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Autore: Europa91    05/03/2024    1 recensioni
[Vampire AU]
[Yuji x Megumi]
[Sukuna x Gojo] [past Toji x Gojo]
“Sei felice Satoru?”
Di fronte a quelle parole, il principe del Clan Gojo abbassò il capo.
“Non me lo chiedere. Non puoi. Non ora”
Ne hai perso ogni diritto, avrebbe voluto aggiungere ma lo fece solo nella propria mente.
“Dimmi che lo sei e me ne andrò, sparirò per sempre dalla tua vita”
“Anche se te lo dicessi sappiamo entrambi che non lo faresti”
“Devi solo mettermi alla prova, Satoru” (…)
“Megumi?” Ripeté incredulo, scandendo ogni sillaba con cura mentre osservava la silenziosa danza dei fiocchi di neve.
“Significa…”
“Lo so cosa significa” sbotto’ offeso sistemandosi meglio il proprio scialle sulle spalle, anche se gli fu sufficiente intercettare lo sguardo serio e preoccupato di Toji per scoppiare a ridere.

Per Gojo Satoru l’inverno rappresenta la stagione dei ricordi. Quando suo figlio decide di fuggire insieme al proprio compagno, il vampiro più forte si vede costretto a fare i conti con un passato tanto ingombrante quanto impossibile da dimenticare.
[Storia per il Calendario dell’Avvento 2023 di Fanwriter.it]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Fushiguro Megumi, Fushiguro Toji, Geto Suguru, Gojo Satoru, Ryōmen Sukuna
Note: AU | Avvertimenti: Mpreg, Triangolo
Capitoli:
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II.





 

In the season of blue that seemed to go on forever

Nothing obstructed the view of the four lined eyes

The asphalt ground was echoing the chorus of cicadas

It prevented me from hearing the silence of you

 

Ao no Sumika







 

Heian Kyo - qualche inverno prima



 

Gojo Satoru non amava la neve eppure più di una volta si era trovato con l’esserne paragonato. Il giovane vampiro si era interrogato spesso sui motivi nascosti dietro a quel parallelismo, anche se solo di recente aveva trovato una risposta che potesse soddisfarlo. 

Il bianco. Era quel colore ad accomunarli. Un simbolo di purezza, candore. Sorrise al pensiero di come quegli aggettivi non gli appartenessero e fossero diametralmente opposti dalla propria natura ribelle.

Era solo apparenza, un’illusione, così come lo era il loro mondo con tutte quelle regole. Prese un lungo respiro sistemandosi meglio una ciocca di capelli dietro ad un orecchio per poi incantarsi ad osservare il paesaggio al di fuori della stanza nella quale era stato confinato. 

Sembrava un dipinto, uno scenario onirico come quello descritto nelle favole che gli esseri umani erano soliti raccontarsi in quel particolare periodo dell’anno. Si era da poco trasferito nella capitale insieme al proprio Clan ma non aveva ancora ricevuto il permesso di uscire dalla propria abitazione.

Satoru era l’erede del Clan Gojo, l’ultimo di una nobile stirpe di vampiri che vantava di discendere proprio dal leggendario Michizane Sugawara, uno degli Originali. Sin dalla propria nascita Satoru aveva udito quella favola mescolata ai toni della leggenda ma non vi aveva dato molto peso. Lui era destinato a diventare il più forte, il migliore. Pochi vampiri possedevano delle capacità speciali e lui aveva ereditato entrambe le tecniche segrete del proprio Clan. Per questo motivo era stato cresciuto ed allevato con cura, come un essere prezioso da celare al resto del mondo. Satoru era il tesoro dei Gojo così come la loro più grande risorsa. Erano stati altri a decidere per lui e lo avevano fatto a poche settimane dalla sua nascita. 

Nella società segreta dei vampiri erano tre le famiglie che si dividevano lo scettro del potere: i Gojo, i Kamo e gli Zenin. Era proprio ad uno di questi che Satoru era stato promesso. La cerimonia si sarebbe svolta l’anno successivo, in inverno, il giorno dopo il suo centesimo compleanno, quando per la società sarebbe finalmente stato riconosciuto come adulto.

Tornò ad osservare con fare annoiato la danza dei fiocchi di neve, unico passatempo che ormai gli era concesso. Dal giorno in cui si erano trasferiti nella nuova capitale, Satoru trascorreva le proprie giornate in solitudine. Come un prigioniero, in attesa di ricevere la propria condanna.

Toji Zenin. Satoru conosceva solo il nome del vampiro che sarebbe diventato il compagno con il quale avrebbe dovuto affrontare il resto della propria eternità. L’erede dei Gojo non riusciva davvero ad immaginarselo, era un concetto talmente assurdo, così come l’idea del matrimonio. Nella sua mente ancora adolescenziale quel contratto non rappresentava altro che un passaggio da una gabbia dorata all’altra.

Satoru era destinato a diventare il più forte, per questo doveva avere al proprio fianco qualcuno di altrettanto potente. Suo padre era stato categorico al riguardo quando, un paio di settimane prima, lo aveva informato della cerimonia.

“Nemmeno io ho scelto tua madre ma siamo stati felici” aveva concluso il leader dei Gojo mentre il ragazzino dai capelli candidi come la neve gli rivolgeva l’ennesima occhiata carica di sfida,

“Dovrai anche partorire molti figli che diverranno eredi di entrambi i Clan” era stata quella parte a catturare tutta l’attenzione di Satoru.

“Figli?” fu tutto ciò che riuscì a sussurrare. Suo padre doveva essere impazzito. Non poteva esserci altra spiegazione. 

“Il primogenito maschio avrà come cognome Zenin ma mi è stato promesso che il secondo potrà essere un Gojo”

“Aspetta di cosa stiamo parlando?” 

“Di come dovrai svolgere il tuo dovere Satoru, entro un anno dal matrimonio gli Zenin si aspettano un erede” 

“Non pensi che forse dovrei prima conoscere Toji?” magari non mi piacerà nemmeno o io non piacerò a lui. 

Farci pure dei figli. Che idea folle, assurda.

Erano pensieri infantili, dell’adolescente che era, ma in fondo a quel tempo Satoru non aveva ancora provato sulla propria pelle cosa fosse amore. Non era che un concetto astratto di cui aveva letto su rotoli ingialliti di pergamena.

Suo padre era scoppiato a ridere, distogliendolo dalle proprie fantasie.

“Credi forse che a qualcuno importi?” quella fu la prima volta in cui sentì di odiarlo e capì di essere solo un oggetto. Lui era Satoru Gojo e come tale avrebbe dovuto comportarsi. Il Clan aveva già pianificato ogni cosa e lui non sembrava avere alcuna voce in capitolo sulla questione.

“E se non volesse avere dei figli da me?” era una difesa labile eppure, in quel momento, non era riuscito a dire altro. Si sentiva deluso, arrabbiato, come mai era stato.

“Che assurdità. Dovrebbe ritenersi fortunato solo per il fatto di essere stato scelto” Satoru si sentì mancare. Non era mai andato particolarmente d’accordo con suo padre ma essendo il capo famiglia era normale che non si curasse troppo dell’educazione dei propri figli. Satoru aveva sempre saputo a quale destino sarebbe andato incontro, vederselo sbattuto davanti agli occhi in quel modo però lo aveva sconvolto, turbato. 

“Quindi come intendete procedere, padre?” fu la successiva domanda che gli rivolse. Aveva bisogno di guadagnare tempo, pensare.

“Abbiamo organizzato un incontro che avverrà entro la fine di questo mese. Toji Zenin ha espresso il desiderio di vederti. A quanto pare non vede l’ora di conoscere di persona la propria futura moglie”

Mi sembra il minimo, pensò il giovane Satoru ma si guardò bene dal commentare. Era meglio non contraddire suo padre, non pubblicamente ma soprattutto mentre parlava come capo Clan.

Tornò nelle proprie stanze in silenzio, disturbato solo dalla presenza dei numerosi servitori alle proprie dipendenze. Erano quasi tutti vampiri appartenenti a famiglie minori che avevano lottato per poter servire il Clan Gojo. Agli occhi di Satoru però non erano altro che figure dai contorni sfuocati. Non serviva imparare i loro nomi o affezionarsi. 

Quello era un mondo spietato. Lo aveva capito il giorno della morte di sua madre. Lei era stata l’unica a mostrargli un minimo di affetto, di calore. Era stata uccisa da alcuni stregoni neri nell’ennesima lotta tra Clan. Assassinata nel cuore della notte. Satoru a quel tempo era solo un bambino, troppo piccolo per comprendere cosa stesse accadendo intorno a lui.

Non si era mai interessato a quei giochi di potere, solo con l’avvicinarsi dell’età adulta suo padre aveva iniziato la sua istruzione a futuro leader della famiglia. Anche l’essere venduto agli Zenin era una mossa politica, sarebbe servito per tenerli a bada, evitare che assumessero troppo potere o influenza.

L’equilibrio su cui poggiava la loro società era ancora precario, così come la situazione nella quale versava il Paese. Dopo gli sfarzi del periodo Heian, vampiri e stregoni avevano subito un drastico ridimensionamento e non solo a causa di guerre e lotte interne. La nascita di Satoru Gojo era stata accolta come una benedizione. Grazie alle proprie abilità era stato paragonato ad un messia in grado di risollevare le sorti della loro specie. 

All’inizio Satoru non se ne era reso conto. Era piacevole essere viziato e coccolato. Solo crescendo aveva dovuto fare i conti con il rovescio di quella medaglia. Quando si era visto privare della propria libertà e obbligato a seguire un sentiero il cui solco era già stato tracciato. Il matrimonio con Toji Zenin era solo l’ultima di una lunga serie di imposizioni. Satoru era l’unico figlio maschio del capo Clan e grazie ad un’incredibile combinazione di eventi il solo ad aver ereditato entrambe le tecniche segrete della propria famiglia.

Il giovane principe si diresse nelle proprie stanze amareggiato, ripensando al confronto appena avvenuto col padre. Sapeva di non potersi sottrarre a quel matrimonio, così come rifiutare apertamente l’erede degli Zenin. Si distese sul proprio tatami notando per la prima volta una crepa nel muro.

Si avvicinò incuriosito, studiandone ogni particolare. Era una piccola apertura che qualcuno aveva tentato di sigillare. Tuttavia bastarono un paio di accorgimenti perché rivelasse la sua vera funzione, un’uscita che gli avrebbe permesso di raggiungere l’esterno. Quell’abitazione era molto antica, per questo sul momento il giovane vampiro non si stupì troppo del ritrovamento di quella sorta di passaggio segreto. Per Satoru quella scoperta non aveva che un significato: libertà. Sarebbe potuto fuggire per qualche ora da quella gabbia. Respirare. Evadere dai propri doveri e dal nome di Satoru Gojo che da sempre aveva finito col definire ogni sua azione.

Nonostante l’impazienza e l’eccitazione che avevano seguito quel ritrovamento, Satoru decise che avrebbe atteso la notte successiva per assaporare quell’emozione sulla propria pelle. Ormai mancava poco all’alba e il giovane vampiro non voleva rischiare più del necessario. La conversazione avvenuta con suo padre si era protratta più del previsto e le sue parole non facevano altro che rimbalzargli nella mente.

Tra poco meno di un anno avrebbe sposato Toji Zenin, vissuto con lui e dato alla luce i suoi eredi. Era la prima volta che Satoru si trovava a riflettere sulla capacità unica della propria specie. Sin da bambino era stato preparato a quel ruolo anzi a quella possibilità. Una serva lo aveva definito un fiore prezioso che prima o poi qualcuno avrebbe colto. Allora Satoru non aveva posto troppa attenzione a quelle parole ma ora ne comprendeva pienamente il significato. Come avrebbe potuto diventare il vampiro più forte e allo stesso tempo formare una famiglia? Era un’assurdità. Quel matrimonio sarebbe servito solo a tappare le sue ali, impedirgli di sbocciare. Non erano solo gli Zenin che andavano controllati ma lo stesso Satoru. 

Si sentì uno stupido per non averlo capito prima. I Gojo volevano imbrigliare il suo potere. Maledisse suo padre e la propria natura finendo con l’addormentarsi poco prima del sorgere del sole.

 

***

 

La giornata successiva fu una delle più lunghe della sua vita. Satoru non vedeva l’ora di fuggire nelle proprie stanze per provare quel passaggio. L’attesa fu estenuante. Fortunatamente non ebbe modo di incrociare suo padre e nessuno si azzardò a nominare il proprio fidanzamento o l’imminente incontro con Toji Zenin. Fu la sola nota positiva in quella giornata trascorsa nel medesimo torpore della precedente. Satoru era stanco di quell’apatia,  quel teatrino, persino degli inchini dei servitori erano arrivati ad irritarlo.

Quando raggiunse i suoi appartamenti si sentì per la prima volta libero di respirare ma ancora di più quando quel passaggio lo condusse all’esterno. 

Satoru avrebbe ricordato quella notte per tutta la propria vita, anzi per l’eternità. 

La neve si era quasi del tutto dissolta e l’oscurità aveva calato il proprio velo. Intorno a lui regnava un silenzio quasi irreale. Il giovane vampiro ispirò a pieni polmoni. Dopo qualche minuto di incertezza prese a correre tra la fitta boscaglia che circondava la propria abitazione. Era intenzionato a raggiungere il villaggio, incontrare degli esseri umani. 

Satoru indossava solo un semplice kimono turchese ma non avvertiva il freddo che contraddistingueva la stagione invernale. Come vampiro non provava questo tipo di sensazioni, la sua resistenza fisica era superiore a quella umana. Corse a perdifiato per diversi chilometri prima di scorgere le prime abitazioni. Si rimise i sandali, che nel frattempo si era levato, per poi prendere l’ennesimo lungo respiro.

Era emozionato. Non solo per aver infranto le regole del proprio Clan ma perchè finalmente avrebbe potuto conoscere qualcosa di più sul proprio mondo. Su quella realtà dalla quale era sempre stato allontanato.

Iniziò a passeggiare tra le vie deserte iniziando presto a spazientirsi. Quell’avventura si stava rivelando più noiosa del previsto. Fu allora che un fiocco di neve si posò sulla punta del suo naso, bagnandolo leggermente. 

Satoru alzò gli occhi al cielo. 

Aveva ripreso a nevicare e il villaggio sembrava nuovamente uscito da un dipinto. L'atmosfera che si respirava era magica, suggestiva. Rimase per qualche istante in quella posizione, incantato ad osservare la danza dei fiocchi di neve.

“Che stai facendo?” una voce lo riportò alla realtà. Si trattava di un ragazzino umano all’apparenza suo coetaneo. Superato lo stupore iniziale Satoru istintivamente gli sorrise.

“Sta nevicando” ammise come se non fosse ovvio,

“Questo lo vedo ma ti ho chiesto perchè te ne stai qui fuori, rischi di ammalarti” 

“O su quello non c’è pericolo” sussurrò il giovane principe facendo un paio di passi in avanti e mostrandosi meglio alla vista.

“Sei un vampiro” il sorriso sul volto di Satoru si fece più ampio, luminoso. Quel giovane umano non sembrava spaventato ma solo genuinamente sorpreso.

“Mi chiamo Satoru” esordì avvicinandosi e tendendogli la mano. 

Il ragazzo la fissò per diversi secondi prima di decidersi ad afferrarla,

“Ryoma”

Sorrisero entrambi. 

Quello fu l’inizio della loro eternità, una storia il cui capitolo finale non era ancora stato scritto.

 

***

 

Presente

 

Tokyo



 

“Hai intenzione di seguirmi ancora per molto?” 

Satoru Gojo stava iniziando a perdere la pazienza, apprendere del ritorno di Kenjaku era stato difficile da credere ma in fondo Ryomen Sukuna non aveva motivo di mentire, non sullo stregone nero che da millenni continuava quella sua personale caccia ai vampiri, attratto dalla loro apparente immortalità.

“Potresti semplicemente accettare il mio aiuto” proseguì il Re delle Maledizioni saltando da un tetto all’altro per tenere il passo del principe dei Gojo.

“Come puoi pretendere che ti creda?” Sukuna si fermò, colpito da quelle parole così come dall’occhiata gelida che il vampiro gli aveva rivolto. 

Era bellissimo, non avrebbe saputo descriverlo in altro modo. Lo aveva sempre pensato, sin da quella notte d’inverno di tanti secoli prima, quando per la prima volta i loro sguardi si erano incrociati. 

“Hai ragione ma voglio fermare quel folle tanto quanto te” le labbra di Satoru si contrassero in una smorfia, dubitava di ciascuna di quelle parole

“Sei stato tu ad informalo della gravidanza di Megumi?” lo accusò. Il Re delle Maledizioni non poté far altro che annuire.

Erano cambiate così tante cose nel corso dei secoli ma Satoru Gojo era sempre stato in grado di scorgere attraverso le sue bugie. Era come un libro aperto per il vampiro più forte.

“Mi sono alleato con lui. Ho commesso un errore” confessò.

“Hai messo in pericolo la vita di mio figlio” il vampiro era furioso, come non gli capitava da tempo,

“Non era nelle mie intenzioni”

“Vattene, sparisci dalla mia vista o potrei finire con l’arrabbiarmi. Non ho tempo o voglia di battermi con te” devo riprendermi mio figlio

“Sta usando Megumi come esca, sei tu il suo vero obiettivo" Satoru si stava stancando.

“Smettila Ryo” Sukuna però si era fatto più vicino, gli era arrivato alle spalle e prima che Gojo potesse accorgersene era finito con il coinvolgerlo in un bacio appassionato. 

Superati i primi istanti di confusione il vampiro iniziò a ribellarsi per poi fuggire dalla sua presa, mordendogli la lingua arrivando a farlo sanguinare.

“Non significa nulla” mormorò portandosi una mano sulle labbra. Poteva ancora avvertire il calore di quel contatto, in tanti secoli non era cambiato. Si odió per questo come per aver amato il sapore di quel sangue fin troppo familiare.

“Voglio davvero aiutarti Satoru, che tu ci creda o no anche io sono preoccupato per il tuo ragazzino”

Non era una menzogna, Sukuna sembrava sincero. Il principe dei Gojo però non poteva permettersi di abbassare la guardia. La situazione era fin troppo delicata.

“Quando Megumi è nato ero così giovane. Forse troppo. Ho commesso tanti errori..” si trovò ad ammettere un una punta di amarezza, fissando l’orizzonte. Non avrebbe retto lo sguardo di Sukuna, sebbene poteva avvertirlo su di se’

“Sei stato un ottimo padre”

“Mi ha scritto una lettera per confessarmi della gravidanza. Non ha avuto il coraggio di dirmelo guardandomi negli occhi” 

“Forse temeva la tua reazione”

“Non provare a difenderlo” il Re delle maledizioni scosse la testa, per poi avvicinarsi ulteriormente. Si scambiarono l’ennesima occhiata carica di sottintesi.  

“Ho amato quel tuo moccioso come se fosse mio ma questo lo hai sempre saputo Satoru. Ora vedi di ricomporti. Megumi e Itadori sono in pericolo, dobbiamo trovarli prima di Kenjaku”

“Perché vuoi aiutarmi?” il caduto gli sorrise,

“Davvero non lo sai? Eppure mi sembra di ripetertelo da quasi mille anni” il principe dei Gojo arrossì 

“Ryoma smettila di giocare”

“E tu di usare quel nome” lo sguardo di Satoru assunse un tono più triste, quasi nostalgico

“Sai, l’ho pensato poco fa. Nevicava anche la notte del nostro primo incontro” Sukuna gli sorrise, anche lui si era abbandonato a un ricordo simile, 

“Non faccio che pensare a te da quel giorno” confessò ad una spanna dalle sue labbra.

Il vampiro più forte chinó il capo, cercando di celarsi alla sua vista. Anche per lui era lo stesso. Era da quasi un millennio che quell’essere occupava ininterrottamente i suoi pensieri. Nonostante avesse amato Toji, quel sentimento che nutriva per Sukuna non si era mai affievolito, resistendo anche alla prova del tempo.

Ora però la sua preoccupazione era rivolta a Megumi e al bambino che portava in grembo. Erano loro ad avere la priorità.

“Guardami Satoru” quel tono di voce profondo lo fece sussultare. Allungò le braccia solo per tirarlo maggiormente verso di sé, stupendosi della propria intraprendenza.

“Devo trovare mio figlio, non ho tempo per questo” tentò di spiegare, sebbene i suoi gesti rivelassero il contrario. Sukuna annuì baciandogli la fronte. Il principe dei Gojo fu il primo ad rimanere sorpreso da quel contatto così intimo, familiare ma quella sensazione non durò che un istante. Il Re delle maledizioni lo prese per mano,

“Questa dannata tempesta avrà cancellato gran parte loro tracce ma possiamo sempre utilizzare l’energia maledetta” il vampiro si trovò ad annuire, incredulo

“Sono solo due mocciosi non possono essere andati troppo lontano” proseguì il demone, stringendo la presa

“Non sottovalutare Megumi”

Sukuna gli regalò l’ennesimo sorriso di scherno

“Sono sempre stato in grado di trovarti” 

Era vero. Ryomen Sukuna era sempre apparso nel momento del bisogno. Il demone immaginario rappresentava una costante nella vita di Satoru Gojo, sebbene fossero entrambi consapevoli di come la loro relazione non fosse mai stata destinata ad avere un futuro.

Il vampiro più forte chiuse istintivamente gli occhi mentre un fiocco di neve gli bagnó il viso. 


***

 

Heian Kyo - qualche inverno prima


Ogni notte Satoru fuggiva dalle proprie stanze dandosi appuntamento con il giovane essere umano chiamato Ryoma. Il ragazzino apparentemente suo coetaneo non era altro che uno dei numerosi orfani di guerra che abitavano il villaggio. Ryoma era affascinato dalla figura dei vampiri ma mai avrebbe mai pensato di imbattersi in uno di loro o di diventarne amico. Trascorrevano ore intere a parlare dei propri sogni, progetti e speranze verso il futuro. Satoru il più delle volte si limitava ad ascoltare, immaginando un'esistenza diversa da quella che altri avevano deciso per lui. L’entusiasmo così come le parole di Ryoma erano contagiosi tanto che si trovava ad agognare quegli istanti. Non vedeva l’ora di incontrare il giovane umano, chiacchierare con lui, ma quella breve parentesi di felicità si sarebbe presto dovuta scontrare con l’amara realtà.

“Tra una settimana dovrò incontrare il mio futuro marito” il principe del Clan Gojo glielo confessò tutto d’un fiato, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi. Erano seduti su di un tronco, intenti ad osservare le stelle. Gli era parso il momento migliore, Satoru sapeva che non avrebbe potuto nascondere ancora per molto la verità. 

“Marito?” Ryoma ci mise qualche secondo per comprendere il significato di quelle parole ed articolare una risposta. Aveva intuito di come quella notte Satoru fosse strano, a tratti sfuggente, ora finalmente ne aveva compreso il motivo. Quegli occhi dal colore impossibile incontrarono finalmente i suoi,

“Sono il principe del Clan Gojo, devo sposarmi e generare al più presto degli eredi” lo disse tutto d’un fiato come se stesse recitando un copione. Non vi era l’ombra di un sentimento in quelle parole. Nessuna emozione. Anche il suo sguardo appariva spento, privato della solita luce che lo caratterizzava.

Ryoma si grattò la testa confuso. 

“Cosa significa generare eredi?” era convinto che Satoru fosse un ragazzo, non poteva essersi sbagliato. Per un solo istante gli balenò per la mente l’idea di allungare una mano per tastargli il petto ma preferì evitare. Era assurdo.

Il vampiro si limitò a sorridegli, notando quella confusione e intuendo quali pensieri avessero preso a turbare il suo animo.

“É una delle caratteristiche della nostra specie. Per farla breve, posso avere dei bambini” spiegò con un’alzata di spalle, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Seguirono diversi istanti di silenzio in cui Ryoma processò il significato di quelle parole.

“Ma sei un maschio” fu tutto ciò che riuscì a dire. Satoru scoppiò a ridere non riuscendo a trattenersi. 

Adorava quell’innocenza. Non aveva mai incontrato nessuno come quel ragazzino. La sua compagnia lo faceva sentire così bene, così vivo.

“Si lo sono. Grazie per averlo notato” mormorò asciugandosi gli occhi con la manica del kimono. Non vi era nulla di malizioso in quel gesto ma Ryoma ne rimase comunque affascinato.

“E dovrai avere dei bambini” era quella parte ad averlo sconvolto tanto.

“Fa parte dei miei doveri” la calma di quella risposta lo turbò profondamente. Così come il tono utilizzato da Satoru.

“Scusa ma continuo a trovarlo assurdo” il principe non poté fare altro che annuire. Ryoma era un essere umano, le dinamiche della società dei vampiri dovevano apparire folli e incomprensibili ai suoi occhi.

“Quindi ti sposerai” fu tutto ciò che riuscì a sussurrare. L’erede dei Gojo abbassò nuovamente il capo, cercando di evitare quel confronto che per primo aveva cercato.

“Tra una settimana incontrerò per la prima volta il vampiro che mio padre ha scelto, colui che diverrà mio marito” dirlo ad alta voce serviva solo a rendere il tutto solo più reale ma non meno spaventoso.

“E come te lo immagini?” Satoru si trovò a sorridere di fronte alla curiosità di Ryoma o a quel entusiasmo. Ne era rimasto spiazzato. 

“Fino a questo momento ho evitato di pensarci ma mi rendo conto che non posso continuare ad evadere dalla realtà” Satoru non poteva fuggire dal proprio destino, era il primo ad esserne consapevole. Così come sapeva di non potere opporsi a suo padre o a una decisione del proprio Clan. 

All’epoca non era altro che un ragazzino succube del fato.

“Bè visto che è un vampiro sarà sicuramente bellissimo” Ryoma era come una ventata d’aria fresca. Grazie all’amico Satoru riusciva a dimenticarsi del proprio ruolo, dei propri doveri, anche se effimeri quelli erano attimi preziosi, dei quali avrebbe fatto tesoro.

“Ryoma?” lo ammonì stancamente non riuscendo ad impedirsi di sorridere.

“Ho semplicemente detto la verità. Lo preferiresti con i capelli chiari o scuri?” il principe tornò ad imbronciarsi.

“Non mi interessa”

“Andiamo Satoru non dirmi che non hai un tipo ideale” il vampiro incrociò le braccia al petto,

“Anche se avessi delle preferenze non potrei comunque esprimerle quindi a che serve perdere tempo con simili fantasie?” il futuro Re delle Maledizioni si imbronciò

“Come sei noioso”

“Sono solo realista”

“Parli come un vecchio”

“Ho quasi cento anni” Ryoma rimase a bocca aperta. Era al corrente della longevità dei vampiri ma aveva sempre pensato all’amico come proprio coetaneo.

“Non fare quella faccia sorpresa” 

“Scusa è che non me lo aspettavo” Satoru prese un lungo respiro prima di iniziare con lo spiegare,

“Quando raggiungiamo il secolo di vita per la società diventiamo adulti. Per questo motivo il mio matrimonio verrà celebrato solo dopo il mio compleanno”

“Quando sei nato?” il principe dei Gojo non smise per un istante di sorridere, di tutto quel discorso solo quel dettaglio pareva aver catturato l’attenzione di Ryoma. Una strana sensazione di tepore iniziò a scaldargli il petto. Gli ricordò gli abbracci di sua madre, il calore sprigionato dal suo corpo.

“Il 7 dicembre” mormorò completamente assorto in quelle fantasie

“Manca meno di un anno”

“Lo so”

Rimasero in silenzio per diversi minuti durante i quali si trovarono a dover fare i conti ciascuno con i propri pensieri.

Satoru non voleva rinunciare alla compagnia di Ryoma, a quelle parentesi spensierate che solo con la propria presenza il giovane essere umano gli regalava. Non erano altro che momenti effimeri, un battito di ciglia se paragonati all’eternità che lo attendeva, eppure lo facevano sentire bene, vivo. Mancava solo una settimana al suo incontro con Toji Zenin e per la prima volta uno strano pensiero attraversò la mente del principe dagli occhi di ghiaccio, desiderò che quel vampiro somigliasse a Ryoma. Gli sarebbe bastato.

Quasi senza accorgersene si trovò ad osservare il profilo dell’amico illuminato solo dalla fioca luce della luna. Avrebbe voluto che quella notte durasse per sempre. Con l’avvicinarsi dell’incontro con Toji suo padre avrebbe aumentato la sicurezza intorno alla propria abitazione. Fu allora che Satoru realizzò di come quella notte avrebbe potuto trasformarsi nell’ultima. Per un istante si sentì mancare.

“Ho forse qualcosa sulla faccia?” Satoru scosse il capo, arrossendo lievemente per essere stato scoperto, vergognandosi per quella reazione forse eccessiva.

“No scusa, stavo riflettendo” Ryoma non sembrò farci troppo caso anche se intuì di come qualcosa non andasse. Il vampiro aveva il vizio di abbassare il capo quando nascondeva qualcosa, oltre che sfoggiare un sorriso talmente luminoso da risultare falso. Ormai Ryoma aveva imparato a conoscere il proprio principe. 

“Non mi hai ancora rivelato come dovrebbe essere il tuo partner ideale” lo incalzò sperando di smascherarlo,

Mi basterebbe che somigliasse a te. Se fosse come Ryoma penso che mi andrebbe bene.

“Qualcuno con cui poter parlare e che mi accetti per ciò che sono. Che non tema il mio potere” fece una pausa “Ho ereditato entrambe le tecniche più potenti del mio Clan, sono destinato ad essere il più forte, non voglio essere solo una moglie” 

Ryoma non smise di sorridere,

“Non lo sarai. Chiunque ti sposi sarà fortunato” il cuore del vampiro accelerò di colpo, mancando diversi battiti.

“Non voglio, Ryoma” confessò per la prima volta ad alta voce “Non voglio sposare Toji Zenin”

Quella fu la prima volta in cui il futuro Re delle Maledizioni udì il nome del proprio rivale. 

Sin dal principio, dal primo istante in cui il suo sguardo aveva incrociato quello di Satoru Gojo qualcosa in lui era scattato.

In quella fatidica notte, Ryoma aveva intravisto una figura muoversi a passo sicuro nell’oscurità. Si era avvicinato titubante riconoscendo solo all’ultimo il profilo di un ragazzino, all’apparenza suo coetaneo. Satoru indossava un kimono leggero, troppo per quella stagione. Si era incantato ad osservare la neve, con la meraviglia di chi la scopriva per la prima volta. Furono due occhi dal colore impossibile, uno sguardo che racchiudeva dentro di sé i misteri dell’infinito a non lasciargli via di scampo. Il vampiro gli sorrise e quello fu l’inizio della loro maledizione. Una danza eterna che avrebbe collegato indissolubilmente i destini di entrambi.

Ryoma non aveva mai creduto nell’amore, lo riteneva uno spreco di tempo, spazzatura ma quello che lo investì fu il classico colpo di fulmine. 

Con il tempo avrebbe scoperto di come il principe dei Gojo non fosse solo bellissimo ma anche divertente, impertinente, sfacciato. Il sentimento che provava nei suoi confronti non aveva fatto altro che crescere, notte dopo notte. 

Ryoma aveva imparato a conoscere Satoru solo per scoprire di desiderarlo ancora di più.

Per questo motivo l’idea che il vampiro potesse sposarsi con qualcuno lo infastidiva. Non riusciva ad accettarlo. Sapeva come questo suo sentimento fosse ingiustificato. Ryoma non avrebbe mai potuto vantare un qualche diritto sul principe dei Gojo, si conoscevano a malapena. 

Cosa potevano mai significare queste notti se poste di fronte all’eternità?

Satoru vantava quasi un secolo di vita ma lui lo aveva appena scoperto. Non era adatto a camminare al fianco dei principe Gojo, non lo sarebbe mai stato. Ryoma non era che un fragile essere umano, un bambino non voluto, indesiderato. Una calamità naturale era stato definito da alcuni vecchi del villaggio quando lo avevano sorpreso a rubare del cibo. 

Non potevano essere più diversi. Un principe e un disgraziato. Anche se era solo una differenza a contare: Satoru era un vampiro.

Appartenevano a mondi, realtà differenti.

Quella notte però di fronte a Ryoma non vi era l’erede dei Gojo ma un ragazzino spaventato che desiderava fuggire dal futuro che gli era stato imposto. Diverse ipotesi attraversarono la sua mente, prima fra tutte quella di afferrare Satoru e fuggire insieme a lui. 

“Non farlo” il vampiro tornò ad ammonirlo con lo sguardo “non cercare delle soluzioni. Non ce ne sono. Sposerò Toji è mio destino”

“Ma Satoru”

“Per ora si tratta solo di un incontro, magari gli risulterò sgradevole e annullerà le nozze” Ryoma avrebbe voluto condividere quell’ottimismo.

Toji Zenin non avrebbe mai potuto rifiutare Satoru Gojo. Era bellissimo, possedeva un fascino magnetico, ammaliatore. Era l’unica certezza di cui al momento Ryoma disponeva. 

“A volte sei così ottuso” sbuffò cercando di celare in qualche modo il proprio malumore

"Perché mai?” perchè sei bellissimo e non te ne rendi conto. 

Era quell’atteggiamento a farlo arrabbiare.

“Lascia perdere” non aveva voglia di litigare. Non quella notte.

“Sai se somigliasse a te mi andrebbe bene” confessò Satoru prima di compiere un salto e rimettersi in piedi. Erano l’uno davanti all’altro. Non vi era alcun nascondiglio, nessuna possibile via di fuga. 

Seguirono alcuni istanti di assoluto silenzio.

“Come scusa?” Ryoma fu certo esserselo immaginato, stordito da quella vicinanza e da quello sguardo così sincero,

“Se Toji ti somigliasse anche solo un poco ne sarei felice” ripetè con maggior sicurezza il vampiro afferrandolo per una mano.

Alle sue orecchie quelle parole risultarono come la più bella delle dichiarazioni.

“Satoru…” ma l’altro lo zittì

“Sei il migliore amico che potessi desiderare” 

Quella fu solo la prima ma non l’ultima volta in cui Satoru Gojo gli spezzò il cuore. 

 

***

 

Una settimana dopo


In una fredda mattina del mese di marzo, Toji Zenin si presentò al luogo dell’incontro puntuale, indossando il proprio completo migliore. La primavera sembrava ancora così lontana mentre l’ultima neve si scioglieva sotto ai suoi piedi. Da quando era stato informato del proprio imminente matrimonio lo Zenin aveva iniziato col manifestare il desiderio di conoscere la propria futura consorte. Di norma questo privilegio non gli sarebbe stato concesso ma quell'accordo, come Toji avrebbe scoperto in seguito, era di vitale importanza per il futuro del proprio Clan. Per questo motivo gli anziani avevano acconsentito, accogliendo ogni richiesta e assecondandolo in ogni capriccio.

Mentre raggiungeva Heian Kyo, il vampiro non aveva fatto altro che ripensare al giorno in cui aveva appreso dell'identità della propria futura sposa, Satoru Gojo. Solo meditare su quel nome lo innervosiva.

Satoru. Il bambino la cui nascita era stata accolta come l’avvento di un messia. Toji rammentava perfettamente lo scalpore che aveva seguito quella notizia. La comparsa di un vampiro che aveva ereditato entrambe le tecniche segrete del Clan Gojo, un essere destinato a brillare, diventare il più forte e perché no, regnare sul loro mondo.

Per questo non comprendeva la necessità di quel matrimonio. Toji non sarebbe mai riuscito a piegare un simile individuo. Se davvero Satoru Gojo disponeva di un tale potere non si sarebbe mai accontentato di uno come lui. Uno scarto, uno Zenin trattato come un reietto dal suo stesso Clan.

Contrariamente al futuro marito, Toji non possedeva energia malefica, ne era sprovvisto. La sua nascita era stata un sinonimo di sventura e motivo di vergogna per una delle famiglie più potenti della nazione. Eppure era stato proposto come consorte per il giovane Gojo. 

Una decisione fin troppo sospetta.

“A che gioco state giocando?” Aveva risposto con rabbia, quando suo zio, l’attuale capo Clan lo aveva informato di quel provvedimento. Toji non avrebbe mai accettato senza prima ricevere una qualche spiegazione. Così si era diretto a passo di marcia negli appartamenti del capo Clan, anelando delle risposte.

“Devi semplicemente sposare quel ragazzino” le parole del vecchio Zenin continuavano a non avere alcun senso. 

“Dicono che sia bellissimo, vedrai che non sarà questo grande sacrificio ingravidarlo” a parlare era stato Naoya, suo cugino, uno degli individui che Toji più odiava al mondo. Si era intromesso nella conversazione attirato probabilmente dalle sue urla. 

Naoya non gli era mai piaciuto, era un individuo falso, infido come un serpente. Toji si ricordò di come da bambini avesse provato a schernirlo per la propria debolezza, in quell’occasione gli erano bastate poche mosse per metterlo a tacere e da allora il biondino si era sempre mantenuto a debita distanza, riconoscendo in qualche modo la loro disparità di forze.

“Ingravidarlo?” riuscì a sussurrare Toji non riuscendo a celare la propria sorpresa mentre il biondo gli si avvicinò divertito, appoggiando una mano sulla sua spalla.

“Rifletti, Satoru è destinato a diventare il più forte, non credi che a lungo andare un simile individuo potrebbe rappresentare una minaccia per lo status quo? Dobbiamo evitare che il Clan Gojo alzi troppo la cresta e per farlo tu ora ne sposerai l’erede. Obbligherai il loro bel principino a sfornare figli uno dopo l’altro” concluse scoppiando in una fragorosa risata.

Toji ci mise qualche secondo per realizzare le implicazioni di quel folle piano.

“Cosa dovrei fare scusa?” Se non ricordava male quel moccioso doveva essere molto più giovane di lui.

“Obbedire agli ordini del Clan, Toji” suo zio aveva parlato con un tono che non ammetteva repliche “dimostrami la tua utilità” aggiunse guardandolo negli occhi.

“Zio siete sempre stato fin troppo indulgente con Toji, non è altro che un prodotto difettoso”

“Naoya” lo rimproverò stancamente con un cenno della mano. 

Il biondino arretrò di un paio di passi, tornando a rivolgersi al cugino,

“Anche io mi sposerò questa primavera, vedremo chi di noi per primo riuscirà a generare un erede” concluse divertito per poi abbandonare la stanza.

“Ti prego di perdonare Naoya ha sempre avuto un pessimo temperamento” Toji non potè fare altro che annuire

“Quello che vorrei sapere zio è perchè fra tutti avete scelto proprio me” 

Perchè non uno come Naoya? Era questo interrogativo che continuava a balenare nella sua mente ed insospettirlo.

“Non è ovvio? Tu sei sacrificabile. Al momento tuo cugino resta il miglior candidato per prendere il mio posto ma la successione potrebbe sempre cambiare di fronte alla nascita di nuovi eredi. I Gojo mi hanno promesso che il tuo primogenito sarà uno Zenin. Tuo figlio un giorno potrebbe guidare il nostro Clan” la labbra di Toji si contrassero,

“Questo dovrebbe indurmi ad accettare?”

“Non fare il bambino. Tu odi Naoya dimmi che non ne godresti nel vederlo privato di questo ruolo che anela da tutta una vita”

“Non credevo che i miei conti in sospeso con Naoya vi interessassero tanto, zio”

“Ciò che mi preme è il futuro di questo Clan. Alla mia morte voglio essere certo di poterlo lasciare in buone mani. Non mi fido dei Gojo. Sono arroganti e sarà proprio questa presunzione il seme della loro rovina. Dicono che quel moccioso, Satoru, non sia solo un avversario temibile ma anche un fiore di rara bellezza, chi lo sa, magari potrebbe anche piacerti” Toji strinse i pugni. L’espressione comparsa sul volto di suo zio aveva assunto una sfumatura maliziosa così come il suo tono di voce. Cercò di fare il possibile per trattenersi. 

“Dimostrami di valere qualcosa Toji. Di non essere un totale fallimento” Erano parole che il giovane vampiro conosceva a memoria. Gli erano state ripetute ogni giorno, per centinaia di anni. Prima dai suoi genitori e poi dal resto della famiglia. Essere uno Zenin significava perfezione e chi non la raggiungeva veniva degradato o peggio trattato come spazzatura. Se Toji era scampato ad un simile destino era solo perché suo padre era il fratello minore dell’attuale capo Clan. Era quel legame ad averlo tutelato fino a quel giorno. 

Toji non poteva fuggire dalla realtà. Non aveva chiesto lui di essere uno Zenin e a dirla tutta odiava la propria famiglia. Avevano una mentalità chiusa e antiquata, che presto o tardi li avrebbe portati alla rovina. Se i Gojo peccavano di superbia gli Zenin non erano da meno, accecati dalla propria vanagloria. Era sempre stato così fin da quando aveva memoria.

I vampiri si differenziavano dai normali stregoni per forza e longevità ma erano ancora lontani dall’immortalità, anche loro potevano essere feriti o uccisi e spesso a macchiarsi di tali colpe erano coloro che più gli erano vicini. I genitori di Toji erano morti in quel modo, durante l’ennesima faida familiare a cui lui era scampato solo per il fatto di non possedere alcuna energia malefica. Era uno scarto inutile tanto da venir ripudiato persino dalla morte stessa.

Suo zio lo aveva accolto nella propria dimora, gli aveva dato cibo e fornito un’istruzione. Era l’ennesima illusione alla quale Toji aveva creduto. Il capo Clan non aveva esitato ad utilizzarlo per i propri scopi. Prima di rendersene conto si era trasformato in una pedina nell’infinita partita contro i Gojo, l’asso nelle manica per annichilire la loro arma migliore. 

Toji avrebbe accettato di prendere parte a quella farsa ponendo però le proprie condizioni. Non si sarebbe piegato facilmente, difendendo per quanto possibile la propria autonomia.

Primo fra tutti desiderava avere un incontro con Satoru, con quel moccioso dagli occhi di ghiaccio che da come gli era stato descritto sembrava una sorta di divinità, troppo etereo e perfetto per essere vero. Non poteva esistere una creatura simile, un essere in grado di ammaliare e distruggere ogni cosa con un battito di ciglia.

Avrebbe deciso in quell’occasione se quel matrimonio ne valesse la pena. Se veramente Satoru meritasse tutta quell’attenzione. Era curioso di conoscerlo, parlarci, vedere con i propri occhi quel bellissimo mostro.

Con questi ed altri pensieri Toji si era allontanato dal proprio entourage, utilizzando la scusa di una passeggiata. Mancavano solo pochi minuti a quell’incontro. Stava camminando per la fitta boscaglia quando un rumore catturò la propria attenzione, i suoi sensi da vampiro scattarono immediatamente. 

Fu allora che un paio di iridi dal colore impossibile si specchiarono nelle proprie. 

A Toji mancò il respiro. Nessuno prima di allora era mai riuscito a intercettare la propria presenza, non quando si avvicinava di spalle. 

Quel ragazzino però lo aveva appena fatto. 

Ogni altro pensiero razionale venne subito sostituito da altro. Due dannati occhi fin troppo azzurri e limpidi per poter esistere in natura.

“Gojo-sama dove eravate finito dovete rientrare, vostro marito sarà qui fra poco” un servitore era corso verso il ragazzino, coprendolo con un ventaglio. Non sembrava averlo notato preso com'era dal proprio signore.

Toji rimase immobile per diversi minuti.

Quello era sicuramente Satoru Gojo. 

Scoppiò a ridere prima di passarsi una mano sul volto. Improvvisamente la prospettiva di sposarsi non gli sembrò tanto male, così come l’idea di dividere la propria eternità con quel moccioso. 

Satoru Gojo.

Era bastato un singolo sguardo per incatenare i loro destini. 

 
  
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