si concentrò sulla fasciatura senza riuscire a riordinare la bufera di emozioni.
«Lei come si chiama?» gli domandò.
«Lei chi?»
«Esiste una donna che amate senza speranza, altrimenti non sareste in grado di leggere l’animo altrui.»
«Un Khai non…»
Valka non poté completare il mantra. Si passò le dita tra i capelli, le iridi rosso sangue si intrisero di immane sconforto.
«Siete un’arma non convenzionale. Riferirò all’Ojikumaar che gli hanran hanno la vittoria in pugno.»
«Non avete risposto.»
«Dasmi, figlia di Raslan e Taygeta.»
«Una ragazzina arrogante e viziata, se vi ignora.»
«Una vera Khai piuttosto. Gradisco però il tentativo di complimento.»
«È poco per ringraziarvi. Siete certo che non prediliga il suo promesso sposo?»
«Mi ci giocherei gli attributi.»
«Potrei intercedere a vostro favore, ma temo che gli accordi tra clan pesino più della richiesta di una prigioniera.»
«Sono contrario alle imposizioni, inoltre ahaki non è comandabile. Se divenisse mia moglie, comunque non lo ricambierebbe.»
Yozora annichilì: terminò la medicazione con un senso di urticante vergogna che la portò quasi alle lacrime.
«Ho detto qualcosa di sbagliato?» si interessò il demone.
«Al contrario, mi avete ricordato la lezione base. Siete ammirevole, Valka, pregherò il sommo Kalemi affinché conquistiate la felicità che meritate.»
«A cosa vi riferite?»
«Non è importante. Ora, se non vi è di peso, mi narrereste di voi?»
Il terzo sole era calato sul racconto del cavaliere alato, che aveva ceduto alle ferite assopendosi sul mucchio di fieno. Yozora meditò su quanto ascoltato, l’attenzione all’ondeggiare della lampada a olio.
È così che mi sento, il cuore vacilla, le certezze perdono nitidezza. Divino Kalemi, fate che non ceda!
Allungò la mano e smorzò la fiammella, imponendosi il riposo: la mente sgombra era essenziale per selezionare le risposte che Mahati avrebbe preteso e per garantire al suo custode una condanna meno severa.
Avvertendo il suo respiro regolare, Valka socchiuse le palpebre. La coprì con il mantello e si distese accanto a lei, infrangendo i limiti previsti dal rango e dal decoro.
È la prima volta che proteggo qualcuno a prescindere dagli ordini e opero una scelta sganciata da qualsiasi finalità, come individuo. Non desidero che lei mi ami, non che mi salvi, è sufficiente la bellezza della sua amicizia e vorrei che i Khai conoscessero la pace che essa può donare.
Tornare sul vissuto e condividerlo era stato illuminante, il percorso aveva riacquisito forma. Non avvertiva lo smarrimento provocato dal non riconoscersi e dall’angoscia di aver perduto il fine ultimo, persino il rifiuto di Dasmi aveva meno presa su di lui.
«L’avete respinta?»
Yozora gli aveva rivolto la domanda con evidente stupore.
«Un maschio khai che rifiuta l’amplesso e va in meditazione per non impazzire… sciocco, vero?»
«Iroya vi desiderava dal cuore, non sarebbe stata la costrizione che le sottomesse barattano con la sopravvivenza. Se penso ai vostri canoni, è strano.»
Valka aveva annuito spostandosi sul fianco.
«Mi sono interrogato sul mio agire: provo disgusto per gli hanran, ma il motivo del mio no giace altrove.»
«Vi sarebbe apparsa un’infedeltà nei riguardi di Dasmi?»
«Un furto in realtà. Se la mia dorei non si fosse dichiarata, l’avrei portata a letto, così avrebbe smesso il broncio. Invece, indossando i suoi stessi panni, ho compreso che le avrei rubato la speranza. È quanto resta a chi ha perduto la libertà, meglio soffrire per un rigetto istantaneo che crogiolarsi per sempre nell’illusione.»
«L’avete punita?»
Appoggiandosi sul gomito, si era levato a fissare il viso sconsolato della principessa.
«No. Come lo giudicate?»
«Considerazione verso chi vi ama. Non siete come Dasmi.»
«Sono peggiore. Se sapeste cos’ho preteso da Iroya, la stima con cui mi onorate si volatizzerebbe. Conscio dei suoi sentimenti, non sono tornato indietro. Obbedirà e guardarla negli occhi diverrà il castigo che merito.»
Yozora aveva tormentato gli steli secchi, lo sguardo sulla vampa della lampada.
«Talora siamo chiamati a forzare noi stessi per realizzare un bene superiore. Voglio credere che sia così.»
«Parlate di voi stessa?»
«Oh, io… stavo pensando a quel ribelle, Elefter. Vive come un fuorilegge e soffoca l’orgoglio demoniaco in nome dell’ideale che lo guida. Se ci fosse un altro modo, lo adotterebbe. Per voi non è lo stesso?»
Valka aveva riflettuto e si era trovato d’accordo. La possibilità era una, altrimenti non avrebbe mai richiesto a Iroya di immolarsi per lui.
«Sì, sebbene il raffronto con un traditore non mi alletti. Vi siete inclusa nel cerchio di chi sacrifica il proprio credo, è perché vi siete sostituita a vostra sorella?»
«Quella storia… n-no, non l’ho vissuta come un’auto costrizione e poi sono stata fortunata a incontrare Mahati.»
«La vostra espressione racconta un’altra verità, però lungi da me insistere. Tuttavia potete affidarvi a me prima di usare violenza a voi stessa.»
Gli occhi bruni della ragazza si erano riempiti di commozione e Valka aveva capito che lo stava già facendo: reggeva un peso gravoso, che però non avrebbe spartito.
E così siamo più simili di quanto credessi.
Mahati squadrò Rhenn attraverso i vapori aromatici della piscina, concentrandosi sul calice di vino che teneva in mano, il terzo da quando erano lì.
«Beh?» bofonchiò il primogenito «Non era abbastanza sensuale?»
«Niente da eccepire, conosci i miei gusti.»
«Ma non è bastato.»
«Tsk, ti secca che abbia superato l’ultima prova o cosa?»
Rhenn roteò il polso e fissò il mulinello generatosi nel liquido violaceo.
«Mi sarei atteso un’esitazione davanti all’ultima occasione con una procace guerriera khai.»
«Ho di meglio nel talamo.»
«Ti stancherai presto, parlo per esperienza»
«Io non sono te e comunque quanto resterò sposato? Cent’anni?»
«Meno, stimando l’esistenza media dei Salki» sogghignò il maggiore «Non ti facevo così cinico, considerando quanto tieni alla tua donna.»
Nello sguardo del secondogenito passò un’ombra di tristezza.
«I due lati possono convivere.»
«Etarmah» motteggiò Rhenn buttando giù l’alcolico in un sorso.
«Da quanto bevi, il compimento delle mie asheat per te è una sconfitta. Illogico, visto che da mesi mi assilli per le nozze»
«Brindo alla fine del divertimento, chissà quando ne capiterà altro.»
«Sono certo che te lo stai già procurando. Per esempio, non lasciarmi sventrare il bastardo che ha portato Yozora ai quartieri bassi e ha passato la notte con lei in una stalla, ti garantisce l’anelato spasso.»
«Rimostranza fuori luogo, fratellino. Sai come funziona la prova, Valka aveva carta bianca. Avrebbe potuto sbattersela sul tuo letto se lo avesse ritenuto risolutivo.»
«È quello che hai fatto tu?» lo istigò Mahati.
«No, ho preferito il tappeto dell’anticamera. Conoscendomi, ho ottimizzato i tempi e Rasalaje ha dovuto farsene una ragione: tre su quattro è un signor risultato.»
Il minore alzò gli occhi al cielo, masticando un’ingiuria alla faccia di bronzo con cui l’altro aveva spiattellato il dettaglio privato.
«Intendi non dare seguito al fatto che la scelta azzardata del reikan abbia messo in pericolo Yozora?»
«L’incontro con gli hanran è stato un imprevisto. Si è difeso bene, non vedo perché punirlo.»
«Tre graffi e qualche ammaccatura in uno scontro impari? Se la cosa non desta i tuoi sospetti, ti sei bevuto il cervello o hai un piano di riserva.»
«Non consideri la terza opzione» mormorò serafico l’erede al trono.
«Che Valka sia complice? Vuoi tenerlo d’occhio e aspettare un passo falso?»
«Ah, sbagliato. Mi deludi.»
«Falla finita, Rhenn! La mia pazienza è esaurita, sono qui perché non posso evitarti, dacché presiederai la cerimonia!»
Il primogenito rigirò una ciocca intorno al dito, fissando il proprio riflesso nell’acqua: il calore gli arrossava le guance e gli imperlava la fronte, l’ametista delle iridi pareva bruno al riverbero delle lampade. Rimase in contemplazione, come se avesse notato qualcosa di fondamentale, poi riempì di nuovo il bicchiere.
«Ti ho insegnato a osservare gli eventi da tutte le prospettive. Sei talmente acciecato dai sentimenti da non considerare la seconda protagonista della faccenda. È ciò che mi disturba.»
Mahati si sentì colto in fallo ma alzò le spalle, svalutando la pungente osservazione.
«Non dire sciocchezze! Yozora non sa combattere!»
«La sua lingua taglia come le nostre lame. È lei che ha persuaso i traditori a lasciarli in pace.»
«Idiozie! L’ultima volta l’hanno quasi catturata, cosa ci sarebbe di diverso?!»
«Che ha promesso di perorare con te la loro causa» sentenziò Rhenn trionfante.
Il Šarkumaar rimase di sasso, gli occhi sbarrati a vagliare l’assurdità della rivelazione.
«Questo è…»
«È da lei, concordo.»
«Stavo per dire un affronto! Sono dei sempliciotti se le hanno creduto!»
«Yozora deve ancora essere presentata ufficialmente, ma è tua moglie, per giunta andate d’accordo. Il capo della feccia ha fatto bene i conti e a parer mio non è lontano dalla realtà. Preparati a lottare tra le lenzuola, fratellino, non nel modo che ti piace.»
«Sa che è inutile, ne abbiamo discusso!»
«Non tediarmi con le diatribe coniugali, ho già le mie.»
Lo sguardo di Mahati s’incendiò ma le labbra rimasero serrate. Tese il calice all’akacha e osservò il fratello attingere alla brocca del vino. L’apprensione per lui divenne percettibile.
«Pesanti a giudicare da quanto sei ubriaco.»
«Tsk, potrei danzare le lame a bordo vasca, non sbaglierei un passo. Piuttosto cerco di lesinare l’acqua, hai saputo del furto?»
«Una vergognosa distrazione, spiccherò la testa ai responsabili.»
«Una coincidenza alquanto singolare, invero. Vedi di indagare con metodo.»
«Ti ho detto che perseguirò la negligenza…»
«Ti stai limitando al braccio quando dovresti stanare la mente.»
Mahati sentì il cuore perdere un battito. Gli occhi di Rhenn emanavano una granitica sicurezza, inutile domandargli altro. Ingollò la bevanda calda e non rispose.
«Vedo che hai tratto le mie stesse conclusioni» sorrise il maggiore.
Yozora sentiva l’angoscia crescere di minuto in minuto: percorrere su e giù il loggiato dell’ala orientale non sortiva alcun effetto calmante.
Le fiaccole accese proiettavano contro la parete e sul pavimento la sua ombra, unica compagna dell’attesa snervante. Le ancelle erano state allontanate, affinché gli sposi discutessero in privato dell’ultima asheat e confermassero l’unione. Ignorare le sorti di Valka, che era sparito dopo averla ricondotta a palazzo, aggravava il madornale senso di colpa nei suoi confronti.
Quella mattina si era destata accanto a lui, uno smilzo accumulo di paglia a separarli.
Era avvampata ma il sorriso smaliziato l’aveva rassicurata. Quando le aveva teso la mano, aveva accettato senza indugi: non voleva comunicare né paura né sfiducia, solo affetto e gratitudine.
La stretta era quella di un fratello, non aveva nulla di erotico. Lo sentiva vicino più di chiunque altro, un’affinità che scaturiva dalle crepe nascoste del cuore e che anelava riposare nella comprensione reciproca. Così per lui.
«Io vi capisco» aveva sussurrato tra le lacrime «Non dall’esterno, non per empatia. Come voi vivo un amore impossibile, cerco di annegarlo in un recesso e so quanto fa male.»
Valka aveva socchiuso le palpebre, gli occhi lucidi di commozione.
«Realizzerete i vostri sogni» le aveva risposto.
Invece no. Non sarebbe accaduto ma si sarebbe fatta forza assistendo i reietti di Mardan e soffocando i vagheggiamenti.
Lo scalpiccio proveniente dalle scale esterne la fece trasalire.
Mahati si stagliò nel controluce della porta, il volto in ombra impossibile da indagare. Gli corse incontro senza respirare e, quando le sue braccia l’accolsero, ogni ansia si sciolse nel tepore della stretta.
«Non ti ho tradito, io non…» singhiozzò.
«Lo so.»
Le sue labbra le sfiorarono la fronte, l’indice le sollevò il mento. C’era dolcezza nelle iridi nocciola, ma la ruga verticale tra le sopracciglia era indice di turbamento.
«Mahati…?»
«Ti sono stato fedele.»
«Oh, non dubitavo…»
«Lo sarò in eterno» la interruppe «Con questa promessa, divento tuo marito.»
Yozora lo fissò trasognata, ammirando la sicurezza con cui aveva pronunciato la formula di chiusura del rituale. Il batticuore la stordì impedendole di replicare.
«E tu, mi vuoi?» la sollecitò con una scintilla di divertimento.
«Sì! Certo che sì! Con lo stesso giuramento, divengo tua moglie.»
Lui si chinò a baciarla.
«Sei mia» sussurrò «Mia per sempre, guai a chi oserà porsi tra noi.»
Era il vibrare terribile di una minaccia, come se avesse la certezza che qualcuno avrebbe tentato di dividerli.
«Non accadrà.»
«Ehn. Ho la fortuna di discendere dai daamakha.»
«C-come?»
«Se non fossi un demone, pretenderei il tuo cuore.»
L’affermazione la frastornò.
È percettivo, dotato di una sensibilità fuori dal comune, ma non può essere ciò che non sta dicendo. Non sta ammettendo che mi ama.
Affondò il viso nel suo petto, stringendolo forte.
«Ti darò tutto ciò che desideri, mio prezioso.»
«Una risposta, allora. Hai trafugato tu l’acqua?»
La delicatezza del momento s’infranse, le emozioni virarono nella direzione opposta.
Avrei dovuto attendermelo. I Khai non indulgono in romanticherie, tantomeno Mahati.
Yozora deglutì prima di raccontargli la verità.
«Valka non ha responsabilità! Ha solo colto l’occasione per… ti prego, non ucciderlo! Te lo chiedo come dono di nozze!»
Lo stratega supremo sollevò la destra.
«Nessuno dovrà saperlo. Se solo uno di quelli che ti hanno retto il gioco non manterrà il riserbo, ordinerò la carneficina.»
«N-non intendi catturarli?»
«No, se staranno alla condizione.»
«Io non so come…»
«Non è il regalo che chiedi. Mi si rivolta lo stomaco all’idea di mia moglie alla sbarra.»
«Capisco. Il tuo orgoglio non sarà intaccato per un mio fallo.»
«Šokai non c’entra, ma non domandarmi il perché. Forse lo capirò con il tempo. Lo capirò vivendo con te.»