Anime & Manga > Slam Dunk
Segui la storia  |       
Autore: Ghostclimber    12/11/2023    1 recensioni
Hanamichi è un Genio.
No, non il Genio del Basket, non questa volta.
Hanamichi è un Djinn.
Disgraziatamente, sarà Rukawa a liberarlo.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

...già che c'ero...
Mitsui dalla regia: "Poi magari tipo stai zitta per mezz'ora?" NEVER GONNA HAPPEN!!
Battete un colpo se gradite <3






Hanamichi e Rukawa si erano dati appuntamento al passaggio a livello.

Hanamichi era in ritardo di un paio di minuti, e quando arrivò Rukawa lo stava aspettando, bellissimo con quei pantaloni neri e la giacca di lana che gli calzava alla perfezione; se non fosse stato chiaramente imbarazzato e in preda all'evidente dubbio su cosa avrebbe dovuto farsene delle braccia, sarebbe stato un'apparizione mistica.

Hanamichi attraversò le rotaie e disse: "Ciao!" Si domandò perché mai dovesse sentirsi un coglione salutando come aveva sempre salutato i coetanei.

"Ciao," rispose Rukawa, con l'aria di uno che si stava facendo la stessa identica domanda.

"Allora, andiamo?"

"Nh. Fammi strada." Hanamichi si incamminò, e Rukawa finalmente si risolse a ficcarsi le mani in tasca per risolvere il dilemma delle braccia.

"Bella giornata," disse Hanamichi, "Tira vento ma è caldino."

"Dobbiamo passare molto tempo a parlare di cazzate a caso?"

"Tu non lo sai, ma un tempo qui era tutta campagna!" rispose Hanamichi. Si ritrovò a sentirsi molto fiero di sé: Rukawa si era lasciato scappare un sorriso.

"Vorrei dire che non esistono più le mezze stagioni, ma oggi è proprio primavera," disse, piano, come se stesse cercando di capire se suonava come un cretino oppure no. Hanamichi rise.

"Intuivo che non sei il tipo da chiacchiere inutili," disse, "Ma prima di cominciare a parlare io devo sgasare un po' tipo i tamarri con la moto, e poi il bar che ti dicevo è vicino, non mi va di interromperci a metà."

Rukawa sembrò pensarci su, poi disse: "Ha senso." Sembrava meditabondo e concentrato, come se qualcuno gli stesse spiegando cose importanti. Per qualche motivo, Hanamichi sospettò che dal suo punto di vista fosse così.

"Prima volta?" chiese, "Che esci con qualcuno, dico."

"Sì. E tu?"

"No, ti sembrerà assurdo ma alle medie avevo una fidanzatina," rispose Hanamichi, "E sono uscito due volte anche con Haruko."

"Stavate insieme?" chiese Rukawa.

"Nah, però eravamo solo io e lei e io ero cotto marcio." Rukawa tacque.

"Però è la prima volta che esco con un maschio, dico uscire uscire, non andare al cazzeggio, quindi non pensare di essere l'unico in imbarazzo!"

"Io non sono in imbarazzo," protestò Rukawa.

"Le palle le saprai tirare, ma non le sai dire, sai?"

"Dico davvero," ribadì Rukawa, con un tono di voce strano, "Non sono in imbarazzo."

"Aha?"

"Me la sto facendo sotto." Hanamichi ci mise un secondo a capire che era una battuta, poi scoppiò a ridere.

"Okay, Rukawa, questa era buona, inaspettata ma buona!" gli batté una mano sulla schiena, e fu ricompensato dal notare che Rukawa sembrava essersi un po' rilassato.

Arrivarono al bar, un posticino non proprio facile da trovare in una via secondaria della litoranea, entrarono e Hanamichi prese le redini: "Buongiorno, avete posto per due? Magari un separé." la ragazza al bancone annuì senza commentare e li portò verso un separé d'angolo, con vista su un giardino incolto.

Lasciò loro due menù e promise di tornare nel giro di un paio di minuti. Rukawa aprì il menù e gli diede un'occhiata, ma Hanamichi non si mosse.

"Che fai, non scegli?" chiese Rukawa.

"So già cosa prendere," rispose Hanamichi, "Tu piuttosto, seconda riga di pagina due." Rukawa aggrottò la fronte e abbassò lo sguardo sul menù. Tempo di leggere, e si illuminò come un albero di Natale.

"Hai scelto?"

"Cazzo, sì."

"Ti ho portato qui apposta," ammise Hanamichi. Rukawa si guardò attorno, come impaurito.

"Ehi," disse Hanamichi, "Va tutto bene, non mordo, oggi sono vestito bene quindi nemmeno ti picchio, altrimenti poi quando torno a casa prendo anche il resto dalla zia."

"Vivi con i tuoi zii, quindi?" chiese Rukawa.

"Avete già deciso?" li interruppe la cameriera.

"Sì," rispose Hanamichi per entrambi, "Per me un Cinna Boom, e per lui un Charlie Brown."

"Molto bene!" la cameriera si segnò l'ordine, sorrise e li lasciò di nuovo soli.

"Comunque sì," disse Hanamichi, "La sorella di mia mamma e suo marito. Non hanno figli, mia mamma ha rinunciato alla patria potestà e loro si sono fatti avanti."

"Ti trovi bene con loro?"

"Direi di sì, sono forti per avere cinquant'anni," rispose Hanamichi, "E casa tua com'è messa? Se posso."

"Vivo con i miei, sono ancora sposati, niente da segnalare. Figlio unico."

"Fammi indovinare, per te questo rientra ancora nei convenevoli?"

"Nh."

"Preferisci passare a temi filosofici mentre aspettiamo che la cameriera ci interrompa portandoci le cioccolate?"

"Sono un disastro."

"Nah, e piantala."

"Perché tu sembri a tuo agio e io no, allora?"

"Perché io sono abituato a fare il pagliaccio quando mi viene da urlare e scappare via."

"Vorresti andartene?" chiese Rukawa. Lo sguardo ferito sul suo viso quasi spezzò il cuore a Hanamichi.

La cameriera arrivò con le cioccolate, e le dispose davanti a loro insieme a un piattino di biscotti. Hanamichi attese che si voltasse, poi allungò la mano e toccò il gomito di Rukawa.

"Era un modo di dire," spiegò, un po' perplesso.

"Sono autistico," sbottò Rukawa, "Asperger. Non capisco i modi di dire e non capisco la gente. Scusa."

"Scusa di che?" ribatté Hanamichi, sinceramente smarrito.

"Io… perché sono strano."

"Merda, Rukawa, e io ti sembro normale invece?" Hanamichi rise, "Dai, assaggia la tua cioccolata e dimmi com'è." Rukawa abbassò lo sguardo e prese in mano il lungo cucchiaino posato sul piattino della tazza. Lo immerse fino a raggiungere la cioccolata sotto alla panna, raccogliendo anche un po' di granella di arachidi, poi se lo portò alla bocca. Hanamichi si impose di non imitarlo: non se la voleva perdere.

"Nh!" disse Rukawa, gli occhi luccicanti di emozione.

"Buono, eh?"

"Cazzo, sì. Ed è densa!" Hanamichi aprì la bocca per parlare, poi si morse la lingua prima di dirgli che l'avrebbe baciato, a vederlo così felice.

"Sai, mi hai stupito," disse dopo un paio di cucchiaiate, "Pensavo che mi avresti chiesto l'America. Letteralmente." Rukawa prese un tovagliolino e si pulì la bocca. Hanamichi attese che parlasse.

"Non sono più tanto sicuro di volerci andare," disse infine.

"Prego?" chiese Hanamichi.

"Ce lo vedi uno come me in America? A quei cazzo di… party dove la gente si sbronza fino a non capire più niente, o in classi enormi a sentir parlare un professore e capire una parola su dieci."

"E quindi, cosa vuoi fare da grande?" chiese Hanamichi, "ci hai già pensato?" Rukawa arrossì e bofonchiò qualcosa.

"Non ho capito."

"Veterinario," ripeté più chiaramente Rukawa, se possibile arrossendo ancora di più. Sembrava certo che Hanamichi lo avrebbe preso in giro per il resto della vita.

Hanamichi, inutile dirlo, non ci pensava nemmeno. Si alzò dal suo posto e si sedette di fianco a Rukawa, che sussultò.

"Allora mi spiace tanto ma ti servo."

"In che senso?" chiese Rukawa. Si era allontanato d'istinto, ma ora si stava avvicinando con cautela.

"Se impari a mettere i cerotti a me, te la caverai alla grande con le bestie feroci." Rukawa lo fissò come se uno dei due fosse improvvisamente impazzito e lui non fosse in grado di capire chi.

Le sue labbra erano così vicine… Hanamichi si accorse di arrossire, e della forza gravitazionale esercitata dalla bocca si Rukawa, ancora un po' sporca di panna ad un angolo.

Hanamichi inclinò il mento in avanti, sfiorando il naso di Rukawa con il proprio. Sentiva il suo respiro sulla pelle.

Rukawa sospinse il viso in avanti e gli depositò un bacio sulla bocca, lieve lieve, quasi come se non fosse certo di ciò che stava facendo.

Hanamichi alzò le mani ad accarezzargli i fianchi; ora sentiva il suo respiro anche sotto le dita, e osò baciarlo a sua volta. Rukawa gli prese il viso tra le mani, e si scambiarono un terzo bacio.

"Spero che nessun San Bernardo reagisca così alla vaccinazione," disse Rukawa in un soffio. Hanamichi rise, buttando la testa nell'incavo del suo collo, poi tornò al proprio posto, pensando che forse Rukawa aveva bisogno di tempo per processare quel che era successo.

"E tu, progetti per il futuro?" chiese Rukawa, come se nulla fosse, ma un tremito nella sua voce tradiva la sua emozione.

"Vorrei provare con fisioterapia," ammise Hanamichi.

"Posso chiamarti per nome?" chiese Rukawa, senza la minima soluzione di continuità.

"Solo se posso farlo anch'io." Rukawa annuì, poi disse: "Hanamichi."

"Kaede," rispose il rosso, poi: "Ti vuoi mettere con me?"

Rukawa sgranò gli occhi ed esitò prima di rispondere, forse aspettando di capire se fosse una presa in giro. Poi si torse le mani, che tremavano, e annuì.

Infine si sciolse in un gigantesco sorriso.

"Woah, vacci piano!" esclamò Hanamichi, "Con quei sorrisi fai fuori la gente, ce l'hai il porto d'armi?"

"Idiota," disse Rukawa, cercando di camuffare il sorriso con una cucchiaiata di cioccolata calda.

"Volpaccia," rispose Hanamichi, sorridendo.

 

*****

 

L'appuntamento andò alla grande. Rukawa altalenava tra momenti di mutismo in cui faticava ad articolare le parole e infiniti monologhi quando la conversazione si spostava su qualche argomento che gli stava a cuore, e Hanamichi sentì che si stava innamorando ogni minuto di più.

Dopo qualche tempo, si accorsero che l'atmosfera nel bar era cambiata: non c'erano più tutti i ragazzini e le coppiette di adolescenti che l'avevano popolato nel pomeriggio, ma cominciava poco a poco a riempirsi di adulti, per lo più soli o in gruppi poco numerosi, e al profumo di cioccolato e dolcetti si era sostituito un più amaro sentore di birra e alcolici.

"Credo sia ora di tornare a casa, Kaede," disse Hanamichi.

"Perché il tempo deve passare?" bofonchiò Rukawa, alzandosi di malavoglia.

"Perché altrimenti mancherebbe un sacco ai prossimi allenamenti di basket," rispose Hanamichi, spingendolo fuori dal separé con una carezza tra le scapole camuffata da manata.

Rukawa trottò fino alla cassa e ribadì: "Avevamo detto che offrivo io." Hanamichi alzò le mani in segno di resa, Rukawa pagò il conto ed uscirono.

Le strade erano già quasi del tutto buie, illuminate solo dalle luci dei lampioni che si riflettevano sul mare calmo che lambiva la strada costiera.

"Sei sempre così?" domandò Rukawa a bassa voce. Il dorso della sua mano sfiorò quello di Hanamichi.

"Così come?"

"Che riesci a trovare un lato positivo nelle cose." Rukawa parlava guardando a terra, e la penombra non era sufficiente a nascondere il suo rossore; la sua mano sfiorò di nuovo quella di Hanamichi, che se ne impossessò e intrecciò le dita alle sue.

"Beh, io ci provo. Non ci riesco sempre, ma ci provo."

Rukawa non rispose per un bel po'. Erano ormai al passaggio a livello, quando infine bisbigliò: "Bello."

Il cuore di Hanamichi mancò un battito e poi lo recuperò con gli interessi.

"Ti accompagno fino a casa?" chiese.

"Mi piacerebbe," disse Rukawa.

Camminarono mano nella mano per qualche minuto, poi Hanamichi chiese: "I tuoi… sanno che uscivi con me?"

"Sì, e anche in che senso uscivamo insieme," rispose Rukawa, "È il bello e il brutto di me, prima o poi la verità mi esce, che io lo voglia o meno."

"Che è successo?"

"Era la millesima volta che mi chiedevano se per caso non ci fosse qualche ragazza che mi interessava a scuola, io ero stanco e mi sono lasciato scappare che una ragazza proprio no."

"Woah, bella botta…" commentò Hanamichi, poi aggiunse: "Ma ti vedo tranquillo, quindi devono averla presa bene."

"Ci hanno messo un giorno esatto. La sera dopo, sempre a cena, mi hanno chiesto se per caso non ci fosse qualche ragazzo che mi interessava a scuola." Hanamichi rise.

"Fantastico! E tu?" Rukawa arrossì: "Io ho parlato di te per quasi un'ora."

"Orpo, quindi sanno chi sono, questa non me l'aspettavo!"

"Ti distur…"

"Kacchan!" chiamò una voce femminile. I due ragazzi alzarono la testa: in una piccola veranda ben tenuta stava una donna molto bella con un innaffiatoio giallo in mano.

"Ciao, mamma. Lui è Hanamichi."

"Ciao tesoro, e ciao Hanamichi, finalmente ti conosco!"

"Rukawa san, è un piacere," disse Hanamichi, facendo un goffo inchino.

"Passato un bel pomeriggio?" Rukawa annuì, e Hanamichi disse: "Meraviglioso."

"Kaori," chiamò un uomo da dentro casa, "Kacchan è tornato?"

"Sì, e…" il padre di Rukawa apparve sulla porta e Hanamichi sbottò: "Porca miseria, vedo che uscire brutto non ci saresti riuscito neanche a provarci!" Per un istante, cadde un silenzio interdetto, poi Kaori rise.

"Un complimento è quel che ci vuole per rallegrare una domenica sera!" disse. Hanamichi ridacchiò e si grattò la nuca, imbarazzato.

"Tu devi essere Hanamichi," disse il padre di Rukawa, facendo un passo avanti per porgergli la mano, "È un piacere conoscerti."

"Piacere mio," rispose Hanamichi, stringendogli la mano. "Beh," disse poi, "Adesso che ho fatto la figuraccia del giorno direi che posso andare a casa. Ci vediamo domani a scuola, Kaede."

"Nh," rispose lui. Hanamichi non fece in tempo a sentirsi deluso dalla sua scarsità di parole: Rukawa si alzò in punta di piedi e lo baciò sulle labbra.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Slam Dunk / Vai alla pagina dell'autore: Ghostclimber