È il mio regalo per Duchessa712.
Auguri a tutti un Natale sereno!
N.B. Il corsivo è stato impiegato sia per evidenziare il passaggio dalla storia principale ai ricordi della protagonista sia per le frasi tratte da “Harry Potter e i Doni della Morte”.
Il suo tutto
Si era presentato.
Il Signore Oscuro ne era stato sicuro, ma lei no. Lei era convinta che il ragazzo non sarebbe mai andato nella foresta, meno che mai da solo. Dov’era l’Ordine della Fenice? L’Esercito di Silente? Lei, sicuramente, non l’avrebbe fatto. Perché mai andare incontro a morte certa? Forse era questo il coraggio dei Grifondoro tanto millantato.
Rabbrividì in quella notte d’inizio maggio che, lo percepiva, avrebbe cambiato il destino del mondo magico e di ognuno di loro.
Harry Potter per l’ennesima volta, probabilmente l’ultima, fronteggiava il Signore Oscuro.
Strinse con forza la propria bacchetta. Lucius le aveva raccontato com’era stato il duello tra i due la notte in cui il loro signore era risorto.
Signore. Padrone.
Avvertì una stretta al cuore. Ormai aveva terrore anche dei suoi pensieri. O meglio temeva che qualcuno potesse svelare i suoi veri sentimenti.
Non voleva un padrone.
Aveva sempre obbedito a un uomo: prima suo padre, poi Lucius, infine aveva tentato con tutta sé stessa di sostenere suo figlio Draco.
Strinse la veste scura, strappatasi durante i combattimenti in più punti, e chiuse gli occhi impotenti alla vista del lampo di luce verde. E così sarebbe finita in quel modo? Un regno di terrore si sarebbe affermato inevitabilmente. Deglutì a quel pensiero e ignorò l’espressione quasi trionfante di Lucius al suo fianco. Quasi. Le sue occhiaie, il viso tirato e la barba mal rasata erano un chiaro segno degli ultimi due anni. Da quando il Signore Oscuro era tornato allo scoperto. Negli ultimi tempi, però, la situazione era notevolmente peggiorata.
«Mio Signore… mio Signore…»
Gli occhi puntati sul ragazzo ˗ colui che era considerato da ogni mago l’unica speranza di salvezza ˗, mentre si afflosciava sul letto di foglie, non le aveva permesso di notare quanto accaduto al suo padrone, ma la voce della sorella la spinse a voltarsi.
Era caduto anche lui.
Com’era possibile? Maghi di gran lunga più talentuosi e preparati di un ragazzino di diciassette anni, che non aveva ancora sostenuto i M.A.G.O., avevano tentato di fermarlo! Eppure, ancora una volta, il grande Signore Oscuro era stato ostacolato dal giovane Grifondoro.
Gli altri Mangiamorte si erano avvicinati per conoscere le condizioni del loro signore ed ella compì qualche passo incerto, ma non condivideva minimamente la loro preoccupazione.
«Tu»
Sgranò gli occhi, comprendendo che si era rivolto a lei.
«Controlla. Dimmi se è morto».
Senza proferir parola si avvicinò lentamente al corpo del ragazzo, che avrebbe dovuto essere morto, ma era già sopravvissuto una volta all’Anatema che Uccide. Inoltre, qualcosa evidentemente non era andata nel verso giusto.
Harry Potter era a faccia in giù. Ella tentennò un attimo. E se il destino avesse voluto dargli un’altra occasione? Se fosse stato lui a trionfare? Lui e tutti gli ideali di Albus Silente?
Un viso armonioso e delicato la fissava dallo specchio. Pallido, esaltato da quei capelli troppo chiari. Lo sguardo di una regina, in fondo.
Raddrizzò la schiena e sospirò: in verità si stava annoiando, ma non avrebbe potuto ammetterlo. Meno che mai con una sciocca e inferiore elfa.
Si lasciò spazzolare i capelli come ogni sera e sospirò al pensiero che, solo qualche piano più in basso, si stava svolgendo un ballo meraviglioso, a cui lei non era ammessa perché troppo piccola. Invece le sue sorelle sì. Bellatrix, la più grande, così brava con gli incantesimi, ma così irascibile e temibile. Bella odiava quelle occasioni. E poi Andromeda così elegante, così carina. Mai quanto lei però. Eppure lei doveva andare a letto.
Allungò l’orecchio nella speranza di cogliere qualche nota in più.
«Signorina, è ora di coricarsi» gracchiò l’elfa.
A lei toccava obbedire.
Si chiuse la porta alle spalle quasi con violenza. Contro ogni regola di buon comportamento che le era stata imposta fino a quel momento. Tanto nessuno avrebbe prestato attenzione a lei. Lei che non era nulla. Non era Bella che presto sarebbe entrata nelle file del famoso Signore Oscuro, con il suo marito Purosangue. Non era Andromeda, a cui non era bastata la sua eleganza e bellezza, grazie a cui aveva attirato gli occhi di tutti i giovani di buona famiglia.
Si lasciò scivolare ai piedi del suo letto a baldacchino e proruppe in un gemito, che le scosse il petto.
Le era stato insegnato a nascondere i suoi sentimenti, specialmente in pubblico. Le era stato insegnato a odiare i mezzosangue e i Nati Babbani. Le era stato insegnato a odiare chi voltava le spalle alla propria famiglia.
Avrebbe potuto odiare anche sua sorella?
Eppure Andromeda aveva scelto. Aveva scelto e non si sarebbe voltata indietro. Incurante delle lacrime che ora rigavano il viso arrossato e contratto della sorellina che millantava di voler bene. Era stata egoista.
Cercò di trattenere i singhiozzi, per non farsi sentire.
Conosceva Andromeda: lei l’avrebbe cercata, si sarebbe scusata.
Le avrebbe creduto, ma i suoi genitori e Bella no. Le avrebbero imposto di dimenticare di avere due sorelle.
E lei avrebbe obbedito.
Si lasciò scivolare ai piedi del suo letto a baldacchino e proruppe in un gemito, che le scosse il petto.
Le era stato insegnato a nascondere i suoi sentimenti, specialmente in pubblico. Le era stato insegnato a odiare i mezzosangue e i Nati Babbani. Le era stato insegnato a odiare chi voltava le spalle alla propria famiglia.
Avrebbe potuto odiare anche sua sorella?
Eppure Andromeda aveva scelto. Aveva scelto e non si sarebbe voltata indietro. Incurante delle lacrime che ora rigavano il viso arrossato e contratto della sorellina che millantava di voler bene. Era stata egoista.
Cercò di trattenere i singhiozzi, per non farsi sentire.
Conosceva Andromeda: lei l’avrebbe cercata, si sarebbe scusata.
Le avrebbe creduto, ma i suoi genitori e Bella no. Le avrebbero imposto di dimenticare di avere due sorelle.
E lei avrebbe obbedito.
Fece un gesto vago all’elfa che l’aveva aiutata a prepararsi e rimase sola.
Lo specchio le restituì il volto di una donna dallo sguardo duro e fermo. Non più una bambina.
Aveva rinunciato a tanto nella vita, ma aveva trovato l’amore in Lucius, che la riempiva di attenzioni. Era un uomo ben diverso dal cognato Rodolphus. Un uomo di cui andare orgogliosa e aveva continuato ad amarla, nonostante il declino inesorabile a cui era destinata la Casata dei Black, la sua famiglia. Erano legati per sempre da Draco.
Narcissa ormai guardava gli altri familiari dall’alto in basso: lei, non le sue sorelle, aveva obbedito ai desideri dei genitori, lei aveva portato onore ai Black: aveva sposato un Malfoy e gli aveva dato un erede.
«Mamma».
Sorrise genuinamente al bambino appena entrato nella camera da letto. Impettito nel suo metro e poco più. La fissava orgoglioso nel suo completo elegante.
«Sei bellissima» disse Lucius entrando a sua volta. «Stanno per arrivare i primi ospiti».
«Sono pronta».
Osservò i due uomini, così simili tra loro.
Il suo tutto.
Si chinò sul ragazzo e con delicatezza gli sollevò una palpebra: l’occhio era vigile. Il suo battito accelerò e la sua mano s’insinuò sotto la camicia, alla ricerca dell’altro cuore. Batteva. Per un attimo temette di confondersi con il suo. Respirò affannosamente e si chinò di più fino a sfiorarne il viso con i suoi capelli.
Quel ragazzo avrebbe potuto essere suo figlio. Avrebbe potuto essere Draco e non essere altrettanto fortunato.
C’era una sola cosa che le interessasse veramente e in quel frangente fu più chiaro che mai.
«Draco è vivo? È nel castello?» gli sussurrò nell’orecchio.
«Sì».
La risposta giunse quasi impercettibile, ma il suo cuore la sentì. Strinse la presa sul petto del ragazzo conficcandogli le unghie nella pelle. Se avesse detto che era vivo, non sarebbe sopravvissuto ancora una volta. In più lei doveva arrivare al castello. Non vi era nulla di più importante.
«È morto» annunciò.
Questa volta avrebbe scelto lei.