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Autore: Enchalott    09/11/2023    3 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Incognite
 
Iaradh accolse l’uomo con un inchino: portava il cappuccio del mantello calato sul volto, guanti scuri, abiti anonimi ed esalava un acuto aroma di spezie.
Non si stupì. I clienti non gradivano essere riconosciuti, soprattutto chi occupava una posizione eminente a Mardan. Non c’erano divieti alla frequentazione del serraglio, che tuttavia costituiva un’indegna eccezione alla monotonia coniugale e garantiva esperienze ritenute poco onorevoli.
«Hai qualcosa per me?»
Persino la voce era contraffatta: Iaradh pensò che si trattasse di un personaggio di spicco, semplice da individuare e facilmente ricattabile.
«Sì, signore, perdonate l’attesa. Dopo il fausto fidanzamento di sua altezza Mahati con la principessa Yozora, le richieste di schiave salki sono incrementate. I Khai sono curiosi di provare l’esperienza.»
Il misterioso individuo non sembrò interessato alla spiegazione.
«Fausto?» ripeté incolore.
«Ehm» esitò Iaradh «Non sono io a sostenerlo, signore. Prego, da questa parte.»
Condusse l’ospite alla stanza più sfarzosa: era arredata con eleganza, le stoffe pregiate e i mosaici splendevano lucidi come gemme. Sul letto sontuoso una giovane dai lunghi capelli castani, con la carnagione lattea e grandi occhi scuri attendeva la sorte. All’ingresso dei due sussultò ma rivolse l’omaggio previsto.
Lo sconosciuto la squadrò in silenzio.
«Un ottimo lavoro» mormorò poi, allungando un paio di manth aggiuntivi.
«Felice di aver interpretato i vostri gusti, signore. Denlya mi è stata venduta a peso d’oro dalla sua famiglia e l’ho istruita di persona. Vi accontenterà in ogni desiderio.»
Quando Iaradh si ritirò, lo sguardo della shitai si venò di angoscia.
«Sei vergine?» domandò l’uomo senza preamboli.
«S-sì, mashti
«Rivolgiti a me con il titolo di reikan. Ora spogliati.»
Lei obbedì alla voce glaciale: sciolse i lacci del provocante abito azzurro, stupita che non la denudasse. Stando a quanto le era stato insegnato, i maschi khai adoravano prendersela comoda oppure facevano a pezzi le vesti e passavano ai fatti.
Lo sguardo di lui la seguì dall’ombra. Si avvicinò al letto senza svestirsi.
«Avverto la tua paura» asserì privo d’emozione «Non ne hai motivo, cerco l’opposto. Voglio sapere se ti procuro piacere e in quale misura. È chiaro?»
«Sì, reikan
L’uomo le gettò una striscia di seta nera.
«Non gradisco essere guardato. Concentrati sull’appagamento carnale restituito dal tuo corpo. Adesso sdraiati.»
Denlya si stese tremando. Nessuna richiesta corrispondeva a quello che il suo mashti le aveva illustrato e l’incognita l’atterriva più del non scorgere l’aspetto dell’ospite. Avvertì il suo tocco sulla pelle, mani addestrate a raggiungere le zone erogene di una donna. All’insistenza si inarcò ansando.
«Dove?» sussurrò l’uomo.
La ragazza indicò il punto e lui lo tormentò finché non le strappò un gemito intenso. Si interruppe, abile a prolungare il benessere senza portarlo a termine.
«Posso toccarvi, reikan
«Ssh…»
La bocca lasciva dello sconosciuto la percorse, la lingua rovente sui seni e sul collo, le zanne la stimolavano senza farle male. Si contorse di piacere, rinunciando a contraccambiare quando la fermò con uno strattone. Sentì le sue dita tra le gambe, delicate come se non avessero artigli: entrarono e uscirono da lei con cadenza ipnotica. Gridò.
«Provi dolore?»
«N-no, reikan»
Un Khai era in grado di durare tutta la notte, avrebbe goduto di lei fino a sfiancarla. Iaradh poneva un limite di tempo per evitare che le shitai si sciupassero, ma dalla quantità d’oro che aveva visto passare di mano era convinta che a quell’uomo fosse stata data piena libertà.
Sentì un fruscio di stoffa smossa. Lui la penetrò.
 
Il mashti del serraglio si meravigliò quando lo sconosciuto uscì dopo un’ora.
«La schiava non è di vostro gradimento, signore?» s’informò ansioso.
«Per oggi sono soddisfatto.»
«Lieto di sentirvelo dire.»
«Tornerò, ma ne voglio un’altra. Salki, bruna, occhi scuri, pelle candida. Non illibata, fa’ in modo che prima abbia esperienza con un Khai.»
Iaradh trasecolò.
«Sono desolato che Denlya non abbia risposto alle aspettative.»
«Il mio non è un appunto. Solo un desiderio.»
Si sentì sollevato quando l’inaccessibile cliente lasciò l’edificio: non c’era una ragione precisa, ma gli aveva messo inquietudine. Si diresse alla camera che aveva occupato per controllare le condizioni della shitai. Il letto era quasi intatto, le lenzuola macchiate di sangue. Non si allarmò, sapendo come corpo delle Salki reagisse all’iniziazione.
Nel vederlo la ragazza scoppiò in lacrime. Iaradh le sedette accanto, paziente.
«Ti ha fatto male?»
«Tollerabile, mashti
«Ha voluto che ti inginocchiassi? Ti avevo avvertito che con una straniera le leggi di Belker vengono talora trascurate.»
Lei negò, sfregandosi il viso arrossato.
«Allora perché piangi?»
«Io… io avrei voluto che tu fossi il primo.»
Iaradh sgranò gli occhi.
«Sciocchezze!» rimbrottò senza riuscire a imprimere la severità che avrebbe voluto «Hai idea di quanto viene pagata la prelazione? I Khai detestano spartire le prede, persino in questo posto!»
Denlya annuì avvilita ma gli si strinse al braccio.
«Non puoi venderla due volte, mashti. L’ostacolo al tuo profitto non sussiste più.»
«Il tuo prezzo resterà elevato, sei nuova e attraente.»
La giovane gli sfiorò la guancia. Lo sguardo di lui perse la durezza, ma la mano salì a fermarla.
«Non osare toccarmi! Non ti sto preparando e non sono un cliente!»
«Mi hai istruita di persona quando avresti potuto incaricare uno dei tuoi. Conosco a memoria il tuo corpo, so cosa ti fa impazzire, adoro la tua pelle, le tue labbra, il tuo calore. Oggi ho immaginato che fossi tu per riuscire a sopportare.»
«Etarmah! Prima vendevo vradak e mi occupavo del loro addestramento! È di me che mi fido! Li rendevo ineccepibili, perfetti! Chi non vorrebbe ricavare il massimo da un investimento?»
«Allora affinami, mashti. Non ho capito come muovermi con un uomo dentro.»
«Cosa!?» Iaradh la fissò attonito.
Lo sguardo addolorato di Denlya gli saettò allo stomaco.
«Sei una dannata…» emise il fiato e la rovesciò sul letto, prese a baciarla, aprendosi i vestiti con urgenza, come se non fosse mai stato con una donna «Tu sei pazza! Ti ho comprata, trasformata in una concubina! Per età potrei essere tuo padre, ti offrirò ad altri! Tentarmi non ti affrancherà!»
«Non m’importa! Io ti amo. Non ripetere che i Khai non lo fanno, per sopravvivere ho bisogno di un’illusione.»
«Sta’ zitta! Zitta!»
Si spinse in lei, infuriato con se stesso, lo smarrimento aumentò quando avvertì la differenza. L’amplesso gli bruciò le difese, come se non fosse l’insensibile padrone del serraglio più lussuoso di Mardan, come se quella fragile femmina, che lo voleva e lo accoglieva come qualcosa di inestimabile, per lui contasse. La tenne stretta finché non si esaurì e non si oppose alle carezze che parevano quelle di una legittima sposa. Le parole non vennero, per la prima volta il futuro lo inquietò.
«Quell’uomo» domandò contravvenendo alla regola basilare della sua attività «Puoi descriverlo?»
«No, ha preteso che mi bendassi. Però aveva i capelli lunghi e un’incisione sul polso, l’ho sentita prima che mi proibisse di toccarlo. Mi dispiace, mashti
Lui aggrottò la fronte: poteva essere una ferita, un tatuaggio particolare, per assurdo la bruciatura di un tylid. Non trasse alcuna conclusione.
«Iaradh. Chiamami Iaradh» mormorò.
 

 
«Perché non usate la spada, sommo Kalemi?» infierì Belker, la ferocia delle fiamme divampante dalle membra «Non è forse una lama divina?»
Il sovrano degli Immortali ansava, sfiancato da un combattimento lontano dal suo apice. Non si dette per vinto e radunò l’aura dall’io profondo. La concentrò e la rivolse all’avversario: questi ricevette il flusso senza subire danni.
«La vostra energia è acerba, una carezza per chi domina le battaglie!»
Rispose all’attacco, la piuma di fenice rovente sulla fronte, lo sguardo incandescente di rabbia millenaria. Alle sue spalle la piramide rifulse cupa, fagocitando l’essenza che scaturiva dallo scontro impari.
Manawydan si frappose, deviando il colpo: avvertì il polso piegarsi all’impeto nemico, le fiamme deflagrarono oltre la barriera di corallo nero, travolgendo gli astanti.
Eenilal arginò il peggio con l’emanazione bianca delle sue facoltà.
«Ogni volta che sfoderate le vostre abilità, l’ergon incrementa!» sogghignò Belker «Mi favorite oltre le aspettative!»
«Ha ragione!» enfatizzò Valarde «Se continuiamo di questo passo, non occorrerà attendere la caduta di Minkar!»
Kalemi sguainò, concentrato come se non fosse in mezzo a un duello epocale. Roteò la spada in senso antiorario, il tempo si riavvolse, la vitalità residua svaporò nell’atto. Fu costretto a sostenersi a Tasmi, che lo affiancò inquieto.
«Inutile!» sancì Belker, un sorriso di scherno sulle labbra «A meno che non riusciate a romperla, la piramide non restituisce l’energia!»
Il sovrano del pantheon strinse i denti. Se pur avesse posseduto i poteri necessari, la presenza della sorella lo avrebbe frenato. Fissò l’Arco tra le dita del dio ribelle: lo strale incoccato puntava al suo cuore immortale.
«Credo sia il mio turno» mormorò il dio della Battaglia.
«Non oserai!» tuonò Manawydan, la furia della burrasca nello sguardo.
La quiete dell’apeiron fu attraversata da un fremito, gli oceani dei mondi creati issarono flutti spaventosi in risonanza alla collera del loro padrone.
«Ti suggerisco di calmarti» lo canzonò l’avversario «E di spostarti da lì.»
Tese la corda all’orecchio in una posa splendida e terribile, avvertì l’aggancio della freccia e socchiuse gli occhi di bronzo, pronto a scoccare.
«Bel! No!»
Nonostante la supplica, il dardo partì, si smaterializzò davanti a dio del Mare e riprese corpo al bersaglio stabilito. Belker schioccò la lingua.
«Torna dentro, Azalee» ordinò, seccato.
La dea scrutò con orrore la ferita del fratello, un colpo di striscio che comunque gli aveva perforato il fianco.
«Non starò a guardare mentre fai del male a chi mi è caro!»
Gli occhi dei Superiori erano su di lei, delusi, atterriti o colmi di pietà.
«Andate via, vi prego!» li implorò in lacrime.
«Siamo venuti per te!» eruppe Valarde «Azalee, che ne sarà degli universi mortali!?»
«Ho la sua parola. Non lascerà che gli uomini muoiano.»
«E tu gli credi!? Non è amore, la vostra è un’ossessione!»
«Lo è. Ho cercato di annullarmi nel flusso del divenire, sperando che una più degna dea della Pioggia mi sostituisse. Bel non l’ha consentito. Siamo consapevoli che l’amore che ci lega sia una follia, ho promesso che resterò con lui a patto che non vi nuoccia. Se non rispetterà l’accordo, sopprimerò la mia essenza immortale e ciò che sta compiendo perderà senso.»
«Ti sta ingannando! L’eclissi è prossima, la perissologia è quasi completa! Non permetterà che tu manchi al sorgere della nuova genesi!»
«La fermerà, lo strappo non avverrà. Costruirà un luogo per noi e la guerra avrà fine.»
«Belker usa i tuoi sentimenti contro di te! Non pensi ai tuoi fratelli? Spezzerai loro il cuore!»
Azalee fece scorrere lo sguardo sull’inquietudine di Tasmi, sulla tristezza di Eenilal e sull’angoscia devastante di Kalemi: era pallido, dalla ferita sgorgava la linfa vitale, il respiro era un susseguirsi di ansiti rochi e dolorosi.
«Mi sapranno felice. Tornate al pantheon, vi scongiuro. Custodirò la promessa di mio marito e non dimenticherò nessuno di voi.»
Valarde abbassò i pugni. Ogni argomentazione o razionalità non aveva presa su quell’amore privo di logica.
Gli occhi verdi di Kalemi, accasciato nella stretta dei fratelli, erano un crogiolo di sofferenza. Si contrasse, impulsi feroci a trasportarlo sul sentiero del non ritorno.
«La vostra risposta?» esigette Belker, l’Arco levato in una silenziosa minaccia.
«Sei ferito» mormorò gentile Eenilal «Non hai scelta.»
Il sovrano celeste annuì, le labbra tremanti per l’umiliazione.
«Riportaci a casa, Manawydan.»
Il dio marino si volse al suo signore, la fronte aggrottata nel rifiuto interiore. Obbedì.
 
«State sanguinando!»
L’esclamazione di Elkira rimbombò tra le volte celesti all’apparire dei suoi pari.
«Nulla di grave» ribatté Kalemi, stringendo le dita al fianco «Sei riuscito a comunicare con Rhenn?»
«No, maestà.»
«Perché sei tornato?»
«Reputo indispensabile condividere quanto scoperto. Il principe della corona ha letto lo Shikin e ha intuito quanto mostrato dalle visioni. Non chiedetemi come.»
«Intende agire?»
«Per ora ha informato il fratello, sono certo che non si limiterà a guardare.»
«Se trovasse il Signore dei Khai sarebbe un insperato beneficio.»
«Ah, lo cercherà ma…» Elkira trasse il fiato frustrato «Per ucciderlo. Lo considera un pernicioso rivale e non tollera la possibile concorrenza.»
«Dannato orgoglio daamakha!» imprecò Kalemi «Mahati è dello stesso avviso?»
«Sì, più risoluto se possibile. Gli schiavi lo considerano un messia, le loro aspettative lo inaspriscono. Non ha ancora fatto la sua mossa, però ritiene che decapitare il discendente di Kushan sarebbe il farmaco adatto a curare le smanie egualitarie.»
«Un circolo vizioso» sospirò Valarde «Niente erede, niente quiete, acqua e amore per i Khai. Senza questi, il predestinato rimarrà anonimo.»
«C’è un aspetto positivo» mitigò il dio del Buio «La principessa Yozora è al corrente della questione e sta mediando affinché il marito e il cognato non prendano decisioni controproducenti.»
«La useranno per stanare gli hanran, soprattutto se sono convinti che il nemico appartenga alle loro fila» obiettò Eenilal.
«Resta il fatto che non è una Khai» borbottò Manawydan.
Tutti gli sguardi posarono su di lui, sorpresi dall’ovvietà dell’affermazione.
«Cioè… lei ama» spiegò impacciato il dio del Mare «E possiede la calma necessaria a gestire quelle teste calde.»
«Per tutte le ere!» sbottò Kalemi «La ragazza può trovarlo, è la chiave di volta! I figli di Kaniša si fidano, la proteggono, addirittura le concedono confidenza con gli shitai! Valarde, dammi un’opinione spassionata… sarebbe capace di insegnare l’amore a un Khai?»
«Sì, mio signore.»
«Siamo di nuovo nelle mani di una mortale?» stupì Elkira inarcando un sopracciglio.
«A quanto pare» confermò la dea della Montagna «Non esultiamo troppo presto, Yozora deve far pace con se stessa.»
«Che vuoi dire?»
«Soffoca l’amore che prova.»
«Perché!?» eruppe il sovrano degli Immortali «Per non dispiacere al marito? Sono il destinatario delle sue preghiere, farò sì che non tema le intemperanze dei demoni!»
«Maestà» sospirò la dea «Siete provato, lasciate che vi curino. Intanto vi dirò tutto.»
 

 
Mirai finì di accorciare la chioma. Fissò la propria immagine riflessa e impiegò più del previsto a riconoscersi.
L’incarnato aveva acquisito il colore del deserto e le iridi indaco spiccavano luminose, incorniciate dalle ciocche castane schiarite dal sole. In abiti femminili, nonostante la semplicità, non emanava l’aura marziale tipica del suo ruolo di custode.
La mente non è cambiata, la lealtà alla corona è la medesima.
Posò la spazzola e attraversò la grotta che fungeva da sala assembleare, reagendo frettolosa ai saluti dei presenti. Il falò era acceso, dall’apertura superiore sfavillava l’arancio intenso del secondo tramonto. I ribelli stavano cucinando e acceleravano le procedure, ansiosi di schermare i segni della loro presenza.
Aveva capito che la caverna era situata a ovest, ma era un indizio vago, le dune mutevoli non le consentivano di fissare il punto. Si era spinta oltre il torrente in secca, però l’assenza di riferimenti l’aveva disorientata: se non fosse stato per Elefter, non sarebbe tornata indietro.
Impensabile rientrare alla capitale a piedi.
Eppure un sistema lo aveva figurato, rischioso sotto molteplici aspetti: si stava risolvendo ad accettarlo come unica opportunità. Non era il timore a stimolare la proroga, bensì la certezza che, se fosse morta nell’Haiflamur, quanto aveva scoperto l’avrebbe seguita nelle dimore di Reshkigal.
Sollevò lo sguardo su una bambina che la fissava incuriosita. Era una Khai di una sessantina d’anni, con occhi ocra e un paio di trecce blu fermate da legni colorati.
Tsk, io alla sua età avevo passato il primo livello d’addestramento.
«Sei la donna di Elefter?» domandò a bruciapelo, lisciando la sabbia con il piede.
L’assurdità della richiesta le bloccò la voce in gola.
«C-come?»
«Lo sei o no?»
Mirai fu tentata di mandarla all’inferno, ma l’interesse vinse la partita.
«Perché lo chiedi?»
«Lui mi piace. Da grande lo sposerò, ma non voglio rubarlo a un’altra.»
«È tutto tuo. Non so come ti sia venuta un’idea del genere.»
«Perché ti porta dei regali.»
La nisenshi strabuzzò gli occhi senza capacitarsi.
«L’akacha di Mardan, le bacche dolci dell’Irravin e altro» elencò pignola la bambina.
«Li porta per tutti. Anzi, li ruba.»
«Non è vero! I frutti sono di chi li trova e i nostri amici lavorano l’aka ai sestieri della capitale! È un ringraziamento perché li aiuta! Tu sei bella, ti guarda così» la ragazzina mimò un’aria languida.
«Che… ha paura che scappi! Cosa vuoi saperne tu!»
«Un Khai non ha paura, lo sanno tutti!»
La piccola la piantò in asso, prese la sua razione di cibo e sparì.
Divino Belker, perché sono costretta a sopportare questo…
«Vedo che allarghi il cerchio delle amicizie!» la pizzicò il capo hanran.
«Verifico se traviate da subito le giovani menti.»
«E…?»
«Non c’è pericolo, i vostri cuccioli sono troppo stupidi per creare problemi.»
«Esagerata! Ikamna non se la cava male, con i finimenti e in cucina sa il fatto suo.»
«Così quando ce l’avrai in casa non ti farà mangiare muusi andato a male!»
Elefter spalancò gli occhi senza comprendere, poi le sedette accanto. Raccontò dell’incontro con la principessa salki e si godette la sua reazione sbigottita quando riferì che aveva sottratto l’acqua alle scorte di Mardan.
«La cosa è passata sotto silenzio e il Kharnot non è intervenuto.»
«Illuditi pure. Molla il pesce piccolo per una preda ambita.»
«Può darsi, di certo non ha annullato il vincolo con la moglie. Che ne pensi?»
«Che reputa gli accordi con Seera indispensabili, vista la penuria d’acqua.»
«Avrebbe delegato, invece ha proprio lasciato correre.»
«Per tenervi buoni e farvi sentire al sicuro.»
«Ostico ammettere che la ragazza gli è preziosa?»
«Non ho detto il contrario.»
«E se fosse qualcosa in più?» la stuzzicò Kamatar.
«Si infilerebbe la spada nel cuore.»
«Ah, non correrebbe qui da noi?»
Mirai lo fulminò con lo sguardo ma non raccolse la provocazione. Ribatté asettica.
«Grazie per aver riportato le parole che sua altezza Yozora ha speso per me.»
L’hanran le sorrise, osservando il recente taglio di capelli.
«Per farmi perdonare.»
«Che cosa?»
«Il principe Mahati la sposa al tempio. So che vorresti presenziare.»
«La tua faccia tosta è impagabile. Mi libereresti, se ti rincrescesse sul serio.»
Gli occhi cobalto di Elefter ammiccarono sfacciati. Aprì la sacca e ne trasse un involto di seta. Quando lo spiegò, divenne un meraviglioso abito ciclamino.
«Decisamente il tuo colore. Si intona alla pelle e agli occhi.»
«C-che significa!?» avvampò lei.
«Che ho buon gusto.»
«Non indosserò una veste rubata!»
«L’hanno tessuta le dorei delle sartorie reali. Sono fidate e, per inciso, il lavoro è stato pagato.»
«Non ti credo! E comunque non mi agghindo come una vanesia aristocratica!»
«Perfetto, ti preferisco al naturale. Ma per intervenire a una cerimonia è necessario l’abbigliamento formale, persino per le rudi nisenshi
«Le guardie reali assistono in uniforme!»
«Quando prestano servizio. Come invitate, la regola cade.»
Mirai lo fissò incredula.
«Hai esaurito le rimostranze?» sogghignò il giovane «Posso invitarti alle nozze del Šarkumaar
   
 
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