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Autore: Doctor Nowhere    17/11/2023    1 recensioni
Uro è un minotauro che si è votato a Nemesi, dea della vendetta, per portare giustizia dovunque lo porti la sua strada.
Un giorno, in una taverna, incontra Amalia, una vecchia barda, che gli propone di accompagnarla in un'importante missione, per salvare una povera donna incapace di trovare conforto e riposo persino nella morte...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uro pose l’ultima fascina sulla catasta. Fece qualche passo indietro. Qualche manciata di legnetti e un albero abbattuto, messi insieme in un angolo della ziqqurat. Non il massimo come pira.

I primi raggi del Sole fecero capolino oltre il manto della foresta che li circondava.

Il minotauro si passò una mano sulla nuca e si voltò verso Nahor: “Sei sicuro di volerla fare qui? Per me non è un problema portare tutta questa roba fino in cima. Se non ricordo male, la cantastorie diceva che era quello il punto dove si facevano i riti…”

Il ragazzo sollevò il corpo senza vita di Klitandra “Ti ringrazio, Cavaliere, ma preferisco così. Noi Vagabondi non preghiamo i nostri dèi in grandi edifici. E poi” depose sua madre in cima alla legna raccolta “Quale mortale può essere così arrogante da pensare di poter costruire un santuario più maestoso della volta celeste?”

Amalia, seduta sulla pietra poco distante, si sfiorò il mento: “Una riflessione affascinante. E dimmi, Nahor, davvero preferite bruciare i vostri corpi, piuttosto che seppellirli?”

Il giovane sollevò le spalle e aprì le labbra in un sorriso amaro: “Noi non costruiamo città, non possediamo case. Vaghiamo senza una meta. Non sapremmo che farcene di un luogo dove onorare i defunti.” si chinò e baciò la fronte di Klitandra. Si raddrizzò. Aveva gli occhi lucidi: “C’è anche un’altra cosa. Attraverso il fuoco, noi liberiamo lo spirito dei nostri cari dalla prigione della carne, così che possa viaggiare senza quel peso che non gli è più necessario” singhiozzò “Almeno, mia madre mi diceva così…”

Uro alzò le spalle. Contenti loro… “Possiamo procedere, allora?”

La cantastorie alzò un dito: “Solo un istante. Nahor, non vorrei essere irrispettosa. Nei vostri funerali, come vedete la musica? È qualcosa che gradite o la considerate sacrilega?”

“Oh” Nahor si portò un pugno sulle labbra “Vi prego, Amalia, suonate. Non osavo chiedervelo, ma…” deglutì “Mia madre adorava la musica. Sono certo che apprezzerebbe moltissimo.”

La donna annuì, e imbracciò il suo liuto. Fece un cenno con la testa a Uro: “Vai pure”

Le note della barda aleggiarono e pervasero l’atmosfera, lente e dolci.

Il Cavaliere estrasse la spada e l’avvicinò alle labbra: “Divina Nemesi–”

Le fiamme divamparono. Uro sbatté le palpebre. Non aveva finito la preghiera… che strano. E le fiamme erano tornate rosse, come sempre. Chissà perché. Si riscosse. Non c’era tempo di farsi domande. Conficcò la lama nella pira funebre, ai piedi del corpo.

Fece un passo indietro e si inginocchiò: “Riposa in pace, Klitandra, del popolo dei Vagabondi. I tuoi dèi ti accolgano, e ti perdonino.”

La voce di Amalia si unì alla melodia, un canto sommesso, senza parole. Una canzone funebre per quella donna che tanta sofferenza aveva subito e che tanta sofferenza aveva sparso. Le fiamme avvolsero il suo corpo, e il fumo nero salì al cielo, sparso e portato chissà dove dal vento.

Uro si levò in piedi e voltò le spalle alla pira.

Nahor si asciugò le lacrime: “Addio, mamma…” tentò di dire qualcosa in più, ma gli uscì solo un gemito.
Le note di Amalia rallentarono e sfumarono. L’unico rumore fu lo scoppiettare delle fiamme.

La barda ripose il liuto: “Dimmi Nahor… tu non hai un posto dove andare, vero?”

Nahor annuì.

La barda gli tese la mano: “Beh, puoi unirti a noi, finché non trovi una carovana della tua gente, o qualcosa di meglio da fare della tua vita.”

Uro inarcò un sopracciglio: “Un momento, cantastorie, cosa vuoi dire? Tu non avevi in programma di rinchiuderti in questa reggia e studiare tutto ciò che conteneva?”

Amalia alzò le spalle: “Cambiare idea è lecito, no? Scriverò una lettera al più vicino Tempio di Veritas, provvederanno a mandare qualcuno con più tempo libero di quanto ne abbia io adesso.”

Il minotauro incrociò le braccia: “Non erano questi i nostri patti. Una volta risolta la questione dovevamo separarci, ricordi?”

Amalia si alzò e gli diede una gomitata: “Suvvia, suvvia, Uro il Possente, Furia di Nemesi. Cosa direbbe la tua divina signora se tu ora abbandonassi a sé stesso questo ragazzo innocente, che proprio per merito tuo è tornato alla vita? Non sarebbe come lasciare a metà la tua opera di giustizia?”

Uro prese fiato, ma non gli venne nulla da dire. Maledetta, l’aveva incastrato un’altra volta. Soffiò “E va bene! Ma farete meglio a non rallentarmi nella marcia”

“Non preoccuparti” Amalia strizzò l’occhio a Nahor “Parla parla, ma poi è più lento di me. Non avrai problemi a tenere il suo passo.”

Il ragazzo fece un inchino “Grazie, miei salvatori.”
Il minotauro sbuffò: “Se vuoi venire con noi, finiscila con queste formalità. Non le sopporto.”

Sul volto di Nahor comparve un piccolo sorriso.

Uro si stiracchiò. Il Sole era sorto, ma con tutto il lavoro della pira non aveva quasi chiuso occhio quella notte: “Ho bisogno di dormire qualche ora. Partiremo da qui dopo mezzogiorno, cerchiamo di sfruttare qualche ora di luce per viaggiare.”

“E dove andiamo?” chiese Nahor.

Uro si coprì il marchio di fuoco che aveva ricevuto con il bracciale di metallo: “Dovunque ci porti la volontà di Nemesi!”

Amalia ridacchiò: “Che è un modo molto poetico per dire che non ne hai la minima idea”

Uro sbatté lo zoccolo sulla pietra della ziqqurat: “Taci!”

Lei gli strizzò l’occhio: “E tu dì alla tua dea che oltre alla spada di fuoco ti serve anche una lingua più pronta con gli insulti. Magari te la darà, se è quello che ti meriti.”

 

FINE

   
 
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