Capitolo 29, La Verità
La funzione
funebre di Brianna è stata intima nonostante ci fossero
diverse persone. Tutta
la famiglia di Mikaela, alcuni suoi vecchi colleghi e persone che poi
ho
scoperto essere stati suoi pazienti quando ancora praticava.
Sarà
cremata e le sue ceneri saranno custodite
da Mikaela. Il rito non era cristiano, tutti hanno potuto parlare a
turno e
raccontare qualcosa di lei e ammetto che alcune storie mi hanno fatto
ridere
tra le lacrime. Era davvero una persona speciale.
Brianna
Kenneth, 12 maggio 1943 – 26 ottobre 2018
È
il 29 ottobre, compreso oggi, sarebbero
ancora tre i giorni a mia disposizione, ma non sono riuscita a pensare
a me e
al treno dato che ho aiutato la famiglia di Mika con i preparativi del
funerale.
Non me
ne pento. Non mi sarei mai perdonata di
abbandonare Mikaela in questo momento difficile, anche
perché tra le ultime
disposizioni di Brianna c’era proprio il prendermi cura di
lei.
Per me
era una guida, per Mika una parte
importantissima della famiglia e le è stata portata via
prematuramente, senza
preavviso. Mi sento responsabile perché se fossi intervenuta
in tempo, se fossi
andata con lei, forse non le sarebbe successo nulla.
Mikaela
mi ha detto di non pensarci, che non è
colpa mia e che sua nonna aveva già deciso di affrontarlo da
sola il giorno
stesso che era venuta fuori la storia del poltergeist alla Sover, e
quando si
metteva in testa qualcosa, era irremovibile. Le ho sorriso triste ma
dentro di
me non mi sento del tutto incolpevole. Alla fine, per quanto mi sforzi,
non
riesco a salvare tutte le persone a cui tengo. Un macigno mi si
è posato sul
petto e mi sento stanca e debilitata.
Mikaela
mi aspetta all’uscita della camera
ardente da cui poi è partita l’auto con la salma
per andare al crematorio, con
un vestito nero e un cappellino a coprirle i capelli rossicci. Gli
occhi gonfi
e arrossati spiccano contro la sua pelle pallida.
“Erika.”
Mi chiama con voce tremula. “Nonna mi
ha chiesto di lasciarti una cosa.” Dice prendendo la borsa e
frugandoci dentro.
Mi
avvicino silenziosa, mascherando la mia
curiosità per non sembrare inopportuna. Sfila a fatica un
libro. “Scusa se non
ci ho pensato prima… sono stati dei giorni brutti.
Mercoledì sera lei entrava e
usciva da stati di incoscienza. In seguito ad uno particolarmente
lungo, mi
disse di consegnarti questo e che avresti di certo capito. Poi, si
è
addormentata per sempre. Era un libro della sua collezione.”
Prendo
in mano il tomo che mi porge e lo
riconosco immediatamente: Mitologia
Tedesca, di Jacob Grimm. Che cosa dovrei capire? Di certo lo
conserverò
gelosamente, ha anche il suo nome scritto con la sua calligrafia
all’interno, è
un ricordo prezioso di lei. Però non credo che me
l’abbia lasciato per questa
ragione. Qualcosa mi sfugge.
“Grazie…
se avrai bisogno di qualsiasi cosa,
io ci sono. Basta chiamarmi e risponderò.” Le dico
toccandole un braccio con
dolcezza.
Ho pianto
fino a poco fa, Lukas sembra ugualmente disperato, vicino a me. Cerca
di
tirarmi su il morale ma non ci riesce. Lui stesso è in uno
stato d’ansia tale
da avergli fatto passare l’appetito.
Laika,
ai nostri piedi di fianco al divano, ci
osserva con sguardo contrito. Sente che qualcosa non va, è
chiaro. Tra poco più
di due sarà il 31 ottobre, l’ultimo giorno che
potrò passare in sicurezza su
questa terra. Non so cosa succederà domani, durante la notte
del sabba di
Samhain. Halloween non ha mai fatto più paura di
così.
Non sono
riuscita a meditare, non ho sognato
nessuno, ho fatto schemi, appunti, niente… niente
è in grado di farmi trovare una
soluzione. Ho cercato invano nuove idee sul Libro delle Ombre, ma solo
quando stamattina
ho cominciato inconsciamente a ricercare riti di protezione piuttosto
che di
astrazione, ho compreso che più che fare l’ultimo
tentativo per andare sul
treno, sto tentando di superare incolume l’ultimo giorno
dell’anno celtico.
Non ho
intenzione di lasciare la mia missione
incompiuta, ma ho bisogno di più tempo. Ogni ora che passa
mi fa avvertire che
la sabbia nella clessidra sta per esaurirsi e mi ha seppellito sotto ad
essa. Se
non avessi un vincolo di tempo, potrei anche… ma i poteri di
Atenoux sono
legati al tempo. Senza di essi, non potrei mai tornare sul treno.
Potrei
cercare dei medium e chiedere loro aiuto. Brianna mi ha detto che
alcuni
nascono con questi doni. Solo che come farò a trovarli
adesso che lei non c’è
più? E… cosa mi garantisce che riuscirei davvero
a tornare indietro, se ci
andassi di nuovo? È forse questo, che mi impedisce di
tornarci? La
consapevolezza che, al contrario di ciò che pensano tutti,
quel posto mi
terrorizza nelle viscere.
Accarezzo
la copertina del libro che mi ha
regalato Brianna, quello che avevamo consultato insieme un mese fa,
quando
ancora stava bene e aveva la forza per rimbrottarmi. Die
Wilde Jagd… sì, la La Caccia Selvaggia,
il capitolo che parlava
del Cacciatore.
Il
cacciatore di demoni che è intrappolato sul
treno e che dovrebbe essere alla guida di una marmaglia di spiriti,
anche detto
Helljäger, o guardiano… il guardiano
intrappolato sul treno… solo un potere
divino può fermare il guardiano. Il treno
appartiene ad Arianrhod, per
questo è intrappolato lì. Come ha fatto a finirci
dentro? I demoni lo temono…
però non può essere lui, l’ho visto di
spalle e non gli somigliava…
Apro il
libro, consultando i vari capitoli:
forse non dovrei concentrarmi sulla Caccia Selvaggia?
Niente
da fare, nessuna delle altre storie
parla di cose che mi tornerebbero utili… riapro il capitolo
24 sulla Caccia e
sfoglio per la prima volta le pagine che ho sentito leggere ad alta
voce da
Brianna. Il capitolo non era finito. Ci sono descrizioni abbastanza
violente,
nozioni sul suo cavallo e sui segugi infernali… sono bianchi
con gli occhi
rossi.
“Il
suo tempo in carica è limitato. Il Dio
dell’Inferno gli concede i poteri al suo arrivo alle Porte
degli Inferi.”
Questa frase mi suggerisce ci debba essere per forza un ricambio al
termine del
suo mandato. Chi viene scelto? Da dove? Non è un demone, ma
non capisco se sia
una creatura magica o un uomo. Negli Inferi, in teoria, ci arrivano i
mortali…
Quindi un uomo destinato all’inferno? Ma gli Inferi non sono
necessariamente
l’inferno… oppure sì? La mia cultura in
merito è ancora molto fallace. Brianna
avrebbe sicuramente saputo dirmi la differenza tra l’uno e
l’altro…
Seguono
dichiarazioni di alcuni abitanti dei
villaggi delle montagne tedesche che affermano possa mutare aspetto a
sua
discrezione, poiché solo un druido potente o un emissario
divino è in grado di
vedere il suo vero aspetto.
“Può
manifestarsi sulla terra come un vivente, mischiandosi ai mortali e
camminando
al loro fianco come pari, sebbene lo si possa smascherare
poiché non può
cibarsi di alcunché, pena il suo ritorno agli Inferi.
Egli può
cambiare aspetto a sua discrezione, tuttavia non può
nascondere il suo vero
volto e la sua ombra ai chiaroveggenti, indi per cui si cura bene dal
mostrarsi
prima che calino le tenebre.”
Può
cambiare aspetto a sua discrezione… La sua
ombra mostrava un palco di corna di cervo. I chiaroveggenti?
Erano coloro che possedevano la veggenza? In altre
parole, la Vista? Io ho ricevuto la Vista solo dopo che…
Il
telefono di Lukas squilla e lui fa una
smorfia infastidita quando cerca di recuperarlo dalla tasca. Numero privato, riesco a leggere dal suo
schermo. Ho una brutta sensazione…
“Pronto?”
risponde teso e allarmato.
Non
sento nulla provenire dal telefono, forse
avrà il volume basso, ma lui parla ancora.
“Sì, sono io. Ma… a
quest’ora? Non è
possibile fare in un altro momento? Io…
sì.” La sua voce di fa più dura.
“Sì,
ho capito. Sto arrivando.”
Si alza,
rabbioso.
“Chi
era?” chiedo sconcertata.
“La
Polizia Cantonale…” ringhia frustrato.
“La
Polizia? Alle undici di sera? Cosa
volevano?” chiedo scioccata.
“Non
ne ho idea, non me l’ha voluto dire.”
Risponde andando verso l’ingresso, per mettersi le scarpe e
la giacca invernale
della moto. “Quando ti chiamano così è
sempre per cose gravi o per rotture di
coglioni.”
“Hai
fatto qualcosa?” domando alzandomi per
seguirlo.
“No,
certo che no!” dice stizzito. “Non faccio
nulla da anni, lo sai. Sono sempre qui con te, che cosa avrei potuto
fare?”
“Non
lo so… forse sei stato testimone di
qualcosa, forse riguarda qualcuno che conosci…”
ipotizzo stringendomi nella
felpa. “È strano che non siano venuti di persona.
Forse perché hai ancora la
residenza nel vecchio appartamento e non ti hanno
trovato…”
“Non
ho fatto nulla di cui dovrei
preoccuparmi. Senti, mi hanno convocato alla stazione del distretto Sud
Ovest,
dall’altra parte della città. Ci vorrà
quasi un’ora solo per arrivarci… tu
aspettami qui, sarò di ritorno quanto prima.”
Borbotta mentre chiude la giacca
e prende guanti e casco.
“Sì…
fa presto.” Lo saluto con un bacio a
stampo sulla porta e richiudo lentamente.
Appoggio
la testa alla porta chiusa, Laika di
fianco a me comincia a piagnucolare, più ansiosa del solito.
Probabilmente
questo clima di tensione deve aver messo in allerta anche lei.
“Dai Laika, su
col morale… sarà qui presto. Cosa stavo
facendo?”
Passeggio
per il piano terra, tentando di
tornare con la testa a quello a cui stavo pensando, anche se la notizia
della
polizia che cerca Lukas a quest’ora mi ha spostato
violentemente i pensieri.
Cosa potranno volere da lui?
La
Cantonale che ti convoca in piena notte non
è mai presagio di buone nuove, rifletto mentre preparo una
tisana e attendo con
ansia che Lukas mi dia sue notizie.
Prendo
il fascicolo su Frank dal tavolo della
cucina, che ormai gira per tutta la casa da giorni senza un reale scopo
e mi
siedo sul divano, dove ho lasciato anche il libro di Mitologia Tedesca.
Il mio
cellulare vibra, ho ricevuto un
messaggio. Mikaela.
Ciao
Erika, tutto bene?
Perché
mi scrive a quest’ora per sapere se sto
bene? Sì, grazie, tu?
Va… è
successo qualcosa?
No,
nessuna novità. Tranne che Lukas ha avuto un imprevisto ed
è dovuto uscire.
Perché?
È Sahmain,
so che questa data è decisiva per te…
Ho
ancora 24 ore, forse ho capito una cosa importante.
Attenderò che Lukas torni
prima di verificare.
??? no,
Sahmain è cominciato al tramonto, il giorno celtico non
finisce a mezzanotte.
Che
cazzo…? Le telefono immediatamente,
inquieta. “Mika?”
“Ehi,
dimmi.” Risponde con voce stridula.
“Che
diavolo stai dicendo? È la notte tra il
31 ottobre e l’1 novembre.” Dico più
rude di quanto vorrei.
“No,
Erika, Samhain comincia al tramonto del
30 ottobre e finisce al tramonto del 31. L’1
novem… capodanno… ne….
certa.”
Replica e sento un’interferenza sulla linea.
“Pronto?!
Mi senti?!”
La sua
voce salta e non si riesce più a capire
cosa stia dicendo. La chiamata cade.
“Cazzo!”
urlo balzando in piedi. Guardo la
rete telefonica: assente. Impossibile… provo a riavviarlo.
Laika si avvicina a
me, sta tremando. Il telefono sta impiegando un sacco di tempo per
riaccendersi. Provo a forzarlo ma compare l’icona della
batteria completamente
scarica.
Oh
Dio… è già cominciato.
Lukas
è uscito da solo e… Dio, Atenoux,
dimmi che sta bene. Chiudo gli occhi assordata dal rumore del
mio battito
cuore che sembra volermi uscire dal petto mentre provo a concentrarmi
con tutte
le mie forze. Non riesco a vederlo, ma la sensazione che ho
è positiva. Sta
bene… stanno cercando me. Apro gli occhi avvertendo una
stanchezza lacerante
che mi ricorda come abbia passato l’ultima settimana a
barcamenarmi per dare
energia a tutti e contattare disperatamente gli spiriti senza ottenere
risposta. Non ho tempo da perdere, sento che sono vicini.
Corro in
cucina e apro la dispensa in cerca
del sale grosso. Afferro Laika e mi precipito verso il bagno piccolo
del piano
inferiore.
“Scusami
Laika, non posso metterti in
pericolo.” Mi fissa con occhi imploranti quando butto sale
negli angoli e
traccio l’ingresso con una scia di sale. La guardo per
un’ultima volta mentre
mi ricambia terrorizzata, tentando comunque di uscire per stare al mio
fianco. Non ti dimenticherò mai,
Laika.
Chiudo
la porta del bagno e mi volto in cerca
di qualcosa per scrivere. Un pennarello, della vernice, qualsiasi cosa
andrà
bene. Un colpo alla porta mi fa saltare per aria. Qualcuno ha bussato.
“Chi
è?” chiedo ansimando.
“C’è qualcuno?”
“Sono
io, aprimi.” Sento la voce di Mikaela
gioviale come sempre.
Non
è possibile… l’ho appena sentita per
telefono, abita a tre distretti da qui, non potrebbe essere mai
arrivata a casa
mia in pochi minuti.
“Dai,
aprimi, ho paura qui fuori da sola!”
continua quella voce che so non poter appartenere alla mia amica.
Non
è Mika... sono loro. Sono qui, lo
percepisco dall’angoscia che mi torce le viscere. Sono qui e
non potrò più
difendermi.
Il mio
piede è malfermo quando faccio un passo
verso la porta chiusa a chiave. “Vattene. Non
aprirò questa porta.”
“Lasci
un’amica fuori di casa? Ho sentito un
rumore, presto! Fammi entrare!” dice concitata.
Accendo
la luce esterna dall’interruttore di
fianco alla porta e avvicino con cautela l’occhio allo
spioncino. Scorgo
l’immagine di Mikaela sul mio pianerottolo, con una maglietta
a maniche corte e
il pantaloncino che indossava la sera che la beccai appostata sotto
casa mia, a
giugno.
“Dovevi
impegnarti di più!” Gli urlo da dietro
la porta, provando a controllare il tremito nella mia voce.
“Maglietta e
pantaloncini in inverno? Basta questo a dimostrare che non siete
umani!”
La testa
del demone dalle sembianze di Mikaela
fa uno scatto in direzione dello spioncino esterno e gli occhi si
tingono
immediatamente di un nero lucido e profondo. Osserva attentamente la
lente
esterna prima che la sua bocca si spalanchi a dismisura mostrando una
chiostra
di denti aguzzi.
Mi
allontano orripilata dalla porta, sentendo
un brivido in tutto il corpo.
Devo
reagire.
Qualcosa
per scrivere…
Prendo la borsa all’ingresso,
rovesciandola a terra in cerca di una penna. Il rossetto attira il mio
sguardo.
Lo stappo e corro alla porta chiusa del bagnetto, poi traccio il
cerchio di
protezione con nove rune Algiz per far sì che nessuno tocchi
Laika.
Un colpo
più forte fa tremare l’uscio.
Stamattina
ho piazzato un sacco di amuleti e
rune su ogni entrata, nel mio disperato tentativo di aumentare il tempo
a mia
disposizione. Loro non possono entrare se non li inviti o li accetti in
casa,
va contro le regole. Le hanno già infrante innumerevoli
volte, solo che gli
costa molta energia. Spero che i miei incantesimi e le regole divine li
rallentino
a sufficienza da permettermi di…
Un altro
colpo. Indietreggio verso le scale.
La luce dell’atrio balugina per qualche secondo. Comincio a
correre verso la
mia camera da letto, sentendo le gambe improvvisamente pesanti. Reagisci, cazzo, reagisci!
Mi
chiudo in camera da letto e traccio il
cerchio di protezione anche su quella porta. Il cuore sembra volermi
esplodere
nel petto. La luce sopra di me balugina e i colpi alla porta sono
sempre più
forti.
“Atenoux…
questa è l’ultima volta che ti
invoco.” Sussurro mentre il rossetto consumato mi scivola
dalle mani. Non ho
più dubbi su cosa devo fare. Affronterò il treno
per l’ultima volta, con ogni
mezzo. “Devo liberare il guardiano, subito. Portami da lui,
usa tutta la forza
che mi è rimasta.”
Sento il
rumore della porta principale di casa
che sta per cedere prima che cali il buio.
Apro gli
occhi, frastornata. Una porta
d’ottone alla mia sinistra, dei sedili color vinaccia e un
neon caldo sul
soffitto. Sono nella mia cabina sul treno… sono tornata sul
treno ma ho ancora
i poteri. Non è ancora finita. Devo liberare il guardiano
prima che sia troppo
tardi.
Mi
precipito nel corridoio e lì, lo vedo.
Frank si
volta e in un secondo che sembra
eterno ci guardiamo senza fiato. Non ha più
l’aspetto di un cadavere… sembra
vivo e in salute, proprio come nella foto che ho fissato per giorni,
tranne per
la grande ombra che si proietta sulle pareti intorno a lui, simile a
quella dei
rami di un grosso albero, come corna di un cervo. Quando l’ho
incontrato
l’ultima volta, io non possedevo ancora la Vista…
Sono
rimasta paralizzata al punto da non
accorgermi che mi si è avvicinato spedito e torno al
presente solo quando mi
abbraccia con forza, mozzandomi il fiato. Ho una forte dissonanza
cognitiva e non
so se mi senta più scioccata dal suo gesto o dalla
gravità della situazione in
cui mi trovo.
Lo
spingo via premendogli sul petto ansimando
per la mancanza d’aria. Indietreggia mentre sul viso gli si
intravede un attimo
di delusione.
“Scusami,
è che non pensavo che ti avrei più
rivista e sono praticamente rimasto solo qui e…”
bofonchia.
“Non
dire altro. Andiamo nella tua cabina,
ora.” Affermo rigida.
Alza le
sopracciglia, stupito.
“Frank,
dobbiamo aprire quella tua cazzo di
porta!” strillo esasperata, mettendomi a correre in direzione
della sua stanza,
l’unica che è aperta.
Entro e
punto dritta alla porta che
sostituisce il suo finestrino, ancora circondata dalle radici nere.
Afferro la
maniglia e provo a tirare con tutta la forza che mi rimane. Sento che
si muove
appena.
“Aiutami!”
strepito mentre lui mi si avvicina basito.
“Avevi
detto che non si poteva aprire finché
non fosse giunto il momento.”
“Tu
sei il Guardiano! Non hai nulla da farti
perdonare da… nessuno!” mi sforzo continuando a
lottare contro alla maniglia.
“Sei qui perché loro ti ci hanno voluto
imprigionare! Tua figlia ha sempre
saputo che eri innocente!”
“Cosa…?”
chiede scioccato mentre mi tocca la
spalla per voltarmi, cercando un contatto visivo con me.
Lo
accontento, lasciando la maniglia per un
secondo. “Lo scoprirai presto. Devi uscire da qui subito e
andare ad ammazzare
un po’ di demoni. La salvezza delle persone che amo dipende
da questo. Adesso
prendi questa dannata maniglia e aiutami!”
“Non
ci riesco…” ringhia provando ad
afferrarla, passandoci attraverso.
“Prendi
le mie mani. Tira da lì.” Insisto
stringendo la maniglia al posto suo. Poggia le sue mani sulle mie e mi
stupisco
di quanto sono calde. Non faccio caso al dolore quando finalmente
qualcosa si
smuove e le radici cominciano a spezzarsi svanendo in piccoli sbuffi di
fumo.
Nonostante
tutto, non cede ancora. Le mani mi
fanno troppo male sotto alla sua presa. “Fermati!”
strillo prima che mi spezzi
le dita.
Lui
molla subito la presa e io ritiro le mani,
massaggiandole qualche secondo per verificare che le dita siano ancora
attaccate.
“Mi
dispiace… non volevo farti male… non
riesco ad aprirla. Non servo a niente, vaffanculo!” ringhia
al mio fianco,
allontanandosi bruscamente di qualche passo.
“Non
servo a niente nemmeno io…” Sento che sto
per piangere. La vista mi si offusca tra le lacrime e abbasso lo
sguardo e vedo
i nastri sul mio corpetto, ancora allacciati come li aveva intrecciati
Clara.
Questi poteri, la Vista, la Chiave, la Luce… Atenoux non
è un mio potere.
Appartiene al guardiano, appartengono a lui.
Quando
sciolgo il nodo che li teneva uniti e
con foga tento di sfilarli dalle asole, riesco a notare che Frank
vicino a me
ha fatto un movimento inconsulto. “Che fai?”
“Questi
nastri sono l’essenza di Atenoux, i
poteri di Nathair, il serpente della Luna Nuova.” Sfilo il
nastro verde e
sposto gli occhi su di lui solo per un attimo, riesco ancora a vedere
la sua
ombra. “È uno dei tuoi totem, non sono miei.
Quello verde, è la Vista. Dammi la
tua mano.”
Allunga
un braccio incerto e con fretta glielo
lego attorno al polso. Quando interrompo il contatto, non riesco a non
apparire
turbata da quanto il cambiamento sia evidente. Non vedo più
la sua ombra, è
tornato il ragazzo smunto e sporco che avevo visto la volta precedente
e
probabilmente col buco in testa che da questa prospettiva non posso
vedere.
Anche lui mi sta guardando con un’aria sorpresa, come se mi
vedesse per la
prima volta.
“Sei…”
Gli
faccio cenno di fermarsi con una mano,
perché so che di sicuro avrà visto il mio vero
aspetto o forse, se gli Sluagh
sono già riusciti ad entrare in casa mia, quello che resta
di me. Non voglio
pensarci, non ho tempo per questo. “Quello viola è
la Chiave.”
Senza
che glielo chiedo, mi dà l’altro polso e
lego ad esso il nastro viola. “Adesso apri la tua porta e
l’unica cosa che ti
chiedo è di proteggere chi ho lasciato sulla terra. Fai
ciò che io non ho
potuto fare per loro.”
Quando
lascio il nastro viola, la porta bloccata
svanisce alla mia vista, lasciando il posto al suo finestrino che avevo
già
visto la prima volta che salii sul treno. Solo chi possiede la Chiave,
può
vedere le Porte… Frank la osserva dapprima stupito e poi
più sicuro.
“Non
ti lascerò qui.” Fa un passo verso di me
e per istinto ne faccio uno indietro.
“Vai!
Non c’è tempo da perdere. Esci da qui,
Sahmain è già cominciato e non so quanto manca
alla fine!” strillo in preda
all’ansia.
“Non
resterai qui.” Risponde afferrando qualcosa
sul finestrino che non riesco a vedere. Suppongo sia la sua maniglia,
che tira con
una forza che se avesse usato prima, probabilmente le mani me le
avrebbe
staccate per davvero.
Quando
essa cede, la luce verde che scaturisce
dal vetro è accecante. Il rumore di una tempesta invade la
cabina, ululati,
guaiti e ringhi molto cupi. Incespico all’indietro ma lui mi
sostiene
prontamente, tenendomi per mano, poi guarda la luce verde e la sua
espressione
denota tutto il suo attonimento.
“Presto,
vai!” lo supplico angosciata.
Si volta
a guardarmi e i suoi occhi scuri
brillano per la luce riflessa. “Vieni con me.”
Riesco a sentirgli pronunciare
nel sibilo del vento.
“Non
posso.” Scuoto la testa.
“Ti
troverò, te lo giuro.” Sento la sua mano
lasciare la mia. La luce si fa più forte e non riesco
più a distinguerlo,
indietreggio nel corridoio.
La porta
della cabina si chiude con violenza e
la luce al suo interno si spegne, poi la porta scompare lentamente,
lasciando
posto ad una parete color ottone identica a tutte le altre.
È
libero. Forse anche io… forse Sahmain non è
ancora finito e… Corro verso la mia cabina, ma quando
attraverso il suo
ingresso, la vista del mio finestrino che dà su un cielo
oscuro mi paralizza.
Mi
avvicino piano, barcollando e aiutandomi
con le pareti per non perdere l’equilibrio fino a poggiare le
mani sulla
superficie di vetro freddo. No… non è
freddo… non ha temperatura. Mi guardo le
mani. Sembrano sempre le stesse, tranne per il fatto che le maniche
lunghe del
vestito di Atenoux non ci sono più. Osservo il mio corpo e
sento la mandibola
che trema osservando la maglietta nera che avevo acquistato in vacanza
anni fa
in Liguria, il blue jeans e le scarpe da ginnastica.
È
finita.
Cammino
nel corridoio illuminato avanti e
indietro, senza meta. Ci sono ancora parti oscure che separano i vari
vagoni e
non ho minimamente intenzione di attraversarle, anche se non mi danno
più
alcuna sensazione malevola.
Osservo
dagli spioncini delle cabine. Non
riconosco nessuno… nessuno esce mai in corridoio.
In un
momento di disperazione particolarmente
acuta ho cercato Camille, ma ho visto solo uno spioncino buio laddove
sapevo
trovarsi la sua stanza. Forse è perché non sono
riuscita a salvarla, che sono
rimasta qui?
Torno al
mio abitacolo, chiudendomi la porta
alle spalle e sedendomi sulla panca. Non ci sono le luci che ricordavo
oltre il
mio finestrino… allora perché sono qui? Forse
anche la mia porta è bloccata,
come lo era quella di Frank. Non lo so. Ma è probabile che
nessuno verrà a
salvarmi. Ho fallito.
Quante
ore sono passate? Forse sei o sette? A
quanto equivalgono nel mondo reale? Lukas mi avrà trovato
morta in camera da
letto? Oddio amore mio, perdonami…
Mi
sdraio per terra, guardando il soffitto con
il neon che non brucia agli occhi.
Che
stupida sono stata. Avevo pensato fin
dall’inizio che il Cacciatore fosse lui, perché
non ho dato retta al mio
istinto?! Perché ho creduto che ciò che avevo
visto non era lui? Ancora una
volta ho creduto più ai miei occhi che a quello che sentivo
nel cuore.
Corrispondeva la sua descrizione, la sua indole, ogni cosa che ho letto
a
proposito parlava di lui. Forse, se l’avessi liberato in
tempo, non sarebbero
riusciti ad uccidermi.
Non ho
nemmeno salutato Lukas come si deve. Un
bacio a stampo sulla porta. Non ho salutato nessuno. Brianna
è morta. Laika e
Lukas staranno bene?
Dio,
quanto odio questo posto. Non riesco a
piangere e desidererei solo strapparmi i capelli e farmi del male. Mi
conficco
le unghie nel cranio ma niente, non sento niente e…
La porta
della cabina si apre all’improvviso.
Mi sollevo sui gomiti, sgomenta.
Una
donna è in piedi davanti al mio uscio,
guardandomi dall’alto con un’aria a metà
tra la pietà e il disgusto. Un vestito
argentato le fascia il busto fine fino alla vita, il resto
dell’abito cade
morbido, coprendole i piedi. Nella mano destra regge un bastone da
passeggio
bianco. È molto bella, i suoi capelli sono di un biondo
molto chiaro ma gli
occhi sono di un grigio senza anima.
L’ho
appena vista, non ho idea di chi sia, e
già mi sta antipatica.
“Poteva
bussare.” Brontolo tirandomi su.
“Non
si bussa in casa propria.” Si impone con
una voce talmente dura che mi mette i brividi.
“Chi
è lei?” chiedo allarmata.
“Pensavo
l’avresti capito, ma del resto hai
dimostrato di non essere molto sveglia.” Afferma sedendosi
con eleganza sulla
panca destra della mia cabina, stringendo le mani sul pomo del bastone
bianco
di fronte a lei, all’altezza del seno minuto.
La
imito, sedendomi dal lato sinistro. “Non
capisco...”
“Per
tutto questo tempo mi hai chiamata
Arianrhod, puoi continuare a farlo.”
Boccheggio
osservando la… persona?
che ha permesso che tornassi in vita e che liberassi i
miei amici da questo inferno da cui io non sono riuscita a districarmi.
“Non
credevo che l’avrei mai incontrata…”
“Te
l’ho concesso con grande magnanimità come
ricompensa per avermi permesso di vincere una scommessa.” Il
suo viso dai
lineamenti aguzzi si tira in un accenno di sorriso mentre fa passare lo
sguardo
sulla mia figura.
“Una
scommessa?”
“Una
scommessa. Contro Arawn.” Solleva il
mento con un’aria nauseata. “Da un po’ di
tempo il suo scagnozzo stava
rinchiuso qui dentro. Attirato nel mio castello con l’inganno
al momento della
sua morte e poi sigillato prima ancora di ottenere i suoi poteri e
scoprire di
essere il Guardiano degli Inferi: solo un inetto avrebbe potuto
cascarci. Del
resto si tratta di un uomo, cosa si poteva pretendere?”
La fisso
in silenzio con la bocca
involontariamente dischiusa e lei storce la bocca di fronte al mio
sguardo
perso, poi riprende a parlare. “Era da un po’ che
insisteva che dovessi
liberarlo. Te ne capaciti? Scendere fino a qui per sporcarmi le mani
con il suo
tirapiedi e i suoi parassiti sbaragliati. Che insolenza.”
“Inaudito…”
sussurro abbassando lo sguardo,
sperando subito dopo che non abbia il potere di leggere nel pensiero e
scorgere
la mia ironia.
Non
sembra accorgersi di nulla, anzi sembra
lusingata dal mio intervento. “Esattamente. Sai per quanto
tempo ho dovuto
sentire le sue lamentele? Intollerabile.”
Fa una
smorfia disgustata al pensiero, poi
prosegue più allettata. “Finché non mi
propose un accordo. Io avrei dovuto far
giungere qui un mortale a mia scelta, fargli scoprire la sua missione e
poi
farlo retrocedere al mondo neutrale affinché Arawn potesse
concedergli i poteri
per liberare il suo cagnaccio. Se il mio guerriero si fosse dimostrato
più
forte del suo con meno potere e in un tempo limitato, avrei dimostrato
di avere
più discernimento di lui e di essere un condottiero
migliore.”
Distoglie
lo sguardo dalla mia faccia,
studiando l’ambiente circostante. “Avrei potuto
scegliere un uomo tra i tanti potenti
che arrivano a sfiorare il velo della morte ogni giorno, ma no, sarebbe
stato
molto più divertente costringerlo ad ammettere che una donna
qualsiasi avrebbe
potuto farlo meglio.”
Il suo
ghigno ora è più marcato, l’argomento
deve divertirla parecchio e io invece sono sconvolta sentendo parlare
di tutti
noi, di tutti i sentimenti e gli sforzi che abbiamo fatto, come se
fossimo
pedine su una scacchiera. Abbiamo visto cose terribili, tremato davanti
all’oscurità di ogni angolo, ansiosi perfino di
uscire da una stanza per
entrare in un’altra se il sole era già tramontato.
Letto innumerevoli libri in
fretta fino a farsi venire il mal di testa, viaggi, stanchezza, ferite,
dolore.
E lei avrebbe potuto risolvere tutto portando il suo culo fino a qui e
schioccando le dita, ma non l’ha fatto perché non
voleva sporcarsi le mani…
Io non
sono stata scelta perché sono speciale,
perché qualcosa di me mi ha reso degna, semplicemente
perché voleva imporre al
suo avversario una umiliazione. Mi risuonano in testa le parole di
Brianna,
quando mi disse che Arianrhod era una dea spietata, a cui non chiedere
mai
nulla se non fosse strettamente indispensabile.
“No,
non una donna qualsiasi. Una del tipo che
lui disprezza, capace quanto e più di un uomo, con
l’intelletto, i mezzi,
l’astuzia.” Gongola aspramente. “Una
donna che dimostrasse di poter svolgere il
compito del suo accolito con meno di un decimo dei suoi poteri e in una
frazione infinitesimale del tempo che a lui è concesso. Non
potevano andare
bene tutte, ma tu avevi vicino a te qualcuno che poteva aiutarti,
l’ho capito
quando quella piccola mortale ha pregato il mio nome. Il mio,
non quello
di Arawn.”
Torna a
poggiare gli occhi su di me e
l’espressione di piacere diminuisce visibilmente.
“Certo, ho dovuto calcare
parecchio la mano su di te, spingendoti a concentrarti sul suo sgherro
più di
quanto mi sia piaciuto e questo, Arawn, non dovrà mai
saperlo. Mi hai fatto
attendere fino all’ultimo secondo… ma il risultato
è ciò che conta. Arawn ha
riavuto il suo galoppino e ha dovuto ammettere quanto io sia una
stratega
migliore di lui. Ho vinto, posso ritenermi soddisfatta.”
“Scusi
ma… gli altri passeggeri? Pensavo che
il mio compito fosse liberare tutte le persone che erano intrappolate
qui…
perché nessuno mi ha detto fin dall’inizio
che…?”
“Le
condizioni imponevano che nessuno
dell’oltreterreno potesse aiutarti a liberare il guardiano.
Avevi compreso fin
da subito cosa dovessi fare, perché sprecare risorse per
darti informazioni che
già avevi? La tua missione era liberare il sottopancia di
Arawn entro la fine
dell’anno, nessuno ti ha chiesto di operarti per gli
altri.” Risponde
infastidita. “Sei una donna libera, ciò che hai
fatto oltre ai tuoi doveri non
mi interessa, anche se la tua sorellanza è stata
apprezzabile.”
Sento la
testa girarmi con violenza e mi reggo
con forza al sedile per non cadere in avanti.
“Non
è tutto, sei riuscita a regalarmi un
giubilo inaspettato, quando Arawn ha richiesto che tu gli fossi
consegnata.”
Alza le sopracciglia chiare, in un’espressione divertita e
impressionata,
mentre io non so se essere felice o preoccupata per questa notizia.
“Perché il
suo lacchè si è innamorato di te e ti vorrebbe
con sé.”
Frank
mi
ama…? Mi mordo il
labbro inferiore chinando lo sguardo. Io
non l’ho mai amato, ora non so nemmeno se quel barlume di
sentimento che ho
provato fosse vero o se fosse dovuto all’ossessione a cui
sono stata indotta
per la deviata volontà dell’essere che ho ora di
fronte.
“Mi
volevi spingere ad amarlo affinché lo
liberassi prima?” chiedo flebilmente.
“Certo
che no, non farei mai una cosa del
genere ad una delle mie figlie. L’amore acceca, rende deboli,
è totalmente
inutile. Ti ho solo spinto a focalizzarti su di lui, in modo che
capissi che
era la priorità.” Risponde stupita, guardandomi
come se fossi decerebrata.
Quindi
in parte era vero. Ho pensato così
tanto a lui che alla fine ha cominciato a piacermi spontaneamente. Ma
non è
stato niente più di una cotta, io non ricambio i suoi
sentimenti al punto da
scegliere di unirmi a lui. Anche se, forse, nemmeno lui mi ama e ha
richiesto
che fossi liberata solo perché sa che adesso mi trovo
intrappolata qui e vuole
ricambiare il favore…
“Ammetto
che avevo delle riserve sulle tue
capacità, dato che già in passato avevi
dimostrato di avere il cuore debole, ma
in questa vita sei riuscita a farti valere, non come nella
precedente.”
Prosegue con noncuranza.
“Nella
mia vita precedente?” se potessi sentire
il mio cuore, starebbe scoppiando nel petto.
“Nella
tua vita passata il tuo consorte ti
espresse una richiesta: che nella prossima vi sareste incontrati di
nuovo.” Mi
guarda con aria di sufficienza. “Accettasti, manifestando
tutta la tua languidezza
e fosti pure così ottusa da rispettare la parola. Per quanto
tutto ciò sia
deprecabile, ti riconosco una tenacia non indifferente.”
Mi
sporgo verso di lei, in risonanza dopo aver
udito le sue parole. “Era forse Lukas che
io…?”
“Adesso
basta farmi perdere tempo, dato che
sono di buonumore come non mi capitava da tanto e questo posto non ti
concerne,
ti permetterò di scegliere tra tre
opzioni.” dice inclinando appena il
bastone bianco, con stizza, come se ciò che sta per dire la
infastidisca. “Avrebbero
dovuto essere due, ma l’intromissione di qualcuno ha permesso
che il numero di
scelte a tuo favore aumentasse.”
Raddrizza
il capo con solennità. “Potrai passare
oltre e unirti alle tue compagne oppure potrai
diventare una disgustosa
pedina di Arawn e leccargli il trono fino al prossimo cambio della
guardia
insieme al suo cortigiano. Altrimenti, dato che il
tuo cuore non si è
ancora fermato, potrai tornare alla tua vita terrena,
ma…”
Mi
raddrizzo immediatamente sul sedile,
attenta e ricettiva come lo sono stata poche volte in tutta la mia
esistenza.
Alza la
mano destra dal pomello del bastone e
schiocca le dita, facendo comparire tra il suo pollice e
l’indice il fascicolo
che conteneva le informazioni su Frank, con la sua foto appuntata alla
copertina.
“… questo lo terrò io e perderai tutti
i ricordi che riguardano il servo di
Arawn. Per te resterà solo uno dei tanti prigionieri
incontrati in questo
castello e non rivelerai a nessuno i segreti di questo mondo,
né ricorderai
questa conversazione.”
Guardo il viso del
mio amico per qualche secondo, provando ad imprimerlo nella mia memoria
con
tutte le mie forze, proprio come ho fatto quando promisi a tutti loro
che mi
sarei ricordata della promessa che gli avevo fatto prima di
risvegliarmi.
Volgo il mio
sguardo sul viso arcigno della divinità dei morti e do la
risposta.
Buongiorno
cari ragazzi!
Ecco
svelata tutta la
verità dietro ai fatti raccontati in questa storia! Non
troppo diversamente
dagli dei del pantheon romano e greco, anche gli dei celtici erano
tipici
sfidarsi e fare scommesse, usando gli esseri umani come pedine nei
propri
piani.
Il
giorno celtico non
finisce a mezzanotte, ma al tramonto. È
un’informazione a cui il paganesimo New
Age non fa mai grande caso, adottando la mezzanotte come inizio del
giorno, ma
è scorretta: i celti e gli antichi non possedevano il nostro
sistema di misurazione
del tempo. L’anno celtico finisce a cavallo tra la sera del
30 e del 31 ottobre
e inizia al tramonto del 31 ottobre, col capodanno celtico.
Per
la vita passata di
Erika e Lukas, mi sono ispirata alla vicenda vera di Abla e Antara, una
storia
d’amore araba che ha un retrogusto dolce e amaro. Per chi
fosse interessato… https://larivistaculturale.com/2021/12/15/antropologia-culturale-etnografia-letteratura-arabo-antar-abla-storia-la-storia-di-amore-e-coraggio-di-antar-e-abla/
E
sì! La cara Arianrhod è
sempre una stronza di prima categoria, altro che madre e madre,
sappiatelo… il
pantheon celtico era composto prevalentemente da donne, e non erano
molto
dolci, anzi… le divinità femminili erano spesso
dure e inclementi.
Cari
amici, questo è il
penultimo capitolo della storia che ho cominciato a scrivere a giugno
2023 e ho
finito a ottobre 2023. Sono stati sei mesi molto intensi, in una
alternanza di
lavoro, scuola e scrittura che mi hanno davvero stremata. Purtroppo o
per
fortuna, non sono mai riuscita a fermarmi e dato che ci tengo a finire
ciò che
inizio, ho portato a termine questo lavoro composto da 193mila parole.
Grazie
per essere stati con me in questa avventura.
Il
prossimo capitolo è
l’ultimo, conclusivo. Spero di non avervi deluso!
Buon
2024 a tutti! :D
Fiore