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Autore: Europa91    15/02/2024    1 recensioni
[Gojo x Sukuna]
[Yuji x Megumi]
[past Michizane x Sukuna][past Gojo x Geto]
“Forse potrà sembrarti una specie di favola, ma non lo sarà. Questa notte ti narrerò dello stregone più potente della storia e di come il suo destino abbia finito con l’intersecarsi con quello dello stregone più forte della nostra epoca”
Sei anni dopo la battaglia avvenuta a Shinjuku, Yuta Okkotsu ripercorre gli eventi del passato, convertendo una tragedia in storia della buonanotte.
[Spoiler per chi segue solo l’anime]
Questa storia partecipa al Writober 2023 di Fanwriter.it
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Geto Suguru, Gojo Satoru, Okkotsu Yuta, Ryōmen Sukuna
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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IX Notte - Hunter






 

prompt: Caccia


“Dove le parole non bastano, esiste un linguaggio di tenebra e sangue”

Jjk vol.3






 

Giappone

-Fine periodo Heian-


L’aria era densa di fumo e ovunque intorno a loro era calato un silenzio quasi irreale. L’odore di legno bruciato riempiva le narici del Demone immaginario mentre gli ultimi cocci di quella che un tempo era stata una scrivania, ardevano ai suoi piedi. Quella figura che ormai non possedeva quasi più nulla di umano, mosse un paio di passi in avanti evocando l’ennesima freccia infuocata. Un sorriso soddisfatto ne incurvava le labbra facendolo somigliare maggiormente ad un mostro, una calamità

Era la seconda volta che espandeva il proprio Dominio e l’eccitazione aveva sostituito ogni altra emozione. Era euforico come non gli capitava da tempo, quasi come un ragazzino mentre osservava con orgoglio il risultato della propria marachella.

Un campanello risuonò in lontananza mosso dal vento. Per un attimo il volto dai tratti perfetti di Sugawara Michizane gli tornò alla mente, così come il suo sorriso. Quei lunghi capelli setosi che odoravano di incenso, occhi di una sfumatura violacea impossibile da definire a parole, un naso piccolo e perfetto. 

Imprecò.

Quella distruzione non era altro che la sua risposta. 

Era per colpa di quell'uomo che si era trasformato nel Re delle maledizioni. 

Era stato Sugawara Michizane a creare Ryomen Sukuna.

Il tempo dei giochi e dell’incertezza era terminato, presto anche la guerra che stava dilaniando il Giappone sarebbe giunta alla propria conclusione. Lo stregone leggendario non solo lo aveva tradito ma lo aveva fatto nel modo più crudele possibile. Il solo pensarci gli provocava un dolore acuto all’altezza del petto che preferì ignorare.

Nonostante fossero trascorsi molti anni non avrebbe mai potuto dimenticare le parole di quell’uomo, così come la maledizione che aveva finito col colpire entrambi.

Ryoma era morto ed era stato proprio lo stregone leggendario ad ucciderlo. Ryomen Sukuna non era altro che un prodotto di quel rancore. Aveva abbandonato la propria umanità scegliendo di diventare ciò che aveva giurato di distruggere.

Per diverso tempo si era illuso che Michizane fosse diverso, che quel sentimento tra loro fosse reale. Nulla di più sbagliato.

Il non era mai stato amore, solo un frutto dell’ennesimo inganno. 

Quella tra Sugawara e Ryoma era una favola destinata a rimanere senza lieto fine.

Recuperò Hiten rimasta a terra a pochi metri da lui, specchiandosi nella sua lama. In quel frangente possedeva davvero un aspetto mostruoso, inumano. Stentó quasi a riconoscersi.

“Mio signore, si sta facendo tardi, presto i cinque generali al servizio del Clan Fujiwara ci raggiungeranno” 

L’individuo ormai universalmente conosciuto con il soprannome di Ryomen Sukuna storse il naso contrariato alle parole del servitore. Uraume era rimasto al suo fianco, pronto a sostenerlo in quella follia. Non avrebbe mai potuto sperare in un lacchè tanto fedele. Rinfoderò la propria arma, scuotendo le vesti nel vano tentativo di pulirle almeno dalla polvere che le ricopriva. 

“Me lo aspettavo, dopo aver annientato le squadre del sole e della luna si trattava solo di una questione di tempo. Sono veramente degli stolti se pensano di potermi fermare” affermò con sicurezza scagliando un’ultima freccia per puro diletto. Uraume rimase a fissarlo per diversi minuti prima di sussurrare con una punta di rassegnazione. 

“Sugawara-dono non verrà” il sorriso che fino a quel momento aveva incorniciato il volto del Demone immaginario si infranse, contorcendosi in una smorfia.

“È solo un codardo” il servitore si astenne dal replicare. 

Aveva assistito in prima persona all’evoluzione di quel rapporto. Uraume era stato il primo ad odiare Michizane Sugawara, come a notare i sentimenti che Ryoma nutriva per lui. Per anni aveva coltivato un amore a senso unico verso l’apprendista dello stregone leggendario. Si era limitato ad osservare Ryoma da lontano prima con ammirazione, poi desiderio. Se aveva scelto di dedicarsi alle arti occulte lo aveva fatto anche per lui. Per rimanergli accanto.

Uraume non lo aveva mai incolpato per la morte di Ichigo, al contrario del risentimento maturato nei confronti di Michizane. 

Lo stregone leggendario possedeva molti doni tra i quali quello della preveggenza eppure, nonostante tutto, non era riuscito a fermare quella carneficina. Aveva proposto una sfida a due ragazzini immaturi, incurante delle conseguenze. Per questo motivo suo fratello era morto. Per un errore, una leggerezza. Pensandoci in quel momento, circondato da morte e devastazione Uraume non riuscì ad evitare di sorridere. Con il senno del poi era quasi ironico sapere di come fossero state proprio le azioni di Sugawara a portare alla nascita del demone Sukuna. 

Michizane aveva finito col perdere ogni cosa e lui non poteva che gioire.

Fu allora che si sentì afferrare per una caviglia. Lo stregone di ghiaccio abbassò il capo. Le sue iridi rosate incrociarono quelle di uno degli abitanti del villaggio appena distrutto. Doveva aver strisciato per parecchi metri fino a toccare i suoi piedi. Ne rimase sorpreso.

“Perchè?” aveva domandato quell’uomo con la voce ridotta ormai ad un sussurro ma pregna di rabbia. Uraume volse lo sguardo in direzione del Demone immaginario facendo istintivamente un passo indietro. Non voleva macchiarsi ulteriormente di sangue, anche perché sarebbe toccato a lui il compito di ripulire il tutto.

"Ciò che voi definite amore non esiste, è solo spazzatura” decretò l’ex stregone prima di sferrargli il colpo di grazia.

Uraume chinò il capo.

Sapeva che Ryomen Sukuna non avrebbe mai ricambiato i propri sentimenti. Ne era consapevole. Nonostante questo aveva deciso di accompagnarlo in quella discesa verso l’inferno. Stavano combattendo letteralmente contro il mondo, come nel più classico dei racconti, anche se nel loro caso non sarebbero rimasti altro che compagni d’armi. Sukuna aveva rinunciato ad ogni emozione e sembrava intenzionato a voler abbandonare ogni residuo della propria umanità.

“Ho fame” mentre pronunciava quelle parole la voce del demone era tornata per una frazione di secondo simile a quella di Ryoma. Uraume si limitò ad un’alzata di spalle, l’ennesima di quella lunga giornata; 

“Avete distrutto ogni cosa nel raggio di chilometri, dubito che possiate trovare qualcosa di ancora vagamente commestibile” gli fece notare incrociando le braccia al petto.

“Perchè non lui?” mormorò l’albino indicando il cadavere ai loro piedi.

“Siete serio?”

“Ho voglia di carne e tu sei un cuoco eccezionale” il servitore non riuscì ad obbiettare. Quel complimento lo aveva spiazzato. Tanto da essersi trovato ad arrossire come una ragazzina.

Stavano discutendo sul cucinare o meno un essere umano, eppure non riuscì ad impedirsi di sorridere.

“Vorrà dire che mi cimenterò in una nuova ricetta” concesse. Di fronte a quella risposta Sukuna rise di gusto sciogliendolo da ogni indugio. 


***


Presente

 

-Tokyo-

-Residenza del Clan Gojo-


Itadori fece una pausa sgranchendosi le braccia. Megumi ne osservò i movimenti in silenzio come ipnotizzato. Il ragazzino che un tempo era stato il vessillo di Sukuna era cresciuto, trasformandosi in un uomo, uno stregone. Era accaduto a ognuno di loro eppure il cambiamento di Yuji era quello che maggiormente lo aveva sorpreso o interessato. 

La scomparsa di Satoru Gojo aveva creato un improvviso quanto pericoloso vuoto di potere. Yuta Okkotsu era il suo erede designato ma nemmeno lui avrebbe potuto farcela da solo. Era un’eredità troppo pesante il cui fardello andava condiviso. Gli ex studenti dell’Istituto di Arti Occulte si erano dati dei ruoli ma lo Zenin ancora faticava ad accettare il proprio. 

“So a cosa stai pensando” esordì il ragazzo dai capelli rosati intercettando il suo sguardo.

“Sukuna si nutriva di esseri umani” mormorò il corvino con una punta di disgusto. Era la prima cosa che gli fosse venuta in mente, ripensando ad una delle ultime frasi lette nel pesante tomo che reggeva ancora tra le mani.

Non voleva che Itadori si preoccupasse più del necessario. L’imbarazzo per quanto accaduto la sera prima era ancora palpabile e in grado di farlo vacillare. 

“Le leggende tendono sempre ad esagerare” la replica di Yuji non voleva essere una scusante, solo un’osservazione. Megumi ne era consapevole

“So benissimo che in tempo di guerra gli esseri umani possono arrivare a compiere azioni efferate tuttavia…” Itadori gli posò una mano sulla spalla, 

“Aveva perso ogni cosa, la persona che più amava al mondo lo aveva tradito”

“Perchè continui a difenderlo?” Megumi non riusciva a comprenderlo, anche se non si trattava solo di quello. Detestava di come Yuji parlasse di Sukuna utilizzando quel tono intimo, familiare. Si sentì uno stupido solo per aver formulato un pensiero simile. 

Furono le successive parole dal compagno a strapparlo da ogni altra fantasia;

“Ogni notte rivivo nei miei incubi quanto accaduto a Shibuya. Mi vedo al cospetto di un tribunale che mi obbliga a confessare tutti i miei peccati. La lista è talmente lunga da far impallidire la corte. Davanti a me sfilano in una lenta processione diversi testimoni” 

“Ci sono anche io?” Megumi non aveva saputo trattenersi. Yuji gli regalò un sorriso stanco, tirato, diverso dal suo solito

“Si” ammise abbassando il capo, 

“E di cosa potrei mai accusarti?”

“Sei morto per difendermi” 

“Questo non è vero” Sukuna lo aveva riportato in vita, impedendo il suo estremo sacrificio ma non solo, aveva giocato col suo corpo, utilizzandolo per ferire persone a lui care. Tsumiki, Gojo, Itadori stesso.

“A quanto pare il mio subconscio non deve pensarla allo stesso modo. Nonostante i miei sforzi non sono mai riuscito a salvarti Fushiguro” Megumi odiò quello sguardo, la tristezza che vi traspariva. 

“Sei un idiota” ma qualsiasi altra protesta morì quando le labbra di Itadori si posarono delicatamente sulle sue. 

Si trovò a ricambiare quel bacio quasi senza accorgersene.


***


Giappone

-Fine periodo Heian-


“Le squadre del sole e della luna sono state annientate mio signore. Giungono notizie preoccupanti dal fronte, sembra che il Demone immaginario sia arrivato a nutrirsi di esseri umani” 

Inizialmente Sugawara Michizane non rispose, limitandosi a giocherellare con il proprio ventaglio. Non poteva credere alle proprie orecchie, quello era un incubo dal quale non vedeva l’ora di svegliarsi. Congedò la guardia che gli aveva recapitato quel messaggio prima di abbandonarsi ad un sospiro che racchiudeva tutta la stanchezza accumulata in quei giorni.

Come erano giunti ad una simile situazione? Conosceva bene la risposta a quella domand: era stata tutta colpa sua. La nascita stessa di Ryomen Sukuna non era altro che la somma dei propri errori.

“Mio signore?” di norma nessuno sarebbe potuto entrare nella sua tenda senza essere stato prima annunciato ma quel ragazzo rappresentava un’importante eccezione.

Sugawara Sadayoshi era un suo pronipote, discendente di Atsuhige e futuro capo Clan. Ogni volta che incrociava il suo sguardo, Michizane non poteva evitare di ripensare a quel figlio che nel proprio egoismo aveva abbandonato. Lo rivedeva bambino poi adolescente mentre si confidava con Ryoma. Erano tutte memorie di un passato che mai come in quel momento gli appariva distante, l’eco di una vita che non ricordava nemmeno di avere vissuto.

Sadayoshi non possedeva tecniche particolari, se si escludeva una grande quantità di energia malefica. Era uno stregone dotato ma non eccezionale, i cui servigi erano stati richiesti per guidare quella battaglia contro il Re delle maledizioni.

“Le voci sui crimini compiuti dal vostro apprendista si stanno diffondendo a macchia d’olio” esordì. Poteva comprendere le sue preoccupazioni, riusciva a scorgere l’incertezza su quel volto che aveva da poco abbandonato i tratti acerbi dell’adolescenza.

“Sono solo voci” Michizane voleva crederlo, doveva farlo o sentiva che sarebbe impazzito

“Dunque voi non pensate che abbiano un qualche fondamento?” 

“Ciò che pensa questo vecchio non è importante”

“Non dite così. Siete ancora lo stregone più potente del Giappone” Michizane sorrise, l’ingenuità infantile di Sadayoshi per un solo istante gli aveva ricordato quella di Ryoma. Il ragazzino scontroso che aveva deciso di iniziare alle arti occulte, quel prodigio che ora si era trasformato nel loro peggior nemico. Tornò a giocherellare con il proprio ventaglio cercando di scacciare dalla propria mente quei ricordi dolorosi. 

“Il mio potere non è che un’illusione. Non sono altro che uno Spirito, il ricordo di un’epoca ormai passata” erano lontani i fasti del periodo d’oro delle arti occulte. La guerra aveva gettato la propria ombra su tutto, diffondendo dubbi e incertezza. In quella stagione di tumulti, nuove maledizioni avevano trovato terreno fertile sul quale attecchire, anche se nessuna di esse era paragonabile al giovane disgraziato che Michizane aveva addestrato e amato.

“Siete diverso da come apparite dai racconti” il suono della voce di Sadayoshi lo strappò dall’ennesima fantasia intrisa di rimpianto.

“Quei racconti non sono altro che belle favole, narrate dai vincitori allo scopo decantare i propri successi”

“E quanto c’è di vero su di voi?” Michizane fece un paio di passi in avanti mostrandosi alla luce d'una candela. Nonostante avesse superato abbondantemente il secolo di vita le sue fattezze non erano mutate, rimanendo le stesse di tanti anni prima. Poteva spacciarsi per coetaneo del proprio discendente, in quel momento folgorato dalla visione di quella bellezza eterea.

“Sono stato io a creare il mostro che chiamate Sukuna” confessò abbassando il capo.

“Non è vero. Mi rifiuto di crederlo” quella non era certo una notizia di pubblico dominio. Era più facile accettare la storia di un demone senza cuore piuttosto che interrogarsi su quali fossero le sue origini.

“Siete ancora così giovane Sadayoshi” aggiunse con nostalgia. Quel ragazzo rappresentava lo scorrere incessante del tempo. Gli bastava osservarlo per comprendere quanto avesse perso, di come le stagioni si fossero susseguite una dopo l’altra. Michizane si era lasciato trascinare dagli eventi, come una barca in balia delle correnti. Dopo la morte di Ryoma era come se il mondo avesse perso senso o colore. Tuttavia era diverso da quanto accaduto con Nobu.

Il suo apprendista non era scomparso, si era trasformato in una maledizione. Sugawara era poi stato ingaggiato per quella spedizione, quella caccia all’uomo che ben presto aveva finito col fondersi con la guerra che percorreva l’intera nazione. L’uomo che un tempo si era valso del titolo di stregone più forte non poteva rimanere in disparte, o limitarsi ad osservare gli eventi. Doveva assumersi le proprie responsabilità, fermare quella calamità che aveva contribuito a scatenare.

“Quest’epoca presto volgerà al termine” annunciò con tono solenne “Sukuna si schiererà con la casta dei samurai e lo farà solo per indispettirci” 

“Perchè prova tanto risentimento nei vostri confronti?”

Michizane preferì non rispondere. Quella era una domanda pericolosa.

“Sono molto stanco” replicò invitandolo con un cenno ad andarsene.

Sadayoshi comprese l’antifona. Volse un ultimo sguardo verso il proprio antenato, quella figura avvolta dalla leggenda che mai come in quel momento gli era parsa tanto fragile, umana.


***

 

Quella notte il passato tornò a mescolarsi al presente e al futuro, regalando allo stregone leggendario l’ennesimo scorcio di una realtà della quale ancora faticava a comprendere il senso o importanza. 

Davanti ai suoi occhi comparve una bambina il cui sorriso non era altro che un riflesso di quello di Ryoma. Per un attimo pensò di esserselo immaginato, ma gli bastò avvicinarsi maggiormente per riceverne conferma. Per anni Sugawara aveva amato quel sorriso che quel giovane disgraziato sembrava rivolgere solo a lui. Il ricordo di come quel sentimento si fosse infranto faceva ancora male, troppo. Era una ferita aperta che non mancava di sanguinare.

Tornò ad osservare la bambina a pochi metri da lui. Dimostrava tre al massimo quattro anni. Era bellissima, non avrebbe saputo descriverla in altro modo, il suo sguardo gli ricordó un cielo d’estate, limpido e sereno. Michizane in precedenza aveva già incontrato iridi di quel colore ma ogni altro pensiero venne bruscamente interrotto,

“Sayu” sentendosi chiamare la piccola voltò il capo per poi correre in direzione di quella voce per lei familiare.

Sugawara si limitò ad osservare la scena, studiando la figura di quel giovane che possedeva il suo stesso, identico sguardo.

“Yutaaa sei tornato” 

Lo stregone leggendario rimase per diversi minuti ad osservare entrambi, beandosi di quello spettacolo intriso di una quotidianità a lui sconosciuta. Si accorse di non ricordare nemmeno gli anni trascorsi in compagnia di Nobu, i dettagli di quella stagione felice erano quasi svaniti dalla propria mente. Avevano il sentore di un sogno, dal quale troppo bruscamente si era dovuto risvegliare.

“Chi sei?” Per un attimo fu certo di esserselo immaginato. Doveva trattarsi di un miraggio, una chimera. 

“Sei forse una maledizione? No sei uno Spirito” lo stregone abbassò il capo specchiandosi in quel blu fin troppo chiaro. Il sesto occhio non gli lasciò via di scampo. 

“Puoi vedermi?” la piccola annuì divertita battendo le mani e regalandogli l’ennesimo sorriso,

“Sono la principessa del Clan Gojo” esclamò con orgoglio. Sugawara allungò una mano per accarezzarle il capo ma non riuscì a toccarla. Rimase col braccio teso a mezz’aria per diversi minuti mentre cercava di dare un senso a quella situazione. Era fin troppo vivida per trattarsi di una visione. 

“Dove sono i tuoi genitori?” Era stata la prima cosa alla quale aveva pensato. Colto da un presentimento si era sentito di escludere il ragazzo di poco prima.

Michizane sospettava che quella creatura fosse in qualche modo legata a Ryoma, ma forse la sua non era altro che l’ennesima speranza destinata ad infrangersi contro il muro della realtà.

“Sono morti”

“Mi dispiace”

“Hai perso qualcuno anche tu vero?” suo malgrado lo stregone annuì. Quella bambina si stava rivelando più sveglia del previsto ma in fondo non poteva che essere altrimenti, era pur sempre una strega appartenente al Clan Gojo.

“Puoi piangere se vuoi. Yuta dice che non c’è nulla di sbagliato nel farlo quando si è tristi”

“Yuta è il ragazzo di prima giusto?” il sorriso sul volto della piccola si allargò 

“Il mio papà mi ha affidata a lui” spiegò divertita

“E tua madre?”

“Non la conosco. Nessuno mi parla mai di lei” 

“Io ho perso mia moglie” si sentì in dovere di spiegare, “ma è successo tanto tempo fa”

“Sei triste perché ti manca?”

“Anche” la bambina lo prese per mano. Michizane non ebbe tempo di stupirsi,

“Ti senti in colpa” dichiarò con una serietà non comune a quell’età 

“Le mie azioni mi hanno portato a perdere la cosa che avevo di più cara” si trovò a confessare, ripensando inevitabilmente a Ryoma e al loro ultimo incontro. Non avrebbe mai voluto che le cose andassero a finire in quel modo. Aveva sbagliato e molti innocenti avrebbero pagato per quell’errore. Era stato il rimorso a spianare la strada per la sua trasformazione in Spirito.

“E non puoi rimediare?” per un secondo, Michizane invidiò quell’ingenuità e purezza. 

“Non è tanto semplice” ammise scuotendo il capo.

“É il motivo per il quale sei diventato uno Spirito?” lo stregone le sorrise,

“Si” non si era trattata di una vera e propria scelta. Michizane aveva assunto quella forma per sorvegliare Sukuna, le sue azioni. Era un modo come un'altro per rimanergli accanto, per questo aveva deciso di spingersi oltre i confini di un’esistenza mortale.

Il loro amore aveva finito col trasformarsi in una maledizione che continuava a bruciare e legare i destini di entrambi.

“Come ti chiami?” domandò alla piccola che teneva ancora per mano. La sua stretta era così calda, viva. 

“Sayuri”

“Trovo che sia un nome bellissimo” aveva un suono così familiare. 


***


Giappone

-Fine periodo Heian-


“Ci stanno dando la caccia ma non riusciranno a trovarci” Uraume si limitò ad un cenno del capo prima di servire all’ex stregone l’ennesima pietanza. Questa volta non si trattava di un essere umano bensì di una lepre che lui stesso aveva catturato. Gli venne quasi da sorridere al pensiero di come la notizia del loro cannibalismo si fosse diffusa a macchia d’olio per il Paese, alimentando le voci e il terrore nei loro confronti. 

“Non dovreste sottovalutare i nostri nemici” a quelle parole Sukuna storse il naso,

“Il loro capo è un discendente di Michizane” mormorò quasi con rabbia, stringendo i pugni. Quel movimento non passò inosservato.

“Non siate così sorpreso, la sua è una delle tre famiglie più importanti” si limitò a fargli notare il servitore cercando di ignorare il fastidio provato al solo udire quelle parole. Nonostante fossero passati molti anni quello Spirito, teneva ancora sotto scacco il cuore del Re delle maledizioni. 

Sukuna non avrebbe mai dimenticato Michizane. Non poteva farlo. Era l’uomo che per primo gli aveva insegnato ad amare. Solo grazie a lui Ryoma aveva accettato di possedere un cuore, lo stesso che lo stregone leggendario aveva poi calpestato, riducendolo in mille pezzi. 

“Nessuno può opporsi al mio potere” Uraume alzò gli occhi al cielo. Quell’arroganza non era altro che una maschera dietro la quale nascondersi. Sukuna aveva semplicemente scelto di interpretare un ruolo che gli era stato affidato. 

“Gli esponenti dei vari Clan potrebbero unirsi, in questo modo forse riuscirebbero a sigillarvi” 

Spesso Uraume finiva con l’essere la voce della ragione. Il Demone immaginario combatteva con foga, senza riflettere, guidato solo dai propri istinti.

“Cosa stai insinuando?”

“Fino ad ora avete agito di impulso, mosso dalla rabbia verso Sugawara-dono. Non ve ne faccio una colpa ma potreste avanzare con maggiore cautela. Ci troviamo in un’epoca instabile e di continui tumulti. Penso che nessuno possa sconfiggervi tuttavia…” Uraume si interruppe di colpo incrociando lo sguardo del proprio signore. 

Entrambi avevano avvertito una presenza alle loro spalle. 

“Scusate se mi presento con così poco preavviso ma avrei una proposta per Ryomen Sukuna”

Il Demone immaginario si limitò a sorridere con superiorità. Preparandosi allo scontro.

“Cosa ti fa credere di poter avanzare delle proposte, anzi di sopravvivere a questa conversazione?”

“Vi siete inimicato il mondo intero, dovreste accettare un aiuto esterno, soprattutto quando vi viene offerto con tanto garbo ”

“Non ho tempo da perdere con queste sciocchezze”

“Vi stanno dando la caccia. Siete braccati come animali. Questa situazione non durerà ancora per molto”

“Che vengano pure, sarò pronto ad accoglierli”

“Quanta arroganza”

“Mi chiamano Re delle maledizioni. Non sono più un essere umano o uno stregone”

“Siete il caduto, per questa ragione ho deciso di rendervi un pezzo importante per la mia strategia”

“Mi sono stancato di sentire questi discorsi” mormorò prima di evocare il proprio Dominio

“Almeno ascoltate cosa sto per dirvi, sono a conoscenza di un metodo per permettere alla vostra anima di attraversare i secoli”

“Non mi interessa”

“Michizane Sugawara è diventato uno Spirito Vendicativo, sta collaborando con i vari Clan per distruggervi” 

Dalla propria posizione Uraume indietreggiò di un paio di passi. Menzionare lo stregone leggendario in presenza di Sukuna equivaleva ad un suicidio.

“E allora?”

“Ho bisogno che vi occupiate di lui, possiede delle abilità fastidiose che in futuro potrebbero finire con l’intaccare i miei piani”

Il Demone immaginario stava esaurendo la propria pazienza.

“Siete l’unico che possa ucciderlo o da cui si lascerebbe uccidere. Questo lo sappiamo entrambi” suo malgrado Sukuna si trovò ad annuire. 

“Chi diavolo sei?” domandò con rabbia mista a curiosità. 

“Puoi chiamarmi Kenjaku”

 
  
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