“Non abbandonarsi
alla rabbia è l’illusione degli iracondi,
non provare paura
quella dei codardi.”
CAPITOLO 2
IL TASSO E LA VOLPE
Da molto tempo ormai le arpie avevano
dimenticato come si volava.
Coloro
che erano abbastanza fortunate da non passare tutta la loro vita chiuse in una gabbia
a produrre uova, se volevano conservare la libertà dovevano passare
inosservate, nascoste spesso in eremi sperduti in cima alle montagne.
Quello
che nei tempi antichi era motivo d’orgoglio di e vanto era diventato una
condanna, e potersi librare nei cieli sfoggiando le loro splendide ali si era
trasformato in un tabù, qualcosa da temere e da scoraggiate.
Così
le piume si erano arruffate, diradate, e ormai era impossibile trovare un’arpia
che riuscisse a fare qualcosa di più che planare per brevi tratti, a condizione
ovviamente di tuffarsi da grandi altezze.
Prima
di finire anche lei in una gabbia Xylla era stata una
ragazza energica e piena di vita, che amava sfidare la sorte ed esibire fiera
le sue superbe ali dorate.
Peccato
che fosse stata una di quelle sue planate avventate a far scoprire ai
cacciatori di schiavi l’esistenza del suo villaggio.
Da
un momento all’altro aveva visto la sua terra natale bruciare, le sue compagne
troppo vecchie o troppo giovani trucidate perché reputate inutili, mentre lei
con le poche sfortunate rimaste in vita si era vista trasformare in un animale
da cova, costretta con la forza e le minacce a deporre incessantemente uova che
andavano poi ad esaltare le cene di qualche nobile depravato.
Non
stupiva quindi che tutto ciò avesse fatto di lei un’anima vuota, che si nutriva
di odio, e che trovava insopportabile il solo fatto di condividere la stessa
stanza con un umano.
Hera,
Martha e le altre, dopo essere state liberate, avevano trovato un loro posto, e
ora stavano cercando molto faticosamente di lasciarsi alle spalle l’orrore al
quale in un modo o nell’altro erano sopravvissute.
Ma
lei no.
Lei
non ci riusciva.
Il
fuoco che le bruciava dentro sembrava inestinguibile.
Così
passava le giornate camminando senza sosta per le strade della città attorno al
Castello, sempre pronta ad attaccare briga con chiunque non le andasse a genio,
umano o mostro che fosse.
Detestava
quel posto, ma sapeva di non averne un altro in cui andare, e nel poco tempo in
cui era stata lì aveva causato talmente tanti problemi che ormai nessuno,
nemmeno le sue amiche, voleva avere più a che fare con lei.
Una
mattina stava camminando nella zona del mercato, tornato attivo e brulicante di
vita come non accadeva da diversi anni, con l’espressione vuota ed il passo
incerto di chi procede per inerzia, senza un vero scopo.
Se
solo non fosse stata distratta dalle tenebre che aveva dentro, si sarebbe
accorta che quei tre soldati della Guardia Nazionale seduti attorno al tavolo
di una taverna a godersi il sole, l’aria fresca e il sidro stavano parlato di
comuni uova di haradveni, un grosso volatile del Maharadi.
«Sul
serio!? Hai mangiato una di quelle uova?»
«Non
una sola, tre!»
«Non
ci credo, per me ci stai raccontando una balla.»
«E
invece è la pura verità. C’era questo mercante, ricco sfondato. Io ero uno dei
suoi stallieri. Aveva pagato una montagna di soldi per quell’animale. Una
mattina sono arrivato e le uova erano lì, pronte per la cucina. Il tizio che
doveva prenderle era ubriaco fradicio, così me le sono prese, le ho portate a
casa, e mi ci sono fatto una bella frittata.»
«Roba
da matti. Anche con il nostro nuovo salario non basterebbe la paga di mese per
permettersene anche solo una.»
«Dicci
allora, com’era? Dicono che abbiano un sapore paradisiaco.»
«Bah,
niente di eccezionale. Le chiamano benedizioni di Gaia, ma alla fine erano solo
degli ovetti insipidi. Ho dovuto metterci una montagna di spezie perché
diventassero a malapena decenti.»
Xylla
si avvicinò ai tre soldati con lo sguardo basso, le penne arruffate e i denti
serrati.
«Solo
degli ovetti insipidi, hai detto? Hai una qualche idea di quello che noi
abbiamo subito per produrre quegli ovetti insipidi?»
«Come!?
Ma di che cosa stai…».
La Sala Grande del Castello era molto
cambiata nel giro di pochi mesi.
Una
grande tavola rotonda con tredici posti aveva sostituito il pomposo scranno
d’oro del precedente Governatore, e appeso al muro, invece dello stendardo
imperiale, vi era ora il grande vessillo rosso, bianco e blu dello Stato
Libero.
Daemon
si guardò attorno ad osservare i membri del suo governo, tutte persone di
fiducia scelte guardando unicamente al talento e alle competenze piuttosto che
al lignaggio o alla specie di appartenenza.
«Alzate
tutti la mano destra.» disse, venendo obbedito. «Noi giuriamo di rispettare la
costituzione dello Stato Libero, di agire e di decidere nell’interesse dei suoi
abitanti, e di non abusare mai del potere conferitoci.»
«Lo
giuro.» dissero tutti insieme
«Dichiaro
aperta questa seduta dell’assemblea legislativa. Come da prassi, vorrei che
prima di tutto ognuno di voi facesse rapporto circa lo stato dei vostri attuali
incarichi. Cominciamo con i governatori delle tre prefetture. Rutte?»
Il
vecchio sindaco, ora governatore dell’intera regione di Dundee, si alzò
prendendo la parola.
«Lo
smantellamento del ghetto è quasi completato, mentre la costruzione della nuova
area abitativa nei pressi delle miniere procede secondo i tempi previsti, e
alcuni edifici sono già stati assegnati. In base alle nostre previsioni,
l’intero villaggio dovrebbe diventare pienamente abitabile entro la fine del
mese.»
«La
situazione dell’ordine pubblico?»
«Niente
da segnalare. Tutti i cittadini stanno cooperando tra di loro nell’interesse
collettivo. Se posso permettermi, solo l’anno scorso l’avrei ritenuto
impossibile. Mostri e umani che collaborano in modo tanto stretto, vecchi
schiavi che trattano alla pari con i loro vecchi padroni.»
«Attento,
Governatore.» sorrise Adrian dallo scranno di fronte. «Questi termini ora sono
aboliti.»
«Chiedo
scusa, è che ancora fatico a rendermene conto. Non siamo mai stati un popolo
schiavista, e molti di noi non condividevano il fanatismo dell’Impero. Ma senza
che ce ne rendessimo conto stavamo iniziando ad abituarci a questa situazione.
La Rivoluzione ci ha aperto gli occhi, e ci ha ricordato come vogliamo vivere
davvero.»
«Questo
è stato solo un primo passo.» disse Daemon. «Dovranno succedere ancora molte
cose prima che umani e mostri possano realmente considerarsi cittadini liberi e
uguali anche tra di loro, ma non si può certamente cambiare il mondo in pochi
mesi. Ora però, continuiamo. Passiamo alla situazione di Basterwick.»
A
prendere la parola fu Tielde, un piccolo proprietario
terriero che la gente di Basterwick aveva nominato
come proprio rappresentante in luogo al deposto Van Lobre.
«Posso
confermare che l’epidemia è stata completamente debellata, e la situazione a Basterwick è tornata alla normalità. Sia l’attività dei
campi che tutte le altre filiere produttive si sono rimesse pienamente in moto.
Voglio aggiungere che i soldati della Guardia Nazionale ci sono stati di grande
aiuto, e questo ha portato molti giovani ad arruolarsi come volontari.»
«La
Guardia Nazionale che ha sostituito le legioni e le milizie cittadine è stata
una gran bella idea, se posso permettermi.» disse Oldrick,
ora nelle vesti di Generale d’Armata di detta Guardia. «In questo modo abbiamo
offerto uno sbocco ai miliziani di lungo corso prima che si potessero
abbandonare al brigantaggio. È anche un modo per offrire una prospettiva a
molti giovani e schiavi emancipati senza particolari talenti.»
«L’esercito
è da sempre una carriera appetibile per chi non ha prospettiva nella vita o ha
visto crollare quelle che aveva prima.» disse Daemon. «Ovviamente mantenere un
esercito ha un costo, ma sempre meglio che avere le strade piene di vagabondi e
disoccupati. Ora, lo stato del Castello. Zorech?»
«Niente
da segnalare sia al villaggio che alla fortezza.»
Zorech
sembrava ancora un pesce fuor d’acqua nelle vesti di governatore della più
importante delle tre prefetture; era stato Daemon in persona a proporlo per
quel ruolo, che lui aveva accettato solo dopo molte esitazioni.
Si
trattava di un incarico più di rappresentanza che di altro, ma forse era solo
un modo per Daemon per dimostrare una volta di più quanto rispetto nutrisse nei
confronti di colui che gli aveva fatto da padre affidandogli un posto nel suo
gruppo di reggenza.
«Veniamo
alla nostra situazione economica. Mary, che notizie hai per noi?»
Anche
Mary aveva ancora qualche problema a concepire realmente la posizione in cui si
trovava, per quanto da quando Daemon le aveva affidato l’incarico di ministro
delle finanze avesse dimostrato in svariate occasioni di essere più che capace
di rivestire quel ruolo.
«Il
tesoro che tu e Adrian avete recuperato ci è stato molto utile. Grazie ad esso
siamo stati in grado di pagare buona parte dei debiti che la vecchia provincia
aveva accumulato nel corso degli anni e stabilizzare le nostre finanze.»
«E
per quanto riguarda i commerci» intervenne Borg, che paradossalmente con quel
suo vestirsi sempre in modo così appariscente sembrava l’unica persona non
fuori luogo tra tutte quelle sedute attorno a quel tavolo «Sarete felici di
sapere che sono pienamente ripresi sia con le nazioni del sud che con l’Impero,
e i posti lasciati vuoti da chi non ha voluto o potuto rinnovare i contratti
sono stati occupati da altri.»
«È
così. Il signor Borg sta facendo un lavoro davvero straordinario.»
«Mai
quanto il tuo, ragazza mia. Credevo che Daemon esagerasse nel tessere le tue
lodi, ma invece devo ricredermi. Io trovo i potenziali investitori, ma sei tu
che conduci le trattative.»
Era
una cosa assai rara che Borg si complimentasse con qualcuno in modo tanto
sincero, e anche se non tutti erano felici di averlo come membro di quel
consiglio i suoi meriti e i suoi talenti erano indiscutibili, soprattutto ora
che facevano il paio con quelli di Mary.
«C’è
altro da riferire?»
«Ecco,
in effetti sì.» disse la ragazza quasi con timore. «Il fatto è che ho ricevuto
un’offerta da una compagnia mercantile dell’Unione. Hanno bisogno di pece per
la costruzione delle navi, ma piuttosto che investire vorrebbero prendere
direttamente in affitto uno dei nostri pozzi su cui avere il controllo
esclusivo stipulando un contratto decennale. In cambio oltre al pagamento
dell’affitto si offrono di assumere manodopera locale.»
«Ritieni
che sia un buon accordo?»
«Io…
io credo di sì.»
«E
allora che bisogno avevi di venire da me?»
«Cosa!?»
«A
costo di risultare ripetitivo, voglio ribadirlo un’altra volta. Voi tutti non
siete qui perché mi state simpatici, ma perché ho fiducia nelle vostre capacità
e nel vostro giudizio. Non siamo più sotto una monarchia, e non c’è più un re
che ha l’ultima parola su ogni cosa. Voi siete qui per aiutarmi a rimettere in
piedi questa nazione e renderla prospera. Pertanto, fintanto che siete disposti
ad assumervi la responsabilità delle vostre azioni, non avete bisogno della mia
approvazione per prendere una decisione. Sono stato chiaro?»
«Sì.
Certo. Ti chiedo scusa.»
«A
proposito, come sta andando l’emporio a Dundee?»
«Bene.
La signora Bonbi sta facendo un ottimo lavoro, e i
clienti sono soddisfatti. Se continua così, presto potrò aprire un altro
negozio anche qui al Castello.»
«Evidentemente
sei un’ottima maestra, oltre che un bravo ministro. Ora però passiamo ad altre
questioni. Lo stato delle miniere.»
«Eccomi
qua.» disse Passe. «Tutti i campi, i pozzi e le miniere sono in piena attività.
I ragazzi lavorano alacremente, la sera mangiano come maiali e la mattina dopo
riprendono il lavoro ancora più motivati. Niente da segnalare anche ai campi
dei taglialegna e alla segheria.»
«Assicurati
che Grog e gli altri non esagerino con i bagordi. Ora che non sono più schiavi
devono imparare a gestirsi sia nel lavoro che nel divertimento. Non ha senso
riempirsi la pancia un giorno per poi dover digiunare il successivo.»
«Faccio
quello che posso, ma a quanto pare hanno ancora problemi a capire di essere
diventati uomini liberi.»
«A
volte ci si dimentica che essere liberi comporta anche dei doveri.»
«Visto
che ti piace parlare Adrian, perché non fai rapporto anche tu? Come ministro
degli interni, cosa puoi dirmi sullo stato delle nostre risorse alimentari?»
«I
campi sono stati tutti ripuliti e sistemati, e presto inizieranno a germinare.
Piuttosto che perdere del tutto il controllo sulle loro terre o finire a
processo per i loro crimini, Van Lobre e gli altri
latifondisti hanno accettato di continuare ad amministrare i loro vecchi
possedimenti per conto dello stato. Ma questo non risolve i nostri problemi
alimentari.»
«Sì,
lo so. Un conto è nutrire degli schiavi il minimo indispensabile perché non
muoiano di fame, un conto è garantire loro un congruo apporto alimentare.»
«C’è
anche un altro problema.» disse Mary «Per far fronte alla carenza di denaro e
abituare gli schiavi emancipati al possesso di beni propri li stiamo pagando
per il loro lavoro in cibo e altri beni di prima necessità, ma questo
inevitabilmente sta intaccando le nostre risorse alimentari. Per ora stiamo
compensando acquistando grano e altri alimenti da fuori, ma riuscire a non
andare in passivo con i conti diventa sempre più difficile.»
«Per
non parlare dell’esercito.» disse Oldrick.
«Quarantacinquemila bocche da sfamare non sono poche, e con questo ritmo di
arruolamento presto supereremo quota cinquantamila. A nessuno importa niente se
un barbone muore di fame per strada, ma se quel barbone diventa un soldato poi
occorre nutrirlo.»
«Tralasciando
il fatto che passare da un’economia basata sullo schiavismo ad una fondata sul
lavoro di privati cittadini non è mai facile né indolore, sappiamo bene tutti
che questa provincia ha sempre avuto un problema con le risorse alimentari.»
«La
nostra terra è ricca di miniere, pascoli e montagne. Ma povera di terreni
fertili in cui seminare.»
«Non
è del tutto vero, Rutte. La terra in realtà è molto fertile. Basta guardare la
densità dei boschi o la facilità con cui il grano cresce per rendersene conto.
Il problema è che i terreni sono spesso troppo ripidi per poterci coltivare
sopra. E a tal proposito, ho pensato ad una possibile soluzione che ora vorrei
sottoporre all’attenzione di questo consiglio.»
Daemon
fece un cenno a due attendenti in piedi accanto alla porta, che srotolarono sulla
parete una grande illustrazione raffigurante una specie di struttura a gradoni.
«Che
cosa sono?» chiese Passe «Terrazze?»
«Ho
sentito dire che questo sistema sarebbe già in uso a Xi-Zian.
In questo modo diventerebbe possibile coltivare anche lungo i fianchi di una
montagna o sui pendii di una vallata.»
«Si
può fare davvero?» chiese Mary
«Suppongo
di sì, a condizione di creare un efficace sistema di approvvigionamento idrico
per garantire l’irrigazione e permettere l’eliminazione delle acque in eccesso.
E se i campi così ottenuti dovessero venire assegnati agli schiavi emancipati
affinché li coltivino a beneficio dell’intera nazione avremmo anche molti meno
disoccupati.»
«Sembra
un progetto molto ambizioso. Sicuro che saremo in grado di metterlo in pratica?»
«Cos’è
che dico sempre in questi casi, Generale?»
«L’immaginazione
governa il mondo.» replicò Oldrick con un sorriso
compiaciuto
«Tutto
si può fare se si ha la giusta determinazione. E c’è anche un’altra cosa di cui
vorrei parlarvi. Come sapete tutti siamo una nazione essenzialmente
esportatrice, e vendiamo a molte nazioni minerali, pietre e altre materie
prime, ma se escludiamo le segherie non possediamo alcuna industria. Se
riuscissimo a costruire nuovi poli industriali destinati alla lavorazione di
quello che produciamo dalla terra le nostre entrate aumenterebbero
considerevolmente, e saremmo anche tutelati contro eventuali embarghi che
qualcuno potrebbe attuare contro di noi.»
«Servirebbero
operai specializzati.» obiettò Adrian «E attualmente noi ne abbiamo pochi.»
«Non
serve che siano molti, basta che sappiano insegnare il mestiere. Lo scopo
primario di questa manovra è prima di tutto combattere la disoccupazione. Il
problema di trasformare degli schiavi in liberi cittadini è che poi ti ritrovi
con più forza lavoro di quanta effettivamente te ne serva. La via delle armi è
una possibile soluzione, ma creare un’armata troppo grande sarebbe visto come
una minaccia dai nostri vicini.»
«Ho
capito, quindi si tratta di prendere due piccioni con una fava.» disse Mary.
«Ampliamo e differenziamo la nostra economia, e nel frattempo creiamo lavoro.»
«Ma
formare un operaio altamente specializzato richiede del tempo, altrimenti si
rischia di produrre merce di cattiva qualità.»
«Mi
stupisci, Borg. Tu per primo dovresti sapere che immettere merce di seconda
scelta ma in grande quantità in un mercato stagnante come quelli dell’Impero o
dell’Unione spesso garantisce introiti ancora maggiori di quelli che verrebbero
dal vendere merce pregiata. Verrà il tempo in cui ci renderemo appetibili anche
a clientele più sofisticate, per ora accontentiamoci di guadagnare il più
possibile. Allora? Siete d’accordo con me?»
Non
ci fu neanche bisogno di chiamare una votazione.
«Allora
la proposta è approvata. Cominceremo con il produrre utensili in metallo e
abiti da lavoro. Adrian, tu sceglierai il terreno per edificare il nuovo polo
industriale. Borg, tu trova i compratori. Mary, reperisci le risorse
necessarie. Parla con gli investitori, e se necessario offri quote di
partecipazione a garanzia.»
Il
resto della riunione proseguì senza ulteriori interruzioni, fino a quando tutti
non ebbero riferito ciò che avevano da dire sui rispettivi incarichi.
«Molto
bene. Per oggi basta così. Ci riuniremo nuovamente tra due settimane, ed entro
allora mi aspetto già i primi resoconti circa i due nuovi progetti. Questa
riunione è aggiornata.»
Attigua alla Sala Grande c’era la
sala da bagno dove il vecchio governatore era solito fare i suoi pediluvi, che
Daemon aveva fatto riconvertire a proprio ufficio.
Anche
lì, tutto era stato riadattato in funzione del nuovo ruolo che la stanza doveva
ricoprire: il pomposo seggio con sgabello e poggiapiedi era stato sostituito da
una scrivania semplice ma ben costruita, le pareti ridipinte, e accanto alla
grande finestra stava ora un’asta con appesa la bandiera dello Stato Libero.
«Non
dovresti essere alla caserma?» disse Daemon entrando e trovando Scalia seduta
al divanetto per gli ospiti accanto al camino
«Non
ho niente da fare, mi annoio a stare lì.»
«Credevo
che ti saresti trovata a tuo agio in mezzo a tante giovani reclute da
addestrare.»
«Non
ho pazienza coi novellini, lo sai. Lascio che se ne occupi Jack.»
«Ho
saputo che vai spesso in biblioteca. Mi fa piacere. Vuol dire che alla fine ci
sono riuscito a farti amare i libri.»
«In
realtà, come ho detto, più che altro è perché mi annoio. Voglio dire, Grog ora
sovrintende alle miniere, il vecchio Passe è in quel tuo consiglio di reggenza,
Jack addestra le reclute, Lori e le altre tengono in ordine il palazzo. In tutto
questo, il mio ruolo quale sarebbe? Se tu mi lasciassi tornare a lavorare…»
«Tu
mi servi qui, Scalia. Infatti, temo che presto o tardi verrà il momento in cui
la tua abilità con la spada ci sarà nuovamente utile.»
«Credi
che qualcuno prima o poi ci attaccherà?»
«Ti
mentirei se dicessi che non è una possibilità. I cambiamenti epocali non sono
mai processi indolore. La Rivoluzione ha portato qualcosa che non si era mai
visto prima in questo mondo, e molti potrebbero considerare la nostra stessa
esistenza come una minaccia.»
«Ma
tutti quegli accordi commerciali non servono forse a garantire la pace?»
«Sono
un ponte. Una mano protesa per dimostrare la nostra buona volontà. Sta ai
nostri nemici scegliere se stringerla o meno. Ma dobbiamo essere pronti a
tutto, ed è per questo che stiamo costruendo un esercito regolare.»
«A
questo proposito, sono venuta anche per parlarti di una cosa. È successo un
guaio in città.»
Daemon
sospirò: «Xylla, giusto?»
«Da
quando l’abbiamo liberata non ha fatto altro che causare problemi. Per fortuna
mi trovavo a passare da quelle parti e sono riuscita a fermarla, altrimenti
quel tipo ci avrebbe rimesso ben più di un occhio. Pare che li abbia attaccati
senza alcun motivo.»
«Non
posso giustificare quello che fa, ma ho cercato di essere comprensivo con lei.
Quello che ha passato sarebbe stato terribile per chiunque. E ora dov’è?»
«L’abbiamo
chiusa in cella nell’attesa che si calmasse. Ora però anch’io penso che
andrebbero presi provvedimenti, prima che succeda qualcosa di irreparabile.»
«D’accordo,
proverò a parlarle.»
Scalia
però sembrava avere qualcos’altro che la turbava: «Daemon, stavo pensando…»
«Sì?»
«Ecco,
non mi piace discutere le tue azioni. Dopotutto sei tu che ci hai dato la
libertà. Però, il fatto è che alcuni di noi hanno… diciamo qualche perplessità
riguardo ad alcune delle tue scelte.»
Il
giovane la guardò come ad un libro aperto.
«Parla
pure.»
«Quando
ci hai spronati a ribellarci hai detto che tutti quelli che ci avevano fatto
del male avrebbero pagato per i loro crimini. Però ecco, molti proprietari
terrieri, molti schiavisti… persino alcuni ufficiali della milizia. Se
escludiamo alcuni, molte di quelle persone non sono mai state punite.»
«Ti
sbagli Scalia. Li stiamo punendo. Severamente, anche.»
«Come!?»
«Pensa
a Van Lobre, o al Barone Mecht.
Non hanno più terre, né titoli, né proprietà. Tutto quello che possono fare è
osservare impotenti mentre in qualità di fiduciari amministrano terre che un
tempo erano loro, e che adesso sono proprietà dello Stato e affidate agli
stessi schiavi che un tempo maltrattavano. E che dire dei miliziani che si sono
arresi? Hanno dovuto scegliere tra la prigione o l’arruolamento nella Guardia
Nazionale, e se vorranno continuare a vivere non avranno altra scelta che
combattere, con noi e per noi. Non pensi che per gente come loro, abituata a
vedervi come nient’altro che oggetti, questa sia la peggiore punizione
possibile?»
Scalia
fu costretta ad ammettere che c’era della logica nelle parole di Daemon, e
anche se non era ancora del tutto convinta accettò quella spiegazione,
promettendo di spargerla anche tra coloro che nutrivano i suoi stessi dubbi.
In
quel momento arrivarono altre tre ospiti, una delle quali non mancò di
provocare in Scalia un fastidioso nodo allo stomaco.
«E
tu che ci fai qui, tettona?» ringhiò la ragazza
all’indirizzo di Isabela. «Sappi che non ho sentito la tua mancanza.»
«Il
sentimento è reciproco, piccola sputafuoco.»
«Isabela,
basta così.» la ammonì Sylvie prima di rivolgersi a Daemon. «È un piacere
rivedervi, Messer Haselworth.»
«Bentornata,
Eminenza. Avete fatto presto.»
Lei
sorrise, quindi si fece passare dalla sua discepola una scatoletta di legno
contenente un rotolo sigillato che porse a Daemon.
«Da
questo momento, prendo ufficialmente servizio come Vescovo di questa nazione, e
mi affido completamente alle vostre cure. Spero che la nostra cooperazione sia
serena e duratura, nel migliore interesse del vostro popolo e a gloria
imperitura della nostra Madre Gaia.»
«Sono
sorpreso che il Conclave abbia dato il suo consenso. Pensavo ci avrebbero
scomunicati senza tante cerimonie.»
«L’hanno
fatto. Io ho solo fatto presente che non c’è una legge che impedisca ad un
Vescovo di essere assegnato ad una nazione scomunicata, fintanto che i suoi
abitanti obbediscono devotamente alla legge di Gaia.»
«Tra
l’essere una nazione nata da una rivolta di schiavi e le riforme che abbiamo
promulgato, ero abbastanza sicuro che non gli sarei andato a genio. Ma se siete
qui per tentare di farmi cambiare idea vi avviso che sarà inutile. La laicità
dello Stato e la libertà religiosa sono due cardini fondamentali su cui intendo
costruire questa nazione.»
«Potete
stare tranquillo. A differenza di molti miei colleghi non ho alcun interesse ad
immischiarmi in questioni inerenti alla politica o alla gestione del potere. Il
mio scopo è solo quello di portare la parola di Gaia a tutti coloro che la
vogliono ascoltare.»
«Se
ci fossero più persone come voi, forse oggi la gente avrebbe tutt’altra
opinione di coloro che governano la Chiesa.»
Nella mia vita precedente non avevo
mai fatto sconti a nessuno quando si era trattato di mantenere la disciplina
sia nell’esercito che nell’ordine pubblico.
Avevo
fatto costruire una ghigliottina in ogni grande città dell’Impero, e avevo
l’abitudine di punire severamente ogni più piccolo sgarro commesso dai miei
uomini sia in guerra che in tempo di pace.
Spesso
mi era stato detto che forse a volte tendevo a calcare troppo la mano, ma
indipendentemente dai miei trascorsi da soldato ero sempre stato educato a
ritenere il rispetto delle regole una virtù che non ammetteva eccezioni, da
imporre anche con la forza se necessario.
Seguendo
questo ragionamento Xylla sarebbe dovuta finire sulla
forca già da diverso tempo, ma avevo deciso di essere paziente.
Un’arpia,
per quanto spiumata, era una risorsa di cui non intendevo privarmi.
Le
avevo lasciato del tempo nella speranza che riuscisse come le sue compagne a
fare pace con il passato e ricominciare daccapo, ma ormai era chiaro che le
sarebbe stato impossibile liberarsi di quella furia aggressiva che si portava
dentro.
E
se non potevo controllarla, tanto valeva scatenarla, possibilmente nella giusta
direzione.
«Comincio
a pensare che ti piaccia stare qui.» dissi entrando nella sua cella. «Cos’è, la
terza volta in poche settimane che finisci qui dentro?»
Era
incredibile come degli occhi così lucenti, degni davvero di una principessa di
sangue nobile, potessero esprimere un tale odio verso tutto e tutti.
«Ho
cercato di essere comprensivo con te, ma tu mi rendi le cose difficili. A
differenza dei guai che hai combinato fino adesso, questa non è una cosa che si
può risolvere solo con del denaro. Quel soldato era un elemento importante del
nostro esercito, e ha combattuto al mio fianco fin dalla Battaglia del Colle.»
Lei
si girò a guardarmi; era dai tempi del Ponte di Arcole che non mi sentivo
tremare i polsi al solo incrociare lo sguardo con qualcuno.
«Che
cosa vuoi da me?» strillò, talmente forte da essere sentita probabilmente fino
in cima alle torri
«Guardati
attorno. Lo vedi? Sei rimasta sola. Persino le tue compagne ti hanno voltato le
spalle. Sono state traumatizzate tanto quanto te da ciò che avete subito,
eppure loro sono riuscite a voltare pagina. Perché per te è così difficile?»
«Sono
solo delle sciocche traditrici! Io non mi mischierò mai con gli umani! Mai!»
«Ma
non hai altra scelta, e tu lo sai. Non c’è niente per te fuori da questa
nazione. Quello che sto costruendo qui servirà a dare a tutti voi un mondo in
cui essere liberi. Niente più schiavitù. Niente più gabbie. Niente più bestie
umane che ti usano come animale da cova. Le tue amiche lo hanno capito, e ora
stanno cercando di aiutarci. E tu, che potresti contribuire più di tutte loro
messi insieme, invece sprechi la tua forza e il tuo talento a scatenare risse
nelle taverne e a provocare disordini. Un giorno o l’altro però potresti
incontrare qualcuno più forte di te, e allora non ci sarà nessuno pronto a
toglierti dai guai.»
«Tanto
meglio! Almeno così sarà finita!»
Un’arpia
era mediamente dalle due alle quattro volte più forte di un essere umano, e una
loro artigliata era capace di aprirti in due. Ma c’era un punto, alla base del
collo, che se stretto con una forza anche minima le lasciava completamente
indifese, impedendogli di muoversi e togliendogli quasi completamente il
respiro.
Per
un attimo in lei rividi me stesso quel giorno nella grotta, di fronte a Borg;
un piccolo, fragile insetto alla mercé di un animale più grande, grosso e
cattivo di lui.
E
probabilmente l’espressione con cui Xylla mi guardò
in quelli che per lei, lo sapevo, erano attimi interminabili, era la stessa con
cui io avevo fissato a suo tempo quel maiale.
«Che
succede? Non hai appena detto che non ti dispiace l’idea di morire? Ma se
davvero la pensi così, come la spieghi la paura che vedo adesso nei tuoi
occhi?»
Aspettai
fino a quando non iniziò a sbavare, quindi lasciai la presa permettendole di
respirare di nuovo.
Non
mi preoccupai di allontanarmi per sfuggire alla sua furia; se avesse potuto mi avrebbe
ucciso immediatamente, ma era così debole che a stento riusciva a restare
sveglia.
«Pensi
di essere una dura e fingi che quello che hai passato non sia riuscito a
spezzarti. Io però vedo solo una ragazzina troppo codarda per avere il fegato
di morire e troppo superba per riuscire ad ammetterlo.»
Quindi
mi scoprii il collo, rivelando il segno che Borg mi aveva lasciato quel giorno;
lo stesso che io aveva appena lasciato su di lei.
«Anche
io ho visto l’inferno. Ma a differenza tua ho scelto di combattere.»
«Che
cosa dovrei fare?» mi domandò, in lacrime e a denti stretti
Era
il momento di affondare il colpo.
«L’odio
che ti porti dentro è un male che ti sta divorando. E se non riesci a
gettartelo alle spalle, allora sfruttalo. Non lasciare che sia lui a dominare
te. E se è il sangue che desideri, posso dartene quanto ne vuoi. Metterò sulla
tua strada talmente tanti stronzi che meritano solo di morire che finirai per
perdere il conto di quanti ne ucciderai. E quando un giorno, forse, avrai fatto
pace con i tuoi demoni, allora potrai cominciare a fare qualcosa di buono della
tua vita.»
La
vita mi aveva insegnato che una persona che si lascia guidare solo dalla rabbia
e dalla furia è destinata all’autodistruzione.
A
volte però certe persone hanno bisogno di guardare l’inferno per capire cosa
vogliono essere, e se preferiscono annegarci dentro o lasciarselo alle spalle
prima che sia troppo tardi.
Se
la rabbia era l’unica cosa capace di dare a Xylla e
ad altri come lei uno scopo, mi dicevo, tanto valeva servirsene.
E
se alla fine non fosse riuscita a capire che la via dell’odio conduce solo alla
rovina, affari suoi; per il momento mi bastava che usasse le sua capacità per
qualcosa di utile.
«Se
combatterò per te, mi prometti che nessun’altro dovrà passare quello che
abbiamo passato noi?»
«Hai
la mia parola. Questo piccolo Paese è solo il primo passo, molto presto i
nostri ideali saranno legge in tutto questo mondo. E allora nessuno a parte te
avrà più diritto di decidere della tua vita.»
«Ma
hai detto che non avresti mai attaccato nessuno.»
«Io
ho detto solo che non avrei colpito per primo. Ma per esperienza posso dirti
che le Rivoluzioni come la nostra, una volta iniziate, non si fermano fino a
quando tutto ciò che esisteva prima di loro non è stato spazzato via. È solo
una questione di tempo, ma prima o poi qualcuno abbastanza saggio da capirlo e
abbastanza stupido da pensare di poterlo impedire cercherà di fermarci. E
allora, la parola passerà di nuovo alle armi.»