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Autore: WingsOfButterfly    15/10/2023    3 recensioni
Un contesto inusuale, un cantiere archeologico, è teatro dell'incontro di due persone che apparentemente non hanno nulla in comune. Tina, una ragazza piena di vita e piena di paure. Giulia, una donna affermata, un avvocato pienamente consapevole di chi è e di cosa vuole dalla vita. Tanti amici e tanti nemici a fare da contorno e ad animare la vita delle due protagoniste.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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La mattina successiva, mercoledì 23 Dicembre, l’avvocato tentò di ritardare più possibile il momento in cui Tina sarebbe dovuta andar via. Riuscì a trattenerla fino a pranzo, adducendo come valido motivo che non si sarebbero riviste fino al 30 Dicembre. In verità avevano trascorso praticamente tutta la mattinata a letto a rotolarsi tra le lenzuola. Tina aveva preso le ferie il giorno prima, l’Università non avrebbe riaperto fino al 7 Gennaio. Giulia invece aveva chiamato in ufficio ed aveva avvertito la segretaria di spostare gli appuntamenti che aveva per quel giorno, dato che non sarebbe andata a lavoro a causa di una fastidiosa indigestione. Tina aveva cercato di rivestirsi e metà mattina, per sgattaiolare in cucina a fare colazione, ma riuscì appena ad infilare i jeans, prima che Giulia la riacciuffasse, la spogliasse e la rituffasse a letto assieme a lei. Salvo poi, essere intenerita dai suoi occhioni luccicanti, e quindi scendere lei stessa in cucina per prepararle la colazione e portargliela su, direttamente a letto. Dopo pranzo, Tina decise di rivestirsi e Giulia non le si oppose, anzi rimase seduta a gambe incrociate al centro del letto, godendosi lo spettacolo della sua ragazza, che si liberava velocemente della tuta che lei le aveva prestato, rimanendo per qualche istante completamente nuda, per poi rientrare nei propri vestiti.
L’accompagnò alla porta e la trattenne lì per altri cinque minuti, bloccata con le spalle contro lo stipite dal suo corpo, mentre la baciava. Infine, Tina guardò l’orologio e capì che doveva proprio andare. Riuscì a fare in modo che Giulia smettesse di ritirarla a sé, ogni volta che cercava di superare la soglia d’uscita, prospettandole l’eventualità che avrebbe dovuto guidare di notte in autostrada, in un giorno prefestivo in cui il mondo intero si sarebbe riversato in autostrada. L’avvocato sospirò ed alzò entrambe le mani arrendendosi e lasciandola uscire, non prima di averle raccomandato di guidare piano.
Come aveva previsto, Tina arrivò a Napoli a sera inoltrata. Trovò a fatica un posto per l’auto, nei dintorni del vecchio palazzo scrostato in cui ancora vivevano i suoi genitori. Si erano trasferiti lì quando lei aveva solo dieci anni, all’epoca la zona era tranquilla, al centro ma non troppo, vivace ma non trafficata. Con il tempo era un po’ degradata, avevano aperto qua e là sale da scommesse e sale giochi, frequentate da persone non troppo raccomandabili. Tuttavia i suoi genitori, si ritenevano ormai troppo grandi e stanchi per affrontare un altro trasloco, tanto più che casa loro era grande, luminosa ed aveva pure un piccolo terrazzino a livello.
Si trascinò fino al portone con un borsone blu che le pendeva dalla spalla sinistra ed aprì con le chiavi, che ancora conservava per le emergenze.
Davanti alla porta, però, preferì bussare, cosicché a sua madre non venisse un colpo nel vedersela arrivare davanti. La porta si aprì dopo qualche minuto.
“Tina! Entra a mammà, entra” la madre, Rosaria, la trascinò dentro per un braccio “Hai fatto tardi. Hai guidato di notte. Mannagg a capa toja, potevi partire prima no?! Hai mangiato? Stai stanca?”.Tina si lasciò travolgere dalle sue domande, mentre la osservava. Era alta, forse qualche centimetro più di lei addirittura, e smilza. Aveva il viso ovale, allungato e un po’ scavato sulle guance, e delle rughe che le segnavano la bocca. Gli occhi, di un verde scuro come il fondo di una bottiglia, Tina glieli aveva sempre invidiati, erano tremendamente espressivi. I capelli, invece, neri come la notte e crespi, era sempre stata contenta di non averli ereditati. Non avrebbe saputo come domarli ed infatti la madre non li domava affatto, li lasciava liberi di prendere di giorno in giorno la forma che più li aggradava. Tina non aveva mai sopportato la parlantina di sua madre, quel suo porre infinite domande senza attendere risposta. Si rendeva conto che a volte anche lei partiva in quarta e le assomigliava, in quei momenti si mordeva forte la lingua e si malediceva. Tuttavia, sua madre le era mancata, quindi le sorrise sinceramente contenta di rivederla e si sporse per abbracciarla.
“Ciao mamma” le disse piano accanto all’orecchio.
Rosaria si sciolse di fronte a quell’abbraccio, sapeva che la figlia non si lasciava andare spesso a certe effusioni, così lasciò perdere tutte le domande e si limitò a ricambiare la stretta.
“Poso la borsa in camera e vi raggiungo” disse Tina, dopo essersi divisa dalla madre “Papà è in salone a guardare la tv, giusto?”
“Eh, e quanno ‘u schiuov a chill ‘a còppa ‘o divan” la madre agitò le mani in aria con un chiaro segno di disappunto, mentre si avviava verso la cucina “Fa amprèssa ja, che io intanto ti riscaldo la pasta”
Tina non ebbe il tempo di protestare che aveva già cenato, poiché la donna scomparve lungo il corridoio. Raggiunse, quindi, la sua vecchia stanza, che i genitori non avevano voluto cambiare di un millimetro. Odorava di pulito e non c’era neanche un granello di polvere, segno che probabilmente la madre aveva passato tutta la mattina a prepararla per il suo arrivo. Lasciò il borsone ai piedi del letto e raggiunse i suoi.
Entrò in salone quasi alla cieca, la luce era spenta, soltanto le immagini che si susseguivano sulla televisione accesa creavano una certa penombra. Nell’angolo più lontano del divano intravide la sagoma di suo padre. Si fermò con la spalla poggiata accanto allo stipite in silenzio, volendo vedere per quanto tempo il padre sarebbe riuscito a non notare la sua presenza. Gigi, diminutivo di Luigi, era l’esatto opposto della moglie, fisicamente e caratterialmente. Il cranio era ormai quasi del tutto lucido, solo una sottile corona di capelli ingrigiti gli circondava la nuca. Il viso era sempre sbarbato, se non fosse stato per due enormi baffi, anch’essi ingrigiti, che gli nascondevano del tutto la bocca. Aveva le guance piene e un po’ cadenti, sempre colorate di un tenue rosso, cosa che Tina aveva ereditato, assieme agli occhi dal taglio un po’ allungato e di un caldo marrone. In quel momento teneva il telecomando in bilico sullo stomaco, che poi tanto in bilico non era visto che il suo stomaco era più spazioso del tavolinetto accanto al divano. Aveva il fisico del pensionato, o del giocatore di bocce che dir si voglia, con una pancia tonda e pronunciata. Dopo cinque minuti, Tina capì che non avrebbe mai ottenuto l’attenzione di suo padre senza palesarsi chiaramente nella stanza. Così si mosse piano fino ad arrivargli dietro le spalle.
“Ciao papà” mormorò abbassandosi e lasciandogli un bacio su una guancia bollente.
“Oh, piccerè” reagì l’altro sorpreso , girando di poco il collo grassoccio verso di lei “Mi pareva di aver sentito la porta. Vieni qua, vieni” batté una grossa mano sul divano accanto a lui.
“Come stai?” domandò Tina, facendo il giro del divano e sedendosi al suo fianco.
“Eh, come devo stare. La gamba mi da problemi, ma non mi lamento. Lo sai che quella è cosa che fa tua madre” un tremolio dei baffi suggerì a Tina che stesse ridacchiando.
Si unì in silenzio alle risate del padre.
“Ti sono arrivati i soldi, sì?” riprese un attimo dopo Gigi, con gli occhi fissi nuovamente sullo schermo piatto della tv.
“Sì, papà. Grazie”
“E con la scuola, come va? Stai studiando, sì?”
“All’Università va tutto bene” Tina marcò volutamente l’accento, ben sapendo che comunque il padre non ci avrebbe fatto caso. Per lui ogni tipo di studio si compiva indifferentemente a scuola “Mi sono iscritta a Settembre al primo anno di dottorato”
“Brava a papà, brava”
Tina sentì un rumore in corridoio, un ciabattare veloce ed un attimo dopo intravide l’ombra di sua madre sulla soglia della porta, che stringeva un vassoio tra le mani.
Ma c ‘ré chisto campusanto?” si lamentò, prima di sporgere un gomito verso l’interruttore a parete ed accendere la luce.
“Rosa’!” protestò l’uomo burberamente.
“Eh Gigì, ho portato la cena pe ‘a nennella, mica può mangiare al buio” così dicendo poggiò il vassoio che reggeva in mano sul tavolino basso davanti al divano.
L’uomo bofonchiò qualcosa da sotto i baffi, fece tremolare le guance, infine riportò gli occhi sullo schermo, isolandosi da tutto il resto.
“Mamma, non c’era bisogno. Ho mangiato un tramezzino al volo in autogrill” le spiegò Tina.
“Un tramezzino, e mica puoi andare a dormire solo con un tramezzino nello stomaco” protestò Rosaria con disappunto, mentre si sedeva accanto a lei e cominciava a scoprire i piatti “Guarda, qua ci sta la pasta al forno, ti ho portato due polpette e poi qua ci sta la parmigiana di melanzane”
“Mamma, sono le dieci e mezza di sera” le fece notare Tina con un tono tra l’ironico e l’incredulo.
Tié, mangia a mammà” le piazzò una forchetta in mano e la invitò con lo sguardo ad approfittare di quel ben di dio che le aveva messo davanti “Chissà da quanto tempo non fai un pasto decente. Ti vedo un po’ dimagrita, ma stai mangiando? Prima che te ne vai ti preparo qualche ruoto di pasta al forno, una pizza imbottita e una lasagna. Te li porti, così stai a posto per qualche giorno”
“Qualche giorno?!” ripeté la figlia scettica “Potrei starci a posto per settimane, se non fosse che dopo un paio di giorni sarebbero comunque da buttare, prima che io sia riuscita a consumarne nemmeno la metà”
Vabbé” Rosaria agitò le mani per aria “Poi ci pensiamo, mangia mo’ Tina scosse la testa avvilita, ma non poté far altro che accontentarla.
Più tardi, quando riuscì a convincere sua madre che sarebbe anche potuta scoppiare se avesse mangiato solo un altro boccone di parmigiana, si concesse una velocissima doccia, prima di infilarsi a letto. Fu solo allora, nella tranquillità e nel silenzio della sua stanza, che prese il cellulare per chiamare Giulia. L’avvocato rispose dopo nemmeno mezzo squillo.
Amore! Sei arrivata? Cominciavo a preoccuparmi, è tardi. Hai avuto problemi? Stai bene? Come è andato il viaggio? Perché non hai chiamato prima?”
“Dio, Giulia! Per piacere, sembri mia madre” ridacchiò Tina posando la testa sul cuscino ed incrociando il braccio sinistro dietro la nuca “Prendi fiato e dammi tregua”
Giulia prese un profondo respiro e lasciò il divano per andare al piano di sopra e sedersi al centro del letto con le gambe incrociate.
“Scusami. E’ solo che stavo in pensiero” le spiegò, ora con voce più pacata.
“Lo so, anzi scusami tu. Avrei dovuto chiamarti prima, avevo promesso che l’avrei fatto appena arrivata, ma poi mia madre …” lasciò sfumare la frase con tono contrariato.
“Tua madre … cosa?” indagò l’altra.
“Niente, mi aveva preparato la cena e non si è arresa finché non l’ho accontentata mangiandone almeno metà. Credo che vomiterò” biascicò stancamente.
“Povero tesoro” la blandì Giulia “Come stanno i tuoi? Tutto bene?”
“Sì, stanno come al solito. Ogni volta che torno a casa mi sorprendo sempre che, nonostante io manchi per mesi interi, le cose qui sembrano essere immutabili. I grembiuli di mia madre, il divano di mio padre, i loro battibecchi … tutto sempre uguale” rifletté con una vena amara.
“E … non è … un bene?” domandò infatti Giulia, con voce incerta.
“Non saprei” ammise Tina, sospirando “Se un giorno io e te dovessimo ridurci così, credo che ti lascerei”
“Impossibile” replicò istantaneamente Giulia.
“Perché?” chiese Tina, incuriosita dalla sua sicurezza.
“Perché io non porto i grembiuli”
“Scema!”
Risero insieme, sentendosi in quel modo un po’ più vicine.
“Adoro la tua risata” confessò d’impulso Giulia.
“Solo perché mi si formano le fossette ai lati della bocca?” ribatté furbamente Tina.
“No, perché significa che sei felice” chiarì l’altra con voce fin troppo seria “E poi, si, anche per le fossette … sono da prendere a morsi” aggiunse con tono più leggero.
Tina sorrise e si rotolò nel letto per piegarsi sul fianco sinistro.
“Dove sei?” chiese intanto a Giulia.
“A letto. Tu?”
“Anche io. Non ti ho svegliata, vero?”
“No. Ero giù sul divano a far finta di guardare la tv, mentre aspettavo la tua chiamata”
Tina stava per ribattere qualcosa, ma uno sbadiglio trasformò le sue parole in un mugugno indistinto e comico.
“Sei stanca” commentò Giulia con una nota tenera che rese il suo tono basso e carezzevole.
“Guidare così a lungo mi distrugge” le confessò Tina con voce strascicata.
“Riposati, allora. Ci sentiamo domani”
“Ma no, posso restare un altro po’ ”
Tina non ebbe il tempo di finire la frase che un altro sbadiglio la costrinse a stringere gli occhi e spalancare la bocca. Giulia se ne accorse e ridacchiò.
“Sogni d’oro, amore mio” le augurò affettuosamente.
“Buona notte” rispose Tina con la voce bassa e roca di chi sta già per addormentarsi.
La mattina successiva, Tina arrivò in cucina guidata dall’odore di caffè. Poteva sembrare stupido, ma le pareva che il caffè preparato da sua madre avesse un odore del tutto diverso da quello che preparava lei stessa a Siena. Era più intenso, più deciso e sapeva di casa.
“ ‘Giorno” biascicò tra uno sbadiglio, sedendosi al piccolo tavolo della cucina.
“Buongiorno piccerè” la salutò suo padre ancora in pigiama come lei, abbassando solo un lembo del quotidiano che stava leggendo per poi trincerarsi nuovamente dietro la carta stampata.
La madre, invece, era in piedi accanto ai fornelli già completamente vestita e con indosso uno dei suoi soliti grembiuli. Rimestava e spadellava con una vivacità che Tina si chiedeva spesso dove riuscisse a prendere già di prima mattina.
“Ah, ti sei alzata” le disse con un piccolo sorriso distratto, mentre accendeva ancora un fuoco sul fornello, l’ultimo ormai disponibile.
“Uhm …” Tina alzò semplicemente il mento con gli occhi ancora velati di sonno “Non ho dormito granché, ho avuto i crampi allo stomaco per tutta la notte”
“E quella sarà stata la fame” proruppe Rosaria con il suo marcato accento napoletano “Mo’ ti preparo la colazione”
Non le diede nemmeno il tempo di parlare, che le mise davanti la sua tazza di Snoopy, che aveva conservato proprio per quando la figlia tornava a casa, e ne riempì il fondo con qualche dito di caffè.
“Mamma, veramente credo che sia proprio il contrario” tentò di farle notare Tina “Ieri sera ho mangiato troppo”
“Ti ho riscaldato il latte, però mi sono dimenticata di comprare la Nutella” continuò a dire Rosaria, versandole il latte fumante nella tazza.
Ma lo sai che io il latte lo bevo freddo” protestò la ragazza, facendosi un po’ indietro affinché la madre non le bruciasse il braccio con il bollilatte rovente.
“Ma con questo freddo, d’inverno! Tu perciò stai sciupata, mangi male” Rosaria posò il bollilatte e si avvicinò ad un pensile accanto alla cappa aprendone le ante “Che ti posso dare a mammà, qua ci stanno solo i biscotti integrali che il medico ha dato a tuo padre. E lo sai che io non mangio roba dolce” rifletteva tra sé lisciandosi il grembiule sulle gambe con entrambe le mani.
Tina alzò gli occhi al cielo, sentiva che stava per venirle mal di testa. La notte in bianco e le smanie di sua madre stavano formando una miscela esplosiva.
“Non fa niente, mamma. Berrò solo il latte” le rispose conciliante, con un lungo sospiro.
“No no, e come ci arrivi a stasera. Lo sai che il giorno della Vigilia a pranzo non si mangia, perché si fa il cenone” s’inalberò la donna “Aspetta, vado a prendere la scatola di biscotti che tengo nascosta in camera da letto per quando viene qualcuno” le disse poi a bassa voce con aria cospiratrice.
Tina alzò un sopracciglio.
“Perché hai una scatola di biscotti nascosta in camera da letto?”
“Così tuo padre non la trova” le rispose l’altra con tono ovvio, prima di sparire oltre la porta.
Più tardi, Tina era in camera sua che si stava vestendo, quando le squillò il cellulare. Guardò il nome sul display e sorrise.
“Mi chiedevo proprio quando mi avresti chiamata” disse, non appena ebbe accettato la chiamata.
“Conoscendoti, ho aspettato dopo le undici per non svegliarti” le rispose a tono la voce di Giulia.
Tina sorrise a labbra strette e sedette sul letto guardando fuori della finestra.
“Dove sei?” chiese alla sua ragazza.
“In macchina, diretta a Montepulciano. Resterò lì fino al 26, visto che tu non ci sei, ho deciso di accontentare mio padre che si lamenta sempre di non vedermi abbastanza” Giulia lasciò andare un sospiro malinconico.
“Com’era quel detto?! Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi … ricordamelo quando sarà il momento” ribatté Tina storcendo un po’ il naso.
L’avvocato rise di gusto, con quel suo tono un po’ gutturale.
“E chi ti molla. Ti legherò al letto, se sarà necessario” assicurò con ancora un accento ilare nella voce.
“Avvocato Dardi!” la chiamò Tina, con tono scandalizzato “Non credevo che si desse a pratiche sadomaso”
“Sei tu che mi ispiri particolarmente, mia cara” rispose l’altra senza minimamente scomporsi, mentre le compariva un sorriso vagamente storto e malizioso.
“E io che credevo di ispirarti dolcezza” sospirò Tina, fingendosi offesa.
“Quello sì, ma fuori dal letto” continuò a stuzzicarla Giulia, che intanto faticava a trattenersi dal ridere.
Tina unì le sopracciglia in un’espressione curiosa e divertita.
“Ah sì. E, invece, sotto le lenzuola cosa ti ispiro?” cantilenò con voce fin troppo ingenua per essere reale.
“Preferirei mostrartelo, non appena tornerai a Siena” tergiversò sadicamente Giulia.
“E se io non volessi?” la sfidò Tina.
“Farò in modo che tu lo voglia” la freddò Giulia, con voce bassa e carezzevole.
Tina deglutì un paio di volte, poi si schiarì la voce.
“Non ti ho ancora fatto gli auguri” rifletté ad alta voce.
Le labbra di Giulia si incurvarono istantaneamente in un sorriso compiaciuto.
“Cambi discorso?” la punzecchiò.
“Non è triste che questo è il nostro primo Natale e non ci scambiamo neanche i regali?” continuò Tina, fingendo di non averla sentita.
L’avvocato scosse la testa divertita, infine le concesse quel cambio di discorso, segnando mentalmente un punto a proprio favore.
“Ma io un regalo te l’ho comprato” la contraddisse.
Tina arcuò le sopracciglia con aria scettica.
“E dove sarebbe?”
“Controlla nella tasca laterale della tua tracolla”
“Stai scherzando, vero?” reagì Tina, completamente spiazzata.
“Controlla” la incitò Giulia, ridacchiando del suo tono quasi allarmato.
Tina mise il telefono in viva voce e recuperò la sua borsa, frugò per qualche istante nella tasca che le aveva indicato Giulia e sentì qualcosa sfiorarle la mano. Tirò fuori una scatolina quadrata, grande quanto il pugno di una mano, rivestita da una carta rossa con delle buffe renne con dei campanellini attaccati alle corna.
“Quando l'hai messo qui dentro?” Tina aveva poggiato il cellulare sul letto attivando il vivavoce, così da poter avere entrambe le mani libere per poter scartare il regalo.
Che importa”  disse Giulia, impaziente “Andiamo, apri e dimmi se ti piace
Nel mentre la ragazza si era già liberata della carta regalo e stava aprendo il piccolo scatolino. Non appena alzò il coperchio vide qualcosa luccicare.
“Giulia... riuscì solo a pronunciare con voce emozionata “ma dove li hai trovati?”  
Nella scatolina erano alloggiati due orecchini di argento a forma di trowel, l'attrezzo che più di tutti rappresentava Tina, la sua passione per l'archeologia e il suo lavoro. Ricordò di aver parlato a Giulia di aver visto quegli orecchini un giorno in un qualche mercatino di artigianato in giro per una fiera, e di non aver colto al volo l'occasione di comprarli allora, senza essere più riuscita a trovarli da nessuna parte.
“Ti piacciono?” l'avvocato non riusciva a trattenere l'impazienza nella voce, temeva fosse troppo poco, temeva potessero non piacerle più.
“Sono bellissimi!” Tina si rigirava quelle piccole trowel tra le mani sorridendo proprio come una bambina il giorno di Natale “Ma io non ti ho fatto niente!” realizzò all'improvviso, sgranando gli occhi pieni di senso di colpa.
Giulia finalmente si rilassò, si rese conto di star stringendo spasmodicamente le mani sul volante e immediatamente allentò la presa delle nocche. Fece un lungo respiro, ritrovando il suo solito tono serafico e compiaciutoHo già te, Tina...sei tu il mio regalo di Natale quest'anno

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Queste due ancora si agitano nella mia mente, e ogni tanto scalpitano per uscire fuori...il progetto di portare a termine questa storia non l'ho mai abbandonato...spero che ci sia ancora qualcuno disposto a leggere di questi due disastri di Tina e Giulia ;)



 

 

 

 

 

  
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