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Autore: Cj Spencer    09/12/2023    1 recensioni
Terzo volume de "Napoleon of Another World!"
La Rivoluzione ha vinto, e Daemon ha ottenuto il controllo del suo primo territorio reclamando per sé la provincia imperiale di Eirinn, ribattezzata Stato Libero di Ende.
Ma questo è solo il primo passo verso la ricostruzione del suo Impero.
E sulla sua strada verso l'unificazione dell'intera Erthea prima dell'arrivo del Re dei Demoni si pone già il primo avversario: Victor Montgomery, signore del vicino Granducato di Eirinn, che spera di sfruttare la situazione per riprendere il controllo delle terre che secoli prima furono tolte alla sua patria dall'Impero.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Non abbandonarsi alla rabbia è l’illusione degli iracondi,

non provare paura  quella dei codardi.”


 

CAPITOLO 2

IL TASSO E LA VOLPE

 

 

Da molto tempo ormai le arpie avevano dimenticato come si volava.

Coloro che erano abbastanza fortunate da non passare tutta la loro vita chiuse in una gabbia a produrre uova, se volevano conservare la libertà dovevano passare inosservate, nascoste spesso in eremi sperduti in cima alle montagne.

Quello che nei tempi antichi era motivo d’orgoglio di e vanto era diventato una condanna, e potersi librare nei cieli sfoggiando le loro splendide ali si era trasformato in un tabù, qualcosa da temere e da scoraggiate.

Così le piume si erano arruffate, diradate, e ormai era impossibile trovare un’arpia che riuscisse a fare qualcosa di più che planare per brevi tratti, a condizione ovviamente di tuffarsi da grandi altezze.

Prima di finire anche lei in una gabbia Xylla era stata una ragazza energica e piena di vita, che amava sfidare la sorte ed esibire fiera le sue superbe ali dorate.

Peccato che fosse stata una di quelle sue planate avventate a far scoprire ai cacciatori di schiavi l’esistenza del suo villaggio.

Da un momento all’altro aveva visto la sua terra natale bruciare, le sue compagne troppo vecchie o troppo giovani trucidate perché reputate inutili, mentre lei con le poche sfortunate rimaste in vita si era vista trasformare in un animale da cova, costretta con la forza e le minacce a deporre incessantemente uova che andavano poi ad esaltare le cene di qualche nobile depravato.

Non stupiva quindi che tutto ciò avesse fatto di lei un’anima vuota, che si nutriva di odio, e che trovava insopportabile il solo fatto di condividere la stessa stanza con un umano.

Hera, Martha e le altre, dopo essere state liberate, avevano trovato un loro posto, e ora stavano cercando molto faticosamente di lasciarsi alle spalle l’orrore al quale in un modo o nell’altro erano sopravvissute.

Ma lei no.

Lei non ci riusciva.

Il fuoco che le bruciava dentro sembrava inestinguibile.

Così passava le giornate camminando senza sosta per le strade della città attorno al Castello, sempre pronta ad attaccare briga con chiunque non le andasse a genio, umano o mostro che fosse.

Detestava quel posto, ma sapeva di non averne un altro in cui andare, e nel poco tempo in cui era stata lì aveva causato talmente tanti problemi che ormai nessuno, nemmeno le sue amiche, voleva avere più a che fare con lei.

Una mattina stava camminando nella zona del mercato, tornato attivo e brulicante di vita come non accadeva da diversi anni, con l’espressione vuota ed il passo incerto di chi procede per inerzia, senza un vero scopo.

Se solo non fosse stata distratta dalle tenebre che aveva dentro, si sarebbe accorta che quei tre soldati della Guardia Nazionale seduti attorno al tavolo di una taverna a godersi il sole, l’aria fresca e il sidro stavano parlato di comuni uova di haradveni, un grosso volatile del Maharadi.

«Sul serio!? Hai mangiato una di quelle uova?»

«Non una sola, tre!»

«Non ci credo, per me ci stai raccontando una balla.»

«E invece è la pura verità. C’era questo mercante, ricco sfondato. Io ero uno dei suoi stallieri. Aveva pagato una montagna di soldi per quell’animale. Una mattina sono arrivato e le uova erano lì, pronte per la cucina. Il tizio che doveva prenderle era ubriaco fradicio, così me le sono prese, le ho portate a casa, e mi ci sono fatto una bella frittata.»

«Roba da matti. Anche con il nostro nuovo salario non basterebbe la paga di mese per permettersene anche solo una.»

«Dicci allora, com’era? Dicono che abbiano un sapore paradisiaco.»

«Bah, niente di eccezionale. Le chiamano benedizioni di Gaia, ma alla fine erano solo degli ovetti insipidi. Ho dovuto metterci una montagna di spezie perché diventassero a malapena decenti.»

Xylla si avvicinò ai tre soldati con lo sguardo basso, le penne arruffate e i denti serrati.

«Solo degli ovetti insipidi, hai detto? Hai una qualche idea di quello che noi abbiamo subito per produrre quegli ovetti insipidi?»

«Come!? Ma di che cosa stai…».

 

La Sala Grande del Castello era molto cambiata nel giro di pochi mesi.

Una grande tavola rotonda con tredici posti aveva sostituito il pomposo scranno d’oro del precedente Governatore, e appeso al muro, invece dello stendardo imperiale, vi era ora il grande vessillo rosso, bianco e blu dello Stato Libero.

Daemon si guardò attorno ad osservare i membri del suo governo, tutte persone di fiducia scelte guardando unicamente al talento e alle competenze piuttosto che al lignaggio o alla specie di appartenenza.

«Alzate tutti la mano destra.» disse, venendo obbedito. «Noi giuriamo di rispettare la costituzione dello Stato Libero, di agire e di decidere nell’interesse dei suoi abitanti, e di non abusare mai del potere conferitoci.»

«Lo giuro.» dissero tutti insieme

«Dichiaro aperta questa seduta dell’assemblea legislativa. Come da prassi, vorrei che prima di tutto ognuno di voi facesse rapporto circa lo stato dei vostri attuali incarichi. Cominciamo con i governatori delle tre prefetture. Rutte?»

Il vecchio sindaco, ora governatore dell’intera regione di Dundee, si alzò prendendo la parola.

«Lo smantellamento del ghetto è quasi completato, mentre la costruzione della nuova area abitativa nei pressi delle miniere procede secondo i tempi previsti, e alcuni edifici sono già stati assegnati. In base alle nostre previsioni, l’intero villaggio dovrebbe diventare pienamente abitabile entro la fine del mese.»

«La situazione dell’ordine pubblico?»

«Niente da segnalare. Tutti i cittadini stanno cooperando tra di loro nell’interesse collettivo. Se posso permettermi, solo l’anno scorso l’avrei ritenuto impossibile. Mostri e umani che collaborano in modo tanto stretto, vecchi schiavi che trattano alla pari con i loro vecchi padroni.»

«Attento, Governatore.» sorrise Adrian dallo scranno di fronte. «Questi termini ora sono aboliti.»

«Chiedo scusa, è che ancora fatico a rendermene conto. Non siamo mai stati un popolo schiavista, e molti di noi non condividevano il fanatismo dell’Impero. Ma senza che ce ne rendessimo conto stavamo iniziando ad abituarci a questa situazione. La Rivoluzione ci ha aperto gli occhi, e ci ha ricordato come vogliamo vivere davvero.»

«Questo è stato solo un primo passo.» disse Daemon. «Dovranno succedere ancora molte cose prima che umani e mostri possano realmente considerarsi cittadini liberi e uguali anche tra di loro, ma non si può certamente cambiare il mondo in pochi mesi. Ora però, continuiamo. Passiamo alla situazione di Basterwick

A prendere la parola fu Tielde, un piccolo proprietario terriero che la gente di Basterwick aveva nominato come proprio rappresentante in luogo al deposto Van Lobre.

«Posso confermare che l’epidemia è stata completamente debellata, e la situazione a Basterwick è tornata alla normalità. Sia l’attività dei campi che tutte le altre filiere produttive si sono rimesse pienamente in moto. Voglio aggiungere che i soldati della Guardia Nazionale ci sono stati di grande aiuto, e questo ha portato molti giovani ad arruolarsi come volontari.»

«La Guardia Nazionale che ha sostituito le legioni e le milizie cittadine è stata una gran bella idea, se posso permettermi.» disse Oldrick, ora nelle vesti di Generale d’Armata di detta Guardia. «In questo modo abbiamo offerto uno sbocco ai miliziani di lungo corso prima che si potessero abbandonare al brigantaggio. È anche un modo per offrire una prospettiva a molti giovani e schiavi emancipati senza particolari talenti.»

«L’esercito è da sempre una carriera appetibile per chi non ha prospettiva nella vita o ha visto crollare quelle che aveva prima.» disse Daemon. «Ovviamente mantenere un esercito ha un costo, ma sempre meglio che avere le strade piene di vagabondi e disoccupati. Ora, lo stato del Castello. Zorech

«Niente da segnalare sia al villaggio che alla fortezza.»

Zorech sembrava ancora un pesce fuor d’acqua nelle vesti di governatore della più importante delle tre prefetture; era stato Daemon in persona a proporlo per quel ruolo, che lui aveva accettato solo dopo molte esitazioni.

Si trattava di un incarico più di rappresentanza che di altro, ma forse era solo un modo per Daemon per dimostrare una volta di più quanto rispetto nutrisse nei confronti di colui che gli aveva fatto da padre affidandogli un posto nel suo gruppo di reggenza.

«Veniamo alla nostra situazione economica. Mary, che notizie hai per noi?»

Anche Mary aveva ancora qualche problema a concepire realmente la posizione in cui si trovava, per quanto da quando Daemon le aveva affidato l’incarico di ministro delle finanze avesse dimostrato in svariate occasioni di essere più che capace di rivestire quel ruolo.

«Il tesoro che tu e Adrian avete recuperato ci è stato molto utile. Grazie ad esso siamo stati in grado di pagare buona parte dei debiti che la vecchia provincia aveva accumulato nel corso degli anni e stabilizzare le nostre finanze.»

«E per quanto riguarda i commerci» intervenne Borg, che paradossalmente con quel suo vestirsi sempre in modo così appariscente sembrava l’unica persona non fuori luogo tra tutte quelle sedute attorno a quel tavolo «Sarete felici di sapere che sono pienamente ripresi sia con le nazioni del sud che con l’Impero, e i posti lasciati vuoti da chi non ha voluto o potuto rinnovare i contratti sono stati occupati da altri.»

«È così. Il signor Borg sta facendo un lavoro davvero straordinario.»

«Mai quanto il tuo, ragazza mia. Credevo che Daemon esagerasse nel tessere le tue lodi, ma invece devo ricredermi. Io trovo i potenziali investitori, ma sei tu che conduci le trattative.»

Era una cosa assai rara che Borg si complimentasse con qualcuno in modo tanto sincero, e anche se non tutti erano felici di averlo come membro di quel consiglio i suoi meriti e i suoi talenti erano indiscutibili, soprattutto ora che facevano il paio con quelli di Mary.

«C’è altro da riferire?»

«Ecco, in effetti sì.» disse la ragazza quasi con timore. «Il fatto è che ho ricevuto un’offerta da una compagnia mercantile dell’Unione. Hanno bisogno di pece per la costruzione delle navi, ma piuttosto che investire vorrebbero prendere direttamente in affitto uno dei nostri pozzi su cui avere il controllo esclusivo stipulando un contratto decennale. In cambio oltre al pagamento dell’affitto si offrono di assumere manodopera locale.»

«Ritieni che sia un buon accordo?»

«Io… io credo di sì.»

«E allora che bisogno avevi di venire da me?»

«Cosa!?»

«A costo di risultare ripetitivo, voglio ribadirlo un’altra volta. Voi tutti non siete qui perché mi state simpatici, ma perché ho fiducia nelle vostre capacità e nel vostro giudizio. Non siamo più sotto una monarchia, e non c’è più un re che ha l’ultima parola su ogni cosa. Voi siete qui per aiutarmi a rimettere in piedi questa nazione e renderla prospera. Pertanto, fintanto che siete disposti ad assumervi la responsabilità delle vostre azioni, non avete bisogno della mia approvazione per prendere una decisione. Sono stato chiaro?»

«Sì. Certo. Ti chiedo scusa.»

«A proposito, come sta andando l’emporio a Dundee?»

«Bene. La signora Bonbi sta facendo un ottimo lavoro, e i clienti sono soddisfatti. Se continua così, presto potrò aprire un altro negozio anche qui al Castello.»

«Evidentemente sei un’ottima maestra, oltre che un bravo ministro. Ora però passiamo ad altre questioni. Lo stato delle miniere.»

«Eccomi qua.» disse Passe. «Tutti i campi, i pozzi e le miniere sono in piena attività. I ragazzi lavorano alacremente, la sera mangiano come maiali e la mattina dopo riprendono il lavoro ancora più motivati. Niente da segnalare anche ai campi dei taglialegna e alla segheria.»

«Assicurati che Grog e gli altri non esagerino con i bagordi. Ora che non sono più schiavi devono imparare a gestirsi sia nel lavoro che nel divertimento. Non ha senso riempirsi la pancia un giorno per poi dover digiunare il successivo.»

«Faccio quello che posso, ma a quanto pare hanno ancora problemi a capire di essere diventati uomini liberi.»

«A volte ci si dimentica che essere liberi comporta anche dei doveri.»

«Visto che ti piace parlare Adrian, perché non fai rapporto anche tu? Come ministro degli interni, cosa puoi dirmi sullo stato delle nostre risorse alimentari?»

«I campi sono stati tutti ripuliti e sistemati, e presto inizieranno a germinare. Piuttosto che perdere del tutto il controllo sulle loro terre o finire a processo per i loro crimini, Van Lobre e gli altri latifondisti hanno accettato di continuare ad amministrare i loro vecchi possedimenti per conto dello stato. Ma questo non risolve i nostri problemi alimentari.»

«Sì, lo so. Un conto è nutrire degli schiavi il minimo indispensabile perché non muoiano di fame, un conto è garantire loro un congruo apporto alimentare.»

«C’è anche un altro problema.» disse Mary «Per far fronte alla carenza di denaro e abituare gli schiavi emancipati al possesso di beni propri li stiamo pagando per il loro lavoro in cibo e altri beni di prima necessità, ma questo inevitabilmente sta intaccando le nostre risorse alimentari. Per ora stiamo compensando acquistando grano e altri alimenti da fuori, ma riuscire a non andare in passivo con i conti diventa sempre più difficile.»

«Per non parlare dell’esercito.» disse Oldrick. «Quarantacinquemila bocche da sfamare non sono poche, e con questo ritmo di arruolamento presto supereremo quota cinquantamila. A nessuno importa niente se un barbone muore di fame per strada, ma se quel barbone diventa un soldato poi occorre nutrirlo.»

«Tralasciando il fatto che passare da un’economia basata sullo schiavismo ad una fondata sul lavoro di privati cittadini non è mai facile né indolore, sappiamo bene tutti che questa provincia ha sempre avuto un problema con le risorse alimentari.»

«La nostra terra è ricca di miniere, pascoli e montagne. Ma povera di terreni fertili in cui seminare.»

«Non è del tutto vero, Rutte. La terra in realtà è molto fertile. Basta guardare la densità dei boschi o la facilità con cui il grano cresce per rendersene conto. Il problema è che i terreni sono spesso troppo ripidi per poterci coltivare sopra. E a tal proposito, ho pensato ad una possibile soluzione che ora vorrei sottoporre all’attenzione di questo consiglio.»

Daemon fece un cenno a due attendenti in piedi accanto alla porta, che srotolarono sulla parete una grande illustrazione raffigurante una specie di struttura a gradoni.

«Che cosa sono?» chiese Passe «Terrazze?»

«Ho sentito dire che questo sistema sarebbe già in uso a Xi-Zian. In questo modo diventerebbe possibile coltivare anche lungo i fianchi di una montagna o sui pendii di una vallata.»

«Si può fare davvero?» chiese Mary

«Suppongo di sì, a condizione di creare un efficace sistema di approvvigionamento idrico per garantire l’irrigazione e permettere l’eliminazione delle acque in eccesso. E se i campi così ottenuti dovessero venire assegnati agli schiavi emancipati affinché li coltivino a beneficio dell’intera nazione avremmo anche molti meno disoccupati.»

«Sembra un progetto molto ambizioso. Sicuro che saremo in grado di metterlo in pratica?»

«Cos’è che dico sempre in questi casi, Generale?»

«L’immaginazione governa il mondo.» replicò Oldrick con un sorriso compiaciuto

«Tutto si può fare se si ha la giusta determinazione. E c’è anche un’altra cosa di cui vorrei parlarvi. Come sapete tutti siamo una nazione essenzialmente esportatrice, e vendiamo a molte nazioni minerali, pietre e altre materie prime, ma se escludiamo le segherie non possediamo alcuna industria. Se riuscissimo a costruire nuovi poli industriali destinati alla lavorazione di quello che produciamo dalla terra le nostre entrate aumenterebbero considerevolmente, e saremmo anche tutelati contro eventuali embarghi che qualcuno potrebbe attuare contro di noi.»

«Servirebbero operai specializzati.» obiettò Adrian «E attualmente noi ne abbiamo pochi.»

«Non serve che siano molti, basta che sappiano insegnare il mestiere. Lo scopo primario di questa manovra è prima di tutto combattere la disoccupazione. Il problema di trasformare degli schiavi in liberi cittadini è che poi ti ritrovi con più forza lavoro di quanta effettivamente te ne serva. La via delle armi è una possibile soluzione, ma creare un’armata troppo grande sarebbe visto come una minaccia dai nostri vicini.»

«Ho capito, quindi si tratta di prendere due piccioni con una fava.» disse Mary. «Ampliamo e differenziamo la nostra economia, e nel frattempo creiamo lavoro.»

«Ma formare un operaio altamente specializzato richiede del tempo, altrimenti si rischia di produrre merce di cattiva qualità.»

«Mi stupisci, Borg. Tu per primo dovresti sapere che immettere merce di seconda scelta ma in grande quantità in un mercato stagnante come quelli dell’Impero o dell’Unione spesso garantisce introiti ancora maggiori di quelli che verrebbero dal vendere merce pregiata. Verrà il tempo in cui ci renderemo appetibili anche a clientele più sofisticate, per ora accontentiamoci di guadagnare il più possibile. Allora? Siete d’accordo con me?»

Non ci fu neanche bisogno di chiamare una votazione.

«Allora la proposta è approvata. Cominceremo con il produrre utensili in metallo e abiti da lavoro. Adrian, tu sceglierai il terreno per edificare il nuovo polo industriale. Borg, tu trova i compratori. Mary, reperisci le risorse necessarie. Parla con gli investitori, e se necessario offri quote di partecipazione a garanzia.»

Il resto della riunione proseguì senza ulteriori interruzioni, fino a quando tutti non ebbero riferito ciò che avevano da dire sui rispettivi incarichi.

«Molto bene. Per oggi basta così. Ci riuniremo nuovamente tra due settimane, ed entro allora mi aspetto già i primi resoconti circa i due nuovi progetti. Questa riunione è aggiornata.»

 

Attigua alla Sala Grande c’era la sala da bagno dove il vecchio governatore era solito fare i suoi pediluvi, che Daemon aveva fatto riconvertire a proprio ufficio.

Anche lì, tutto era stato riadattato in funzione del nuovo ruolo che la stanza doveva ricoprire: il pomposo seggio con sgabello e poggiapiedi era stato sostituito da una scrivania semplice ma ben costruita, le pareti ridipinte, e accanto alla grande finestra stava ora un’asta con appesa la bandiera dello Stato Libero.

«Non dovresti essere alla caserma?» disse Daemon entrando e trovando Scalia seduta al divanetto per gli ospiti accanto al camino

«Non ho niente da fare, mi annoio a stare lì.»

«Credevo che ti saresti trovata a tuo agio in mezzo a tante giovani reclute da addestrare.»

«Non ho pazienza coi novellini, lo sai. Lascio che se ne occupi Jack.»

«Ho saputo che vai spesso in biblioteca. Mi fa piacere. Vuol dire che alla fine ci sono riuscito a farti amare i libri.»

«In realtà, come ho detto, più che altro è perché mi annoio. Voglio dire, Grog ora sovrintende alle miniere, il vecchio Passe è in quel tuo consiglio di reggenza, Jack addestra le reclute, Lori e le altre tengono in ordine il palazzo. In tutto questo, il mio ruolo quale sarebbe? Se tu mi lasciassi tornare a lavorare…»

«Tu mi servi qui, Scalia. Infatti, temo che presto o tardi verrà il momento in cui la tua abilità con la spada ci sarà nuovamente utile.»

«Credi che qualcuno prima o poi ci attaccherà?»

«Ti mentirei se dicessi che non è una possibilità. I cambiamenti epocali non sono mai processi indolore. La Rivoluzione ha portato qualcosa che non si era mai visto prima in questo mondo, e molti potrebbero considerare la nostra stessa esistenza come una minaccia.»

«Ma tutti quegli accordi commerciali non servono forse a garantire la pace?»

«Sono un ponte. Una mano protesa per dimostrare la nostra buona volontà. Sta ai nostri nemici scegliere se stringerla o meno. Ma dobbiamo essere pronti a tutto, ed è per questo che stiamo costruendo un esercito regolare.»

«A questo proposito, sono venuta anche per parlarti di una cosa. È successo un guaio in città.»

Daemon sospirò: «Xylla, giusto?»

«Da quando l’abbiamo liberata non ha fatto altro che causare problemi. Per fortuna mi trovavo a passare da quelle parti e sono riuscita a fermarla, altrimenti quel tipo ci avrebbe rimesso ben più di un occhio. Pare che li abbia attaccati senza alcun motivo.»

«Non posso giustificare quello che fa, ma ho cercato di essere comprensivo con lei. Quello che ha passato sarebbe stato terribile per chiunque. E ora dov’è?»

«L’abbiamo chiusa in cella nell’attesa che si calmasse. Ora però anch’io penso che andrebbero presi provvedimenti, prima che succeda qualcosa di irreparabile.»

«D’accordo, proverò a parlarle.»

Scalia però sembrava avere qualcos’altro che la turbava: «Daemon, stavo pensando…»

«Sì?»

«Ecco, non mi piace discutere le tue azioni. Dopotutto sei tu che ci hai dato la libertà. Però, il fatto è che alcuni di noi hanno… diciamo qualche perplessità riguardo ad alcune delle tue scelte.»

Il giovane la guardò come ad un libro aperto.

«Parla pure.»

«Quando ci hai spronati a ribellarci hai detto che tutti quelli che ci avevano fatto del male avrebbero pagato per i loro crimini. Però ecco, molti proprietari terrieri, molti schiavisti… persino alcuni ufficiali della milizia. Se escludiamo alcuni, molte di quelle persone non sono mai state punite.»

«Ti sbagli Scalia. Li stiamo punendo. Severamente, anche.»

«Come!?»

«Pensa a Van Lobre, o al Barone Mecht. Non hanno più terre, né titoli, né proprietà. Tutto quello che possono fare è osservare impotenti mentre in qualità di fiduciari amministrano terre che un tempo erano loro, e che adesso sono proprietà dello Stato e affidate agli stessi schiavi che un tempo maltrattavano. E che dire dei miliziani che si sono arresi? Hanno dovuto scegliere tra la prigione o l’arruolamento nella Guardia Nazionale, e se vorranno continuare a vivere non avranno altra scelta che combattere, con noi e per noi. Non pensi che per gente come loro, abituata a vedervi come nient’altro che oggetti, questa sia la peggiore punizione possibile?»

Scalia fu costretta ad ammettere che c’era della logica nelle parole di Daemon, e anche se non era ancora del tutto convinta accettò quella spiegazione, promettendo di spargerla anche tra coloro che nutrivano i suoi stessi dubbi.

In quel momento arrivarono altre tre ospiti, una delle quali non mancò di provocare in Scalia un fastidioso nodo allo stomaco.

«E tu che ci fai qui, tettona?» ringhiò la ragazza all’indirizzo di Isabela. «Sappi che non ho sentito la tua mancanza.»

«Il sentimento è reciproco, piccola sputafuoco.»

«Isabela, basta così.» la ammonì Sylvie prima di rivolgersi a Daemon. «È un piacere rivedervi, Messer Haselworth.»

«Bentornata, Eminenza. Avete fatto presto.»

Lei sorrise, quindi si fece passare dalla sua discepola una scatoletta di legno contenente un rotolo sigillato che porse a Daemon.

«Da questo momento, prendo ufficialmente servizio come Vescovo di questa nazione, e mi affido completamente alle vostre cure. Spero che la nostra cooperazione sia serena e duratura, nel migliore interesse del vostro popolo e a gloria imperitura della nostra Madre Gaia.»

«Sono sorpreso che il Conclave abbia dato il suo consenso. Pensavo ci avrebbero scomunicati senza tante cerimonie.»

«L’hanno fatto. Io ho solo fatto presente che non c’è una legge che impedisca ad un Vescovo di essere assegnato ad una nazione scomunicata, fintanto che i suoi abitanti obbediscono devotamente alla legge di Gaia.»

«Tra l’essere una nazione nata da una rivolta di schiavi e le riforme che abbiamo promulgato, ero abbastanza sicuro che non gli sarei andato a genio. Ma se siete qui per tentare di farmi cambiare idea vi avviso che sarà inutile. La laicità dello Stato e la libertà religiosa sono due cardini fondamentali su cui intendo costruire questa nazione.»

«Potete stare tranquillo. A differenza di molti miei colleghi non ho alcun interesse ad immischiarmi in questioni inerenti alla politica o alla gestione del potere. Il mio scopo è solo quello di portare la parola di Gaia a tutti coloro che la vogliono ascoltare.»

«Se ci fossero più persone come voi, forse oggi la gente avrebbe tutt’altra opinione di coloro che governano la Chiesa.»

 

Nella mia vita precedente non avevo mai fatto sconti a nessuno quando si era trattato di mantenere la disciplina sia nell’esercito che nell’ordine pubblico.

Avevo fatto costruire una ghigliottina in ogni grande città dell’Impero, e avevo l’abitudine di punire severamente ogni più piccolo sgarro commesso dai miei uomini sia in guerra che in tempo di pace.

Spesso mi era stato detto che forse a volte tendevo a calcare troppo la mano, ma indipendentemente dai miei trascorsi da soldato ero sempre stato educato a ritenere il rispetto delle regole una virtù che non ammetteva eccezioni, da imporre anche con la forza se necessario.

Seguendo questo ragionamento Xylla sarebbe dovuta finire sulla forca già da diverso tempo, ma avevo deciso di essere paziente.

Un’arpia, per quanto spiumata, era una risorsa di cui non intendevo privarmi.

Le avevo lasciato del tempo nella speranza che riuscisse come le sue compagne a fare pace con il passato e ricominciare daccapo, ma ormai era chiaro che le sarebbe stato impossibile liberarsi di quella furia aggressiva che si portava dentro.

E se non potevo controllarla, tanto valeva scatenarla, possibilmente nella giusta direzione.

«Comincio a pensare che ti piaccia stare qui.» dissi entrando nella sua cella. «Cos’è, la terza volta in poche settimane che finisci qui dentro?»

Era incredibile come degli occhi così lucenti, degni davvero di una principessa di sangue nobile, potessero esprimere un tale odio verso tutto e tutti.

«Ho cercato di essere comprensivo con te, ma tu mi rendi le cose difficili. A differenza dei guai che hai combinato fino adesso, questa non è una cosa che si può risolvere solo con del denaro. Quel soldato era un elemento importante del nostro esercito, e ha combattuto al mio fianco fin dalla Battaglia del Colle.»

Lei si girò a guardarmi; era dai tempi del Ponte di Arcole che non mi sentivo tremare i polsi al solo incrociare lo sguardo con qualcuno.

«Che cosa vuoi da me?» strillò, talmente forte da essere sentita probabilmente fino in cima alle torri

«Guardati attorno. Lo vedi? Sei rimasta sola. Persino le tue compagne ti hanno voltato le spalle. Sono state traumatizzate tanto quanto te da ciò che avete subito, eppure loro sono riuscite a voltare pagina. Perché per te è così difficile?»

«Sono solo delle sciocche traditrici! Io non mi mischierò mai con gli umani! Mai!»

«Ma non hai altra scelta, e tu lo sai. Non c’è niente per te fuori da questa nazione. Quello che sto costruendo qui servirà a dare a tutti voi un mondo in cui essere liberi. Niente più schiavitù. Niente più gabbie. Niente più bestie umane che ti usano come animale da cova. Le tue amiche lo hanno capito, e ora stanno cercando di aiutarci. E tu, che potresti contribuire più di tutte loro messi insieme, invece sprechi la tua forza e il tuo talento a scatenare risse nelle taverne e a provocare disordini. Un giorno o l’altro però potresti incontrare qualcuno più forte di te, e allora non ci sarà nessuno pronto a toglierti dai guai.»

«Tanto meglio! Almeno così sarà finita!»

Un’arpia era mediamente dalle due alle quattro volte più forte di un essere umano, e una loro artigliata era capace di aprirti in due. Ma c’era un punto, alla base del collo, che se stretto con una forza anche minima le lasciava completamente indifese, impedendogli di muoversi e togliendogli quasi completamente il respiro.

Per un attimo in lei rividi me stesso quel giorno nella grotta, di fronte a Borg; un piccolo, fragile insetto alla mercé di un animale più grande, grosso e cattivo di lui.

E probabilmente l’espressione con cui Xylla mi guardò in quelli che per lei, lo sapevo, erano attimi interminabili, era la stessa con cui io avevo fissato a suo tempo quel maiale.

«Che succede? Non hai appena detto che non ti dispiace l’idea di morire? Ma se davvero la pensi così, come la spieghi la paura che vedo adesso nei tuoi occhi?»

Aspettai fino a quando non iniziò a sbavare, quindi lasciai la presa permettendole di respirare di nuovo.

Non mi preoccupai di allontanarmi per sfuggire alla sua furia; se avesse potuto mi avrebbe ucciso immediatamente, ma era così debole che a stento riusciva a restare sveglia.

«Pensi di essere una dura e fingi che quello che hai passato non sia riuscito a spezzarti. Io però vedo solo una ragazzina troppo codarda per avere il fegato di morire e troppo superba per riuscire ad ammetterlo.»

Quindi mi scoprii il collo, rivelando il segno che Borg mi aveva lasciato quel giorno; lo stesso che io aveva appena lasciato su di lei.

«Anche io ho visto l’inferno. Ma a differenza tua ho scelto di combattere.»

«Che cosa dovrei fare?» mi domandò, in lacrime e a denti stretti

Era il momento di affondare il colpo.

«L’odio che ti porti dentro è un male che ti sta divorando. E se non riesci a gettartelo alle spalle, allora sfruttalo. Non lasciare che sia lui a dominare te. E se è il sangue che desideri, posso dartene quanto ne vuoi. Metterò sulla tua strada talmente tanti stronzi che meritano solo di morire che finirai per perdere il conto di quanti ne ucciderai. E quando un giorno, forse, avrai fatto pace con i tuoi demoni, allora potrai cominciare a fare qualcosa di buono della tua vita.»

La vita mi aveva insegnato che una persona che si lascia guidare solo dalla rabbia e dalla furia è destinata all’autodistruzione.

A volte però certe persone hanno bisogno di guardare l’inferno per capire cosa vogliono essere, e se preferiscono annegarci dentro o lasciarselo alle spalle prima che sia troppo tardi.

Se la rabbia era l’unica cosa capace di dare a Xylla e ad altri come lei uno scopo, mi dicevo, tanto valeva servirsene.

E se alla fine non fosse riuscita a capire che la via dell’odio conduce solo alla rovina, affari suoi; per il momento mi bastava che usasse le sua capacità per qualcosa di utile.

«Se combatterò per te, mi prometti che nessun’altro dovrà passare quello che abbiamo passato noi?»

«Hai la mia parola. Questo piccolo Paese è solo il primo passo, molto presto i nostri ideali saranno legge in tutto questo mondo. E allora nessuno a parte te avrà più diritto di decidere della tua vita.»

«Ma hai detto che non avresti mai attaccato nessuno.»

«Io ho detto solo che non avrei colpito per primo. Ma per esperienza posso dirti che le Rivoluzioni come la nostra, una volta iniziate, non si fermano fino a quando tutto ciò che esisteva prima di loro non è stato spazzato via. È solo una questione di tempo, ma prima o poi qualcuno abbastanza saggio da capirlo e abbastanza stupido da pensare di poterlo impedire cercherà di fermarci. E allora, la parola passerà di nuovo alle armi.»

 

   
 
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