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Autore: summers001    03/01/2024    4 recensioni
Oscar&Andrè | Missing moments | più capitoli | OOC: alcuni avvenimenti sono tratti dai fumetti, altri dall'anime, altri ancora dal film. I personaggi sono forse più vicini a quelli del manga. Li ho sicuramente un po' rivisitati, ma spero per il meglio.
Dal testo:
“Non hai sonno?” ti domando, con una voce che mi esce strana, troppo seria, troppo brusca, troppo tutto.
Guardi in alto, verso il cielo ancora pallido. Poi guardi me. “E tu?” mi domandi. Chissà cosa vuoi dire, chissà cosa nascondi. Mi siedo accanto a te stavolta. La manica della mia giubba struscia accanto alla tua. Vorrei allungare la mano, respirarti meglio. Immagino il calore del tuo corpo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Oscar

Ci hanno trascinati in questa chiesa poco fa. Fuori è già buio, non ricordo quanto tempo sia passato dal tramonto. Sono appesa alle tue dita. Sono fredde, così fredde che le tengo strette in una mano per riscaldarle. Me ne sto seduta a terra, ad occhi chiusi, contro il legno di questa branda, dove ci sei tu. Non voglio vedere le decine di bare attorno. C’è odore di morte sopra a quello dell’acqua santa qui dentro, ed il suono dei pianti e delle urla di donne disperate. Chiudo le labbra per non sentire il sapore di corpi in putrefazione. Alcuni sono qui da troppo tempo e di giorno fa caldo, è estate. Tranquillo, non ti lascio andare, amore mio. Ti stringo più forte perché tu non debba sentirle. Tranquillo, non sono io. Non sto così male finché tu sei qui con me.  

Te le ricordi le nostre estati in Normandia? La casa al mare, i giochi sulla spiaggia, gli schizzi di acqua salata, le cene al tramonto sulla sabbia. E se tornassimo lì? Se ce ne andassimo da Parigi e tornassimo lì? Riesco ad immaginarti come sei adesso, adulto, con la camicia bianca ed i pantaloni arrotolati sui polpacci, che ridi e mi trascini a riva. L’acqua sarà fredda, ma mi ci abituerò presto.

Rabbrividisco. Fa freddo, come in tutte le chiese, forse per non far marcire i fiori. Mi salirà la febbre se rimango ancora qui, chissà poi quante me ne dirai. Ma rimango comunque, non ti preoccupare, non posso abbandonarti. E non mi addormenterò. Ho sonno, ma ce la faccio. Resterò con te ogni minuto che posso, ma tu riposa. Ci sono io qua.

Qualcuno bisbiglia. E’ normale parlare coi morti, amore mio? Poi una donna urla “No!” Stringo ancora di più gli occhi come se il gesto potesse non farmela più sentire. “Ancora un minuto! Ancora un minuto!” ma viene trascinata via. Sento il rumore dei suoi calci tirati nel vuoto, di una candela che cade e di qualcuno che con un piede la spegne. Le porte pesanti di legno vengono trascinate e si chiudono. Piango ancora senza accorgermene. Verranno anche per me?

“No, amore mio,” sussurro. Mi tiro sulle ginocchia. Da qui riesco a vederti. Ti accarezzo i capelli, spostandoli da quella orrenda cicatrice che ti deturpò il viso anni fa. “non ti lascio, resto qui, resto qui.” Ripeto come una nenia. “Sono il loro comandante, non possono trascinarmi via.”

Tiro su col naso, mi copro la bocca per soffocare un gemito che non mi avevo mai sentito fare. Mi nascondo seduta a terra come prima per piangere, ma ti tengo ancora la mano. No, questa non la lascio, tranquillo. Cerco di calmarmi mentre tremo. Mi ripeto che devo allontanarmi, non ci devo pensare. A cosa? A te? Devo ricordare, ricordare tutto.

Per esempio, te lo ricordi quando ballai con Fersen? Che stupida. Io lo sapevo allora. Lo sapevo anche prima. Sai da quando? Non te l’ho mai detto. Ero sveglia quel giorno, quando mi baciasti mentre mi riportavi a casa. La tua delicatezza mi ha ossessionata per anni. Quante cose che ho da dirti. Chissà se le sai già tutte. Conosci i miei silenzi così bene.

“Comandante.” Mi chiama qualcuno. Faccio segno di no con la testa, e mi preparo a scattare aggressiva, come ho fatto quando volevano proibirmi di venire qui da te. Come potevo lasciarti solo per tutto questo tempo? Come posso non proteggerti per sempre?

“Comandante.” Ci prova un altro, ma neanche li voglio ascoltare.

“Oscar.” Fa Alain, chiamandomi per nome. Apro gli occhi solo allora. Ascolto lui perché ti conosce, è tuo amico. Potrebbe capire almeno in parte il mio dolore. Invece mi tradisce, ci separa, allontana la tua mano dalla mia con la forza. Mi giro, mi allungo disperata, cerco di riprendermela, ma lui ti posa la mano in grembo ed io non ce la faccio a rialzarmi, a guardarti di nuovo così: cereo, freddo. “Avanti, alzati, ti do una mano.” Alain si mette tra me e te, forzando una voce paziente e penosa. Mi allungo oltre la sua schiena per afferrare i tuoi vestiti, prenderti di nuovo e stringerti ancora. Devo ancora provare a chiudere il tuo polso tra il pollice e l’indice o confrontare la lunghezza delle mie dita alle tue, una stupida misura delle differenze tra me e te. Alain però mi allontana di nuovo in una lotta silenziosa, mi mette in piedi e mi sostiene per le spalle appena un passo più avanti. D’istinto mi sposto e ti cerco. Così ti vedo e ricordo.

Hai la pelle sempre più chiara. Una mano ben sistemata in grembo mantiene un fiore, l’altra è malamente poggiata sulla pancia. Non ho bisogno di chiudere gli occhi per ricordarmi di come vibrava la tua pelle sopra all’ombelico mentre ti sfioravo ieri notte. Mi passano davanti immagini confuse che si sovrappongono al tuo volto. Adesso hai le labbra schiuse, sembra quasi un respiro. “Lasciami.” Grido ad Alain, mi rendo conto di essere l’unica a far rumore in questa chiesa. “L’ho visto.” Urlo poi “Respira, l’ho visto!” ma lui mi porta via, mi prende di peso mentre strepito ed allungo le mani.

No, no, no, no, no.

Urlo adesso perché ti sto vedendo per l’ultima volta. Non ti vedrò mai più, non mi sorriderai mai più, non ti terrò mai più la mano, non proverò mai se riesco a chiuderti il polso tra le dita. Non ci sarai più. Andrè. Ci si mettono anche le lacrime, mi confondono la vista. L’ultima volta che ti vedo sei una sottile linea lontana, scura, sfocata.

Appena Alain mi rimette a terra è sui gradini della chiesa. Corro per tornare dentro, ma un altro dei miei soldati è più veloce di me e mi chiude fuori. Da dentro sento una chiave che gira la serratura. “Fammi entrare!” urlo e supplico più e più volte, gridando sempre più forte, consumandomi la voce, con la tosse che mi mozza il fiato.

Alain mi mette le mani sulle spalle. E’ così brusco che mi scuote quasi. “Oscar, se n’è andato.” Mi dice poi con voce ferma. Mi circonda dalle spalle, mi prende per le braccia e mi porta via, di nuovo sui gradini. Vuole allontanarmi un po’ per volta. Resta dietro di me e mi tiene imponendomi la sua presenza, quasi fosse un abbraccio ed io tremo ancora e piango e tossisco contro di lui.

“Non me ne posso andare.” Gli dico alla fine tra le lacrime, supplichevole. Sono stanca, non farmi combattere anche contro di te.
Alain rimane fermo, mi tiene ferma, aspetta che mi calmi, aspetta che smetta di piangere ed ascolti. “Non gli interessa più se tu resti qui oppure no.” Alla fine mi parla mentre le lacrime mi scuotono ancora. “Gli interessa che non t’ammali.”

Piango di nuovo, chiudo gli occhi, poi ti cerco nelle stelle. Sì, forse è così, ma non importa più a me. Te lo ricordi quando cercavamo le costellazioni? Ci mettevamo di notte da bambini distesi sull’erba. Ci infreddolivamo e la nonna ci sgridava sempre. Te le ricordi le costellazioni, Andrè? Orione, l’Orsa, Cancro, Gemelli… Te lo ricordi il mito di Castore e Polluce? E se potessi cederti io metà della mia vita, come Castore e Polluce?

“Oscar?” mi riscuote di nuovo Alain fino a che non ci ritroviamo faccia a faccia. Mi ha avvolto in un mantello. Mi accompagna davanti ad un fuoco, mi fa sedere a terra sull’ultimo gradino. Si siede affianco a me, guarda le fiamme, tira su col naso e nasconde le lacrime dietro i pugni chiusi sulle guance.

Vorrei dirgli che mi dispiace. Mi dispiace che il suo amico non ci sia più, come se stessi parlando di un’altra persona, come se non stessi parlando del mio Andrè. Si accorge di me, vede le mie lacrime. Sono persa. Dove sei? Alain mi abbraccia e piangiamo insieme. Mi aggrappo alla sua giubba ruvida, quel tessuto orribile che hai addosso pure tu adesso e per sempre. Vorrei vederti con indosso una camicia pulita, bianca, intera, che mi chiedi che faccio, perché me ne sto lì. “Su, andiamo.” Vorrei sentirti dire. Invece è Alain che lo dice. Si tira su, si pulisce la faccia, mi allunga la mano. Mi giro, guardo la chiesa. Tu sei là.

“Oscar, lui non c’è.” Dice per convincermi.

Lo so, lo so. Perché continua a ripetermelo? “Ancora un po’.” Gli dico e mi chiudo nel mantello come se potesse mettere insieme i pezzi del cuore. Mi avvolgo, mi faccio calore per convincerlo.

Alain mi guarda, fa un cenno con la testa. “Va bene.” Si arrende “Casa mia è di là, ricordi?” fa segno con un dito e tira di nuovo su col naso. Certo che me lo ricordo, faccio segno di sì. Eravamo venuti insieme, io e te, Andrè. Ti amavo già allora. Ti guardavo mentre salivi le scale nel condominio dove abiti lui, Alain. Ero dietro di te e guardavo la tua mano sulla ringhiera, i muscoli che si tendevano, piccole cose che avevo  sempre avuto davanti agli occhi e che da allora mi fecero battere il cuore.

“Va bene.” Ripete Alain “A più tardi.” Gira la testa, guarda dietro di noi lungo il profilo dell’orizzonte. Mi giro anch’io.

La Bastiglia.

Mi coglie un pensiero di sfuggita: la regina, Maria Antonietta, il generale Bouille. “I cannoni.” Gli dico.

Alain sospira e sorride nervosamente, come se non ci avesse ancora pensato. Con gli occhi rossi di lacrime mi fa un cenno col capo.

“Grazie, comandante.” E se ne va. Rimango per un’eternità a guardarla: i cannoni, i fucili. Me li sento puntati addosso. La tosse mi toglie di nuovo qualsiasi pensiero, scava violenta nel mio petto. Vedo il sangue che mi sale come vomito alla gola. E’ la vita che se ne va, che non posso più dividere per dare a te, come Castore e Polluce.

Arriverò presto.

Arriverò presto.


 


Angolo dell'autrice
It's the final chapteeeerr, ta-da-da ta-da-na-na...
Anyway. Ho pianto un po' per scrivere questo capitolo. 
Ok, dunque, volevo raccomandare a chi legge di fare attenzione. Ho notato che alcuni capitoli (9 e 7) hanno metà delle visualizzazioni. Credo perché pubblicate nello stesso giorno dei seguenti, chi legge clikkava su "ultimo capitolo" e via. Il 7 è tra i più importanti ;P
Dunque, invece. Quando si arriva alla fine di qualcosa si fanno un po' i bilanci. Ricordo che un paio di anni fa tornai su Lady Oscar, dopo un abbandono più o meno dall'adolescenza, ispirata da una canzone. Sin da allora volevo pubblicare due storie, che sono maturate e sono diventate "La parte tangibile dell'amore" , "Gli ultimi mesi" e (la incompleta) "Effetto farfalla". Tutte le altre storie sono stati felici intermezzi, nati dall'ispirazione. Per questo, volevo ringraziarvi, perché i lettori ed i commenti sono una sorta di motore. Scrivere ff è un hobby, una cosa da fare purtroppo nel tempo libero, sapere che c'è qualcuno che aspetta fa venire voglia di condividere sempre di più, ma mette ansia ad un certo punto. Proprio per questo motivo non ho pubblicato moltissimo nell'ultimo anno: quando non è più un hobby e si mette anche la vita di mezzo, quello che scrivi non ha la stessa "forza". Negli ultimi giorni ho ritrovato però il piacere di farlo, quindi spero di tornare prestissimo da voi. 
Con ciò vi saluto e spero di avervi allietato gli ultimi minuti.
Un saluto grandissimo, un bacione forte. 
Summers
  
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