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Autore: quenya    05/12/2023    2 recensioni
Una bufera di neve fuori stagione sta per abbattersi su Nerima quando Ukyo trova, nel suo cortile, un maialino nero letteralmente piovuto dal cielo. Sarà l’inizio di una bizzarra convivenza tra due anime solitarie che piano piano usciranno dal torpore della rassegnazione in cui erano cadute…per scoprire, in modo inaspettato, di non essere più sole.
Una storia interamente dedicata alla coppia Ryoga e Ukyo, che ho amato per tutta la vita.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ryoga Hibiki, Ukyo Kuonji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6



 

Restarono a guardarsi, impietriti, per un tempo che sembrò infinito a entrambi. Poi, prevedibilmente, gli occhi di Ukyo si strinsero in un'espressione che ormai Ryoga conosceva bene: la consueta espressione che preannunciava il discorso più gettonato in quelle situazioni, il grande classico 'TU! Come hai osato?'.

“TU! COME HAI OSATO FARE QUESTO AD AKANE-CHAN?”, ringhiò Ukyo, acchiappando il maialino per la bandana prima che avesse il tempo di dileguarsi. “Per tutti questi anni le hai fatto credere che.... e hai addirittura dormito con lei! E Ranma che… che… oooh, meriteresti di essere servito su un bell'okonomiyaki!”, ansimò in preda alla rabbia e fulminandolo con lo sguardo. 

Quando P-chan vide che stava prendendo il bollitore, tentò disperatamente di liberarsi dalla sua stretta, ma lei non si fece impietosire e per tenerlo fermo lo strinse, senza pensare, al proprio petto.

“Eh no, bello. Tu non te ne vai fino a che non avrò sentito dalla tua bocca l'intera storia… e soprattutto fino a che non mi avrai giurato su quanto hai di più caro che lo dirai ad Akane stasera stessa!”, disse, versandogli addosso il contenuto del bollitore del tè ancora mezzo pieno.

Per fortuna del maialino, l'acqua si era ormai raffreddata quel tanto che bastava da non essere più bollente. Per sfortuna di Ukyo, invece, la rabbia che le aveva annebbiato il cervello le aveva fatto dimenticare un piccolo particolare: quando la trasformazione veniva invertita, la vittima della maledizione tornava al suo stato di essere umano nuda come il giorno della sua nascita. Peggio ancora, il processo era in pratica istantaneo e, dato che stava tenendo P-chan stretto con un braccio quando gli aveva versato l'acqua addosso, la ragazza si ritrovò di colpo sbilanciata da quell'improvviso cambio di massa del corpo che aveva bloccato contro di sé. 

Barcollò per un attimo, frastornata, ma proprio quando stava per perdere definitivamente l’equilibrio e cadere all’indietro, due braccia poderose l’afferrarono, stabilizzandola, e lei si ritrovò stretta in modo inaspettato ad un torace muscoloso, leggermente umido e molto, molto virile. 

Stordita da quell'improvviso cambio di scenario, Ukyo ci mise qualche secondo prima di reagire… e purtroppo per lei quel tempo fu sufficiente perché il proprio fisico la tradisse in maniera clamorosa: prima che potesse esercitare qualche tipo di controllo sui propri istinti, infatti, il suo cervello registrò in un attimo la compattezza del pettorale al quale era appoggiata la propria guancia, il calore della sua pelle, la linea decisa dei bicipiti che la stavano sfiorando e… Dèi del cielo, erano degli addominali a guscio di tartaruga quelli che sentiva contro di sé?. 

Avvertendo il calore di quelle braccia maschili che la stavano circondando, per un breve, brevissimo attimo, la sua mente ritornò al senso di benessere e protezione del sogno di quella notte e, inconsapevolmente, si rilassò in quell'inaspettato contatto. Poi, però, quel vago pensiero fu di colpo cancellato da una fulminante rivelazione: quel corpo a cui si stava strusciando era… era… Ryoga! Ed era nudo!

Ryoga, dal canto suo, era ancora troppo travolto dallo shock per riuscire a reagire. Quando lei gli aveva spaccato la tazza in testa ed aveva scatenato la trasformazione, infatti, era rimasto impietrito. Sapeva bene cosa sarebbe accaduto: era sempre stato il primo della lista dei suoi tanti incubi ma, nonostante rappresentasse la sua paura più profonda, non era riuscito a trovare la volontà di scappare per evitarlo in qualche modo. Forse, dopo anni passati a nascondere quel segreto, era solo stanco di continuare a fuggire e soprattutto di mentire alle persone che aveva accanto. 

Tuttavia, nel momento in cui l'aveva vista prendere il bollitore, qualunque genere di scrupolo si era alla fine dileguato, lasciando posto solo all'istinto che gli aveva urlato a pieni polmoni di evitare a tutti i costi di farsi trasformare... ma ormai era stato troppo tardi e l'acqua calda aveva infine compiuto la sua magia.

Non appena era tornato umano, se l’era trovata all’improvviso instabile davanti a lui e quando Ukyo era stata sul punto di cadere, era stato quasi istintivo afferrarla al volo e stringerla contro di sé. Allo stesso tempo, però, qualcosa nel suo cervello lo aveva spinto a rifiutarsi di soccombere alla consueta timidezza che lo aveva sempre fatto svenire in quei casi. Ryoga non sapeva se quella strana reazione fosse legata alla maggiore familiarità che aveva acquisito proprio con quel particolare corpo femminile oppure, più semplicemente, ad una reazione di difesa del proprio fisico che, forgiato da anni di addestramento alle cose più strane, aveva imparato a sopportare in breve tempo anche quella vicinanza così conturbante. Di certo, il risultato fu che, distratto da quei pensieri, per un breve momento si dimenticò dove fosse e, soprattutto, cosa non stesse indossando: se ne accorse una frazione di secondo più tardi, quando un refolo di aria gelida gli fece notare quanto alcune parti di lui non gradissero una simile ventilazione.

“UARGH!”, urlarono entrambi in contemporanea, allontanandosi in maniera piuttosto scomposta l'uno dall'altra. Ukyo si girò così di scatto da farsi quasi venire un colpo di frusta al collo, mentre Ryoga, arraffando alla cieca i propri vestiti, cercò di rivestirsi il più veloce possibile. 

Trascorso qualche minuto di pausa per riprendersi da quell’inaspettato contatto e per la rapida ma necessaria pulizia dei frammenti della tazza infranta, un silenzio teso calò nella stanza.

“Parla”, ordinò seccamente lei, stringendo i pugni fino a farsi sbiancare le nocche per impedirsi di prenderlo ancora a palettate. “Ma ti avviso subito che, se non mi darai una spiegazione convincente, andremo subito da Akane a dirglielo, tempesta di neve o no!”.

Ryoga sospirò, sedendosi al bancone.

“Non ce n'è bisogno. Lo sa già”.

Ukyo si girò di scatto per la seconda volta nel giro di cinque minuti, rischiando seri danni alla sua abusata cervicale.

“Come sarebbe a dire che lo sa?”, gli ripetè, non riuscendo a credere a quello che le aveva appena detto. Si sarebbe aspettata di tutto, tranne che l’amica fosse già a conoscenza di una cosa così sconvolgente, soprattutto vista la quantità di tempo che aveva sempre passato con P-chan.

“È stata la prima cosa che ho fatto quando siamo tornati dalla Cina, dopo gli eventi del Monte Hooh. Non averglielo detto subito è stato il mio rimpianto e tormento per tutti questi anni e non ti nascondo che rimarrà per sempre come una indelebile macchia sul mio onore, una cosa di cui mi vergogno profondamente”, le disse, con un'aria seria e turbata.

Era chiaro che quella situazione gli aveva provocato - e lo stava facendo tutt’ora - un’acuta e intensa sofferenza: l’egoistica scelta iniziale di non dire nulla pur di poter stare accanto alla ragazza dei suoi sogni doveva aver generato un vortice di menzogne tale da costruire, negli anni, una vera e propria gabbia, dalla quale doveva essere stato davvero molto difficile uscire.

“Non è stato facile confessare una cosa del genere e ti assicuro che Akane non è stata tenera, nella sua reazione. Alla fine, però, con mia immensa sorpresa, è uscito fuori che lo aveva scoperto in precedenza”, concluse Ryoga, dopo un attimo di assorto silenzio passato a rimuginare, ancora una volta, sulle proprie colpe. 

Quell’ultima rivelazione fu così scioccante che Ukyo sentì il bisogno di sedersi.

"Ma… allora perché non ha mai detto nulla?", chiese, cercando ancora di capire.

Il ragazzo scosse la testa e sospirò.

"Non ne ho idea. L’unica spiegazione possibile è che deve essere stato per una specie di ripicca verso Ranma”, concluse, esponendo la propria supposizione. “Quantomeno all’inizio… poi credo che mi abbia sinceramente perdonato”.

La chef guardò il soffitto, in pensierosa contemplazione di quella congettura. In effetti, considerato quanto Akane fosse sempre stata gelosa delle innumerevoli fidanzate spuntate come funghi - grazie alla totale irresponsabilità di Genma - quell’ipotesi era assolutamente plausibile. Certo, non molto maturo come comportamento ma, nei primi anni in cui si erano conosciuti, nessuno di loro aveva dato una grande prova di sé nelle relazioni con gli altri. Con il tempo molte cose erano cambiate ed era, in effetti, piuttosto ragionevole pensare che, se Akane lo avesse scoperto in età un po’ più adulta, il suo innato buon cuore l’avesse spinta a concedergli un tacito assenso a restarle accanto.

“Mhm. A questo punto immagino lo sappia anche Ranchan”, ragionò a voce alta, cercando di connettere tutti i fili di quella intricata matassa.

Il riferimento al suo storico amico/nemico fece all’improvviso riscuotere Ryoga dallo stato di profondo abbattimento in cui era precipitato.

“Se lo sa? È stato quel bastardo a farmi cadere in quella stramaledetta fonte! Tutta la mia vita si è complicata all’inverosimile solo per colpa sua!”, ribatté, agitandosi al ricordo e incrociando le braccia per resistere alla tentazione di sbattere un pugno sul bancone. Il rischio maggiore ai suoi arti, di cui lei l'aveva più volte minacciato, sembrava per il momento superato, ma era meglio evitare di spaccare qualcosa e venire, di conseguenza, buttato fuori a calci nella neve.

Alquanto distratta dalla visione di quei bicipiti contratti, Ukyo si girò e decise di mettere sul fuoco l’acqua per un altro tè, approfittando di quella breve pausa per riprendere nella sua mente il filo del discorso. Le stava girando la testa per le implicazioni collegate a tutte quelle rivelazioni… però, in qualche modo e non sapeva come, tutto sembrava avere assurdamente senso.

“Quindi, per una sorta di debito verso di te, lui ti ha coperto per tutto questo tempo con la famiglia Tendo? Come è possibile che ti abbia permesso di restare accanto ad Akane-chan in forma di maialino?”.

“All’inizio non aveva nemmeno capito che fosse stata colpa sua, ma quando lo ha scoperto, per una volta, si è assunto la sua responsabilità e mi ha dato la sua parola d’onore che avrebbe mantenuto il segreto. Ovviamente lo ha fatto prima di sapere che Akane mi aveva eletto come il suo animaletto da compagnia e peluche scaldasonno personale, ma ormai la promessa era valida. Il resto è storia”, le spiegò Ryoga, massaggiandosi la fronte con un gesto stanco.

“Però, Akane a parte, ho il sospetto che tutti i suoi sforzi per mantenere nascosta la mia identità siano alla fine stati piuttosto inutili, perlomeno con la famiglia Tendo. Non so gli altri, ma credo che la prima a capirlo sia stata Kasumi”.

Le sopracciglia di Ukyo sparirono quasi sotto la frangia dei suoi capelli.

“Eh? Kasumi?”, chiese, quasi a bocca aperta dallo stupore. 

“Già. So che sembra strano ma, se ci pensi, non lo è poi così tanto. Comunque, dopo un po' che frequentavo la casa dei Tendo, ho iniziato a trovare dei thermos di acqua calda sparsi in giro. All’inizio pensavo fossero per Ranma o per Genma… ma poi sono comparsi anche dei miei vestiti, lavati e stirati, in dei punti precisi. Allora ho compreso che, pur senza mai dirmi nulla, Kasumi aveva capito tutto e quello fosse il suo modo per aiutarmi con i disagi della mia trasformazione. O forse, semplicemente, per mantenere un minimo di decenza in quella casa”.

Ancora una volta, era una supposizione più che lecita. La maggiore delle sorelle Tendo era sempre stata materna, aperta e disponibile con tutti, ma se c’era una cosa alla quale aveva puntualmente tenuto, per carattere, era avere un ambiente domestico decoroso e pulito. 

“Come mai non ha mai detto nulla ad Akane, allora?”, chiese ancora la chef. Le sembrava di fare sempre le stesse domande, ripetute all’infinito, ma era un prezzo necessario per chiarire tutti i passaggi di quella vicenda sempre più intricata.

“Forse lo ha fatto e lei lo ha capito in questo modo, oppure potrebbero averlo realizzato ognuno per conto suo ma più o meno nello stesso periodo… fatto sta che ad un certo punto devono averne parlato, e sono abbastanza incline nel pensare che Kasumi deve essere, almeno in parte, riuscita a placare l’ira di Akane nei miei confronti. Però questa è una mia ipotesi perché, ad essere sincero, non ti so dire con esattezza come sono andate davvero le cose”.

Ukyo annuì, iniziando infine a vedere il quadro più completo.

 “Mmh. Quindi è stata lei a trasformarti, questa mattina?”.

“Esatto. È probabile che anche Kasumi avrà voluto che ti tenessi d’occhio ed avrà pensato che avrei potuto farlo meglio in forma umana”. 

A quel punto, Ryoga esitò, non sapendo se fosse il caso o meno di intervenire su una questione che non lo riguardava in maniera diretta, ma decise di provarci lo stesso.

“Spero che tu non la prenda come un affronto personale. Lo sai come sono fatti i Tendo… erano solo preoccupati per te”, le disse, cercando di prevenire in qualche modo un incidente diplomatico tra la cuoca e la famiglia della sua -  strano a dirsi - migliore amica.

“Sì, lo so. Sono un po’ contorti e invadenti, ma lo fanno sempre a fin di bene”, sospirò Ukyo.

Le dava un po’ fastidio il concetto di aver bisogno della supervisione di qualcuno ma, in un certo senso, li poteva capire: quella bufera aveva preso alla sprovvista un po’ tutti e non era strano che si fossero agitati per la sua sicurezza. La telefonata con Akane, con tanto di scambio di sintomi in diretta, non doveva averli di certo rasserenati quindi, per l’affetto che ormai provava per loro, era abbastanza disposta a passarci sopra. Almeno per questa volta.

“Allora sono stati loro a spedirti qui, in forma di P-chan, come quando si mandano i pacchi di aiuti umanitari dall’alto?”, gli chiese, aggiungendo un altro tassello a quella che si stava rivelando una storia avvincente quasi come una soap opera. 

“No, in realtà sono finito nel tuo cortile solo per puro caso… poi, quando ho visto che la caldaia era rotta, ho deciso che sarei tornato a ripararla per ricambiare la tua premurosa ospitalità. Nel frattempo, però, sono stato intercettato da Kasumi e… beh, il resto lo sai”, concluse alla fine, con un sospiro.

Nonostante quella lunga e laboriosa spiegazione, completa di numerose rivelazioni sulle quali avrebbe dovuto continuare a riflettere, Ukyo fu assurdamente colpita da quell’ultimo dettaglio della storia e arrossì per quel pensiero gentile nei suoi confronti.

Ryoga le aveva appena confessato di aver tenuto, per anni, un comportamento non proprio invidiabile: eppure, a volte, aveva dei modi così cortesi che sembravano addirittura appartenere ad un’altra epoca e che, di certo, lo facevano apparire diverso e più maturo di tanti ragazzi della loro età. Subito dopo, però, un altro pensiero le venne di colpo in mente, il rossore sparì e la sua adorata paletta gigante riapparve in tutta la sua gloria.

CLANG!

“Ahia! Cosa c’è adesso?”, protestò lui, massaggiandosi l’ennesimo bernoccolo di quella giornata.

“Mi hai visto spogliata!”, lo accusò, riferendosi a quando, il primo giorno, lo aveva portato nella sua camera in forma di maialino e si era cambiata davanti a lui. 

“NO! Ho sempre tenuto gli occhi chiusi! E poi sei stata tu a prendermi in braccio, ricordi?”, cercò di giustificarsi il ragazzo, alzando le mani davanti a lei in un gesto di arrendevolezza e cercando di placare la sua furia. L’obiezione, in effetti, aveva senso e Ukyo decise di non continuare ad insistere con le punizioni corporali. Dopotutto tra i colpi che gli aveva dato dopo la scoperta delle conseguenze della cioccolata e quelli che gli stava dando adesso, presto non ci sarebbe rimasto più spazio su quella sua testaccia dura per altre tumefazioni.

“Hmpf, non scaricare su di me le tue responsabilità!”, ribatté piccata, mettendo via la sua arma. Subito dopo, tuttavia, un’altra associazione di idee le bloccò il fiato in gola. “Aspetta… ma quindi Akane ti ha lasciato dormire nel suo letto per tutto questo tempo, sapendo che ERI TU? Come diavolo è possibile?”.

Ryoga assunse un’espressione imbarazzata.

“Me lo sono chiesto anche io. In realtà mi ero già accorto che, quando si svestiva, mi dava sempre le spalle e che era molto scrupolosa a non lasciare in giro cose… um… personali. Inoltre, un altro cambiamento che avevo notato era che mi faceva dormire solo sopra la trapunta e non più sotto, vicino a lei, come faceva all’inizio".

“E non ti è sembrato strano?”.

“Ovviamente sì, ma poteva essere soltanto una variazione delle sue abitudini dovuta ad una maggiore maturità”, le rispose, alzando le spalle. “In ogni caso, sono sempre stato molto attento a non guardarla… primo, non le volevo mancare di rispetto e poi perché avevo troppa paura di farmi scoprire”.

Ripensando a come P-chan avesse sempre evitato di guardarla e al disagio che aveva manifestato quando lo aveva preso in braccio, Ukyo non faticò a credergli. Le prudevano le mani dalla voglia di rifilargli qualche altra palettata, per il solo fatto di averla spiata a sua insaputa ma, obiettivamente, non poteva accusarlo di nulla, tantomeno di averlo fatto apposta. Era vero che era stata lei a stringerlo al proprio petto ed era altrettanto vero che lui, nonostante quello, non avesse mai, in nessun modo, fatto un gesto o comportamento sconveniente nei suoi confronti.

Certo, negli anni trascorsi accanto ad Akane, qualche volta avrà avuto, di sicuro, occasione e modo di sfruttare la posizione privilegiata che un adorabile maialino poteva raggiungere in braccio ad una bella ragazza ma, in generale, Ryoga non sembrava proprio il tipo in grado di abusare di una cosa del genere. Anzi, conoscendo la timidezza colossale che lo affliggeva, sarebbe stato strano il contrario.

Irritata dalla mancanza di una giustificazione per sfogarsi su di lui, Ukyo incrociò le braccia.

“Tutto questo non toglie il fatto che le hai nascosto la verità per anni. E che lo hai fatto anche con ME”.

Ryoga chinò la testa con aria afflitta.

Mentire alle persone che gli stavano vicino era sempre stata la cosa più dolorosa: prima di tutto perché lo odiava, non sapeva farlo e gli costava una fatica immensa, vista la sua innata incapacità di mantenere il sangue freddo necessario per tutto ciò che riguardava i suoi sentimenti. Secondo, perché il contraccolpo psicologico di ingannare gli altri per un proprio vago tornaconto personale - benché fosse soprattutto per una questione di dignità ed orgoglio - lo faceva sentire come la più viscida forma di vita esistente sul pianeta.

“Lo so e ti chiedo perdono con tutto il mio cuore. Tu mi hai accolto e nutrito senza secondi fini e io sarò sempre in debito con te per questo”, le disse, profondamente contrito e dispiaciuto per aver tradito la sua fiducia.

Una luce gli illuminò gli occhi e, di punto in bianco, si inchinò davanti a lei. 

“Ti prego, permettimi almeno di fare qualcosa per te per sdebitarmi”, le disse.

Ukyo alzò gli occhi al cielo per la sua teatralità e quella eccessiva formalità. La furia generata dalla propria legittima indignazione era ormai svanita, tanto più che Ryoga le aveva davvero fornito delle spiegazioni inoppugnabili. Per non parlare del fatto che lo capiva perfettamente, molto più di quanto non fosse disposta ad ammettere ad alta voce. Se fosse stata nei suoi panni, non avrebbe forse fatto la stessa cosa pur di stare vicino a Ranma? Ad occhi chiusi. E non mi sarei di certo voltata dall’altra parte mentre si spogliava, pensò con una punta di ironica amarezza.

“Okay, okay, Ryo-chan, ti perdono. Dacci un taglio con queste scene da tragedia… mi hai già riparato la caldaia nel giorno più freddo dell’anno. Direi che è più che sufficiente”, gli disse, con un gesto noncurante della mano. Ryoga, però, non sembrò accontentarsi di quella assoluzione un po’ sbrigativa.

"Ma ci deve essere qualcosa che posso fare… ti prometto che farò tutto quello che vuoi!", insisté, lanciandosi, nella foga, in una posizione piuttosto pericolosa con una persona abile come la chef nel manipolare gli impegni altrui a proprio vantaggio.

“Preferisci forse essere arruolato a vita come forza lavoro nei miei astuti e contorti futuri piani?”, rispose, infatti, subito dopo Ukyo, con una luce scaltra negli occhi.

Ryoga deglutì e lei scoppiò a ridere.

"Lo immaginavo. Se proprio ci tieni puoi sempre lavare i piatti per i prossimi giorni". Il sorriso le si allargò, assumendo contorni inquietanti. “Anzi, facciamo per i prossimi mesi”.

  
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