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Autore: stardust94    06/12/2023    1 recensioni
Nello spettro visivo ci sono sette colori fondamentali. Rosso, Arancione, Giallo, Verde, Blu, Indaco e Viola.
Questi colori rappresentano la nostra anima il nostro destino e sono una parte di noi della nostra personalità. Sono il nostro cuore.
cos'è il vero coraggio?
“Se lo chiedessero a me risponderei che il coraggio... il vero coraggio è quella forza che ci spinge ad andare avanti e lottare, anche quando tutto ci sembra insensato e inutile.”
questa è la storia di eroi che con il loro coraggio, affronteranno l'oscurità del silenzio e salveranno dalla distruzione non uno ma ben due mondi.
Si sa che i veri eroi, sono quelli che non sanno di esserlo.
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
Capitoli:
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cap. 1 di prismi e brutti incontri


Il panorama che poteva vedere dalla finestra della sua stanza, cambiava continuamente al passare dei mesi che lei, trascorreva bloccata in quel posto che sapeva di disinfettante e nel quale, era suo malgrado costretta a sottoporsi a diversi esami e cure che spesso la lasciavano senza forze e sonnolenta.

Nessuno poteva biasimare la noia perenne che accompagnava ogni giorno da quando era stata ricoverata. Da quando aveva memoria era sempre passata da un ospedale al altro a causa della sua malattia e tutti presentavano lo stesso identico schema.

Molti medici, alcuni gentili e che si fermavano ogni tanto a chiacchierare con lei. Altri un sacco impegnati e di fretta che si fermavano i minuti necessari per la solita sfilza di domande su come si sentisse quei giorni, se avesse bisogno di una dose di questo o l’altro farmaco per il dolore, se la flebo…

Insomma era quella la sua solita routine. Svegliarsi, cambiare la flebo poi mangiare qualcosa ed essere visitata. Spesso a venire a trovarla, era la zia materna. La donna, le portava il cambio di vestiti la aiutava a lavarsi e cambiarsi e naturalmente la rimproverava quando la ragazza tentava di imbastire un interessante discorso sul suo argomento preferito: la musica.

Erika Kurokami cantava fin da quando ne aveva memoria. Non ricordava più con esattezza quando aveva cominciato. Forse era stato alle medie o forse ancora prima quando suo padre, un famoso compositore, le aveva trasmesso la sua stessa passione portandola a numerosi concerti.

Se solo non fosse improvvisamente sparito nel nulla forse le cose non sarebbero state così tragiche.

Tutto era successo all’improvviso. Nessuna notizia, nessun segno che le cose sarebbero da lì a pochi giorni precipitate o che qualcosa effettivamente non andasse bene.
L’uomo semplicemente, aveva preso i suoi pochi averi ed era sparito nel cuore della notte senza lasciare traccia, l’unica cosa che Erika ricordava di quel giorno, era la mano calda del padre che le scompigliava amorevolmente i capelli mentre ammirava i Kings esibirsi in un mare di luce, il suono della sua voce quasi spezzata dalle lacrime che gli rigavano le guance pallide dal dolore e da una strana paura che la bimba non capiva.

“Custodiscilo per me. Va bene?”

Erano state le sue ultime parole e da quel giorno la zia della ragazza non aveva più voluto saperne della musica e dell’uomo. Aveva chiuso il suo lavoro di una vita nella polverosa soffitta proibendo ad Erika di entrare ovviamente.

Dopodiché si era rimboccata le maniche per crescere una nipote che dal canto suo, era confusa e curiosa di sapere che fine avesse fatto il padre e perché, ogni volta che la zia sentiva l’argomento musica i suoi occhi diventavano freddi e velati dal cupo risentimento per l’uomo e per la sorella che le aveva scaricato una bambina malata, un ennesimo fastidio da accollarsi. Era stata una vera impresa ma alla fine era riuscita a crescerla come poteva.

Tuttavia nonostante per la zia di Erika la musica aveva portato via tutto quello che amava, la sorella e una vita tranquilla, la ragazza era di tutt’altro avviso.

Lei respirava la musica lei viveva per trasmettere i propri sentimenti agli altri tramite la musica. Il suo sogno infatti, era quello di debuttare come Idol, girare il mondo cantando e un giorno forse o almeno così sperava, incontrare il padre che nei suoi ricordi sfocati era sempre su un palco illuminato da una calda luce.

Benché non ricordasse il suo volto lui nei suoi sogni le tendeva la mano perché la raggiungesse ed era illuminato da una calda luce come quella di un tramonto abbagliante.

Una vita sul palco
Questa era la vita che desiderava avere Erika.
Una eterna diva
Questo voleva essere la ragazza.

 

Per questo motivo solo per questo obiettivo si impegnava per non rischiare mai la sua salute di per sé cagionevole. Ma nonostante si impegnasse con le varie cure e ad avere un buon rendimento studiando a più non posso, la ragazza non sembrava affatto migliorare al contrario sembrava che il suo cancro alle corde vocali la indebolisse ogni giorno di più. C’erano giorni dove se le andava bene riusciva almeno a parlare altri invece nei quali solo deglutire le faceva così male che scoppiava a piangere.

Ma nonostante questo Erika era determinata a realizzare il suo sogno. Cercava di nascondere le sue debolezze dietro a un sorriso, scherzare, essere auto ironica, ridere anche quando voleva solo piangere.

Anche quando le sembrava inutile…ma più si sforzava più sentiva di crollare da un momento all’altro e che quella irreale felicità che si era costruita in quattro mura bianche, era destinata a scomparire.

Quel giorno come ogni giorno era sdraiata sul letto, stava osservando le gocce di pioggia che scivolando lentamente rigavano il vetro della finestra della camera d’ospedale. Era abbattuta, finalmente era riuscita a uscire e ora era di nuovo chiusa lì dentro.

Si voltò per smettere di deprimersi guardandosi riflessa nello specchio attaccato al muro. Spostò la coperta e tenendo il sostegno della flebo si trascinò svogliatamente verso il vetro. Con un movimento deciso della mano spanno il vetro e si osservò con attenzione.

I capelli le erano cresciuti davvero parecchio, ora poteva fare la coda di cavallo se ce ne fosse stato bisogno. Gli occhi erano di un color ambra che alla luce del sole sembravano scintillare come oro fuso, i suoi capelli al contrario erano scuri come quelli di suo padre come le aveva spesso ripetuto la madre con affetto mentre accarezzava quelli della figlia.

Velluto Nero che sfuma nel blu cobalto come una notte senza stelle tinta di blu.

Portò la mano tra i capelli e ne carezzò una ciocca facendola scorrere tra le dita sottili.

“ Ti racconterò
della speranza,
come fossi un poeta senza nome
in preda alla passione
Quando ti senti sprofondare
nelle lacrime,
se invece di consolarti,
io ti raccontassi
del cielo che albeggerà fra un po?”


Ripeté quasi intonando quelle parole come fossero i versi di una canzone, cosa che alla fine erano. L’aveva scritta un po’ per gioco e un po’ perché si annoiava. Le visite ormai sempre più rare dei pochi compagni di classe con i quali andava d’accordo erano per lei una speranza seppur piccola di non essere abbandonata o dimenticata.

Improvvisamente bussarono alla porta e la ragazza fu abbastanza svelta da raggiungere il letto mettendosi sotto le coperte.

A entrare fu per prima la zia Nadeshiko Hikami era una donna davvero molto bella nonostante le pesanti occhiaie che nascose sotto gli occhiali da sole neri. Si sforzò di piegare le labbra in un sorriso dolce e si avvicinò al letto accarezzando i capelli della nipote con tenerezza.

“ Come ti senti oggi tesoro? Va meglio? Vuoi che ti sistemo il cuscino o ti porto una rivista?”

Erika sospirò leggermente. La donna stava usando di nuovo il suo finto tono calmo e accondiscendente che usava ogni volta che doveva trovare le parole per dirle che sarebbe rimasta in osservazione ancora per un'altra settimana.

Il secondo a entrare fu il suo amico Mark una visita decisamente più gradita. Erano praticamente cresciuti insieme nonostante lui fosse molto più grande di lei. Condividendo la stessa passione, avevano sempre fatto grandi progetti insieme.
Scappare e andare a Tokyo, debuttare come cantanti realizzando il loro sogno. Eppure dei due, l’unico a esserci riuscito era stato Mark. Ora il ragazzo era un Idol piuttosto famoso aveva un gruppo con un altro ragazzo di nome Yuro, venivano spesso intervistati in programmi radiofonici, avevano fatto una marea di film e telefilm e inciso parecchie canzoni.

Mark non stava semplicemente vivendo un sogno…stava vivendo il sogno di Erika e questo le causava un tumulto di emozioni non indifferente.

Felicità per l'amico ma anche tanta invidia e tristezza. Lei dopo tutto non avrebbe mai realizzato il suo sogno, era come guardare le stelle senza mai riuscire a toccarle.

Il ragazzo si avvicinò con delle rose bianche i fiori preferiti di Erika. Da quando un giorno parlando lei gli aveva detto di preferire le rose bianche a quelle rosse lui le aveva portato interi mazzi.

Era il ragazzo perfetto, un principe angelico dal volto delicato gli occhi ametista che sembravano pietre preziose intense e brillanti e i capelli d'angora. Ma non era solo per il suo aspetto se a scuola si era guadagnato il titolo di “principe“ il merito era del suo carattere gentile e disponibile per tutti coloro che erano in difficoltà.

 

Un sorriso dolce e delicato e un atteggiamento maturo…sebbene questo fosse quello che traspariva al esterno, Erika che lo conosceva bene fin da bambini, sapeva che il ragazzo, nascondeva un carattere piuttosto insicuro e capriccioso a volte. Per lei averlo accanto in quei giorni di solitudine, era stato come svegliarsi da un mondo grigio e cupo scoprendone uno luminoso e colorato fatto di musica e divertimento.

Conosceva anche gli altri lati del ragazzo, come il suo essere un bel po’ goffo e impacciato con le persone o il suo arrabbiarsi moltissimo quando qualcuno la trattava male o prendeva in giro.

Per lei Mark era speciale e non solo perché era il suo migliore amico.

Era il ragazzo del quale era innamorata anche se il tutto era sempre rimasto un segreto. Erika aveva una paura incredibile di perdere il suo migliore amico per cui non aveva mai fatto il passo successivo nel mostrare i suoi reali sentimenti.

“ Come ti senti principessa?”

Le chiese il giovane con un sorriso mettendo il mazzo di fiori in bella vista, ne stava curando perfino la perfetta posizione cosa che la fece ridacchiare.

“ Primo non sono una principessa. Secondo guarda che i fiori stanno su anche se non li tieni” scherzò la ragazza

Mark si fece sfuggire una risata calorosa per poi abbracciare Erika. La ragazza lo strinse beandosi del suo calore piacevole poi staccandosi sorrise di rimando.

“ Ogni ragazza è una principessa e tu sei la più speciale. Lasciati viziare un po’ ho avuto da fare con il tour, non poterti vedere per un mese è stato terribile! “

Tu sei la più speciale, non poterti vedere è stato terribile

Il cuore di Erika perse un battito a quelle parole, le sue guance da prima pallide si colorarono del roseo imbarazzo che cercò di nascondere con una risata.

" senti senti e io che pensavo mi avessi già scordata...ma cosa volevi chiedermi? Per messaggio hai detto che dovevi chiedermi una cosa importante. Devo preoccuparmi?" Scherzò la ragazza cercando di girare intorno a quella domanda.

Il giorno prima si erano messaggiati molto più del solito. Mark sembrava avere però la testa da un altra parte e alla fine prima di salutarsi le aveva detto di doverle chiedere un consiglio. Erika aveva pensato tutto il tempo a che cosa l'amico le avrebbe domandato e sperava in cuor suo di poterlo aiutare.

" Si tratta..." Cominciò il ragazzo assicurandosi che fossero rimasti soli nella stanza prima di continuare a parlare.
"Si tratta di una ragazza. È una persona davvero importante per me e vorrei farglielo capire. Lei è sempre al mio fianco...sai è complicato perché ci sono molte cose in gioco...i miei non capirebbero lo so già. "

A quelle parole il cuore di Erika mancò più di un battito e le sue guance si colorarono di imbarazzo.

Lui, Mark il suo Mark stava dicendo di provare qualcosa per una ragazza che era sempre rimasta al suo fianco. Cercò di calmarsi di abbassare l'asticella delle aspettative ma il suo cuore e il cervello dicevano le cose opposte.
Più ci ragionava con logica più il suo cuore desiderava e sperava di sentire dire a Mark che quella ragazza era lei.

Il ragazzo la stava osservando e sorrideva, quel suo sorriso buono da bravo ragazzo gentile da perfetto principe che mai avrebbe potuto dire una cattiveria verso qualcuno.

" Fuka è una ragazza incredibilmente bella! Sai come sono fatto, non riesco a dirle ciò che provo il fatto poi che sia la sorella del mio Partner, lui è decisamente protettivo mi guarda sempre di traverso quando accenno a sua sorella! "

Aveva un nodo alla bocca dello stomaco, Fuka? Chi era questa Fuka? Erika aveva gli occhi sgranati e lentamente il sorriso che stava facendo era diventato più sfocato. Il suo cuore in quel momento, era come vetro e si infranse, come un costoso calice di cristallo che cadendo andava in frantumi.

"Va tutto bene Eri? Scusami lo so che sembro stupido ma tu sei la mia migliore amica e sei una ragazza...ho pensato potessi aiutarmi. Vedi io e Yuro abbiamo debuttato insieme ma Yuro non sa come ci si comporta a volte, non vorrei fraintendesse pensando che ho secondi fini verso Fuka"

Sopporta. Sorridi, devi essere felice per lui. Sorridi, anche se fa male, sorridi. Non puoi essere egoista non puoi essere avida.

" ...dovresti regalarle dei fiori, sicuramente così anche Yuro non avrà da ridire" si sforzò a dire la ragazza quasi obbligandosi a mostrare a Mark un sorriso

sorridi, anche se andrai in pezzi, sorridi

" Fiori? Che bella idea! Sei un genio. Si! Allora quando starai meglio potresti aiutarmi a sceglierli? Ho sentito che settimana prossima ti dimettono. Potremmo andare da qualche parte io tu e Yuro. Sei pur sempre una fan degli Strays vero? Tu dici sempre che ami le nostre canzoni no?" Domandò

Gli Strays erano il duo di cantanti che Erika aveva sempre considerato come i suoi idoli. Yuro Raiko e Mark appunto. Si vociferava che tra i due bei ragazzi talentuosi ci fosse una relazione intima, ma era solo una diceria e ora ne aveva la certezza.

"Certo che le amo! Bisognerebbe essere stupidi per non riconoscere il talento di due stelle come voi. Ecco...vedremo, non so se mi faranno uscire solo per un po" cercò di tagliare corto Erika

Mark la osservò con attenzione poi le accarezzò dolcemente i capelli. Quel suo tocco quasi fraterno la fece sentire una perfetta idiota. Stava facendo i capricci come una bambina in cerca di attenzioni, aveva paura. Si sentiva sempre più lontana da tutti i suoi sogni e da Mark stesso, lì chiusa in quella stanza sentiva di stare perdendo ogni cosa che le era cara.

" Mark...tu sei...sei felice?" Sussurrò la ragazza abbassando lo sguardo.
Il giovane stupito le fece un caloroso e luminoso sorriso. Annuì con la gioia negli occhi.

" Si! Sono felice come mai prima d'ora Eri. E poi tu guarirai sicuramente e festeggeremo al prossimo concerto! Io tu e Fuka ovviamente. Voglio fartela conoscere sai ha detto che le nostre canzoni sono la sua forza! "

Disse il giovane con quel entusiasmo quasi infantile che però aveva conquistato Erika al primo sguardo. Da fuori era affascinante e posato, un sorriso genuino uno sguardo accattivante, eppure lei conosceva alcune parti di Mark che una fan solo sognava di vedere.

" ...va bene. Scusami mi sento un po stanca deve essere per le medicine. Vorrei parlare di più con te ma mi si chiudono gli occhi"

Mentì la ragazza con una risatina. Il ragazzo annuì e sorridendole le diede un piccolo bacio sulla fronte prima di andare verso la porta salutandola con la promessa di vedersi il giorno seguente.

Una volta lasciata sola, Erika sprofondò sotto le coperte e raggomitolata in posizione fetale, cercò di non pensare a quanto l'idea di perdere Mark fosse davvero terribile.

La delusione e la bruciante sensazione di essere lasciata indietro però dovettero aspettare. Quando sentì la finestra aprirsi di colpo, la ragazza si asciugò velocemente le lacrime e sbucò con la testa fuori dal suo "riparo" per vedere cosa fosse successo. Quasi urlò quando vide una sagoma nera davanti alla finestra. Lo sconosciuto fu più veloce e le afferrò la vita attirandola vicino a se, una mano le teneva tappata la bocca mentre l'altra venne avvicinata al suo viso. La persona intrusa sollevò un dito accostandolo alle labbra per dirle di fare silenzio.

“ Adesso ti libero non urlare per favore”

la voce del individuo era maschile così come la sua corporatura slanciata e longilinea. Indossava abiti molto semplici e sportivi e portava un berretto nero e un paio di occhiali da sole.
Erika si limitò a un cenno d'assenso e quando lo sconosciuto la liberò la ragazza cominciò a urlare a squarciagola.

“Aiuto aiutatemi c'è un maniaco aiuto!”

Il giovane le tappò nuovamente la bocca facendo pressione con la mano mentre la tirava fuori dalla finestra, contro il volere di Erika che continuava a dimenarsi e scalciare il ragazzo la fermò contro la ringhiera e sbuffò levandosi il berretto, aveva i capelli di un nero con riflessi grigi che saltava immediatamente al occhio , non aveva ancora tolto gli occhiali scuri e si era lasciato sfuggire un sospiro tirato e innervosito forse dalla mancanza di giudizio di Erika.

“Stavolta non urlare o giuro che voli giù dal tetto. Fidati è meglio non farmi arrabbiare Usignolo”

Le disse lo sconosciuto con un tono che non ammetteva repliche. Peccato solo che il ragazzo non avesse fatto i conti con la testardaggine di Erika. Quando le lasciò finalmente la possibilità di respirare, la ragazza lo spinse indietro per allontanarlo da se e incrociando le braccia al petto ringhiò come un gattino che per dimostrare di essere più temibile, si limita a soffiare e gonfiare il pelo.

“ Mi chiamo Erika non Usignolo! E che cosa pensi di fare?! Credi che mi spaventi solo perché hai un tono tagliente e occhiali da sole?!”

Il ragazzo sembrò meravigliarsi di una simile sfuriata e rise, ma non era una risata di scherno o superiorità, era genuinamente divertito da Erika e dalla sua grinta. Erano in poche le persone che osavano contraddirlo e le donne erano anche meno. Eppure quella ragazzina incosciente gli stava rispondendo per le rime. Era piacevolmente sorpreso e colpito.

 

Stava per risponderle quando una luce nera e una bianca avvolsero i due ragazzi quasi accecandoli. Lo sconosciuto si coprì il volto con il braccio e sentendo l'urlo di Erika si levò immediatamente gli occhiali, le pupille viola dalla strana forma a croce si dilatarono sconvolte quando si rese conto di dove si trovavano. Fece scivolare una mano a terra raccogliendo sabbia nera. Tutto intorno a loro i colori sembravano essere stati rubati, il cielo era grigio, la sabbia ricopriva ogni cosa e intorno a loro il deserto si estendeva a vista d'occhio risparmiando soltanto poche strutture che avevano l'aria di essere antiche colonne.

“ Di nuovo qui...allora tu sei davvero in possesso di una Prism... Accidenti!”

Sbottò il ragazzo tirando un pugno al terreno. Erika si guardò attorno spaesata un attimo prima era nella sua stanza d'ospedale e un attimo dopo si ritrovava in un deserto di strana sabbia nera, forse vulcanica? Non che la cosa avesse importanza, aveva sentito le parole del ragazzo chiaramente e guardandolo di colpo si era resa conto che sembrava irritato da lei per qualche strano motivo.

“ Una...Prism? Intendi una cosa simile a un prisma?”
“ Non simile. Un prisma come questo”

Le rispose lui mostrandole un oggetto simile a un cubo che sembrava contenere qualcosa. Erika se lo rigirò tra le mani sotto lo sguardo del ragazzo e improvvisamente il cubo si aprì rivelando al suo interno, quello che sembrava alla prima occhiata, semplicemente un pezzo di vetro nero. In realtà era un prisma nero e quando Erika provò a prenderlo il ragazzo si riprese il cubo, ci passò la mano sopra e lo chiuse rimettendolo apposto.

“ Non fare la finta tonta! Tu possiedi una Prism! La reazione di prima e la tua presenza qui dal “altra” parte lo testimoniano”
ringhiò quasi il ragazzo anticipandola prima che potesse anche solo pensare di rispondergli.
“Non che una gattina spocchiosa come te, possa essere di qualche utilità alla mia missione” aggiunse velenoso
“come prego? Gattina spocchiosa come ti permetti?! Senti pensala come vuoi io non ho nulla a che fare con te, con la tua stupida missione o questa altra parte”


Sbraitò la ragazza. Ma in quel momento quasi fosse una punizione per aver urlato a quel modo contro il ragazzo, si sentì la gola andare a fuoco. Si afferrò il collo ansimando sapendo di stare per avere un attacco e così fu. Il dolore atroce si diffuse dalla gola in tutto il corpo, si piegò crollando a terra e iniziò a tossire senza alcun controllo fino a farsi lacrimare gli occhi per il dolore che provava e che la lasciava quasi senza respiro.

Il ragazzo si inginocchiò al fianco di Erika, prese qualcosa dalla giacca, una piccola scatolina con delle sferette nere. Le mise una tra i denti tenendo pronta una borraccia e poi in una mossa tanto inaspettata dalla ragazza quanto quasi imbarazzante, il ragazzo la spinse a ingoiare la sfera dalla sua bocca. Quel bacio sempre che così si potesse definire, era davvero strano. Le mani di lui le stavano sfiorando i lati del collo, le teneva la testa piegata indietro mentre la sua bocca era ferma a contatto con quella di lei, non stava approfondendo il bacio e nonostante l'iniziale rifiuto di Erika e il suo cercare di opporsi, le spinse la sferetta con la lingua e lasciò che la ragazza la facesse scendere in gola prima di staccarsi tossicchiando. Quella medicina, subito le trasmise un saporaccio amaro. Si tappò la bocca schifata stringendo gli occhi.


“ Se mi vuoi picchiare fai pure ma il tuo tossire a quel modo...era fastidioso. La medicina ora dovrebbe fare effetto ti consiglio di bere un po d'acqua”

Le disse lui allungandole la borraccia passando il braccio sulla bocca quasi come a volersi pulire, in realtà nessuno lo avrebbe mai immaginato ma il ragazzo era piuttosto a disagio.

 

Era intervenuto perché generalmente non tollerava di vedere sofferenza se poteva evitarlo, ma dopo tutto anche lui era un uomo sebbene alle prime armi non era di certo indifferente al sapore delle labbra di una ragazza anche se questa ora voleva letteralmente ucciderlo e il suo sguardo ne era testimone.
Ma si rilassò quando la ragazza si rese conto che la medicina stava facendo effetto. Dopo un attacco simile era senza energie non aveva di certo la forza per picchiarlo, non che le andasse particolarmente.

“ Per questa volta sei scampato alla tua punizione. Ti ringrazio il dolore è passato...quindi dove siamo?” Domandò solo per alleggerire l'atmosfera imbarazzante.

“Il Reame Ritmico l'altra parte...come dire un mondo speculare alla Terra” le spiegò. “Non che l'ultimo posto dove volevo tornare” aggiunse poi sconfortato

“Hai detto che è stato quel prisma a portarci qui? Parlavi di una reazione...”

Disse la ragazza guardandosi attorno per poi prendere qualcosa da sotto la maglietta rivelando un ciondolo a forma di stella con al centro qualcosa di simile a un cristallo.

“Una Prism! Allora avevo ragione!” Disse lui sgranando gli occhi
“ credi che questa potrebbe riportarci indietro?” Domandò Erika

Proprio in quel momento, il ragazzo si gettò su Erika facendola scivolare a terra. Qualcosa simile a un onda sonora si propagò nel aria e colpì una colonna mandandola in frantumi.

“ Ci hanno trovato! Maledetti Darking Noise! Devi alzarti, su muoviti dobbiamo andare via, qui siamo scoperti! ”

Quando Erika un po dolorante per la caduta sul sedere, guardò in alto vide uno stormo di pipistrelli ma il loro corpo era rosso le loro ali due volte quelle di un pipistrello normale e avevano degli inquietanti occhi rossi. Inoltre la parte posteriore del corpo presentava due filamenti simili a code. Il Darking spalancò l'enorme bocca e sparò l'ennesima onda d'urto sonora, il ragazzo afferrò Erika per il cappuccio della felpa e la tirò accanto a se prima che la ragazza, facesse la fine della pietra dove aveva tentato di nascondersi che in pochi secondi si frantumò in mille pezzi.

Erika aveva il cuore a mille, sentiva sarebbe potuto uscirle dal petto per la paura mentre immaginava il suo corpo fare la stessa fine di quella roccia. Si sforzò di alzarsi era ancora debilitata dal attacco avuto poco prima e anche se il dolore era scomparso il panico di quella situazione le stava causando una situazione di stress che non era l'ideale per la sua salute.

I due cominciarono a correre a perdifiato lungo le dune di sabbia nera, cercando un riparo da quel inferno di onde soniche che distruggeva tutto quello che incontrava sul suo cammino. Una delle onde soniche, colpì il ragazzo alle spalle, dovette reprimere un gemito mentre cadeva sulle ginocchia ansimando.

Erika si fermò e quando vide sulla giacca del giovane allungarsi una macchia color cremisi, corse subito al suo fianco tentando di farlo alzare da terra.

“Alzati stanno arrivando!” Gridò la ragazza incitandolo.

Un altro colpo li prese in pieno e li lanciò verso una roccia. Il ragazzo la afferrò di colpo in modo da stringersela al petto e ferirsi ulteriormente andando a sbattere contro una colonna che per la potenza del colpo si disintegrò.

Il giovane tossì mentre una striscia di sangue gli sporcava la fronte scendendo dalla testa sui capelli di Erika e scivolò sul bordo della sua guancia. Aveva il fiato corto, un attacco di panico la stava per assalire quando sentì la stretta del ragazzo più forte e una luce bianca e nera scaturita da entrambi li avvolse completamente.

Quando Erika riprese la calma necessaria per forzarsi ad aprire gli occhi, si rese conto di essere davanti alla torre di Tokyo. Il panico la assalì rendendosi conto di essere mille mila chilometri lontana da casa. Osservò un instante il ragazzo che pareva essere svenuto e poggiando una mano al suo collo, tirò un sospiro di sollievo.

“È ancora vivo per fortuna” si disse alzandosi per poi guardarsi attorno.

Non era mai stata a Tokyo prima d'ora quindi non la conosceva per nulla bene. Ma sapeva che dalle parti della torre, viveva una amica di sua zia. Certo a giudicare dal ora sembrava essere davvero tardi, ma non aveva molte altre possibilità in quel momento e sopratutto, il ragazzo misterioso si era ferito per lei per proteggerla, almeno delle cure decenti gliele doveva.

Cercò sul cellulare l'indirizzo del locale era un piccolo caffè vicino alla Tokyo Tower, con circospezione tenendo un profilo il più basso possibile, la ragazza sgusciò nel vicolo sul retro. Fece poggiare il giovane sconosciuto con la schiena alla parete e osservò la porta. Era ovviamente chiusa a chiave ma lei sapeva come aprire le serrature, a insegnarle a farlo era stato Yuro. Prese una forcina girandola dentro la serratura più volte fino a quando non sentì un click. La porta si aprì e lei sgusciò dentro andando subito al panello per disattivare il sistema di allarme. Una volta tranquilla anche se non qualche fatica, trascinò il giovane fino a uno dei divanetti e riprendendo un instante fiato pensò alla sua prossima mossa.

“ Va bene. Per prima cosa devo darti una mano, dove sarà il kit di pronto-soccorso?”

Si chiese la ragazza iniziando ad aprire scaffali e cassetti fino a trovare una scatola con una croce verde disegnata. La aprì e prese garze e bende varie. Per prima cosa avrebbe dovuto medicare le ferite di lui, si avvicinò poggiando la mano sulla sua fronte costatando quanto fosse caldo a causa della febbre.

“Mi senti? Ehi...tieni duro.”

Disse la ragazza imbevendo in acqua fredda una garza piegata che poggiò poi sulla fronte di lui. Si sedette accanto al giovane e prendendo la mano di lui nella sua stringendola, vegliò su di lui in attesa che si riprendesse e le desse qualche risposta sulle mille mila domande che aveva ma alla fine vuoi per lo sforzo di trascinarlo per Tokyo vuoi per la tensione accumulata che andava sciamando, la ragazza crollò tra le braccia di Morfeo finendo per sdraiarsi accanto al ragazzo e chiudendo gli occhi sprofondare in un sonno calmo.

 

***

 

Quella mattina non si aspettava di certo che sarebbe andata così. Era uscito tardi trovando sua madre occupata a dipingere qualcosa e naturalmente nulla sarebbe sembrato strano, se non fosse stato per l'abbigliamento della madre, un succinto abito bianco molto lezioso e un paio di orecchie da coniglietta appiccicate a un cerchietto.

Mikhail aveva strabuzzato gli occhi a quella vista, se li era stropicciato più volte credendo fosse un sogno o per meglio dire un brutto incubo. Alla fine quasi anestetizzato dal abitudine di vedere la madre in tali vesti e perfino nuda mentre dipingeva, decise di lasciar perdere, prese il bento che si era cucinato, visto che la madre era abbastanza negata a cucinare e lui si occupava molto spesso di farlo al suo posto, dopodiché cercando di non interromperla visto che sembrava molto presa, il ragazzo sgattaiolò fuori dalla porta diretto verso la sua scuola, quello era il primo giorno a Tokyo, si erano trasferiti per il lavoro della madre prendendo una piccola casa in affitto vicino alla stazione di Shibuya.

Col senno di poi, se non si fosse fermato a rendere omaggio alla statua di Hachiko mentre aspettava l'amico Logan, forse non sarebbe successo nulla. Era di spalle le mani giunte in preghiera, era intento in quello che stava facendo, non vide quindi alle sue spalle delle figure avvicinarsi, una di esse, brandiva una sbarra di ferro ed era più alta e massiccia delle altre.

“ Ehi Questo è il nostro territorio che cosa ci fa un moccioso come te qui?”

La voce forte e volgare apparteneva come suo malgrado scoprì presto Mik, a un gigantesco energumeno. Il ragazzo lo osservò attentamente, aveva una carnagione parecchio abbronzata, occhi neri che lo fissavano malefici come quelli di un predatore pronto a sbranarlo. Indossava abiti larghi aveva i capelli anch'essi scuri sembravano quasi unti, ci passò la mano per poi battere la sbarra di ferro a terra.

Mikhail era paralizzato, stringeva i pugni con forza mentre il delinquente che aveva chiaramente capito lo stato di confusione e terrore del ragazzo non si fece problemi a colpirlo allo stomaco svuotandogli in un sol colpo i polmoni facendogli sputare saliva. Il ragazzo si strinse il ventre con le braccia crollando in ginocchio tossendo.

“Ti ho fatto male MERDA?! Non lo sai che questo è il territorio degli SkullReapers!?”
“ i-io...io non lo sa-sapevo...e comunque è un nome un po pacchiano il vostro. ” tossì il ragazzo dai capelli biondi.

Una ginocchiata gli tolse il fiato per l'ennesima volta e lo fece crollare con il volto contro il terreno. Sentiva le risate degli uomini alle sue spalle chiedendosi perché fosse stato scelto lui come bersaglio, quando improvvisamente qualcosa saettò verso di lui a una velocità incredibile e finì per prendere in pieno il delinquente in faccia facendogli lasciare la sbarra di metallo. Mik alzò la testa e vide quella sorta di ombra a forma sferica che sembrava ricoperta di elettricità, colpire la parete alle sue spalle e rimbalzando più volte prendere in pieno tutti i delinquenti folgorandoli per poi rotolare ai piedi di una figura. Questa la fece saltare sul ginocchio e cominciò a paleggiare con quella che ora Mikhail vedeva bene. Era una palla da basket logora e rovinata.

Il ragazzo si forzò stringendosi ancora il ventre dolorante e alzò lo sguardo mentre il vento smuovendo indietro il cappuccio della felpa nera indossato dal suo misterioso salvatore, ne mise in luce l'identità.

Una ragazza dalla carnagione color caffè osservava il giovane con occhi color cervone. I capelli molto lunghi erano sciolti su spalle esili. Ma nonostante il fisico delicato la ragazza faceva giochi con la palla da basket con una facilità incredibile facendola rimbalzare con la punta del piede.

“Ohi stai bene?”
“s-si tu chi...chi...sei?”

A quella domanda un estasiato e sorpreso Mikhail, non poté che annuire senza parole, fino a quando il forte dolore causato dai colpi subito non lo fece svenire. La ragazza lo raccolse da terra e cercò con qualche difficoltà di trascinarlo via passandogli una mano sotto il ventre per aiutarlo a camminare.

“ Mi chiamo Peony...sei fortunato che passavo da queste parti”





angolo della melodia (2)

Eccoci al secondo capitolo ma andiamo con ordine. Voglio ringraziare la creatrice dei tre pg che sono apparsi in questo capitolo. Ovvero Mark, la madre di Mik che scoprirete più avanti meglio e Mikhail il suo colore di occhi è particolare vi invito a cercarlo si chiama proprio color Cervone e non sapevo nemmeno esistesse. La persona che ringrazio è Diaspro che come al solito crea pg stupendi e meravigliosi. Grazie per il prestito e spero di riuscire a far brillare loro e anche gli altri allo stesso modo. In questo capitolo iniziamo a vedere i vari pg, cominciando da Erika che non se la passa per niente bene e addirittura visita per prima una delle zone del Reame Ritmico insieme a uno strano ragazzo misterioso che conoscerete presto. Poi è il turno di Mikhail il poverino viene attaccato da strani individui e salvato a l'ultimo da una ragazza che si chiama Peony molti di voi la conoscerete per la Oneshot di Natale ma anche lei si svelerà più avanti. Che dire? Questo capitolo è finito ci vediamo al prossimo che non so quando arriverà ma presto promesso.

  
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