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Autore: aurtemporis    10/02/2024    2 recensioni
Sulle spiagge della Normandia, il colonnello delle guardie reali trova una ragazza priva di sensi e in balia del freddo. Dopo averla soccorsa, cercando di offrirle ulteriore aiuto, tenterà di scoprire le cause che hanno portato la ragazza sul punto di perdere la vita. Al contempo, la ragazza proverà ad impedirle di conoscere la verità, corrotta e pericolosa, e in cui lei è già intrappolata.
AVVISO: Questa ff esce completamente dal seminato. È una storia che se ne va per i fatti suoi e prende solo alcuni tratti dall'anime. Dedicata in particolare ai fans di Oscar/Rosalie, è una distrazione senza pretese da tutte le coppie canoniche dell'opera.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: André Grandier, Bernard Chatelet, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Il generale Jarjayes aveva messo in allerta i suoi parigrado, si trovavano tutti assieme in una sala ed era tarda mattinata. "Signori, abbiamo abbastanza elementi ma solo una testimone di rango inferiore che non può mettere in dubbio la parola di un conte" che fosse o meno la discendente dei d'Aubont non faceva differenza. 

Restava in attesa delle ultime novità dalla figlia ma nel frattempo, prima di iniziare a studiare un piano, e considerato che il capodanno era alle porte, aveva deciso di far conoscere i fatti. Quella che per il momento era stata data come disposizione all'esercito era di trovare un panettiere e un vetraio uno di fronte all'altro. "Deve trattarsi di una strada larga, una via che attraverseranno i reali durante la parata" continuò a dire.

"Possiamo far controllare tutto il percorso, negozio per negozio. Sarà facile" disse il collega Bayet.

"Con riserbo però, non devono capire che sappiamo"

"Io vi ammiro, Jarjayes" disse ancora il collega "avete perduto una figlia e vostro unico successore in accademia, da così poco tempo. Eppure siete qui, a pianificare la difesa del regno"

"Sono un generale, prima di essere un padre" si toccò la fronte "mio figlio farebbe lo stesso, se io fossi morto. Difendere il re e la regina sono obblighi che vengono prima di tutto" disse poi, e si girò per non far vedere la faccia poco convincente che aveva.

"Per questo avete la mia stima, un soldato è sempre un soldato. E il fatto che vi rivolgiate ancora a Oscar al maschile non fa che rimarcare che per voi il dolore è ancora recente" Bayet sorrise triste. Era assai più giovane di lui ma aveva anch'egli dei figli, poteva capire la gravità del momento. Egli non sarebbe stato capace di continuare, così su due piedi, come nulla fosse accaduto. "Noi difendiamo i reali per difendere la Francia. È necessario convocare il consiglio dei ministri" disse.

"Impossibile, senza farlo sapere ai sovrani"

"Volete tenergli nascosto che sono in pericolo di vita?"

"Certo che sì, finché non acciufferemo i responsabili. La cosa migliore è che loro non sappiano, perché altrimenti chiederebbero di rinunciare all'uscita pubblica e noi perderemmo di vista i cospiratori, e tutti i traditori di cui sono circondati agirebbero nell'ombra in un altro momento" lo guardò negli occhi "quando per noi sarebbe impossibile pianificare e prevenire una catastrofe"

"Questo potrebbe metterci in difficoltà" replico Bayet, gli altri generali si erano stufati di assistere in silenzio al loro scambio di battute. Decisero di mettere ai voti, se convocare o meno il consiglio e quindi farlo sapere al re. Vinsero i no.

"Bene, signori, stiamo ufficialmente usando il re e la regina, e la figlioletta di pochi anni, come esca. Sia chiaro che rischiamo tutti la testa in questa stanza" disse un terzo generale.

"Se per questo la rischiamo ogni giorno, per ogni ordine che diamo e decisione che prendiamo anche senza poterci ragionare sopra" ribatté Bayet.

"E nessuno dovrà mai sapere niente, a prescindere dall'esito" continuò Jarjayes "non avremo nessun ringraziamento e, se fila tutto liscio, non finiremo neppure davanti a un tribunale militare"

"Il conte de Badeaux, va piantonato" disse Bayet mentre lasciavano la sala dove si erano riuniti, si trovava nella caserma della guardia nazionale. Lontano da Versailles.

"Per ora ci sta pensando una mia persona fidata" replicò Jarjayes intanto che gli camminava di fianco.

"Possiamo star tranquilli?"

"Come se fossi io stesso a farlo" sorrise, ma l'altro non lo vide perché voltò la faccia dall'altra parte.

 

Il sole calò ed erano le quattro e mezza del pomeriggio. Oscar vedeva da lontano la sua tenuta e il suo palazzo. Era stanca ma, al pensiero di potersi sdraiare e magari farsi un bagno caldo, riuscì a trovare altra forza per camminare. Anche quel sacco di paglia le pesava ormai. Proseguì lentamente, ma prima di raggiungere l'ingresso si fermò.

Udì una voce chiamarla che non pensava di riascoltare tanto presto. Voltandosi scorse Rosalie venire allo scoperto, era avvolta in uno scialle "Devo dirti una cosa importante"

Oscar strizzò gli occhi, pensando di vederci male.

"La tua governante mi ha detto che non c'eri, ho pensato di aspettarti" rimase lì dov'era, immobile. Quando l'altra provò ad avvicinarsi Rosalie scosse il capo per fermarla. "Devo solo darti un messaggio. Guardati da Bernard, non so che può fare, è come un cavallo pazzo" la vide in quelle condizioni ma non si permise di chiedere, non doveva più interessarsi di nulla che la riguardasse.

"Aspetta un attimo, parliamo con calma" indicò una strada collaterale a quella dove si trovavano. "Vieni con me, ti prego"

"Non ho altro da dire, è tutto qui. Bernard, e tutti quelli vicino a lui, non fidarti di loro. Sta attenta, se li vedi, non attaccar bottone con loro, se puoi, non andare affatto a Parigi" poi se ne andò, aveva un peso sul petto ma iniziò a muovere le gambe per tornare da dove era arrivata.

"Aspetta!" la bionda le corse dietro, ma si ritrovò a terra dopo pochi attimi, un crampo alla gamba le impedì di rialzarsi "Rosalie!" si era sorretta sulle mani, con la gamba bloccata era faticoso rialzarsi. 

La ragazza si girò e tornò indietro rapida. "Che succede?!" si chinò accanto a lei e le prese una mano per aiutarla.

"È solo stanchezza" Oscar sorrise. Non le dispiaceva essere franata a terra come un sacco di patate se era riuscita a far sì che non se ne andasse.

 

"Ero sicuro che saresti andata ad avvisarlo" Bernard sbucò da dietro un albero. Una mano nascosta dalla schiena.

"Mi hai seguita?!" Rosalie si parò davanti a Oscar "Bernard, stai riuscendo a fare in modo che ti odi per davvero!"

"Intanto ti ho fatto uscire dal convento" rise "ed eccovi qui, ma ancora non riuscivo a capire perché vi eravate separati. Adesso che vedo quella casa però, comprendo perfettamente. Ti ho sentito chiedere di lui alla vecchia" guardò Oscar, la vide conciata quasi come l'altra volta "che ci fa qualcuno come te a bighellonare come un pezzente, di giorno in giorno?"

La bionda si alzò da terra, lasciò cadere il sacco e fece un passo avanti "Ti ricordi cosa ti dissi l'ultima volta che ci siamo visti?" sfilò il coltello da sotto la maglia, scansò Rosalie e continuò ad avanzare. "Quelli come te faticano a comprendere senza l'uso della forza" proseguì.

"Usalo, dai, fammi vedere se ne hai il fegato!" il giornalista tirò furi la pistola da dietro la schiena e gliela puntò contro. "Vedi, biondo, io posso anche rinunciare a Rosalie, se tu resti con lei, ma se la lasci e lei va a rinchiudersi in un convento le cose cambiano"

"Bernard!" esclamò Rosalie con furia "Idiota! Sono stata io ad andarmene! Nessuno mi ha lasciata! E il perché non ti riguarda!"

"Tu?"

"Sì, io! E ora sparisci!" aveva gli occhi accesi dall'ira, gli si avvicinò parecchio, tanto che l'altra voleva fermarla "Vattene! Prima che tu faccia ancora del male a qualcuno!"

Il ragazzo abbassò la pistola, l'abbassò anche troppo, sentì rotolare il pallino che quasi cadde dalla canna, lo frenò la pezzetta che ci era infilata. La ripose di nuovo dietro la schiena. Non riusciva a far collimare i fatti, c'era qualcosa che non tornava in tutta quella faccenda e chissà cos'era che non aveva ancora scoperto. "Ehi, biondo, lo sai di chi sei figlio tu? Di una grandissima… (*)" Oscar fece roteare il pugnale "Un giorno me la pagherai per esserti messo in mezzo!" disse, puntando lo sguardo astioso su quello che giudicava ancora un rivale. Poi si voltò e un passo dietro l'altro uscì di scena, il tramonto era quasi agli sgoccioli. 

Rosalie si girò e fermò di nuovo la bionda che stava tentando di avvicinarsi "Ce la fai a tornare a casa, mi sembra" le diede le spalle per farle capire che non voleva dirle altro.

"Rosalie, aspetta un momento!" Oscar si lanciò in avanti e le prese un braccio "Fermati!"

"Non posso fermarmi!" strattonò il braccio "Devo rientrare prima di buio o mi lasceranno fuori tutta la notte" ma non era quello il motivo principale per cui aveva fretta di scappare.

Oscar l'abbraccio e la tenne stretta, così che non potesse incedere oltre.

La ragazza si mise a piangere, ci era ricascata, i lacrimoni che stavano reggendo così bene fino a quel momento l'avevano di nuovo vinta. Strinse forte le spalle di Oscar e si abbandonò. "Perché non capisci quanto è difficile!" singhiozzò.

"Invece lo capisco bene!" la lasciò andare lentamente mentre una lacrima scendeva lenta "Perché è come se la mia vita ormai non avesse altro scopo se non amare te fino all'ultimo dei miei giorni. E non averti qui, con me, non posso accettarlo"

E i singhiozzi peggiorarono. "Non puoi farci niente… Nessuna delle due può farci niente!" 

"Invece ti dimostrerò che non è così! Lo giuro!" 

Rosalie accarezzò una guancia della bionda, poi si sforzò di ricomporsi. "Il convento è molto restrittivo sull'orario"

Oscar le prese la mano "Devi rientrare per forza?"

Rosalie annuì, certa che l'avrebbero giudicata male e inadatta alla permanenza nel luogo se si fosse attardata oltre.

"Va bene, ho capito" la tirò a sé e le rubò un bacio, sfuggevole ma che si portava dietro tutta l'amarezza di quelle ultime giornate. "Non dirmi addio, non dirlo mai più" mormorò sfiorando ancora quelle labbra "ci rivedremo, tu non fare sciocchezze intanto" la lasciò e le raccomandò di fare attenzione, perché era una bella scarpinata da lì fino al convento.

"Come fai a sapere dov'è?"

Oscar sorrise "Non mi conosci ancora bene, Rosalie"

La ragazza si asciugò le ultime lacrime e sorrise a sua volta. Poi si coprì la testa con lo scialle e se ne andò. Il colonnello la vide allontanarsi veloce come il sole che scompariva, quando rimase solo la strada vuota si voltò e si trascinò verso casa.

 

Il 31 dicembre arrivò prima del previsto. Quella mattina, molto presto, uno che si faceva chiamare solo Randal Wood, un tipo sulla quarantina che al suo arrivo si era fatto conoscere con il nome di Turner, lasciò le coste francesi e salpò in direzione Inghilterra. Avrebbe fatto ritorno, seguendo la fase successiva dei piani, con una delegazione ufficiale e una sposa per il futuro re. Ciò avrebbe anche risolto la fastidiosa permanenza delle truppe francesi sul territorio americano, se il prossimo re ad essere incoronato avrebbe assolto ai patti fino in fondo. Dopotutto lo stavano aiutando a posare le terga su quel trono tanto agognato, pensò, mentre il mercantile prendeva il largo.

Le guardie si erano disposte lungo tutto il percorso, e fin qui niente di straordinario, era qualcosa che facevano ogni volta che i reali lasciavano Versailles. Oscar aveva comunicato al padre che doveva fare attenzione, c'era la possibilità che prendessero di mira i generali. Meglio che nessuno di loro si facesse trovare in un luogo prevedibile. Per compiere qualcosa del genere poteva anche significare che ci fossero dei traditori tra le guardie. Il conte de Badeaux era un sovversivo molto diverso da Robespierre, aveva riferito al padre, intenzionato a eliminare i sovrani per metterci un'altra coppia di francesi ma non aveva idea di chi fossero. Non era qualcuno che il conte aveva incontrato nei suoi spostamenti ultimi, e se in passato si erano visti di persona, doveva essere accaduto all'origine del complotto. Il conte giocava sporco con tutti i protagonisti inglesi. "La casa è sorvegliata al suo interno da alcuni uomini" aveva raccontato quella mattina al padre "non è per la sua incolumità, credo piuttosto sia per difendere la moglie. Per ciò che sta facendo, per mancanza di fiducia nei suoi complici o per altre ragioni ignote" aveva continuato. E poi c'era questo duca Hughes, che serviva come aggancio in Inghilterra.

"La parola di un miserabile, è sempre la parola di un miserabile" il generale Jarjayes non poteva sapere se il conte avesse davvero voluto evitare di eliminare i generali, come aveva sentito la figlia, quindi prese provvedimenti. Via dalle case e dalle caserme, ciascuno di loro separati dagli altri, in un luogo casuale a partire dalla notte del 30 dicembre, per non insospettire.

Il generale Jarjayes fu l'unico a rimanere in pubblico, serviva qualcuno a conoscenza dei fatti che desse gli ordini e la figlia era ancora data per morta.

Oscar aveva intenzione di nascondersi sul tetto dell'edificio dove il forno aveva chiuso. Il proprietario temeva i disordini, quando c'erano le parate, quando si radunava della folla sulla strada, chiudeva sempre il negozio. André avrebbe dovuto essere su quello di fronte. Niente armi da fuoco, gli aveva detto, nessuno doveva accorgersi di quel che succedeva. Tranne in caso di necessità.

"Cerca di non farti vedere e fai attenzione" aveva aggiunto prima di separarsi. André le disse di stare in guardia alla stessa maniera; la fermò un attimo prima che se ne andasse con un'occhiata muta che voleva dire qualcosa anche senza parlare.

"Non ce l'ho con te, anche se hai la lingua lunga, prima o poi l'avrebbero comunque saputo"

André sospirò "Non posso appoggiarti in questa tua scelta ma riesco a capire lo stesso come ti senti" 

"Va bene così" Oscar incurvò le labbra e lo salutò con la mano, André sorrise. La vide poi svanire tra la gente mentre si dirigeva nella direzione opposta. Chi le assicurava che gli unici che potevano sparare al re e alla regina si sarebbero piazzati solo su quegli edifici, e se ci fosse stato qualcun altro? In quel momento era piena di dubbi. Stare impalata su un tetto improvvisamente non le sembrò più una grande idea. Nel mentre si domandava del perché il tiratore non fosse già appostato, vide qualcosa luccicare sotto al sole debole di quella mattina. La canna di un fucile poggiata contro il fumaiolo. Lo prese, era l'ultimo modello francese; c'erano molti traditori intorno a loro. Lo scaricò, lì dov'era, dopo aver rimuginato ancora un po', scese e tornò indietro. Gettò il fucile in un fusto abbandonato. Era vestita da straccione, peggio ancora di quando aveva visitato la casa del conte. Si abbandonò a bordo strada, per osservare, con il cappello di paglia sulla testa. Subito le si avvicinò un soldato, allora si alzò e andò via. Già, durante le parate non potevano esserci mendicanti sulla strada. L'aveva dimenticato. Le carrozze erano ancora lontane e per questioni di sicurezza la sfilata si sarebbe svolta di giorno, come tutte le altre occasioni precedenti, sebbene la vera festa sarebbe iniziata la notte, ma a Versailles. 

"Levati di torno, accattone!" le urlò un tipo.

"Chiedo scusa, signore" aveva addosso solo abiti malridotti. Forse aveva esagerato un po' troppo con gli strappi e le scuciture. E faceva anche un freddo cane.

"John" udì chiamare tra la folla che si accalcava alle sue spalle. Quel nome riuscì a catturare la sua completa attenzione. Anche quella voce che l'aveva pronunciato, c'era un accento particolare, e c'erano poi altre tre donne che parlavano in lingua straniera. Riconobbe qualche frase in tedesco. Si strofinò il viso con una mano, era ovvio che ci fossero altri turisti, che sciocca a presupporre che gli unici erano gli attentatori. Era come cercare un volto nascosto da una maschera qualunque in mezzo ad altre maschere. Un uomo la urtò e proseguì senza fermarsi. Un bastone bianco le era strusciato accanto la gamba sinistra. Di spalle non lo riconobbe subito, ma poi la figura del conte divenne chiara ed evidente. Lo seguì. L'uomo si era camuffato come un cittadino qualunque, di nuovo. Come gli aveva sentito dire, per guardare la riuscita del piano dal vivo e addossarla esclusivamente agli inglesi. C'era un altro tizio al suo fianco, se ne accorse dopo, quando quello gli andò vicino camminando e tenne il suo stesso passo. Non aveva la stazza di Alfi, ne fu contenta, non per timore di affrontarlo ma perché l'uomo le era in simpatia e non aveva colto cattiveria in lui, per il breve periodo in cui ci era stata a contatto. Continuò a stargli dietro, stavano facendo il giro del palazzo dove si trovava il fornaio, come a perdere tempo. In attesa che arrivassero le carrozze, suppose la bionda. Un presentimento le suggerì di non aspettare oltre, meglio affrontarli subito. "Badeaux!"

L'uomo si voltò, lei si tolse il cappello e gli si fece sotto. L'altro che gli faceva da guardia, si frappose e sfoderò una spada. "Chi sei?" le domandò questo.

Oscar snudò il pugnale da dietro la schiena, la spada era un arnese che non portava mai con sé quando doveva rivestire i panni del vagabondo, nel bene e nel male anche questa era una cosa a cui si era abituata. Lanciò il pugnale, dritto nel petto dell'uomo che aveva di fronte. Tre passi, e lo sfilò dal morto velocemente, si affrettò per raggiungere il conte che si stava defilando. Lo incastrò nella via di mezzo tra due edifici. "Ci rivediamo, conte"

"Io non so chi sei!" l'uomo si faceva indietro, il suo aggressore era trasandato, ma quei capelli biondi legati in una coda, lucidi e scintillanti, dissonavano dal resto. Gli ricordava qualcuno, ma non poteva far mente locale.

"Ditemi il nome di chi volete mettere sul trono al posto di Luigi XVI!" si avvicinò ancora e ancora, mentre l'uomo indietreggiava. Doveva fermarlo prima di arrivare nel piazzale alle sue spalle, davanti a testimoni le cose potevano capovolgersi. Il conte lanciò il bastone roteandolo con forza nella sua direzione, lei lo scansò. Corse ma avvertì un bruciore improvviso all'addome, non capiva da dove era arrivato.

Il conte si era fermato, aveva in pugno qualcosa, no, non era nel pugno, Oscar si tenne la ferita, alzò lo sguardo. Un astuccio le rotolava vicino ai piedi, il conte tolse il dito dal marchingegno a scatto che controllava con la mano e terminava in una lama telescopica lunga un po' meno di una spada. Si trattava di una lama sottile che si muoveva all'interno di un binario nascosto nel vambrace che portava sotto gli abiti per tutto il tempo. Una volta fatta scattare, l'astuccio di protezione veniva via. Badeaux le si avvicinò "Ti piace il mio aggeggio? Si è fatto un lungo viaggio dal lontano oriente per servirmi!" vibrò un altro fendente che la bionda schivò per un soffio, ma non riuscì ad evitare il vambrace di metallo che la colpì alla testa. Barcollò. Il marchingegno agiva anche in difesa.

"Ora mi ricordo di te, garzone" gli puntò la lama contro il cuore "ma in realtà tu non sei un garzone, è così? Sempre dietro l'austriaca a pararle la schiena!" la colpì alla gamba con un calcio e l'atterrò. "Io ti ho già veduta, molte volte" assottigliò lo sguardo "tutti lo hanno saputo, le voci sono arrivate in ogni angolo di Versailles!" gli schiacciò sotto un piede il braccio che stringeva il pugnale "Tu dovresti essere sotto terra!" Oscar si lasciò sfuggire un lamento. "A ogni modo, c'è sempre tempo!" alzò la lama e l'abbassò. L'altro braccio della bionda si alzò per difendersi, riuscì a scansarla, le strusciò il polso. Il conte girò il marchingegno per riposizionarlo. Era lento e appesantito, Oscar sollevò una gamba e sferrò un calcio, mancò il corpo del conte ma guadagnò spazio.

 Una volta in piedi poté di nuovo usare il suo pugnale. Parò un altro affondo, poi scagliò di forza il pugnale sul dorso della mano del conte, perforò fino a sbucare dal palmo e terminò incastrandosi nel meccanismo della sua arma. Lo udì scricchiolare in contemporanea alle grida del proprietario. La bionda torse il pugnale fino a svincolarlo, il sangue spruzzò a terra. Quella diavoleria era sempre attaccata al braccio ma dubitava che ora potesse sollevarlo senza provare un dolore atroce. L'uomo si ritrovò alla gola il pugnale imbrattato e gocciolante.

"Parlate, ultima occasione!"

L'uomo alzò lentamente l'altra mano, come un debole tentativo di scansare l'acciaio dal collo "Non saprai mai chi è, ma ti dico qui e ora che un giorno siederà sul trono di Francia, stai solo ritardando l'inevitabile" portò il suo anello alle labbra e scoperchiò il sottile cristallo che luccicava sulla fascia dorata, ingoiò una polverina bianca. Oscar se ne accorse quando lo vide schiumare dalla bocca e accasciarsi. Crollò seduta lì in terra. C'era una striscia rossa sulla sua maglia e un'altra sul polso, si alzò a fatica, con un gemito di dolore era di nuovo sulle due gambe. Il conte, chino a terra, non si muoveva più. Udì schiamazzi, ma più di tutto udì gridare insulti. I reali dovevano essere vicini. Si appoggiò con le spalle al muro per riprendere fiato. Sporse la testa, alzò gli occhi sull'edificio di fronte, non vide André, né altri movimenti. Con la mano sulla maglia, si mosse per tornare sul tetto dell'edificio dove stava il fornaio. La scala non c'era più, qualcuno l'aveva rimossa. Eppure era stata lasciata sul retro, ben nascosta. Un rumore sul tetto, e un'ombra le attraversò il viso. Si appiattì contro l'edificio, qualcuno l'aveva vista e si stava organizzando per agire.

"Mostrati, verme!" esclamò una stridula voce con una cadenza anglosassone. 

Lei rimase schiacciata contro il muro, in quella posizione era difficile che la cogliesse dal tetto lievemente sporgente, avesse anche azzardato uno sparo. Non poteva muoversi ma poco male, anche il tizio era distratto e poteva tenerlo occupato fino al passaggio dei sovrani. Il rumore si accentuò, udì chiaramente il suono di passi "Dove hai nascosto il fucile? Verme!" l'uomo si era calato giù. Aveva una daga in pugno e gliela puntò contro. Sbandierò l'arma, la bionda la evitò agevolmente "Vedi di morire subito, perché ho urgenza!" esclamò il tipo, le armi bianche non erano il suo forte e chi aveva di fronte gli schivava ogni affondo.

Oscar si mise in guardia con il pugnale. Vide con sgomento lo straniero gettare la daga e tirar fuori una pistola per poi puntargliela "Ho detto, sbrigati a morire!" anche avesse attirato l'attenzione, non c'era molto da scegliere, il tempo scorreva come le ruote della carrozza reale. L'uomo andò giù come un piombo prima di poter premere il grilletto. Alle spalle dell'inglese comparve il manico di una spada e, più dietro, il generale, era in piedi all'angolo del palazzo. Si affrettò a sfilarla dall'uomo che ansimava in terra sempre più lentamente, fece poi un gesto alla figlia, di venire via. Raccolse la pistola dalla mano che la stringeva ancora, nonostante il corpo fosse quasi privo di vita.

"Grazie, padre"

"Sei ferito?" le vide la maglia insanguinata.

"Di striscio" camminarono rapidi. 

"C'erano una dozzina di uomini che seguivano il corteo. Li abbiamo arrestati ma non potremo trattenerli a lungo, però almeno fino a stanotte li terremo occupati. La strada è sgombera anche in avanti. André ha eliminato l'altro sul palazzo, lo ha preso alle spalle"

"Sta bene?"

"Sì, è con il resto dei soldati ai miei ordini. Sono venuto a controllare, ci stavi mettendo troppo" 

"C'è stato un imprevisto, il conte è morto"

"Un vero peccato, avrei voluto metterlo sotto torchio davanti al giudice" le mise tra le mani il cappello di paglia che aveva raccolto da terra "Girodelle ci sta aspettando, vieni, così possiamo reintegrarti. Lui è tra coloro che ti hanno più a cuore e sarà felice di vederti"

Oscar rallentò "No, padre, vi prego, non fatelo" si fermò del tutto e l'uomo che la precedeva corrugò la fronte quando si girò.

"Che ti prende, Oscar?"

"Lasciate che il colonnello Oscar François de Jarjayes rimanga morto"

"E perché mai mi chiedi un'assurdità del genere?" la folla si stava spostando più avanti, per seguire il corteo che stava facendo il giro del centro storico. Il vento gelido di fine dicembre congelò la bionda e suo padre, sostavano lungo il margine della strada che andava man mano svuotandosi.

La figlia guardò in terra "In tutta la vita non vi ho mai chiesto niente, padre, concedetemi solo questo. Non posso più essere il comandante delle guardie reali" asciugò una lacrima con il dorso della mano prima che l'uomo la vedesse.   

"Ma che diavolo stai dicendo? Non capisco!" il padre le andò vicino e le afferrò un braccio. 

"C'è qualcuno da cui non voglio più separarmi, padre. E non mi fermerete, nessuno mi fermerà dal chiederle di stare insieme" staccò lentamente la mano del padre e si fece indietro.

"Non compiere gesti affrettati, non sai cosa stai dicendo. Sarà la stanchezza, ne riparleremo domani"

"Non c'è niente da dire, più di questo. Non saprei neppure come spiegarlo a parole, eppure è chiaro come il sole" si fece ancora più dietro per non far avvicinare il padre "Dio mi è testimone, mai avrei immaginato una cosa del genere, non mi avrebbe neppure lambito nei sogni fino a qualche mese fa e, se me l'avessero detto, mi sarei fatta una risata tale da piegarmi in due"

"Si tratta di quella donna? È così? Ti sta condizionando, apri gli occhi!"

"Padre, voi non la conoscete"

"E tu chi credi di conoscere? Che credi di sapere? Puoi affrontare un duello, puoi comandare un esercito, ma non ti rendi conto davvero di come vanno a finire certe cose! La tua vita ha un fine più nobile di questo!"

"La mia vita è iniziata in modo non convenzionale e credo proprio che la chiuderò alla stessa maniera" un impercettibile sorriso terminò quella frase.

"Perché vuoi buttare via tutti gli obiettivi raggiunti? Perché!" iniziò ad agitarsi. 

"Perché… Perché quando voi incontraste mia madre lei era già promessa, però niente vi fermò. Non vi siete arresi, né voi né lei. Pur di stare insieme avevate perfino in mente di fuggire, ma non ce ne fu bisogno"

"Che c'entra questa vecchia storia adesso?!"

"Per la stessa ragione, io non posso più essere ciò che ero"

"Se è qualcuno al tuo fianco che desideri, va bene! Farò in modo che tu possa incontrare i migliori candidati e sceglierti un marito!" la vide guardalo come se avesse detto un'amenità e si innervosì ancora di più. "Ascoltami bene, se non torni immediatamente con me…" distolse lo sguardo afflitto e portò una mano agli occhi, li strinse per un secondo "Non puoi farlo, perderai ogni cosa!" aggiunse, scuotendo la testa.

"Senza di lei avrò comunque perduto tutto" Oscar slegò il nastro che le legava i capelli e fece ancora un altro passo indietro "perdonatemi, per quanto vi appaia folle, è la scelta migliore per tutti" si voltò e corse, con fatica arrancò nei vicoli per tagliare lontano dalla folla. 

"Oscar!" il padre la vide svanire, si tolse dalla strada. Doveva seguire il corteo fin quando non fosse rientrato alla reggia.

 

Nella residenza del conte di Provenza c'era una quiete carica di tensione. Sua moglie, Maria Giuseppina, decise di lasciarlo da solo quella mattina, si ritirò nelle sue camere. Non era un uomo accomodante già quando era al suo meglio e quel giorno lo aveva visto scattare come una molla per le cose più banali che potevano capitargli sotto al naso. Non avevano mai avuto figli ma non era quella la ragione per cui si tolleravano a malapena.

"Gérard!"

Arrivò prestamente il suo servo personale.

"Che notizie da Parigi?"

"Ancora nessuna, signore"

"Quando sarà, riferisci immediatamente" il servo si inchinò e andò via.

Il conte, sedeva davanti un tavolino, aveva una finestra di fronte che gli garantiva un panorama di rara bellezza, sia d'inverno che d'estate. Era un uomo panciuto ma ancora piuttosto giovane, anche se non si portava molto bene i suoi anni. Udì il rumore di una carrozza. Il cuore gli batté più veloce.

"Gérard!"

Il servo si affrettò verso la carrozza. Qualche tempo dopo tornò dal conte.

"Che notizie da Parigi?"

"La parata è giunta al termine" l'uomo deglutì "senza imprevisti" vide la grossa pancia del conte salire e scendere rapida, poi ancora più veloce, risalire e riscendere. 

"Puoi andare"

Con un gesto di stizza, il conte rovesciò tutto quello che c'era sul tavolino. Luigi Stanislao di Borbone, il quarto in linea di successione dopo Luigi XV, diventato secondo dopo l'ascesa di Luigi XVI, promise che sarebbe stato il primo. Ma avrebbe dovuto attendere, ancora. 

 

Era il 3 di gennaio. Di punto in bianco, qualche fiocco di neve aveva ricoperto la strada che conduceva su per una collina, ma durò poco. Era quasi mezzogiorno quando una figura ammantata si avvicinò ai cancelli del convento con un sacco in spalla. I lunghi capelli biondi si agitavano liberi al vento freddo, sotto un cappello di paglia. Posò a terra il sacco e chiamò la suora che vide nei pressi del cancello.  

"Che volete?" domandò la giovane novizia.

"Sto cercando Rosalie, sorella"

"Chi la cerca?"

"Oscar"

"Oscar, chi?"

"Soltanto Oscar" replicò.

La novizia parve un po' seccata dalla risposta, a ogni modo fece per andarsene ma la voce estranea la interruppe di nuovo "Ditele anche di preparare la sua borsa e di non dimenticare niente. Grazie, sorella" la novizia cercò di cogliere il volto sotto al cappello, ma le stava troppo lontano. Comunque, andò.

Rosalie sopraggiunse un po' di tempo dopo. Reggeva il grosso manico della borsa con ambedue le mani e quando la vide un sobbalzo allo stomaco lo fece svolazzare per un attimo. Ma era anche preoccupata e non poco. Oscar sollevò un po' la tesa del cappello con un dito e le sorrise. Quando il cancello si aprì la più giovane corse ad abbracciarla. L'inferriata si chiuse poi rumorosamente dietro di loro, la novizia osservò un po' incuriosita per un breve momento, poi se ne tornò indietro. Faceva freddo.

"Perché sei qui?" le chiese Rosalie e si sforzò di mantenere il controllo.

"E dove altro dovrei essere" allargò le braccia.

"Che è accaduto?"

"È andata bene, è mancato conoscere il nome alla cima della cospirazione ma ci possiamo accontentare"

Rosalie l'aveva sentito sotto le mani, sollevò la maglia dell'altra e scoprì l'ultimo bendaggio che si era sistemata da sola giorni prima. "Dici che è andata così bene, ma ogni volta che ci rivediamo hai una ferita in più"

"Il conte mi ha tirato un brutto scherzo, prima che si avvelenasse. Quell'uomo aveva un suo ideale per cui non gli importava di morire e glielo riconosco, anche se non posso condividerlo" disse poi che non era niente di grave, solo una ferita di striscio. Però faceva freddo, abbassò rapida la maglia.

"Sei qui per informarmi, ho capito" la lasciò e indietreggiò "ti ringrazio. Ma perché mi hai detto della borsa?"

"In verità, sono qui per portarti via con me"

"Che vuol dire?" Rosalie sentì il cuore accelerare in quel ritmo di cui aveva tanto sentito la mancanza.  

"Niente più divisa, niente più nome, niente più corte reale o salotti patinati colmi di nobili simulacri e ipocrisie" tolse il cappello e lo posò sul sacco "adesso ci sono solo io"

Rosalie non sembrava aver capito a fondo, il dubbio le si poteva leggere negli occhi. L'altra proseguì a parlare.

"Non ho più legami, eccetto te. Non tornerò indietro, ora la scelta che rimane è solo tua" si avvicinò toccandole le spalle e la guardò in viso "puoi venire con me, per stare insieme fino alla fine del nostro tempo oppure puoi voltarti e tornare indietro, e ti giuro che non scorgerai mai più la mia ombra. Rispetterò la tua decisione, per quanto mi costi"

"Hai abbandonato tutto, per me?" non voleva piangere ma non ci riuscì "Come posso permettere che tu faccia questo? Sarebbe puro egoismo da parte mia, e te ne pentiresti, finiresti per detestarmi!" poggiò la testa su quella maglia bianca che ormai aveva sostituito la divisa "Non posso permetterlo!" ripeté.

"Non serve piangere, Rosalie, vieni o resti…" prese fiato e sentì l'aria comprimersi nei polmoni come se non trovasse spazio "Tu continui a non fidarti di me, perché?" si allontanò ma l'altra la circondò con le braccia, senza lasciare un centimetro di spazio tra loro. 

"Mi fido più di te che di me stessa. La mia paura è che finisca, e che finisca male!" strillò Rosalie.

"Che devo fare, che devo dire, per farti capire che per me ci sei tu prima di tutto e questo non cambierà. O forse solamente io non sono abbastanza"

"Non osare!" strinse la maglia nei pugni "Come puoi solo pensarlo?! Non ti rendi conto, fino a che punto ti amo… Che tormento sia stato rimanerti distante, non è passato un solo giorno senza che la mia mente ti cercasse nei ricordi, perché a questi mi ero rassegnata!" spinse le guance arrosate su quella maglia e ci fece assorbire le lacrime "Rassegnata a non sentire più le tue labbra sulle mie, le tue braccia intorno a me, ad essere una sola cosa con te!"

Oscar posò la fronte sulla sua e sospirò "E allora abbi fiducia in chi non vede altro futuro se non con te! Fidati! La mia parola è una soltanto, non torno indietro anche se la vita mostra il suo lato più duro, non torno indietro neppure se è in gioco tutto ciò che sono!" prese un po' di distanza e tornò a guardarla negli occhi "Sono nata in una famiglia privilegiata, è vero, ma sono stata un soldato tutta la vita, l'unica mia ragione è sempre stata quella di stato. Cosa vuoi che me ne importi della ricchezza, che non ho mai inseguito, dei fregi o del potere, che non mi hanno mai catturata e ingabbiata. Cosa temi che mi possa mancare?"

"La tua famiglia"

Oscar annuì "Loro capiranno, e non mi dimenticheranno" e come potrebbero, dopo questo, pensò quasi sorridendo.

"Ma, tuo padre vorrà dei nipoti" Rosalie non pareva soddisfatta.

"Ha già tutti i nipoti che può desiderare, da parte delle mie sorelle. La mia famiglia la porterò sempre con me, ma adesso ci sei tu"

La ragazza lasciò andare la sua maglia che aveva stropicciato e prese un bel respiro "Come possiamo, noi?" asciugò gli occhi alla fine.

Le accarezzò la schiena "Ci inventeremo qualcosa"

Rosalie le circondò il collo e la tirò giù, si alzò sulle punte e posò un bacio su quelle labbra, profondo ma che non durò a lungo "Ti va bene come sì o devo essere più convincente?" sorrise.

Oscar soffiò fuori il respiro che le opprimeva il petto, uno sguardo sollevato al cielo e poi sorrise nello stesso modo "Mi sta bene, per ora" e l'abbracciò forte tanto da sollevarla da terra per qualche istante. Poco tempo dopo, riposizionò il cappello sul capo e raccolse il sacco da cui si intravedeva l'elsa della spada, con un fischio fece avvicinare il suo cavallo bianco. 

"Dove andiamo?" chiese Rosalie quando l'altra l'aiutò a salire. 

"Dove vorresti andare?"

"Non lo so, ma Eric avrebbe voluto una casa in campagna, a sud" aveva ancora il suo lascito, usarlo in qualcosa che lui avrebbe voluto fare le sembrò una buona cosa.

"Non è una brutta idea, a sud, fino ai campi di lavanda" Oscar salì dietro di lei, le mise le redini in mano e le cinse la vita "Vai, indica tu la via"

"Non sai dov'è il sud?" scherzò Rosalie.

"Potrei dirtelo anche a occhi bendati" le fece cenno con un braccio e la strinse più forte con l'altro "non ha un brutto carattere ma ancora non ti conosce, devi far pratica" accarezzò il collo del cavallo. 

Rosalie posò la mano su quella di Oscar che accarezzava il cavallo e poi diede un lieve colpo con una gamba, gli zoccoli iniziarono a muoversi. Il vento fresco le accompagnò fino al di là della collina, poi calò d'intensità.

 

Qualche ora dopo, si fermarono ad una piccola locanda, era quasi buio. Oscar aiutò a scendere Rosalie e lasciò il cavallo a un ragazzo, per condurlo in una stalla per la notte. "Siete fortunati, c'è rimasta una sola stanza" disse lui.

"Siete affollati?" domandò Rosalie.

"Sì, ci sono dieci soldati, stanno cercando un disertore" 

Rosalie vide il volto della bionda scurirsi, l'abbracciò d'istinto 

"Così hanno detto, ma non c'è da aver paura, credo" continuò il ragazzo, Oscar invece era andata in agitazione e stava per farsi restituire il cavallo quando tre soldati uscirono fuori, armi in pugno quando la videro.

"Dannazione!" sentì il cuore di Rosalie accelerare all'impazzata, la stringeva più forte ancora.

Altri tre soldati corsero fuori. "Il comandante delle guardie reali, anzi, il fu" parlò uno con delle basette fino al mento. Era alto e robusto, circa della sua stessa età. La bionda voleva afferrare la spada che portava nel sacco, forse qualche possibilità l'aveva ancora. Ma c'era Rosalie.

"Io non sono chi cercate" tirò la ragazza dietro di sé, ormai erano circondate.

"Certo che lo siete, ci avevano avvisato che giravate in abiti comuni. I vostri capelli e il vostro fisico, tutto combacia" digrignò i denti "la donna che vi ha denunciato ci ha detto che avevate molta fretta, peccato per voi che siete rimasta troppo vicino a Parigi"

La donna? Quale donna? Oscar passò in rassegna chi aveva incontrato di recente, forse era stato qualcuno che l'aveva riconosciuta senza che lei se ne accorgesse. Oppure quella assieme al tipo della claymore o la moglie del conte o qualcun'altra con cui aveva avuto la sfortuna di imbattersi senza saperlo. L'ufficiale basettone la colpì alla schiena con il calcio del fucile, un colpo diretto altrove, ma si era voltata appena in tempo riparando Rosalie.

"Toglietele questa piccola sgualdrina di dosso!" due soldati allungarono le mani, il primo cadde reggendosi lo stomaco, l'altro indietreggiò prima che lo colpisse. Oscar ritirò il pugno ma lo tenne ancora sollevato.

"Rosalie, ascoltami, devi fare ciò che ti dico"

"No! So già cosa vuoi dirmi! Non ti lascio!"

"È me che vogliono. Se resti qui, per me si mette peggio" le strinse forte la mano "quando ti apro una via, devi fuggire alle stalle, prendi il cavallo e scappa lontano. Ti ritroverò, lo prometto" 

"Non mi separerò da te! Neppure da morta!" e serrò la presa più forte.

"Che avete da bofonchiare!" l'ufficiale puntò la baionetta su tutte e due "Ho detto separatele!" un soldato si avventò contro, lei lo scansò, un altro le afferrò un braccio, un terzo la colpì alla base del collo con qualcosa di rigido. Cadde in ginocchio, tuttavia non perse i sensi. Sentì gridare Rosalie.

"Tenente de La Motte!" proruppe una voce familiare. Oscar sollevò gli occhi, il dolore dietro al collo era ancora forte ma identificò qualcuno che conosceva bene.

"Comandante Girodelle" il tenente lo guardò come se l'avesse disturbato "ce la stiamo sbrigando noi, non serve che vi sporchiate le mani anche voi, la mettiamo ai ceppi e poi la portiamo via"

"Lasciate stare quei due!" si fece largo in mezzo al gruppo "Io conosco molto bene il colonnello de Jarjayes, ho preso capo alla spedizione di proposito, e questo non gli somiglia per niente!" colpì il volto di Oscar con lo stivale. Rosalie provò ad avvicinarsi a lei, un soldato le agguantò un braccio. "Vi hanno preso in giro, tenente" si girò a fissare il suo sottoposto "Oscar François de Jarjayes è morto!" il sangue colava dal labbro della bionda "Questo è un popolano senza alcun valore. Non capite? La donna vi ha mentito per trarci un guadagno facile" aggiunse, con gli occhi fissi in quelli azzurri che non battevano ciglio. "Ritiratevi! Domani rientreremo" ordinò "le informazioni erano false"

La Motte si stropicciò il naso, poi lanciò un'altra occhiataccia, prima alla bionda sulle ginocchia poi al comandante, controvoglia fece ritorno nella locanda. Quando la lasciarono, Rosalie corse e si gettò vicino a lei per appurare che stesse bene. "Amore mio!" le toccò il viso, trovò un taglio sul labbro.

"Sto bene, sta tranquilla" tirò su un ginocchio, toccò dietro al collo dove presto sarebbe comparso un livido.

Girodelle si avvicinò alla bionda, sguainò la spada "Non temere" disse a Rosalie che gli aveva sbarrato la strada. Oscar non si mosse quando le raggruppò i capelli e li raccolse nel pugno, gli diede un taglio netto con la spada. Rosalie spalancò la bocca. "Così va meglio" Girodelle si spostò.

La bionda se li ritrovò corti e scompigliati che a malapena le accarezzavano le spalle. Si rimise in piedi. Rosalie la aiutò con un braccio sotto la spalla.

"Come vi chiamate?" domandò Girodelle.

"Eric" rispose Oscar e accennò un sorriso.

"Un nome che dovreste usare d'ora in poi, Eric" puntò l'indice in una direzione "da quella parte, la strada non è sorvegliata da nessuno dei miei uomini, meglio che vi sbrighiate" comparve un sorriso lieve anche sulle sue labbra "ragazzino, riporta qui il suo cavallo bianco" disse a quello che aveva osservato in silenzio tutta la scena, nascosto da un albero. Avrebbe voluto sapere come faceva l'ufficiale a conoscere il colore del cavallo della coppia, ad ogni modo tornò alle stalle. Girodelle tornò a rivolgersi alla bionda "Scusate per il calcio, non avrebbero desistito facilmente se non vi avessi trattato così"

"Lo capisco, ma perché l'avete fatto?" Oscar si asciugò il sangue dalla bocca "Perché ci avete aiutato?"

"Nella migliore delle ipotesi vi avrebbero deportato, nella peggiore, sapete già" vide la giovane ragazza stringersi più forte al suo vecchio comandante "per amore si compiono gesti impensabili" guardò Rosalie e poi di nuovo in quegli occhi azzurri che molto gli erano mancati "e l'amore fa crollare ogni ragione, non è così?"

Oscar annuì. "Grazie, vi devo la vita"

"Addio" Girodelle si inchinò rapidamente, rinfoderò la spada e si voltò. Strinse forte quei capelli biondi un'ultima volta, poi li lasciò volar via al vento turbolento che si era alzato.

Il cavallo bianco si avvicinò, sbuffando, aveva appena terminato il suo fieno e si stava rilassando quando il ragazzino l'aveva fatto uscire di nuovo. "C'è una fattoria che accoglie viandanti, provate lì" disse quest'ultimo "è vicina, ci arrivate presto, ed è sicura" strizzò un occhio a Rosalie che stava tornando a respirare normalmente.

Oscar gli accarezzò la testa, poi gli posò sul capo il suo cappello di paglia, il ragazzino sorrise. Salirono entrambe a cavallo e si avviarono. "Spero di non specchiarmi tanto presto" disse con ironia, toccando i capelli biondi.

"Stanno bene, non ti lamentare. Corti, lunghi, ti stanno sempre bene" la più giovane infilò le dita nelle ciocche bionde e le disordinò ancora di più "Chi era quello?" domandò poi mentre le stringeva la vita, dietro di lei.

"Un vecchio collega"

"Innamorato di te" poggiò la fronte sulla sua schiena "quanti ce ne sono a cui hai spezzato il cuore?" sorrise.

"Suvvia, non me ne ero neanche accorta, non si può ricambiare tutti" 

"Quindi alla fine sono solo stata fortunata" Rosalie aveva questo tono un po' abbattuto "potevo essere io quella a vederti andar via, con qualcun altro"

"Sono io quella fortunata, Rosalie" le stelle iniziavano a spuntare e il freddo a premere "senza nemmeno cercarla, mi è capitata la perla più bella" il labbro le faceva male quando sorrideva ma non poté farne a meno. Rosalie le aveva appoggiato le labbra sulla schiena e un brivido l'aveva raggiunta fin sui capelli. 

La fattoria la superarono, non si fidavano a fermarsi dove potevano rintracciarle. Il ragazzino poteva parlare di quel posto anche involontariamente, ai soldati. Però ebbero fortuna, non molto più avanti, sulla via indicata da Girodelle, trovarono un'altra piccola catapecchia abbandonata. Sembrava un luogo dove qualcuno viveva solo per una stagione, e non era quella invernale. Per una notte sarebbe andata bene.

 

 

FINE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(*) da "Il buono, il brutto e il cattivo"

 

 

Ringraziamenti: A voi che siete arrivati fin qui, grazie per aver letto questa storia anche se è uscita parecchio dai canoni dell'opera originale. Chiedo scusa per le imprecisioni e gli errori, anche controllando qualcuno mi sfugge sempre. Un grazie particolare a coloro che hanno recensito e spero vi abbia fatto buona compagnia.

 

   
 
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