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Autore: Europa91    11/11/2023    1 recensioni
[Gojo x Sukuna]
[Yuji x Megumi]
[past Michizane x Sukuna][past Gojo x Geto]
“Forse potrà sembrarti una specie di favola, ma non lo sarà. Questa notte ti narrerò dello stregone più potente della storia e di come il suo destino abbia finito con l’intersecarsi con quello dello stregone più forte della nostra epoca”
Sei anni dopo la battaglia avvenuta a Shinjuku, Yuta Okkotsu ripercorre gli eventi del passato, convertendo una tragedia in storia della buonanotte.
[Spoiler per chi segue solo l’anime]
Questa storia partecipa al Writober 2023 di Fanwriter.it
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Geto Suguru, Gojo Satoru, Okkotsu Yuta, Ryōmen Sukuna
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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VII notte - Compassion






 

prompt: Vergogna


“Prima di vincere il tuo nemico, vinci la tua mente”

Jjk vol.5






 

Giappone

- Periodo Heian -



 

Più Ryoma cercava di non pensarci e più le parole dello stregone leggendario continuavano a vorticargli per la mente. La verità era solo una, Michizane lo considerava ancora un bambino, incapace di comprendere il significato o il valore di certi sentimenti. Non poteva biasimarlo, lui stesso aveva definito l’amore come un inutile spreco di tempo. Se solo lo stregone avesse saputo come il suo cuore accellerava di colpo ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, così come dei brividi che percorrevano il suo corpo quando inavvertitamente lo sfiorava o spettinava i capelli. 

Durante la primavera dei suoi quindici anni, il ragazzo che un giorno sarebbe diventato Ryomen Sukuna iniziò a prendere coscienza del sentimento che lo legava al proprio maestro. Il giovane albino era caduto vittima di quella stessa emozione che per lungo tempo aveva rigettato, credendosene immune. Come ogni cosa, avvenne attraverso un processo lento e graduale.

Sin dal loro primo incontro Michizane lo aveva incuriosito, attraendolo con la stessa forza di un magnete. Ryoma si era incantato spesso ad osservare quella figura perfetta quasi senza rendersene conto. Per lui Sugawara era un modello al quale aspirare. Uno stregone potente e temuto, il più forte della loro epoca. Anche se Michizane adorava interpretare la parte del buono a nulla, complice quell’aspetto delicato che lo portava più volte ad essere frainteso. Lo stregone era conscio della propria avvenenza e amava sfruttarla a proprio vantaggio. Aveva persino sviluppato una sua particolare versione della tecnica dell’inversione per mantenere quelle fattezze giovanili. 

Michizane amava comportarsi come un ragazzino anche se Ryoma non riusciva a fargliene una colpa.

Scoprire il passato di Sugawara, così come della sorte toccata alla giovane moglie lo aveva portato a leggere quei comportamenti sotto un’altra prospettiva. Anche Ryoma aveva perso qualcuno di importante, aveva seppellito sua madre e sua nonna a breve distanza, scavando il terreno gelato con le proprie mani. Non aveva incolpato nessuno, quella era la dura realtà del loro mondo, sarebbe toccato anche a lui se quel giorno non si fosse scontrato contro quel bellissimo stregone.

“Oggi sei davvero distratto, disgraziato-kun” le parole di Michizane lo riportarono alla realtà, insieme a due occhi dalle sfumature violacee che in quel momento si trovavano fin troppo vicini al suo volto.

“Mi stavo concentrando” sbottò cercando di regolarizzare il proprio respiro, ma venendo tradito dal rossore comparso sulle sue gote,

“Non sai proprio mentire” concluse lo stregone prendendo a giocherellare con il proprio ventaglio

“Non temere è una qualità che apprezzo molto, sei solo che mi abbia mai parlato con tanta franchezza, anche se la maggior parte delle volte quello che ricevo sono solo rimproveri” aggiunse divertito.

Ryoma si limitò ad una scrollata di spalle prima di riprendere con il proprio allenamento. Si vergognò di quei pensieri, così come dei comportamenti che assumeva in presenza di Michizane. 

Lo stregone leggendario lo osservò in silenzio.

“Devi alzare più il gomito. Immagina quel movimento nella tua mente, poi eseguilo” il ragazzino annuì prima di chiudere gli occhi e fare quanto detto.

Era una nuova tecnica che avevano sviluppato partendo dalle sue capacità. Era una sorta di tiro con l’arco. Ryoma si limitava a creare delle frecce infuocate con la propria energia malefica per poi scagliarle contro il nemico. Aveva ancora molto da imparare ma Michizane sembrava fiducioso oltre che entusiasta dei suoi progressi. La tua tecnica più potente comprendeva il taglio ma se la cavava egregiamente anche nel controllo degli elementi. Era un vero talento.

Sugawara lo vide scoccare una freccia, compiendo un centro perfetto. Sorrise.

Ryoma sarebbe diventato più potente di lui e avrebbe cambiato per sempre il volto della stregoneria. 

Il tempo gli avrebbe dato ragione.

 

***

 

Presente 

Tokyo

-Residenza Clan Gojo-



 

Quando Megumi riprese i sensi si trovò stretto fra le braccia di Yuji. Non ne fu particolarmente sorpreso, Okkutsu sapeva come gestire le sue crisi meglio di chiunque altro. Doveva averlo chiamato nel cuore della notte e quell’idiota non aveva esitato a raggiungerlo. Cercò di ricordare qualche dettaglio in più ma come sempre quando le voci nella propria mente cessavano, insieme a loro se ne andavano anche le memorie di quei momenti.

Si vergognò per il proprio comportamento ma fu questione di un istante. Megumi odiava mostrarsi tanto debole e vulnerabile anche se quella sensazione venne presto sostituita dal calore del respiro di Itadori e dal suo profumo. Per quanto si fosse sforzato Fushiguro non era riuscito a trovare una spiegazione razionale che potesse spiegare il proprio comportamento. Inspirò a pieni polmoni cercando di regolarizzare i battiti del proprio cuore anche se un sorriso spontaneo nacque sulle sue labbra al pensiero di come Itadori non avesse esitato a raggiungerlo.

Osservò il suo volto addormentato.

Quel ragazzino era sempre stato uno stupido impulsivo. Megumi lo sapeva fin troppo bene, ricordava ancora come avesse ingerito un feticcio solo per salvarlo, innescando una serie di eventi che avrebbero finito con il travolgerli. Per anni il giovane stregone si era incolpato dell’accaduto venendo però smentito dal diretto interessato.

In una fredda mattina di gennaio, Yuji gli aveva confidato della promessa fatta a suo nonno poco prima che morisse e Fushiguro si era sentito, per l’ennesima volta, un completo idiota.

In quell’occasione Itadori sorrideva ma i suoi occhi mostravano tutto il contrario. Lo Zenin ricordò di come avesse solo voluto abbracciarlo ma fosse finito con il trattenersi.

Non era mai stato facile cercare di definire il loro rapporto o tracciare una linea netta di confine. Megumi e Yuji erano stati amici, compagni di classe e avevano combattuto insieme numerose battaglie. Erano persino stati posseduti dallo stesso spirito maledetto, quel Re oscuro dalla cui influenza Fushiguro non sembrava riuscire a liberarsi.

L’ultimo degli Zenin rimase immobile per una manciata di secondi cercando di regolarizzare i battiti impazziti del proprio cuore che in quel momento minacciava di scoppiargli in petto. Non era una ragazzina alle prese con la prima cotta ma uno stregone di primo livello. Itadori era stato un compagno di studi e in seguito partner di lavoro. Trovarsi tra le sue braccia però aveva il potere di mandarlo in confusione. Fu allora che Yuji aprì gli occhi e per prima cosa gli sorrise. Si sentì uno stupido.

“Va un pò meglio?” gli domandò accarezzandogli i capelli. Megumi annuì provando a scostarsi da quella posizione compromettente. Itadori però lo abbracciò con slancio distruggendo qualsiasi proposito.

“Quando ho ricevuto la chiamata di Yuta-san per poco non ho preso un colpo.” il moro non si scompose, maledicendo se stesso e la propria vulnerabilità.

“Non eri tenuto a venire” sbuffò affondando il viso contro il petto del compagno, nel vano quanto inutile tentativo di fuggire da quel confronto. Itadori si lasciò andare ad un lungo sospiro, soffiando direttamente contro la sua testa. 

“Non potevo ignorare un amico in difficoltà” 

Amico. Yuji lo vedeva in quel modo. Megumi avvertì una lieve fitta all’altezza dello stomaco ma preferì fingere che non esistesse. 

“Mi dispiace” sussurrò cercando di apparire il più distaccato possibile ma fallendo nel tentativo,

“Non ci pensare. L’unica cosa che conta è che tu ti sia ripreso” Megumi odiò quello sguardo così come il sentimento che vi vedeva riflesso. Itadori era fin troppo sincero nei gesti come nelle parole. Erano opposti come il giorno e la notte. Finalmente decise di sciogliere quell’abbraccio.

“Non vorrei dipendere così tanto da te” si lasciò sfuggire. Yuji gli regalò l’ennesimo sorriso radioso, quasi ustionante.

“Non è un disturbo, se è sufficiente tenerti tra le mie braccia per scacciare la voce di Sukuna è un sacrificio che sono disposto a compiere volentieri” come sempre quel ragazzo non sembrava rendersi conto della pericolosità delle proprie parole o dell’effetto che queste avevano su Megumi.

“Sei proprio un idiota” ammise passandosi una mano sul volto ma prima che potesse aggiungere altro Itadori riprese a parlare,

“Yuta-san sta raccontando a Sayu-chan la storia dei suoi genitori, giusto?" il moro annuì abbattuto

“So che non farebbe mai nulla che possa metterla in pericolo ma è ancora così piccola” confessò non riuscendo a celare la propria preoccupazione,

“Compirà presto sei anni” gli ricordò Itadori

“Il tempo vola” 

Megumi faticava a credere che fossero già trascorsi sei anni da quel giorno, da quando Gojo Satoru gli aveva affidato sua figlia insieme alla promessa di un futuro migliore,

“Andrà tutto bene”

Perché gli risultava così difficile crederlo?

Itadori gli afferrò una mano, riportandolo nuovamente al presente.

“A cosa stai pensando?” Fushiguro sapeva di non avere scampo. Yuji era troppo vicino. Non poteva fuggire da quella domanda così diretta, né a quello sguardo,

“Vorrei ricordare di più riguardo quei giorni, ma quando mi sforzo finisco con l’udire solo la voce di Sukuna e questo mi fa impazzire” l’altro stregone annuì,

"Perché ricordare? Io non so cosa darei per dimenticare ciò che ho visto a Shibuya”

Megumi si diede nuovamente dello stolto. Itadori aveva sofferto sicuramente più di lui, aveva visto il suo corpo agire contro la propria volontà. Aveva assistito alla morte di numerosi innocenti senza poter fare nulla per impedirlo.

“Stai ancora pensando troppo, rilassati o finirai con l’avere un’altra crisi” lo prese in giro

“Vorrei non essere tanto condizionato dal passato”

“Ryomen Sukuna era il Re delle maledizioni. Aveva un’energia immensa, penso sia normale che il tuo corpo abbia finito con l’assorbirne una parte”

“A te però non è successo”

“Uffa, vuoi davvero continuare con questi discorsi assurdi?” Megumi trattenne a stento una risata,

“Hai ragione non vorrei correre il rischio di surriscaldare troppo quei due neuroni che possiedi” Itadori rispose con una linguaccia,

“Questa era cattiva”

In quel momento la porta scorrevole della stanza si aprì e un piccolo uragano dai capelli candidi come la neve si gettò su di loro. Megumi si allontanò di scatto da Yuji anche se le loro posizioni non erano in alcun modo compromettenti.

“Fratellone” Sayuri si era gettata tra le braccia dello Zenin e per poco non erano finiti entrambi a terra.

“Scusate ma non sono riuscito a trattenerla. Non appena ha scoperto che avevate passato la notte qui ha insistito per vedervi” spiegò Yuta comparendo oltre la soglia d’ingresso,

“Spero di non aver interrotto qualcosa” mormorò notando le condizioni della stanza e di come un solo tatami fosse stato utilizzato.

Megumi arrossì mentre Itadori si limitò a rispondere,

“Assolutamente no ci siamo appena svegliati” Yuta però si accorse di una lieve stonatura nel suo tono di voce così come dell’espressione di pura vergogna e imbarazzo comparsa sul volto di Fushiguro.

Prima o poi quei due avrebbero dovuto far chiarezza sui rispettivi sentimenti ma non era affar suo, come leader del Clan Gojo aveva già fin troppe cose delle quali occuparsi. 

“Fratellone Megumi, zietto Yuji restate per la colazione?” la voce di Sayu catturò l’attenzione degli stregoni presenti, così come il suo sorriso. Era incredibile come tutti loro fossero schiavi di quella bambina fin troppo simile al loro maestro.

“Se non ti dispiace Fushiguro-kun vorrei affidarti Sayu per il resto della giornata. É stata richiesta la mia presenza per esorcizzare un paio di maledizioni fuori città” lo Zenin annuì poco prima che la bambina iniziasse con il manifestare il proprio disappunto,

“Devi già andare via? Me lo avevi promesso Yuta” Okkotsu le mise una mano fra i capelli, in una carezza gentile

“Lo sai qual è il compito di uno stregone di livello speciale”

“Okkotsu-san è il più forte, dovresti essere fiera di lui” aggiunse Itadori 

“I miei genitori erano i più forti” ribatté con decisione. Era in quegli istanti che si poteva notare tutta la somiglianza con Sukuna. Megumi non riusciva ad impedirsi di pensarlo. Fisicamente Sayuri era la copia carbone di Satoru ma per quanto riguardava il carattere troppo spesso si intravedeva la stessa arroganza e sfacciataggine possedute dal Re delle maledizioni. 

Sayu aveva appena utilizzato un tono che non ammetteva repliche, come una piccola despota capricciosa.

“I tuoi genitori erano i migliori. Non sarò mai al loro livello, la sola che potrà mai superarli sei tu, Sayu” Yuta con poche parole riusciva sempre a calmare quella piccola calamità naturale, che in pochi secondi era tornata a sorridere radiosa,

“Diventerò una strega bravissima, ancora più forte dei miei papà” annunciò con rinnovato vigore.

“Va pure Yuta, ci penserò io a proteggere il fratellone Megumi” Okkotsu e Itadori scoppiarono a ridere,

“Non sono io la principessa da proteggere” sbottò il moro fintamente offeso. Yuji gli si avvicinò appoggiando una mano contro la sua spalla,

“Ahaha non so se sono disposto a cederti a Sayu-chan, dopotutto questa notte sei stato la mia principessa” sussurrò contro il suo orecchio. 

Yuta notò quel breve scambio di battute e finì con lo scuotere il capo. 

“Vieni Sayu iniziamo ad andare, vi aspettiamo per la colazione” si limitò a mormorare prendendo la bambina per mano lasciando ai due kohai un pò di intimità.

“Uffa volevo giocare ancora con il fratellone e lo zio Itadori”

“Lo potrai fare quando avrai terminato con le lezioni. Diventare la strega più forte implica anche studio”

“Non mi serve, io sono un talento naturale” si lamentò gonfiando le guance.

Yuji e Megumi si trovarono a sorridere.

“Okkotsu-san è un ottimo genitore vero?” Fushiguro annuì,

“Gojo sensei lo sapeva, per questo gli ha affidato Sayuri”

“Io non potrei mai separarmi da mia figlia” Itadori pronunciò quelle parole quasi senza riflettere, pentendosene un istante dopo, anche Megumi aveva perso la propria famiglia ed era stato affidato a Gojo.

“Era l’unico modo per garantirle un futuro. Una vita felice” 

Megumi non ricordava molto riguardo al periodo in cui il suo corpo era stato posseduto da Sukuna. Nella confusione che albergava nella propria mente però vi era una sola certezza. Gojo Satoru aveva amato la propria figlia sin dal primo istante, la scelta di separarsene non era stata facile ma sofferta. 

“Avrebbero meritato un finale diverso” Fushiguro avrebbe tanto voluto condividere la speranza di Yuji, la sua fiducia nel prossimo, ma vi era un qualcosa che glielo impediva.

Sayuri non era solo la figlia di Gojo Satoru ma anche di Ryomen Sukuna. I suoi sentimenti verso quel mostro non sarebbero mai mutati. Era un assassino, cinico, spietato e senza cuore. Aver dato alla luce quella bambina non sarebbe bastato a redimerlo dai propri peccati. 

Megumi non poteva scordare di come avesse giocato con le vite di tutti loro, di come lo avesse privato di Tsumiki o ferito il proprio senpai. Una parte di Fushiguro si rifiutava di vederli insieme. Era un concetto che la sua mente non riusciva ad elaborare o accettare. Neppure quando Satoru gli aveva posato Sayu tra le braccia vi era riuscito. Era semplicemente troppo.

“Smettila di fare quella faccia” le parole di Itadori lo riportarono nuovamente alla realtà,

“Che faccia starei facendo?” domandò alzando lievemente un sopracciglio,

“Stai ancora pensando a Sukuna e al sensei insieme” era incredibile come Yuji riuscisse a leggerlo e vedere oltre i suoi comportamenti, era sempre rimasto affascinato da questa sua capacità

“Sayuri somiglia così tanto a entrambi” Itadori annuì con un cenno del capo,

“Davvero, è bellissima come Gojo sensei ma testarda come Sukuna. Diventerà una strega eccezionale”

“Come fai ad accettarlo?” Yuji prese un lungo respiro mentre cercava le parole che meglio avrebbero potuto descrivere il proprio stato d’animo,

“Perchè ho avuto modo di conoscere entrambi. Gojo sensei era il migliore ma penso che fosse intrappolato nel proprio ruolo. Per Sukuna era lo stesso. Entrambi avevano perso qualcuno di importante e forse è stato quel dolore ad avvicinarli. Dopo l’arrivo di Sayu-chan sono arrivato a pensare di come in fondo fossero simili”

“Qualcuno di importante?” Megumi stentava a crederlo. Sapeva di Gojo e del suo rapporto con Suguru Geto ma era la prima volta che udiva quella storia sul Re delle maledizioni. Itadori accennò ad un sorriso comprensivo,

“Un tempo anche Sukuna era un essere umano, ha sofferto e amato come tutti noi”

Quella verità colpì Fushiguro come una doccia fredda.


***


Giappone

- Periodo Heian -


Michizane si immerse nell’acqua bollente beandosi di quella sensazione di calore contro la propria pelle. Avevano raggiunto una piccola stazione termale e con grande disappunto del proprio compagno di viaggio, lo stregone leggendario aveva deciso di soggiornarvi per qualche giorno. In fondo anche riposare il corpo e la mente faceva parte dell’allenamento di uno stregone. Ryoma aveva borbottato contrariato iniziando ad assumere un atteggiamento scontroso che malgrado tutto Sugawara non poteva fare a meno di trovare adorabile.

Nel periodo trascorso insieme quel piccolo disgraziato era cresciuto sia in altezza che prestanza. Ryoma aveva quasi sedici anni, era nel pieno del proprio sviluppo fisico e spirituale. Stava sbocciando, diventando sempre più abile nell'uso dell’energia malefica anche se non era ancora riuscito a completare il proprio Dominio, aveva comunque raggiunto risultati eccezionali in poco tempo. A Michizane sarebbe piaciuto prendersene tutto il merito ma in realtà era quel ragazzino ad essere un vero prodigio.

Un’ipotesi tornò prepotentemente a farsi strada nella mente dello stregone. Ryoma aveva più volte accennato a suo padre come al fatto di non conoscere nulla su di lui. Poteva trattarsi di un membro di una delle tre grandi famiglie così come di un comune plebeo. La quantità di energia malefica posseduta da quel ragazzino poteva facilmente rivaleggiare con quella dello stesso Michizane ed era stato questo a porre il primo campanello d’allarme nella mente dello stregone leggendario.

Ryoma apparteneva al Clan Gojo o forse era uno Zenin? Avrebbe escluso i Kamo ma solo perchè conosceva abbastanza bene la loro tecnica di manipolazione del sangue. Si abbandonò ad un lungo sospiro prima di immergersi completamente in quel calore. Fu allora che Ryoma si gettò nella fonte con un tuffo che lo colse di sorpresa.

“Sei davvero un ragazzino” sbuffò levandosi dagli occhi alcune ciocche di capelli. Il giovane albino seguì ogni suo movimento come incantato.

Non vi era alcuna traccia di rimprovero nella voce dello stregone, come sempre Sugawara si era limitato ad esporre un fatto. Ryoma tornò a sfidarlo con lo sguardo, cercando di riprendersi dalla visione eterea che aveva davanti agli occhi. 

“Siete stato voi a insistere per riposare, ed è quello che sto facendo” si sentì in dovere di obbiettare ostentando una sicurezza che in quel momento non era certo di possedere,

“Buttandoti in acqua come un pazzo?” il più giovane gonfiò le guance

“É la mia prima volta alle terme” ammise con un velo di imbarazzo. Lo sguardo di Michizane si addolcì. A volte si dimenticava delle loro differenti estrazioni sociali, ciò che per lui poteva essere etichettato come banale o un semplice passatempo per Ryoma rappresentava una novità. 

Era bello riscoprire quel mondo insieme. O forse lo era osservandolo attraverso le reazioni del proprio apprendista. 

“Se ti piacciono potremo sempre tornarci” gli promise. Ryoma finse di pensarci. Non gli dispiaceva l’idea di immergersi nell’acqua bollente, era davvero un sollievo per i propri muscoli indolenziti. L’unica cosa alla quale riusciva a pensare in quel momento però era lo stregone mezzo nudo a pochi metri da lui.

Sugawara Michizane completamente fradicio e immerso fino alla vita era un’immagine che difficilmente avrebbe scacciato dalla propria mente.

“Sicuro di star bene?” lo stregone gli si era avvicinato e aveva posato una mano sulla sua fronte. Il ragazzo rabbrividì per quel contatto.

“Forse dovresti uscire dall’acqua, non vorrei mai che ti venisse un colpo di calore. La pressione può giocare dei brutti scherzi” Ryoma avrebbe tanto voluto dissentire ma ogni protesta gli morì in gola. Fece quanto detto, sperando che Michizane non avesse notato gli effetti che la propria vicinanza aveva provocato.

Raggiunse la propria stanza abbandonandosi sul tatami, rimanendo a fissare per diversi secondi l’erezione comparsa tra le sue gambe. Non si era mai vergognato tanto. Ryoma aveva cercato di fare il possibile per soffocare quel sentimento ma non era servito. Si arrese di fronte all’evidenza. Si era innamorato di Michizane Sugawara. Lui che per lungo tempo aveva pensato di essere immune ad ogni emozione.

Avvicinò una mano al kimono, cercando di rimediare a quella situazione prima che lo stregone leggendario potesse accorgersene. Venne nel giro di pochi minuti. Per tutto il tempo non aveva fatto altro che pensare al proprio maestro, ai suoi capelli bagnati e a quello sguardo dalle sfumature violacee, ma anche ai muscoli di quel petto allenato o al suono della sua voce. 

Giurò a se stesso che non sarebbe ricapitato.

Ryoma aveva solo sedici anni e Michizane non era altro che il suo primo amore. Se ne sarebbe presto dimenticato.

Dal canto suo, lo stregone aveva iniziato ad intuire quali sentimenti turbassero l’animo del proprio apprendista. Per tutta la vita aveva assistito a schiere di uomini e donne pronti a cedere di fronte al suo fascino. Ryoma però era diverso, come lo era l’affetto che provava nei suoi confronti. Non voleva illuderlo né riempirlo di promesse o false speranze. 

In fondo si trattava solo di una cotta passeggera, con il tempo sarebbe svanita.

Era un uomo adulto e come tale si sarebbe comportato. Afferrò un asciugamano e si incamminò verso le proprie stanze. Si fermò per qualche minuto davanti alla porta di Ryoma. Riuscì ad udire perfettamente il suono dei suoi sospiri così come il suo nome, scandito al ritmo di una poesia, lasciare le sue labbra. 

Si rivestì in fretta e furia per poi recarsi nella prima sala di piacere nelle vicinanze. 

Preferì non indugiare troppo sui motivi del proprio comportamento. 

Michizane Sugawara era diventato fin troppo abile nel mentire a se stesso.

 
  
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