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Autore: LuHuiMeng    28/10/2023    1 recensioni
Cosa succederebbe se la maledizione di Ranma lo dividesse tra parte buona e parte cattiva, anziché maschile e femminile? Come vivrebbero questa condizione a casa Tendo? E come sarebbe la convivenza di Akane con ben due Ranma mezzi?
Questa storia nasce da una ri-lettura, dopo molti anni, de “Il visconte dimezzato” di Calvino. Buona lettura!
Genere: Commedia, Fantasy, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Genma Saotome, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Tatewaki Kuno
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Ho fatto tutto quanto era in mio potere, signorina Tendo.” 
Il dottore stava informando Kasumi sulle condizioni di Ranma. “Sono più abituato a fare trasfusioni che a ricucire, ma sono fiducioso. Tornerò nei prossimi giorni a visitarlo.”
Ranma era nella camera che condivideva con il padre e non aveva ripreso conoscenza. 
Una cosa però era cambiata. Il dottore giapponese era riuscito a fare ciò che non erano riusciti a fare i medici cinesi: sul futon giaceva un unico ferito. 
Il ragazzo dimezzato era tornato intero, sebbene fosse sepolto sotto chilometri di bende strette insieme e il volto fosse ricoperto da una garza messa per il lungo.
Kasumi salì le scale e raggiunse la stanza di Ranma. Stava per aprire la porta ma questa si spalancò.
Akane era di fronte a lei, con il volto arrabbiato e due lacrime negli angoli degli occhi.
“Akane…”
“È un idiota!” esclamò attraversando a grandi falcate il corridoio.
Kasumi sospirò.
“È nella fase furiosa ora, durerà una mezz’ora.” Nabiki giunse da camera sua, osservando la sorella minore che scendeva le scale a tonfi pesanti.
“Già” osservò Kasumi. “Poi passerà alla fase preoccupata e tornerà qui.”
“Uno è tornato intero e ora è l’altra ad avere l’umore a metà.”
Le due sorelle sospirarono.

“Stupido. Stupido, stupido Ranma!”
Akane era uscita di casa, era uscita dal quartiere, aveva vagato fino ad arrivare al parco e solo lì si era fermata.
Ranma non si svegliava. Era tornato intero, l’operazione era andata bene a detta dei dottori, ma non apriva gli occhi, non muoveva un muscolo.
“Stupido. Stupido, stupido Ranma!”
Perché la faceva così preoccupare? Non appena si fosse svegliato gli avrebbe dato una testata, ora bastava un colpo solo, anziché due come prima.
“Oh sì. Appena si sveglia le prende.”
E se non si fosse più svegliato?
Quel pensiero la inchiodò a terra. Si prese la testa tra le mani e finalmente si guardò attorno.
Era nel parco in cui lui la aveva portata sulle spalle, con un mazzo di rose nascoste nella divisa da ninja, cercando di conquistarla con frasi romantiche.
“Quell’idiota…” disse sorridendo appena.
“Sarai solo mia, interamente.” Le aveva detto. 
Poi aveva litigato. Sia con uno che con l’altro. 
“Se ti fa felice sì, mia promessa.”
Ripensò a tutto quello che era cambiato in lei nelle settimane successive, a quello che aveva provato vedendolo avventarsi su se stesso a spada sguainata, alla paura di perderlo.
“Ma cos’è che vuoi tu?”
Con le mani appoggiate al ponticello, piegò le ginocchia che non la reggevano più.
“Ti prego, apri gli occhi” disse in un sussurro.

Quell’odore lo svegliò. Era nauseabondo. Era odore di pericolo e stava per balzare in piedi allarmato, ma qualcosa di stretto lo teneva immobilizzato.
Voci indistinte cominciarono ad arrivargli alle orecchie, che stranamente ora percepiva vicine l’una all’altra.
Non riusciva ancora ad aprire gli occhi e quell’odore schifoso non se ne andava, lo sentiva appiccicato addosso e probabilmente non sarebbero bastati tutti i bagni del mondo a toglierlo.
Era finito in covo di felini famelici?
“Sta bene, dottor Tofu?”
“Pare di sì, Nabiki. Lo visitiamo.”
“Ora procedo a togliere le bende” fece un altro. “Bene, non ci sono segni di cicatrici”.
Via via sentiva il corpo liberarsi da quella stretta infernale. Cercò di muoversi.
“Oh! Guardate! Si sta muovendo!”
“Ranma? Figlio mio…”
Sentì il viso libero. Piano piano aprì gli occhi. Uno era aggrottato, l’altro sereno; la bocca sembrava presa da uno spasmo: metà sorrideva, metà digrignava; una mano era stretta in un pugno, l’altra pronta ad una stretta amichevole.
Dopo qualche minuto in cui i presenti temettero non fosse cambiato nulla, sospirarono di sollievo. Era tornato simmetrico.
Aprì la bocca: “Cos’è questa puzza di gatto?”
“Temo di essere io, ragazzo. Sei guarito, puoi farti un bagno, io tolgo il disturbo.” Il dottore, quello a cui aveva rubato la katana, uscì dalla stanza seguito da Soun Tendo che, con le lacrime che gli scorrevano fin lungo il collo, si prodigava in inchini, ringraziamenti e promesse che grazie al cielo il dottore non prese sul serio. 
Rimase Tofu a finire la visita.
Ranma era di nuovo intero: mente, corpo e soprattutto cuore. E c’era una sola cosa che voleva fare.
“Dov’è Akane?”

Vagare per il quartiere l’aveva calmata, ora voleva solo tornare a casa, farsi un bagno e stargli vicino. Era l’unica cosa che poteva fare in fin dei conti.
Entrò in casa guardinga per evitare di incontrare la sua famiglia, non aveva voglia di affrontare quegli sguardi preoccupati e pietosi. Si diresse verso il bagno e aprì la porta scorrevole.
Ranma era davanti a lei. In tutta la sua interezza. In tutta la sua nudità.
Non le riuscì di urlare di imbarazzo come avrebbe dovuto fare una ragazza di buona famiglia in età da marito. 
“A… Akane” la chiamò lui.
Sentirlo chiamarla per nome, averlo davanti sano e salvo, trovarsi quello sguardo dolce e colpevole addosso, fu un’emozione che le fece battere il cuore come mai prima.
Era vivo, era di fronte a lei e stava bene.
Si voltò e attese che si mettesse addosso l’asciugamano.
“Mi sono appena svegliato, ti ho cercato per farti vedere che sono tornato intero ma non c’eri.”
“Ho capito, ho capito. Ero… preoccupata.”
I due si guardarono. Occhi negli occhi finalmente. 
Akane gli si avvicinò e passò lo sguardo sul suo viso, le spalle, il torace. “Ma vedo che stai bene” fece una pausa guardandogli le mani, poi sollevò lo sguardo nel suo: “Meno male” e gli sorrise.
Il sorriso di Akane fu come l’esplosione di un fuoco d’artificio. Ranma fece una cosa che non vedeva l’ora di fare da mesi, ciò che aveva scritto su quel tanzaku, e che da dimezzato non aveva mai voluto fare, perché l’aveva rimandata a quando sarebbe tornato intero.
Le prese il polso e la tirò a sé. La chiuse in un abbraccio con entrambe le braccia, affondò tutto il viso nel suo collo e se la strinse al petto, dove finalmente il cuore batteva intero, tutto per lei.
E Akane rispose. Si mise in punta di piedi ed appoggiò la fronte al petto di Ranma, chiudendo gli occhi per sentirne il battito. Gli cinse la schiena con le braccia.
“Bentornato Ranma” sussurrò.

Il mattino seguente, Akane era pronta come sempre ad accompagnare il padre in accademia e lo stava aspettando all’ingresso. Fu però Ranma ad arrivare, con passo sicuro e in alta uniforme. Vide Akane e rallentò il passo grattandosi la testa.
“Buongiorno, appuntato Ranma Saotome” gli disse con un sorriso e imitando il saluto militare. 
Quant’era carina, dannazione.
“Bu… buongiorno A... Akane. Ehm, cioè…” balbettò con la solita timidezza. 
Poi si ripigliò e si schiarì la voce.
“Ecco, hai visto? Oggi mi aspetta una cerimonia in accademia: passo di grado per meriti in battaglia. Sono o non sono il più forte?” disse con la solita spavalderia.
“Sì sì, come no.” Akane alzò gli occhi al cielo esasperata, ma ora era anche sollevata: Ranma era Ranma, quel misto di bene e male, di arroganza e gentilezza di cui si era innamorata. E doveva ammettere che la divisa militare faceva il resto.
Soun mandò a dire che sarebbe arrivato più tardi, per cui si incamminarono insieme verso destinazione.
Era il primo giorno di settembre, il sole brillava ma l’aria si stava già preparando all’autunno.
Giunsero nel cortile dell’accademia dove fu una folla di militari ad accoglierli, tutti pronti a dichiararsi alla giovane Tendo come erano abituati a fare ogni giorno.
Ma quel giorno era diverso.
Ranma le si parò davanti con aria minacciosa.
“Provate ad avvicinarvi ad Akane e vedrete.”
“Ooooh” dissero spavaldi i ragazzi dei gradi superiori. “Cioè…?”
“Vi faccio a pezzi. É chiaro? Akane è la mia fidanzata.”
Calò il silenzio. 
Lei lo guardò sbalordita. Ranma si voltò verso di lei, con uno sguardo impaurito quasi fosse pronto a parare un colpo.
In quel momento Akane decise che odiava gli uomini. Ma Ranma no, tutt’altro. 
Ranma era il suo fidanzato. E quello era ciò che la rendeva felice.
“Sì” confermò con il sorriso più bello che Ranma avesse mai visto.






 

FINE

 

“Alla fine uno si crede incompleto, ed è soltanto giovane.”

Italo Calvino - Il visconte dimezzato

__________________

Grazie a te che hai letto fino a qua. Davvero. É la prima storia che scrivo e pubblico e il fatto che tu l'abbia letta tutta é davvero un onore. 
Ringrazio Kuno e Neechin per il supporto e i consigli da beta lettori. E chissà... alla prossima storia!

 

   
 
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