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Autore: RKM    02/03/2024    2 recensioni
E' la peggiore Vigilia di Natale di sempre per Newton: abbandonato sia dalla Dick Torpin, che va in panne su una strada in mezzo al nulla, sia da Anathema, che lo insulta prima di lasciarlo da solo nella neve. Proprio quando pensa che peggio di così non potrebbe andare, Newton rimane coinvolto in qualcosa di molto strano...
Genere: Avventura, Fantasy, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anatema Device, Newton Pulsifer
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I due amici gridano in preda all’orrore, alla rabbia, al dolore, stringendosi ancora più forte: hanno appena visto Tikki cadere tra le fiamme.

 

Stanno ancora elaborando quello che è successo, quando un leone di legno fa il suo ingresso sulla passerella di carcasse: la sua criniera ha preso fuoco mentre attraversava il muro di fiamme e in qualche modo a Newton viene in mente Graogramàn, la Morte Multicolore. Avanza lento e fiero, assolutamente incurante di tutto ciò che succede intorno a lui. Le fiamme sembrano quasi non riuscire a divorarlo e incorniciano il suo muso volitivo.

 

Newton lo guarda quasi in trance, poi si riprende e spalanca gli occhi per la paura: “Tokki...Tokki, alzati, dobbiamo andarcene!”. A fatica il ragazzo si alza in piedi, staccandosi dall’abbraccio con la sveglia, che rimane a terra. Newton lo guarda e vede i suoi occhi vuoti e spenti.

 

“Tokki, ti prego, alzati! Dobbiamo scappare!”, lo prega Newton, chinandosi su di lui e lanciando occhiate rapide al leone, che ha quasi percorso tutta la passerella ed è sempre più vicino ai due.

“Non ne vale la pena…”, emette flebile Tokki.

Newton lo guarda, disperato e con mille domande negli occhi: “Non...non ne vale la pena?”.

Tokki scuote piano la testa: “A che serve? Non ne usciremo mai vivi. Tanto vale stare fermi e aspettare che vengano a finirci”.

“Finirci…?”: Newton alza lo sguardo verso il leone, che ha già poggiato una zampa sul pavimento e guarda verso di loro. Non dev’essere una bella fine, venire sbranati a morte da lui.

 

Tokki rimane a terra, lo sguardo fisso davanti a sé. Non ha la minima intenzione di muoversi. Newton non sa cosa fare: andarsene e lasciare l’amico al suo destino? Nemmeno da pensarci: non sarà molto coraggioso, ma Newton è leale e fedele.

Newton alza la testa verso il leone, mentre un’idea gli balza in mente: forse potrebbe sfruttare il gioco, esattamente come ha fatto Tikki; inizia a camminare lontano da Tokki, agitando le braccia: “Ehi! Mi vedi, CuorDiLeone? Sono proprio qui!”, inizia a gridare.

 

Il leone lo segue con lo sguardo, fermandosi sul posto.

Newton continua a gridare: “Mi vedi? Sono grosso e...e saporito, non sono tutto vetro e ingranaggi come lui...sono più buono!”; indietreggia piano, studiando l’animale.

Il piano di Newton funziona: il leone inizia a camminare verso di lui.

“Bene così, bravissimo, adesso...vieni a prendermi!”: Newton si volta di scatto e inizia a correre lungo il tappeto rosso, con gli occhi che saettano in tutte le direzioni, pronto a schivare qualsiasi imprevisto.

Il leone inizia semplicemente a correre, ad ampie falcate.

 

Newton corre a gambe in avanti sul tappeto rosso e sente subito i polmoni bruciargli per la fatica. Sembra non succedere niente e il corridoio davanti a lui è vuoto e infinito. Il leone si fa sempre più vicino e in un attimo gli sarà addosso. Non ha nessuna speranza di uscirne vivo. Non si accorge del clic che il pavimento fa sotto uno dei suoi piedi, mentre corre per la sua vita.

 

Il leone è a meno di un metro da lui e Newton può sentire il brontolio sordo emesso dall’animale: è un suono ancestrale, accende i suoi sensi e li mette tutti in allerta, contemporaneamente. I suoi occhi si fanno grandi di paura mentre sente quasi il fiato dell’animale su di sé.

All’improvviso scoppi, qualcosa che saetta da un lato all’altro del corridoio, rumore di qualcosa che si frange contro una superficie, un guaito e un sonoro tonfo da dietro le sue spalle: Newton si butta per terra, con le mani sopra la testa, senza osare sbirciare cosa stia succedendo.

 

Passano un paio di lunghissimi minuti. Newton è ancora lì rannicchiato e sente solo trapestii distanti e dei passi che si avvicinano: probabilmente altri nemici stanno arrivando. Il ragazzo però non osa alzare lo sguardo. Dove sarà Tokki? Forse è il caso di farsi forz…

 

Una mano sulla sua lo sorprende, liscia e fresca: Newton alza la testa, si volta a guardare chi lo stia toccando e vede Tokki, che lo guarda con un’espressione indecifrabile.

“PulsyTheBest...stai bene?”, chiede la sveglia, con un filo di voce.

Il ragazzo si ricompone: “Sì, credo...credo di sì. Dov’è finito il leone?”.

“E’ qui alle tue spalle”, indica Tokki.

 

Newton si volta in direzione del dito guantato e sgrana gli occhi per la sorpresa: schiantato sulla parete, con gli arti in posizioni innaturali, c’è il leone che li stava seguendo. Sembra essere coperto da una sostanza che l’ha letteralmente appiccicato al muro.

“Ma è...è ancora…?”.

“Non lo so e non mi interessa indagare”, sentenzia Tokki, ritrovando il suo tono di voce naturale.

Newton volge lo sguardo in tutto il corridoio: diverse altre chiazze simili a quella sono disposte a distanze regolari lungo tutto il muro di fronte a loro.

“Wow...ho avuto fortuna”, sottolinea il ragazzo a voce bassa.

“Sei stato coraggioso...e mi hai salvato la vita due volte”.

“Ah, che vuoi che sia”, minimizza Newton, in preda come sempre alla sindrome dell’impostore. Ora che lo guarda dal basso in alto, Newton si rende conto che il vetro che copre il quadrante sul petto di Tokki è in frantumi, con una grossa porzione di vetro mancante. Le lancette continuano comunque a girare. “Tokki...sei ferito!”.

 

“Ah, non è niente”: Tokki agita la mano destra per sottolineare il concetto e scuote la testa. “Non badare a me, Campione del Mondo di Fuori. Dobbiamo superare il livello!”.

“Per riportare Tikki in vita, certo!”: Newton si alza, risoluto: è contento che il suo amico abbia ritrovato la voglia di lottare.

 

La tregua però dura poco: un rumore poco distante li riporta alla realtà della situazione e ai nemici che stanno avanzando sulla passerella improvvisata.

“Cosa facciamo, PulsyTheBest?”.

“Continuiamo a correre verso il fondo del corridoio”.

 

I due amici si lanciano per il corridoio, senza un piano preciso e senza sapere cosa aspettarsi ma almeno sono insieme. Una dopo l’altra, nel corridoio scattano nuove trappole: una sassaiola che quasi prende Newton in testa; lame taglienti che falciano provvidenzialmente un paio di teste a molla pronte a ghermire i due amici; frecce che inchiodano un clown alle pareti.

 

I due amici esultano: la fine del corridoio finalmente compare a qualche decina di metri di distanza da loro, con una porta spalancata; i nemici sono stati quasi tutti eradicati.

Quasi.

Una serie di boati ritmici, accompagnati a tremiti del pavimento, si fa strada nel campo uditivo dei due amici.

 

“Cosa sta succedendo?”.

 

“Ne so quanto te, PulsyTheBest!”.

 

I due amici si voltano nella direzione da cui sono venuti e si rendono conto, con orrore, che non è ancora finita: un enorme elefante di legno, massiccio e largo quasi quanto il corridoio, sta caricando verso di loro.

“Corri, Tokki, corri!”.

 

Newton e Tokki corrono nel corridoio e l’ennesimo clic sotto il piede leggero della sveglia fa scattare l’ultima, singolare trappola: portelloni si spalancano dalle pareti, frangendosi al suolo con baccano e una quantità pantagruelica di biglie di vetro si rovescia sul pavimento, in una cacofonia liscia e roboante.

Entrambi gli amici scivolano immediatamente e cadono a terra, Newton sulla schiena e Tokki sul petto. La sveglia geme di dolore, mentre il rumore di vetri infranti si mischia a quello del rollio di migliaia e migliaia di biglie di vetro.

Newton si guarda intorno, incredulo: “Non possiamo passare! Scivoleremo ad ogni passo!”.

Tokki incespica e si mette faticosamente a sedere, il quadrante ormai completamente privo di vetro. Si toglie una sfera che è saltata dentro l’intercapedine del suo addome: “Non sarà facile neanche per lui raggiungerci…”, ipotizza la sveglia, guardando verso l’elefante in corsa.

 

Alcune biglie hanno percorso il corridoio alla velocità della luce e sono arrivate all’elefante di legno: l’animale in carica le schiaccia senza colpo ferire, frantumandole con il proprio peso. Per lui, le sfere di vetro non sono un problema.

“Grandioso”, commenta amareggiato Newton.

“Non c’è niente che possiamo fare?”, chiede Tokki, disperato.

 

Newton ha il respiro grosso: l’adrenalina, la paura che monta dentro di lui, la disperazione e il senso di urgenza gli stanno rubando i pensieri dalla testa. Chiude gli occhi e cerca di rallentare la corsa dell’aria dentro e fuori dai suoi polmoni: il ragazzo sa che una soluzione esiste e deve essere a portata di mano.

Pensa, Newton, pensa… il ragazzo vaga con la mente, concentrandosi sulle biglie che scivolano sul pavimento. Scivolare, qualcosa che scivola… immagini di pattinatori sul ghiaccio gli si parano davanti agli occhi e Newton li scaccia con stizza. Un pallone sporco su un prato erboso calciato da una scarpa con dei chiodini sulla suola entra di prepotenza nel suo campo visivo mentale e viene prontamente scacciata a sua volta. Le biglie che scivolano gli fanno venire in mente qualcosa, ma cosa?

 

D’un tratto la sua mente gli propone, vivida e colorata, l’immagine di un Fidget Spinner che ruota tra un pollice e un dito medio: una scintilla si accende. “I cuscinetti a sfera!”.

“Che cosa?!”, trasalisce Tokki, distratto dai suoi pensieri tristi.

“I cuscinetti a sfera!”: Newton salta in piedi entusiasta, incespica ma riesca a mantenere la postazione eretta. “Sono sfere che fanno scorrere due superfici una sull’altra, eliminando l’attrito! E’ il motivo per cui cadiamo quando camminiamo sopra queste biglie!”.

“Non capisco, ma dimmi se posso fare qualcosa!”: anche Tokki si alza in piedi, riuscendoci al primo tentativo.

 

“Ci serve qualcosa di piatto! Possiamo usarlo per scivolare sulle sfere!”.

 

“Quello potrebbe andare bene?”: Tokki punta un indice guantato alle spalle di Newton, che si volta e nota uno dei portelloni che, aprendosi, è rovinato completamente a terra.

I due amici lo raggiungono a fatica, camminando lentamente mentre il rimbombo dei passi dell’elefante si fa sempre più vicino: ormai è a una decina di metri da loro.

 

“Come facciamo a usarlo, PulsyTheBest?”.

 

“Suppongo che la maniera migliore sia usarlo come una tavola da surf!”, esclama Newton, completamente incredulo delle proprie parole: non ha nemmeno idea di come si usi propriamente una tavola da surf. Antisportivo per eccellenza, Newton ha sempre preferito leggere e studiare (inutilmente) informatica; mentre tutti i suoi compagni di scuola si impegnavano in qualche sport, rimorchiavano ragazze e si facevano nuovi amici, Newton li guardava sognante da dietro le pagine di un libro, su cui poi si rituffava mesto. Non aveva mai pensato a sé stesso come ad una persona popolare, simpatica o anche solo atletica.

 

“Non capisc...ah, non importa! Spiegami cosa fare e lo farò!”.

 

“Salta con me quando te lo dico io!”: Newton è in preda all’adrenalina, al terrore e all’esaltazione; non ha più nulla da perdere e sente che in qualche modo il gioco lo stia supportando in tutte le sue idee folli. E’ in ballo, tanto vale ballare.

Il ragazzo imbraccia il portellone, trovandolo sorprendentemente leggero: forse la sua idea può davvero funzionare.

I due non hanno più tempo: l’elefante di legno è a pochi metri da loro e un bagliore furioso negli occhi lo rende incredibilmente feroce. Il pavimento trema in maniera percettibile sotto le scarpe.

 

Newton ruota su sé stesso come se dovesse lanciare un disco, tenendo il portellone piatto davanti a sé. L’elefante è arrivato ormai vicino al mare di biglie e il rumore del vetro in frantumi è stordente e doloroso.

“Tokki!”: Newton carica il lancio e lascia andare il portellone, che atterra sulle biglie e inizia a scivolare in avanti, come senza peso. Il ragazzo piega le ginocchia, salta nella stessa direzione e dopo un volo infinito atterra sul portellone, insieme a Tokki: i due rovinano uno addosso all’altro e la lastra di metallo beccheggia pericolosamente, rallentando, mentre loro mantengono faticosamente la posizione eretta.

Le biglie però li mandano comunque in avanti, sempre più veloce: l’idea di Newton funziona!

 

L’elefante di legno barrisce ed è un suono violento e rabbioso: le biglie schizzano da sotto i suoi piedi e scoppiano, mentre i due amici stanno prendendo confidenza con il movimento e basculano piano a destra e sinistra, cercando di governare la lastra che viaggia a tutta velocità sul mare imbizzarrito di sfere.

 

“Ci siamo quasi!”: grida Newton, sempre più esaltato.

“Ce l’hai fatta anche stavolta, PulsyTheBest!”.

L’elefante però non intende lasciarsi sfuggire i due bersagli e carica la testa all’indietro per poi allungare la proboscide in avanti, che scatta con un colpo di frusta e colpisce i due amici alla schiena. Newton e Tokki caracollano tra le biglie, mentre il portellone vola a un paio di metri da loro.

 

L’elefante in un attimo é su di loro: tenta di alzarsi sulle zampe posteriori ma il soffitto è provvidenzialmente troppo basso per permetterglielo. Imbufalito, solleva la zampa destra e cerca di abbatterla sui due amici che, sbalzati a terra, cercano di rialzarsi, invano.

Newton grida quando vede la massa di legno abbassarsi su di lui e rotola di lato, appena in tempo per evitare di venire schiacciato. L’elefante rialza la zampa e inarca la schiena, livido di rabbia, goffo e pesante: non ha libertà di movimento e la cosa lo fa infuriare ancora di più. Sbatte la zampa sul pavimento alla cieca, facendo schizzare via decine di sfere.

 

“PulsyTheBest! Guarda! Ha perso il controllo!”, grida Tokki, con una vena di trionfo.

“Forse possiamo usarlo a nostro vantaggio!” replica Newton. Il ragazzo rotola verso la porta, che dista solo pochi metri da loro. L’elefante sgroppa sulla schiena, sbattendo contro il soffitto e barrendo per il disappunto: la furia lo rende impreciso e non riesce più a mirare decentemente.

 

“Tokki! Vieni!”: Newton tende la mano alla sveglia, che non riuscendo a rotolare era rimasta indietro. Tokki cerca di alzarsi in piedi ma non riesce. L’elefante continua a sgroppare e colpisce il pavimento alla cieca, pericolosamente vicino alla sveglia.

“Aiutami, PulsyTheBest!”, grida Tokki in preda al panico, mentre cade per l’ennesima volta, atterrando sulla schiena liscia.

A quella vista, Newton ha un’idea: “Tieniti forte!”, grida all’amico, mentre rotola verso di lui.

 

L’elefante sta caricando l’ennesima zampata e questa volta è proprio sulla verticale di Tokki, che si vede arrivare il piede davanti agli occhi e inizia a gridare, terrorizzato. Newton arriva a portata di braccio dalla sveglia, gli afferra una mano guantata e lo spinge via con decisione: Tokki scivola sulle biglie senza peso e varca la soglia della porta, sparendo nel buio, in salvo.

Newton ora è da solo nel corridoio, con un elefante su tutte le furie e senza un piano per uscirne vivo. Mentre sta cercando di pensare, si accorge che l’elefante ha ricordato di avere una proboscide prensile: l’appendice lignea si avvolge attorno ad una sua caviglia e prima che possa rendersene conto, il ragazzo viene sollevato da terra.

 

Newton grida di terrore e si porta le mani al volto in un riflesso istintivo, mentre l’animale lo alza davanti ai suoi occhi e lo fissa con odio.

Il ragazzo smette di gridare, sentendosi fermo e respirando forte apre le mani davanti al proprio volto per sbirciare: due grandi occhi color mogano lo stanno osservando, incerti su cosa fare.

Le due creature si squadrano per un lunghissimo secondo.

Newton ha il fiato corto e la voce gli esce tremando: “Ciao...bell’elefantino...tu non vuoi davvero farmi del male, non è così?”. Il ragazzo rivolge all’animale un sorriso sghembo.

 

Possono due sfere di mogano trasmettere emozioni? Newton giurerebbe di sì: le vede ponderare sulle sue parole, come se l’elefante lo capisse. Tuttavia dura solo un attimo: la fronte dell’animale si aggrotta con odio; la proboscide lo solleva violentemente in alto e carica il colpo per sbattere Newton sul pavimento. Il ragazzo grida con tutta l’aria che ha nei polmoni: sa che è la fine.

 

La proboscide dell’elefante si abbassa all’improvviso e Newton sente il colpo di frusta propagarsi in tutta la gamba destra, ma se ne accorge appena, nella percezione dell’imminente impatto al suolo. Si sta schiantando e grida terrorizzato, per una frazione di secondo che dura un’eternità.

 

Newton però non raggiunge mai il suolo: tutto si congela all’improvviso. La proboscide si blocca e persino il suo corpo rimane sospeso a mezz’aria.

Dopodichè, come nella funzione rewind di un vecchio registratore, tutto quello che è successo negli ultimi secondi inizia a ripetersi al contrario, proprio come un nastro che si riavvolge.

Così, Newton si sente risalire, poi calare di fronte al muso dell’elefante, poi appoggiare a terra e la proboscide si slaccia dalla sua caviglia. Non sente nemmeno più dolore alla gamba. L’animale indietreggia appena di un paio di passi, con una specie di goffo trotto ed infine si congela.

 

Newton trema, incredulo e terrorizzato: tocca il pavimento e si accorge che le biglie sono immobili.

Il ragazzo alza lo sguardo verso la soglia del corridoio buio e lì vede Tokki: con una mano si regge a fatica sullo stipite della porta, mentre con l’altra sta forzando il movimento della propria lancetta dei minuti all’indietro, trattenendola. La manovra sembra dargli molto dolore, poiché il suo viso è piegato in una smorfia innaturale e gli occhi sono solo fessure.

 

Abilità nascosta della mascotte: Tokki è in grado di governare il tempo all’interno del gioco, mandandolo indietro o in avanti o fermandolo, a piacimento del giocatore. Una volta utilizzata la sua abilità, la mascotte non sarà più disponibile come personaggio all’interno del gioco fino al termine della partita. L’abilità, tuttavia, potrà essere attivata ancora tramite Artefatti fino alla fine del livello.

 

“Tokki…”, sussurra Newton, alzandosi. Si accorge di poter camminare sulle biglie di vetro, che sotto le suole delle scarpe pungono dolorose come i sassi di un vialetto di sanpietrini. Ancora scosso da violenti brividi, tra paura e adrenalina, si avvicina all’amico e lo vede quasi sopraffatto dal dolore.

“Tokki…”. Newton si inginocchia davanti a lui e osserva la sveglia come se la guardasse per la prima volta: il vetro completamente distrutto lascia libero accesso al quadrante e le lancette nere di ferro battuto, decorate da eleganti riccioli, recano iscrizioni dorate in una lingua antica, quasi invisibili.

Tokki, esattamente come l’orologio a pendolo sabotato dall’Orologiaio Malvagio, è una creazione del Mastro Orologiaio, una creazione unica nel suo genere realizzata con materie prime provenienti da tutto il mondo.

A quanto pare, anche magiche: le lancette di Tokki governano il tempo all’interno del gioco e la sveglia ha potuto così salvare Newton.

 

Questo gesto gli sta però costando tutte le sue forze: la manina guantata stringe parossisticamente la lancetta e il guanto si è lacerato nello sforzo, rivelando giunture meccaniche e perni, che nello sforzo intenso si sono scheggiati e deformati.

Newton prende con delicatezza la mano di Tokki tra le proprie e ne apre le dita senza nessuno sforzo, come se fossero naturalmente docili al suo cospetto. Tokki singhiozza di dolore e lascia andare la lancetta dei minuti, mentre quella dei secondi ricomincia a scorrere: l’elefante riprende con la sua carica monca e imbizzarrita ma ormai i nostri sono al riparo, lontano da lui.

 

Le gambe di Tokki cedono e lui crolla, quasi senza più energie; Newton è lì per lui, pronto a prenderlo tra le braccia per evitargli l’impatto con il pavimento: lo solleva come se fosse un bambino piccolo e se lo stringe al petto, per poi alzarsi in piedi e voltare le spalle all’elefante, che furioso si accorge di loro due e inizia a correre per raggiungerli. Newton si allontana dall’uscio e la porta si chiude alle sue spalle: dall’altra parte, l’elefante barrisce imbestialito e scarica la propria frustrazione tirando colpi alla porta e alla parete, invano.

 

I due amici avanzano nel buio mentre i piedi calpestano l’infinito tappeto rosso che li ha guidati fino a lì. Tokki mugola piano e Newton rallenta, calibrando ogni passo per dare meno scossoni possibili all’amico: il ragazzo sente un peso in gola, come un uovo sodo che non va né su né giù. Le lacrime gli bussano alle porte della coscienza ma lui non ha intenzione di aprire: vuole mostrarsi forte con la sveglia che sta lottando con tutte le sue forze, anche se entrambi sanno che sta perdendo.

 

Davanti a loro si profila una piccola porta di legno a doppio battente, finemente lavorata, con rilievi decorati in oro. Due torce sono appese ai lati e il loro fioco bagliore riscalda appena gli animi dei due amici. Una poltroncina foderata di velluto rosso e avviluppata da tralicci lignei e nodosi staziona lì a fianco e Newton ci si siede piano, cullando appena l’amico, che privato del vetro risulta incredibilmente leggero.

 

“Tu lo sapevi, non è così? L’hai sempre saputo…”, sussurra piano Newton, una volta seduto, la voce distorta nello sforzo di non piangere.

 

“Sì...il mio creatore mi ha dato un segreto da custodire ad ogni costo e sapeva che un giorno avrei dovuto farvi ricorso”.

 

“Sapevi anche--”: Newton non osa nemmeno far uscire quelle parole dalle labbra. “Sapevi anche che…”.

 

“...sì”.

 

“Perchè l’hai fatto?”; la voce del ragazzo si rompe appena sul verbo: gli argini hanno ceduto e le lacrime iniziano a rigargli le guance.

 

“Perché sapevo...che era questo...il momento giusto...per farlo”: la parole emesse dalla sveglia escono lentamente e a spezzoni; sta esaurendo le ultime energie, spegnendosi lentamente e a Newton ricorda qualcosa che ha visto molto tempo prima, forse un film. Il ragazzo accarezza la sommità della sveglia, piano e pensa che avrebbe voluto accarezzare anche la testa di suo padre, esattamente così, se solo glielo avessero lasciato vedere, quell’ultima volta.

 

“Poi...perché...era giusto…”, continua a fatica Tokki.

 

“Giusto?”, dice Newton con voce acuta e ormai apertamente lacrimevole.

 

“Sì...tu hai rischiato...tutto...per noi…”: Tokki alza appena la manina lacera e Newton la afferra e la stringe. “Mi spiace che ora...dovrai continuare...da solo…”.

 

“Tokki, non pensarci adesso, troveremo una soluzione, magari qui oltre questa port…”: Newton fa per alzarsi, ma un gemito più forte degli altri scuote la sveglia e il ragazzo si immobilizza, temendo di avergli fatto del male.

 

“Campione...del...Mondo...di fuori…”: la sveglia riprende con dolore a parlare; “...è stato...un vero...onore...giocare...insieme...a te”.

 

Tokki sorride mentre queste parole lasciano le sue labbra in un soffio; sorride ancora, mentre i suoi occhi si chiudono e la sua mano si lascia andare mollemente, nella stretta di Newton. Infine, anche i lineamenti del volto si distendono e mentre le lancette sul quadrante inspiegabilmente non smettono di girare, Newton sa con precisa cognizione di causa che il suo amico è andato in un posto dove non potrà raggiungerlo. Le loro strade si dividono qui.

   
 
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