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Autore: Star_Rover    19/11/2023    5 recensioni
Jari e Verner sono uniti fin dall’infanzia da un legame che nel tempo è diventato sempre più intenso e profondo. Nell’inverno del 1915 però i cambiamenti sociali e politici che sconvolgono la Finlandia finiscono per coinvolgerli, così i ragazzi sono costretti a separarsi per seguire strade diverse.
Nel 1918 i destini dei due giovani tornano a incrociarsi sullo sfondo di una sanguinosa guerra civile.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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XXIX. Cinque donne
 

Pietrogrado era congelata nel terrore. La rivolta che avrebbe dovuto liberare il popolo non aveva fatto altro che spargere altro sangue nelle strade. Grandi ideali erano stati spazzati via dal vento della guerra, il desiderio di vendetta aveva prevalso sul senso di giustizia.
Un giovane in uniforme bolscevica camminava per i vicoli deserti. Portava in spalla il suo fucile e fumava una sigaretta per scaldarsi in quella mesta serata.
Il soldato raggiunse la sua meta, un anonimo palazzo dall’aria decadente, un rifugio dove vivevano le famiglie operaie.
Gettò il mozzicone nella neve, salì le scale battendo gli stivali e bussò alla porta di uno degli appartamenti.
Dall’interno udì la voce acuta di un bambino, il rumore di alcuni passi, infine lo scattare della serratura.
Davanti a lui si presentò una donna dai lunghi capelli castani, dietro di lei, con le mani strette alle falde della sua gonna, si nascondeva un bambino di circa quattro anni.    
«Non dovresti aprire la porta di casa con così tanta facilità» la rimproverò.
«Sapevo che eri tu» rispose lei in sua difesa.
Il soldato si avvicinò al bambino, il quale continuava a guardarlo con viva curiosità. Con un sorriso si chinò su di lui per scompigliargli i capelli corvini.
«Stai diventando davvero un bravo ometto, ricorda di obbedire sempre alla mamma»
Il piccolo rispose con timido cenno. 
Sofiya prese il figlio in braccio e lo portò a riposare nell’altra stanza.
«Assomiglia sempre di più a suo padre, non è vero?» disse il bolscevico al suo ritorno.  
Lei annuì tristemente.
I due presero posto ai lati opposti del tavolo.
«Sono venuto da te perché ho delle informazioni» ricominciò lui.
«L’ultima volta hai detto che non avrei dovuto continuare a illudermi»
«Lo so, e continuo ad essere della stessa opinione»
«Che cosa hai saputo?» chiese Sofiya, ignorando il suo cinismo.
«Ho incontrato dei vecchi compagni, alcuni di loro sono tornati da poco dal confine. Quando ho chiesto di Aleks mi hanno detto che si era unito a un gruppo di ribelli finlandesi. Purtroppo non hanno più avuto sue notizie dallo scorso inverno»
«Aleks è ancora vivo, posso sentirlo»
Il soldato scosse la testa: «quando dici così sembri pazza. Non possiamo sapere nulla per certo, è quasi un anno che è scomparso»
«Tu non puoi capire» replicò lei.
L’espressione sul viso dell’uomo si indurì, istintivamente batté un pugno sul tavolo.
«È vero, io non capisco. Non capisco perché tu abbia deciso di sposarlo pur sapendo che non avresti mai potuto averlo. Non capisco perché continui a sperare che lui torni da te dopo tutto il male che ti ha fatto. Non capisco perché hai preferito che tuo figlio crescesse senza un padre piuttosto che risposarti»
Sofiya tentò di mostrarsi forte, nonostante gli occhi lucidi e le labbra tremanti.
Il giovane si pentì presto per la sua irruenza.
«Scusa, mi dispiace. Non volevo essere così severo nei tuoi confronti»
«Quando Aleks è tornato dalla sua prigionia in Siberia mi ha rivelato che l’unica ragione che gli ha permesso di rimanere in vita era il mio amore. Ha detto che non avrebbe mai trovato la forza di sopravvivere senza la speranza di potermi rivedere anche solo un’ultima volta. È vero, Aleks ha deciso di dedicare la sua vita alla Causa, ma lui ha bisogno di me, il nostro amore è la sua sola salvezza»
Egli fu colpito da quelle parole.
«Ho sempre pensato che fosse Aleks il martire, ma devo ricredermi a riguardo»
Sofiya non lo stava più ascoltando, il suo sguardo era rivolto alla finestra, dalla strada giungevano echi e grida tutt’altro che rassicuranti.
 «Per questa notte è meglio che rimanga qui con voi» disse il soldato.
«Non sei tenuto a restare»
«La città è diventata pericolosa, voglio solo assicurarmi che tu e Yasha siate al sicuro»
Sofiya acconsentì, prima di ritirarsi nell’altra stanza si rivolse a lui un’ultima volta.
«Aleks tornerà presto» affermò con estrema certezza.
Egli non osò contraddirla: «lo spero davvero»
 
Rimasto solo, il soldato ripensò all’accaduto. Non sapeva se considerare Sofiya estremamente coraggiosa o pateticamente ingenua. Era stato testimone della sua sofferenza in tutti quegli anni, eppure lei non aveva perso la speranza.  
Il giovane continuava a non capire, forse era stata la guerra a inaridire il suo cuore, ma temeva che quella donna stesse torturando se stessa, illudendosi di poter salvare l’uomo che amava.
In ogni caso, provò compassione per lei.
 
***

Irina levò la teiera dal fuoco, l’aroma intenso e fruttato avvolse la stanza. La donna sistemò il servizio in ceramica per presentarlo alla sua ospite. La ragazza seduta al tavolo aveva l’aspetto di un uccellino fragile e spaventato. Se ne stava avvolta nel suo mantello, ancora tremante per il freddo. Si guardava intorno con uno sguardo incerto e timoroso, non aveva ancora osato dire nulla.
«Prendi cara, ti servirà a scaldarti»
Kaija strinse tra le mani la tazza fumante.
«Grazie. Mi dispiace per essermi presentata senza preavviso, non volevo disturbarti»
Irina mostrò un rassicurante sorriso.
«Non preoccuparti, sono felice che tu sia qui. Non ricevo più molte visite»
La giovane si rattristò nel sentire quelle parole, dopo la morte di Elmer e la partenza dei suoi figli, Irina era rimasta completamente sola.
«Se sei venuta per avere notizie di Verner e Hjalmar purtroppo non posso aiutarti. Non hanno voluto dirmi nulla e non ho ricevuto nemmeno una lettera dopo la loro partenza»
Kaija esitò: «si tratta della guerra, non è così?»
Irina confermò, ma non disse niente di più.
La ragazza tentò di rassicurarla: «sono sicura che entrambi stiano bene. Verner è un uomo responsabile e Hjalmar è un ragazzo sveglio, sapranno cavarsela in ogni situazione»
La donna trattenne a stento i singhiozzi.
«Ho sempre cercato di fare del mio meglio come madre, quando sono rimasta sola ho pensato solo a proteggere i miei figli. Non ho mai istigato in loro il desiderio di rivendicare la morte del padre, seppur la sua condanna fosse ingiusta. Non so cosa abbia sbagliato con loro ora che rischio di perderli»
La giovane conosceva quella frustrazione, anche lei non aveva potuto fare altro che rassegnarsi con Jari.
«Tu non hai alcuna colpa, non avresti potuto impedirgli di fare ciò che ritenevano giusto»
Irina si asciugò una lacrima: «scusami, non avevo mai parlato a nessuno di tutto questo prima d’ora»
Kaija prese la sua mano.
«Anche io ho paura per le persone che amo. Ho paura di perdere mio fratello»
Irina comprese che la giovane condivideva il suo stesso dolore e che entrambe avevano bisogno di conforto.
«Coraggio, ragazza mia. Non possiamo abbandonarci alla disperazione. Dobbiamo avere fiducia e speranza, è l’unico modo con cui possiamo affrontare questa guerra»
Kaija si lasciò rassicurare da quelle parole, si fidava di Irina. In passato lei era stata amica di sua madre, era l’unica figura femminile che era rimasta al suo fianco, la sola a cui poteva rivolgersi.
Come se le avesse letto nel pensiero, Irina fece riferimento ad Helena, rivolgendole un complimento.
«Sei diventata davvero una bella ragazza, assomigli così tanto a tua madre»
Lei mostrò un timido sorriso.
«Sai, qualche tempo fa credevo che Verner si fosse invaghito di te, dato che trascorreva sempre così tanto tempo con tuo fratello»
Kaija arrossì leggermente: «oh, no. Per Verner sono sempre stata come una sorella»
«Mio figlio è sempre stato un animo solitario, come suo padre. L’unica eccezione era tuo fratello. Lui e Jari sono sempre stati inseparabili, fin da bambini vivevano in un mondo tutto loro»
Kaija si abbandonò per qualche istante a malinconici ricordi.
Irina approfittò di quel silenzio per studiare con più attenzione la sua ospite.
«C’è dell’altro che ti preoccupa, vero? Da quel che sembra, direi che si tratta di un uomo»
La giovane ebbe un lieve sussulto, non poté negare la verità.
«So ancora riconoscere l’aspetto di una ragazza innamorata» constatò la donna con soddisfazione.
Kaija provò ad immaginare l’aspetto di Irina alla sua età, con i suoi occhi azzurri e i capelli biondi.
Ella era ancora una bellissima donna, non aveva certo perso il suo fascino con il passare del tempo.
«Non voglio intromettermi nella tua vita sentimentale, ma forse il consiglio di una donna adulta potrebbe esserti d’aiuto»
«In effetti, volevo porti una domanda…»
«Avanti, sai che puoi chiedermi qualunque cosa»
Lei prese coraggio.
«Quando hai conosciuto tuo marito, eri certa che lui fosse l’uomo giusto?
Irina annuì: «fin dal primo momento ho capito che non avrei potuto amare nessun altro. E anche ora che Aaro non c’è più, il mio cuore appartiene solo a lui»
Kaija fu commossa dalla quella testimonianza di un amore incondizionato.
«Forse riterrai che sia solo una ragazzina ingenua, ma io sono certa di amare un uomo che ho incontrato solo una volta in vita mia»
«Non dubito che i tuoi sentimenti siano sinceri» la rassicurò Irina.
«Mio padre vorrebbe che sposassi Kris Hallenberg, egli è un bravo ragazzo, lo conosco fin da quando eravamo bambini. Eppure…per lui sento una profonda amicizia, nulla di più. Gli voglio bene, ma non desidero diventare sua moglie. Invece, se solo penso a Yrjö, il mio cuore inizia a battere così forte che potrebbe esplodere, mi manca il respiro e tremo per l’emozione. Rileggo le sue lettere ogni notte, sogno il nostro futuro insieme, ma so che le sue sono soltanto promesse…forse sto perdendo la testa. Mi sembra di essere pazza, eppure non voglio rinunciare a quel poco che abbiamo»
Irina comprese le motivazioni del suo turbamento: «piccola mia, è normale che ti senta sola e spaventata davanti a tutto questo. Hai timore di deludere le aspettative di tuo padre e di ferire i sentimenti di una persona che ti è molto cara. Per questo non riesci ad amare quel giovane come vorresti»
«Io mi fido di Yrjö, ma non voglio illudermi sul nostro destino»
«Devi ascoltare il tuo cuore. Sono certa che tua madre ti direbbe questo»
Kaija trovò conforto in quelle parole, fu lieta di aver finalmente rivelato i suoi tormenti a qualcuno, aveva bisogno di confidarsi e di condividere quel dolore.
Irina l’accolse in un abbraccio, stringendola dolcemente a sé. Sentiva un innato senso di protezione nei suoi confronti, in lei vedeva la figlia che non aveva mai avuto.
 
***

Marja osservò il ritratto posto sul comodino, in quell’istante rimasto bloccato nel passato un giovane spensierato sorrideva alla sua amata. Era stata lei a scattare quella foto a Lauri pochi giorni dopo il loro fidanzamento.
Lasciandosi trasportare dalle sue memorie ricordò il loro primo incontro, avvenuto al parco di Kaisaniemi in una fredda mattina autunnale. Lauri indossava l’uniforme sportiva dell’università, per approcciarla aveva interrotto una competizione studentesca. Si era separato dal gruppo di corridori e senza alcuna esitazione era tornato sui suoi passi per presentarsi alla ragazza. Non aveva perso tempo, invitandola ad uscire la sera stessa.
Marja, sorpresa dalla sua sfacciataggine, gli aveva detto che avrebbe accettato soltanto se avesse vinto la gara. Lauri aveva sorriso, poi si era affrettato a raggiungere i suoi compagni.
Dopo aver superato il traguardo, Lauri era tornato dalla giovane ansante e sudato.
«Non ho vinto, ma sarei disposto a correre fino all’altra parte del mondo per rivedere il tuo sorriso»
Marja si era lasciata conquistare sia dal gesto sia dalle sue parole. Così aveva comunque accettato il suo invito.
Quando avevano iniziato a frequentarsi Lauri aveva la fama del rubacuori, ma lei era certa di essere diversa da tutte le altre, il loro era vero amore.
Forse al tempo era stata soltanto ingenua, ma lui era davvero cambiato dopo averla incontrata.
Il loro era nato come un amore adolescenziale, incontrollabile e travolgente.  
Marja ripensò ai loro incontri notturni, quando Lauri fuggiva di nascosto dal dormitorio dell’università per arrampicarsi sul muretto del suo cortile ed intrufolarsi nella sua stanza. Si presentava sempre con un fiore in mano e una frase romantica. A lei piaceva farsi corteggiare prima di cedere ai suoi baci e alle sue carezze. Lauri sapeva come sedurre una donna, la sua lingua si insinuava con decisione nella sua bocca, le sue mani non indugiavano sotto alle vesti.
Marja si affidava a lui, permettendogli di spogliarla e toccarla come più desiderava. Non sapeva resistergli, e non voleva.
Era curiosa di scoprire il suo corpo, così forte e virile. L’avvinghiava a sé, mentre rotolavano tra le lenzuola. Si aggrappava alle sue possenti spalle e stringeva le gambe intorno alla sua vita. Assecondava il ritmo delle sue spinte, prima lento e regolare, poi sempre più rapido e insistente.
Infine lo guardava negli occhi, abbandonandosi all’estasi dell’orgasmo.
Marja emise un malinconico sospiro, quando era tornato dalla Germania, Lauri era profondamente cambiato. Non era più il giovane romantico disposto a fare follie per amore. Il suo sguardo non brillava più come un tempo, il ragazzo scanzonato di cui si era innamorata era scomparso, lasciando posto a un uomo freddo e apatico.
L’ultima volta che avevano fatto l’amore era stato un atto di pura disperazione. Lui non aveva risposto alle sue richieste di attenzioni, non aveva ricambiato i suoi baci con altrettanta passione, non aveva reagito al calore delle sue carezze. L’aveva presa con ardore e desiderio, ma senza sentimento.
Lei aveva pensato solo a colmare il vuoto lasciato dalla sua lunga assenza, l’aveva accolto dentro di sé come la prima volta, ma l’uomo nel suo letto non era più lo stesso di un tempo.
Marja aveva provato in ogni modo a recuperare quel rapporto. A volte rimpiangeva il fatto di non essere mai rimasta incinta. Aveva sempre desiderato un figlio, ma ora che era di nuovo sola comprendeva che una gravidanza non avrebbe salvato il suo matrimonio.
Era consapevole che ormai fosse troppo tardi, lui non avrebbe mantenuto la promessa, il suo Lauri non sarebbe più tornato da lei.
 
***

Leena provò una strana sensazione tornando ad indossare abiti civili. Si sentiva più a suo agio con comodi indumenti maschili piuttosto che con lunghe vesti adornate di inutili fronzoli.
Per quella missione, però, la sua copertura era fondamentale. Almeno non aveva rinunciato alla pistola, ben nascosta nelle ampie tasche della giacca.
Leena osservò il panorama innevato che scorreva fuori dal finestrino, la carrozza era semivuota e silenziosa. Sembrava che chiunque avesse paura di dire qualunque cosa, in tempi di guerra una parola di troppo poteva essere pericolosa.
La ragazza ripensò all’ultima conversazione avuta con Verner. Egli le aveva confessato di temere per la sorte del fratello e di sentirsi responsabile per le sue scelte. Aveva paura che Hjalmar potesse prendere decisioni avventate soltanto per dimostrarsi all’altezza della situazione e per non deluderlo. Per questo le aveva chiesto di ritrovare il fratello e riportarlo al sicuro. Leena aveva accettato di aiutarlo perché credeva nel buon cuore del ragazzo. Lui le aveva dimostrato fiducia, trattandola con rispetto. Era l’unico che poteva considerare come un amico.  
Sapeva riconoscere il dolore negli occhi degli altri, e Verner doveva aver sofferto molto in passato, il suo era un animo ancora tormentato. Egli aveva rinunciato a tutto per combattere quella guerra. Il suo unico desiderio era proteggere il fratello, e lei era la sola di cui poteva fidarsi. Sentiva di dover fare tutto il possibile per rispettare la sua promessa.
 
Leena tornò alla realtà alla stazione di Hirsilä, quando sul treno salì un soldato che portava la fascia bianca al braccio. Ella tentò di fare del suo meglio per ignorare il nuovo passeggero, ma la Guardia Bianca prese posto proprio di fronte a lei. Il giovane le rivolse un educato sorriso, il suo volto dai lineamenti armoniosi non aveva nulla di minaccioso. Nonostante ciò, nella sua mente Leena rivide i soldati che avevano ucciso Erik, e poi l’uomo che l’aveva aggredita. Ricordò quando aveva puntato la pistola alla tempia di quel bastardo, non aveva provato niente premendo il grilletto. La vendetta però non aveva eliminato il dolore. Aveva sempre paura dei suoi ricordi, degli incubi che tornavano ogni notte…
Una sensazione di nausea iniziò a diffondersi nel suo corpo, il suo malessere divenne evidente.
«Signorina, si sente bene?»
Leena scostò con forza la mano che le aveva sfiorato il braccio.
«Mi lasci! Non provi più a toccarmi!» urlò con indignazione.
Lo sconosciuto si mostrò realmente dispiaciuto.
«Mi scusi, non intendevo offenderla in alcun modo»
La ragazza si rialzò di scatto, il suo unico pensiero fu allontanarsi il prima possibile, ma proprio in quel momento il treno si fermò bruscamente con un acuto stridio. Se il soldato non avesse avuto la prontezza di trattenerla, Leena sarebbe caduta in avanti, rischiando di battere la testa contro a una sbarra metallica.
«Temo di dovermi scusare di nuovo, ma non potevo permettere che si facesse del male»
Leena era ancora stordita dall’accaduto, per questo permise al giovane di sorreggerla mentre recuperava l’equilibrio.
Dopo qualche istante di attesa il capotreno entrò nella carrozza.
«Purtroppo dovete scendere qui, il treno non può proseguire oltre. Le rotaie sono bloccate dalla neve»
 
Leena scese dal vagone ritrovandosi a lato dei binari, senza sapere cosa fare si guardò intorno con aria sperduta e preoccupata. Non aveva tempo da perdere, doveva trovare al più presto il modo di proseguire il suo viaggio. Verner contava su di lei, non poteva deluderlo.
Ad un tratto una voce richiamò la sua attenzione, si trattava ancora del soldato.
«Posso chiederle qual è la sua destinazione?»
«Devo raggiungere Ruovesi» rispose lei manifestando la sua apprensione.
«Anche io sono diretto in città, se me lo permette, potrei trovare il modo di aiutarla»
Leena gli rivolse uno sguardo perplesso.
«Ho notato una slitta in quella fattoria, mi sembra un buon mezzo per percorrere la strada rimanente»
La donna valutò la possibilità: «lei è un buon cocchiere?»
Egli sorrise: «il migliore che si possa trovare in circolazione!»
Lei rimase diffidente: «per quale motivo vorrebbe aiutarmi?»
«Be’, per prima cosa perché mi spiacerebbe lasciare una fanciulla in difficoltà. E poi, se proprio devo essere sincero, penso che il proprietario della slitta sarebbe più disposto a collaborare in presenza di una bella ragazza come lei»
Leena apprezzò la sincerità, non avendo altre possibilità decise di accettare la sua offerta.
«D’accordo, ma l’avverto, io non sono una fanciulla in difficoltà. Sono certa di saper condurre quella slitta meglio di lei»
Il soldato accolse la sfida: «bene. Significa che dandoci il cambio arriveremo prima a destinazione»
I due si allontanarono insieme dalle rotaie.
«Non ho ancora avuto l’occasione di presentarmi. Io sono Frans Seber»
Lei si presentò a sua volta, come aveva sempre fatto dopo la morte di Erik, utilizzò il suo cognome. 
Il soldato si incamminò a passo deciso in direzione della fattoria.
Leena lo seguì a debita distanza, con discrezione infilò una mano in tasca, rassicurandosi nel percepire la presenza della pistola.
   
 
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