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Autore: Menade Danzante    30/09/2023    0 recensioni
[La storia non considera gli eventi della stagione 2]
Aziraphale si strinse nelle spalle: «Quei giovani,» disse, indicando con un cenno del mento due ragazzi seduti a un tavolo non troppo distante dal loro divanetto ad angolo. «Non li capisco.»
Crowley snodò il collo fino a incontrare con gli occhi il duo. «Che hanno che non va?»
L'angelo non l'avrebbe messa su quel piano così drastico, non credeva che ci fosse qualcosa di propriamente sbagliato in loro, ma decise di non chiarificare e piuttosto giungere al punto. «Potrebbero mangiare: hanno ordinato quei bellissimi e gustosi cupcake alle more, ma perdono tempo a usare quel dispositivo per soddisfare la loro vanità». Aziraphale fece schioccare la lingua sul palato. «Non ha senso, davvero.»
«Soddisfare la loro vanità?» gli fece eco Crowley con già il sorriso sulle labbra. «Angelo, si stanno solo facendo un selfie.»

[Questa storia partecipa alla ToBeWritingChallenge2023 indetta da BellaLuna sul Forum delle Penne]
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autoritratto







Aziraphale non si accorse di avere la fronte aggrottata fin quando Crowley non gli sventolò una mano davanti agli occhi facendogli subito distendere le fastidiose rughe d'espressione che gliel'avevano contratta.

«Perdonami, caro,» offrì. «Mi sono distratto. Dicevi?»

Il demone inarcò un sopracciglio e si voltò nella direzione che aveva tanto catturato l'attenzione dell'angelo. «Che c'è?» chiese poi, genuino.

Aziraphale si strinse nelle spalle: «Quei giovani,» disse, indicando con un cenno del mento due ragazzi seduti a un tavolo non troppo distante dal loro divanetto ad angolo. «Non li capisco.»

Crowley snodò il collo fino a incontrare con gli occhi il duo. «Che hanno che non va?»

L'angelo non l'avrebbe messa su quel piano così drastico, non credeva che ci fosse qualcosa di propriamente sbagliato in loro, ma decise di non chiarificare e piuttosto giungere al punto. «Potrebbero mangiare: hanno ordinato quei bellissimi e gustosi cupcake alle more, ma perdono tempo a usare quel dispositivo per soddisfare la loro vanità». Aziraphale fece schioccare la lingua sul palato. «Non ha senso, davvero.»

«Soddisfare la loro vanità?» gli fece eco Crowley con già il sorriso sulle labbra. «Angelo, si stanno solo facendo un selfie.»

Aziraphale prese un irritato respiro dal naso: preferiva i bei vecchi autoritratti su tela.

«E non è forse espressione di vanità?» disse, logico, prima di portarsi il cucchiaino farcito di mousse alla bocca. «Non li avete inventati voi?»

«Li ho inventati io,» Crowley ridacchiò. «Parola mia, quei due stanno solo immortalando il momento.»

Aziraphale tornò a fissare i giovani: uno aveva appena tirato fuori la lingua in una boccaccia e l'altro esibiva un ben poco fine dito medio alla fotocamera.

«Si stanno divertendo,» intervenne Crowley in fretta prima che lui potesse dire alcunché.

«Non è un divertimento che comprendo,» disse prendendo un altro assaggio di mousse.

«Questo non lo rende meno valido, angelo.»

Scoccò al demone un'occhiata glacialmente neutra, ma non disse niente per almeno un minuto intero, fino a quando i due ragazzi presero nuovamente in mano il loro lucidissimo dispositivo elettronico – smartphone, gli venne in soccorso il pensiero – per scattarsi un'altra foto: Aziraphale non riuscì a trattenersi.

«Io non sto usando una macchina fotografica per immortalare questo momento,» fece notare con ovvietà. «Eppure lo ricorderò perché sarà qui.» si picchiettò la fronte con l'indice. «Non mi serve una foto. Soprattutto non un selfie. È tutto così... superficiale.»

Crowley ghignò. «Tu, invece, sei superiore a questa... fatua vanagloria, no?» disse, assaporando le parole una a una.

«Certamente,» si pavoneggiò l'angelo prima di servirsi l'ultimo boccone del suo dolce, non senza aver lanciato l'ennesimo sguardo supponente ai due giovani ragazzi che finalmente avevano deciso di dedicarsi ai loro cupcake. Il suo compare, invece, si dimostrò improvvisamente interessato al proprio oggettino tecnologico.

«Anche tu, adesso?» saltò su Aziraphale, indignato. Non poteva crederci: non aveva invitato Crowley in pasticceria per vederlo distratto. L'angelo era sicuro di non meritare un trattamento del genere. «Non mi hai ascoltato,» dovette concludere con irritata incredulità.

«Ma sì che ti ho ascoltato,» ribatté Crowley, divertito, mentre pigiava la superficie luminosa. «Voglio solo farti vedere che non è così demoniaco come credi, farsi i selfie.» Aziraphale fece per parlare, ma il demone lo anticipò: «E poi, l'hai detto tu: sei superiore a tutto questo. Sono sicuro che un solo selfie non rovinerà la tua irreprensibile reputazione.»

Questa volta Aziraphale fu più che consapevole di aver aggrottato la fronte, ma non gli fu concesso di esprimere il suo stupore: Crowley sollevò fulmineo la mano con lo smartphone proprio davanti all'angelo, gli scivolò più vicino e puntò allo schermo con un'impercettibile inclinazione del capo.

«Dovresti sorridere,» sibilò tra i denti, rimanendo perfettamente immobile per non rovinare la sua posa.

Aziraphale si vide afflosciare le spalle nell'immagine riflessa sul telefono. Voleva solo mangiare la sua mousse, non perdersi in quisquilie senza alcun senso!

«Non intendevo dire che i selfie fossero esattamente demoniaci, Crowley,» cantilenò, evitando il più possibile di incrociare il proprio sguardo o quello del demone sullo schermo. «Io volevo solo sottolineare quanto fossero un... un... un ricettacolo di vanità e–»

«Angelo.»

Aziraphale tacque all'istante ed emise un sospiro. «Uno solo,» precisò, l'indice alzato a dettare condizioni mentre Crowley annuiva rigido il suo assenso.

L'angelo si guardò sullo schermo davanti a sé e si sistemò il papillon, ravvivò lievemente i riccioli con movimenti rapidi e raddrizzò la schiena. Mosse il volto prima a destra e poi a sinistra, l'espressione concentrata a stabilire l'angolazione migliore da cui farsi riprendere. Il problema, si disse, era la luce del locale in quel particolare punto della sala: era lievemente buio. Andava bene per creare un'atmosfera intima, un rifugio discreto per chiunque volesse passare piacevoli ore in compagnia straniandosi un poco dalla folla più chiassosa, più esuberante dei tavoli centrali, ma non esaltava minimamente i tratti delle persone che intendevano scattarsi una foto.

Fu sul punto di procedere con un miracolo minore per sistemare quel piccolo inconveniente, ma non ebbe troppo tempo per riflettere: senza alcun preavviso, Crowley picchiettò il telefono, lo schermo lampeggiò e si udì un'eco di una macchina fotografica in funzione.

«Crowley!» protestò, indignato, quando intuì cosa fosse appena accaduto. «Non ero ancora pronto!»

Il demone esibì un'espressione di finto rammarico. «Scusa, colpa mia,» disse mettendosi una mano sul cuore. «Ho pensato che avessi finito con la toeletta.» L'occhiataccia di Aziraphale fu sufficiente a zittirlo solo per un paio di secondi, il tempo di fargli gettare uno sguardo al telefono. «Guarda: non sei in posa,» continuò contrito, offrendogli la visuale sul selfie appena scattato. In foto il Principato sembrava esser stato colto così di sorpresa da risultare persino spaventato da quello che era appena successo. Aziraphale non riuscì a trattenere una smorfia: gli occhi corrucciati, la bocca schiusa in una tardiva protesta e la postura disorganizzata lo facevano sembrare più antiquato e arcigno di quanto fosse in verità.

«Che peccato che tu abbia acconsentito a un solo selfie, angelo,» proseguì Crowley, l'aria sempre più dispiaciuta. «Tutto quello sforzo estetico... puff, in fumo.»

Aziraphale poteva avvertire il ghigno beffardo del demone anche senza guardarlo. Fiutava il pericolo dietro quelle provocazioni, sapeva cosa stesse cercando di fargli ammettere – qualcosa che, nel profondo, l'angelo doveva ammettere essere realtà, ma mai avrebbe ceduto a un tale affronto, mai avrebbe confessato che non gli piaceva l'idea che Crowley conservasse sul suo aggeggio telefonico una foto che gli rendeva così poca giustizia, che addirittura lo ridicolizzava.

«Io ho acconsentito a un solo selfie fatto bene, non uno a tradimento,» ribatté dunque, evitando di considerare il leggero disagio che quella mezza verità gli provocava. «Tu mi hai tratto in inganno, non è affatto giusto.»

Aziraphale conosceva bene il sorriso che Crowley stava esibendo e avrebbe potuto giurare che in nessun secolo in cui gliel'aveva visto stampato in viso ne aveva apprezzato la sfumatura furbesca. Quando il demone parlò, mellifluo e innocente allo stesso tempo, l'angelo capì che nemmeno il ventunesimo avrebbe fatto eccezione.

«Che cosa proponi di fare, allora, angelo?»

Aziraphale inspirò dal naso, sempre più conscio di aver attivato la trappola che aveva cercato cautamente di aggirare: Crowley aveva appena scaricato su di lui la responsabilità della scelta, gli aveva conferito il potere di chiudere lì la questione, con una brutta foto come ricordo, o di proseguire a costo di contraddirsi.

Lo fissò in tralice per un attimo primo di sospirare avendo cura di apparire irritato. «Io propongo di rispettare i patti: faremo un altro selfie – cioè, il selfie, l'unico, quello per cui ho detto sì,» si corresse velocemente, allarmato dal ghigno sempre più pronunciato del demone, «e tu non farai niente per indurmi a farne ancora.» Aziraphale poteva quasi vedere la replica pungente di Crowley in tutta la sua postura, ma la lezioncina sul libero arbitrio e sul fatto che non l'avesse minimamente tentato a fare qualcosa che non avesse deciso da sé gli venne risparmiata.

Il demone sollevò di nuovo il telefono e lo posizionò davanti a loro, aggiustando il braccio per includerli entrambi nell'inquadratura e mostrando alla fotocamera lo stesso sorriso e lo stesso sguardo ammiccante che aveva esibito al primo tentativo. Aziraphale fu colpito dalla velocità con cui Crowley aveva ritrovato la sua posa: era estremamente consapevole della sua immagine e di come apparisse in quella precisa disposizione. L'angelo si concesse il lusso di invidiare quella sicurezza, a lui completamente estranea. Non importava che il suo cappotto fosse splendido come al solito e che il papillon ordinatamente annodato intorno al collo, il panciotto e l'orologio da taschino gli restituissero un'eleganza perduta da un secolo: la foto scartata gli aveva dimostrato con empirica infallibilità che bastava un dettaglio fuori posto, uno qualunque, per farlo apparire sciatto e poco curato.

Stornò lo sguardo, nascondendolo al demone che, ne era certo, avrebbe ricostruito al volo tutti i suoi pensieri e l'avrebbe chiamato vanitoso, con tutte le ragioni del mondo a suo favore, ma ormai non ammettere l'evidenza era una pura e semplice questione di principio, nonostante Crowley avesse indovinato tutto prima ancora che Aziraphale si scoprisse da solo.

Gli occhi intercettarono per caso i due giovani che avevano inconsapevolmente dato il via a quell'alterco e Aziraphale non si stupì affatto, stavolta, che avessero di nuovo il telefonino in mano e fossero intenti a scattarsi l'ennesima fotografia del pomeriggio. Era probabile che adesso fosse anche colpa loro, che associandosi alla loro attività da adulti l'avessero, di fatto, legittimata. L'angelo, tuttavia, non poté fare a meno di notare qualcosa di diverso nelle pose che i ragazzi avevano ora assunto: mancavano quelle inutili volgarità che prima avevano qualificato un passatempo già di per sé discutibile. Adesso erano state sostituite da un goffo bacio sulla guancia del meno posato dei due, che fingeva di essere stupito da un tale slancio da parte dell'altro solo per amore della costruzione scenica. Aziraphale non riuscì a reprimere – né volle farlo – il moto di istintiva tenerezza che lo colse quasi di sorpresa e che gli fece accennare un sorriso spontaneo: poteva percepire l'affetto emanare da loro e fluire nella sua direzione con calore.

Stanno solo immortalando il momento, si stanno divertendo, aveva assunto Crowley. Forse, e solo forse... poteva aver avuto ragione, anche se non glielo avrebbe mai detto.

«Sssto aspettando»

Il sibilo impaziente del demone al suo fianco gli fece distogliere lo sguardo dai ragazzi per puntarlo su Crowley.

«Ho bisogno di tempo, caro,» si giustificò dopo attimi di ritardo, tornando a guardare subito in camera. Corresse la luce del locale con un leggero movimento delle dita e poi si dedicò alla sua posa, ma gli occhi, come attratti da una forza che non avrebbe saputo spiegare di primo acchito, gli vagarono ancora nella direzione da cui erano venuti e un'idea gli balenò all'improvviso, un'idea folle e divertente insieme, un'idea che forse sarebbe valsa la pena di essere messa in atto anche solo per vedere l'effetto che avrebbe fatto.

E così, fingendosi ormai pronto allo scatto, baciò fulmineo la guancia di Crowley, troppo tardi perché l'altro potesse scegliere di non pigiare il pulsante. Attese qualche secondo dal rumore dello scatto prima di separasi con un sorriso innocente e soddisfatto a un tempo a colorargli il viso. Lo stupore del demone, al contrario di quello del ragazzo poco distante da loro, non era affatto finto: gli occhi sgranati e la bocca scioccamente aperta erano autentici segni di tutta la sua confusione.

«Ti sembra che fossero questi i patti?» riuscì a dire dopo qualche attimo di puro, atterrito silenzio. «Questo è un selfie fatto bene?!»

Aziraphale ebbe la prontezza di accigliarsi nonostante tutto. «Ho solo preso spunto da loro, tesoro,» spiegò con un cenno del capo, la voce leziosa che stonava con l'aria da santo. «Sono esperti della materia, mi sembra di capire, quindi mi sono ispirato. Io non ho una posa come la tua, d'altronde.»

Crowley non parlò, né si mosse per quello che ad Aziraphale sembrò un minuto intero, forse di più. Era convinto che dopo, in effetti, avrebbe detto qualcosa – qualsiasi cosa –, ma non avvenne. Il demone si limitò a rimettersi in tasca il telefonino e a scuotere la testa disarmato, troppo sconvolto per punzecchiarlo ancora.

«Ti concedo di rifarlo se non ti piace,» gli disse lui allora, incapace di resistere.

Tutto quello che gli arrivò in risposta fu un grugnito di disapprovazione, a cui Aziraphale non poté fare a meno di sorridere: aveva vinto – di nuovo – lui.







Angolino di Menade Danzante:

Ciao!

Questa storia partecipa alla ToBeWritingChallenge2023 indetta da Bellaluna sul Forum delle Penne con il tema OTP!

Vi ringrazio per essere arrivat* fin qua!

Alla prossima!

   
 
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