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Autore: Jigokuko    08/03/2024    0 recensioni
[Fear & Hunger]
[Fear & Hunger 2: TERMINA]

Pavel Yudin ha passato la sua intera vita dalla parte sbagliata, ad aspettare il preciso istante in cui avrebbe potuto vendicare la sua terra e la sua famiglia.
Il viaggio su quel treno avrebbe portato, nel bene o nel male, alla fine della sua battaglia.
Maddalena, anzi, suor Maria Maddalena ha vissuto la sua misera esistenza passando inconsciamente da una gabbia all'altra, e per una maledetta coincidenza si trova sullo stesso treno per Prehevil.

Pavel e Maddalena sono agli opposti, come fuoco ed acqua... solo il destino potrà decidere se farli annientare a vicenda o legare per l'eternità.

[Raccolta di OS senza un vero e proprio filo logico.]

So kocht das Blut in meinen Lenden
Ich halt sie fest mit nassen Händen
Glatt wie ein Fisch und kalt wie Eis
sie wird sich nicht an mich verschwenden
Ich weiß

Feuer und Wasser kommt nie zusammen
Kann man nicht binden sind nicht verwandt
In Funken versunken steh ich in Flammen
und bin im Wasser verbrannt
Im Wasser verbrannt
Genere: Angst, Dark, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Ballata di caos ed illusione - III

Ormai la luce era scomparsa completamente, peccato che il sole invisibile non si fosse portato la nebbia con sé. Pav poteva percepire i suoi capelli arricciarsi ancor di più ed appesantirsi a causa della forte umidità. Anche la temperatura esterna era calata, non era certo il momento ideale per stare fuori, senza contare il fatto che quella maledettissima città fosse popolata da gente deforme e mostruosa.
Perciò la cosa migliore era, seppur avrebbe perso ulteriore tempo, trovare un posto sicuro dove stare almeno fino all'alba. Lui non aveva problemi a stare sveglio, ma la sua zavorra sì.
Maddalena gli camminava accanto e la vedeva visibilmente barcollante, le si chiudevano gli occhi nonostante fosse in piedi. Stringeva forte l'elsa della spada/crocifisso ed era tutta chiusa su sé stessa come un riccio, tremante -più del solito, nel senso-.
Il tenente decise di fare un atto caritatevole e si aprì completamente la giacca, poi se la tolse e la mise sulle spalle della suora. I suoi inquietanti occhi blu gli si piantarono subito addosso.

- Non guardarmi così, si vede a chilometri di distanza che stai morendo di freddo.-
- E tu...? – Vide il suo sguardo cadere sul suo petto. Lo distolse alla velocità della luce. – Sei più... scoperto di me...-
- Non preoccuparti per me, la camicia basta e avanza. Sono abituato a temperature ben più basse, anzi, per me fa caldo.-
- È per questo che vai in giro in questo modo...?-
- Allora l'occhio sulla mercanzia ti è caduto~ – Con il viso in fiamme ed un adorabile broncio sul viso, Maddalena si infilò le maniche della giacca ed accelerò il passo. Accelerò anche lui. – Guarda che starmi lontano è pericoloso.-
- Anche starti vicino.-

Questo lo fece ridere. Nonostante quella specie di insulto, lei rallentò per davvero e ricominciarono a camminare all'unisono. Era proprio carina con la sua giacca addosso, le stava enorme e copriva molto di quell'orrendo vestito nero che la fasciava malamente. Peccato fosse parte di una divisa di Bremen.
La vide mettersi una mano in tasca e poi tirarne fuori qualcosa, guardandoci con interesse.

- Pavel Yudin? È il tuo nome completo? Non sembra bremenite...-
... Ecco cos'era, la sua piastrina identificativa.
- Mettila via.-
- Sei nato il 25 dicembre?! Come Alll-mer!-
- Ho detto "mettila via"...-
- Perché mi hai detto di chiamarti solo Pav?-
- Non mi piacciono i nomi lunghi. Chiamami solo così.-
- A me "Pavel" piace.-
- E quindi?-
- Se vuoi continuare a chiamarmi "Uccellino", aspettati che io ti chiami "Pavel".-
- ... Fa come ti pare.-

In quella stupida città non c'era elettricità, anzi, non funzionava proprio niente. Pav aveva provato a mettere in moto uno dei camion dell'esercito che erano stati abbandonati in giro, ma nulla da fare, era la stessa storia capitata al treno. Ovviamente ciò rendeva i lampioni degli inutili pali di ferro; l'unica fortuna era che quella dannata luna emetteva abbastanza luce da riuscire -circa, perché la foschia era maledettamente fastidiosa- a vedere poco più in là dei loro piedi.
Saltò giù dal camion, sbuffò e si sistemò il cappello sulla testa. Avrebbe così tanto voluto investire qualche mostro, tipo quei poliziotti con tre braccia tutte armate di manganelli, gli avrebbe sicuramente risparmiato fatica, tempo e proiettili, ma invece era costretto a cercare un posto dove far riposare Maddalena, la quale ormai stava dando segni di cedimento.
Era troppo orgoglioso per ammettere di stare andando a caso, ma cosa poteva farci? Non conosceva le strade di quella dannata Prehevil. Fanculo.
Il girovagare a vuoto li portò in una via deserta dove l'unico particolare era un condominio abbastanza alto.

- ... Pensi che sia questo l'appartamento di cui si parlava nella lettera che abbiamo trovato in chiesa?- Domandò Maddalena, fermandosi davanti all'edificio.
- Chi lo sa. Questo posto è grande, potrebbero essercene molti altri uguali.-
- E se andassimo a controllare?-
- È meglio andarci domani, troviamo prima un posto dove puoi riposarti, non ti reggi nemmeno in piedi. Ho un brutto presentimento riguardo quel condominio.-
- Hai ragione...-

Ovvio che aveva ragione, perciò la marcia proseguì. Links! Links! Links! Links! Links zwo, drei, vier! Al solo pensiero della marcia, la sua camminata era diventata inconsciamente più ritmica.
Si arrestò solo quando si trovò davanti due... bambini? Cani? L'unica cosa certa era che emettevano un odore tremendo. La loro pelle era giallognola, non si capiva se di natura o perché pregna di feci. Sembravano canidi, ma la testa era più simile a quella umana, senza peli e con le orecchie a lato della testa. La bocca era contorta in un ghigno perenne perché incapace di contenere tutti quei grossi e lunghi denti.
Per fortuna qualcuno li aveva già uccisi al posto loro.
Niente domande e si va avanti, a quanto pare erano arrivati ad una sorta di centro, perché davanti a loro c'era un negozio di vestiti.

- Uccellino, perché non vai a vedere se ci sono dei vestiti decenti che puoi indossare?-
- No.-
- Noiosa.-
- Mi piacciono i miei vestiti.-
- A me no.-

Maddalena non rispose e girò subito a sinistra, come se fosse stata attirata da qualcosa. Pav inizialmente non vide nulla, ma poi notò quella che sembrava una farfalla blu, no, una falena, librarsi nell'aria ed emettere un tenue bagliore, quasi come una lucciola. Strano. Cosa ci faceva una creatura del genere in un posto simile? Se si fosse trasformata in un mostro da un momento all'altro non sarebbe stata una sorpresa, perciò il tenente si mise sull'attenti, pronto a sfoderare la pistola in caso di necessità.
L'insetto li condusse, prima di sparire nel nulla, ad una rampa di scale interrata, sulla porta un'insegna spenta con scritto "Prhvl BOP". Che fosse un locale? Non sarebbe stato di certo un posto comodo dove poter riposare, ma onestamente sperava di potersi fare un goccetto, giusto per dimenticare tutto lo schifo visto nelle ultime ventiquattr'ore.
Ed infatti era veramente un bar, uno di quelli belli, con il pavimento a scacchi, un bancone in legno massiccio, una gran quantità di alcolici pregiati esposti sulle mensole ed addirittura degli strumenti musicali. Poi Pav notò che in realtà la falena era entrata con loro ed ora stava svolazzando in tondo, come se volesse attirare l'attenzione. Decise di stare al gioco e, quando la raggiunse, essa scomparve di nuovo, ma si accorse di qualcos'altro, una specifica mattonella faceva un rumore diverso dalle altre quando la si calpestava.
Si chinò a controllare e si accorse che quella era una botola, perciò l'aprì; come al solito, guardia alta, mano sulla fondina ed infilò la testa nel buco. Nessun movimento sospetto, perciò scese la scala a pioli.
Quello sembrava il nascondiglio di qualcuno: c'erano due letti a castello, un tavolo su cui era stata lasciata una Luger e, cosa migliore, almeno un intero caricatore di proiettili. Erano presenti anche dei documenti, ma quando provò a leggerli risultò impossibile perché scritti in codice.
Ciò che lo incuriosì maggiormente fu la mappa di Prehevil attaccata ad una lavagna, sulla quale erano state disegnate quattro X rosse. Una era collocata nei boschi vicino a dove il treno si era fermato, un'altra pure, ma nel suo cuore, una invece era proprio sul museo e l'ultima... controllò bene la zona. Era poco a sud della chiesa... che fosse la posizione dei teleelettrocosi? Il computer ne nominava tre, mentre le croci erano quattro. Assumendo che gli altri fossero anch'essi bunker come quello in cui erano stati, quindi solo atti a contenere le macchine... uno di essi era il Bunker Bianco. Era solo un'ipotesi, ma forse era proprio quello il luogo dove "Logica", qualunque cosa fosse, era custodita, forse l'oggetto delle fissazioni di Kaiser. Lui era diretto là, sicuramente! Il bastardo... forse era già sottoterra, doveva andare là e sparargli un proiettile in testa. Basta aspettare, perché stava perdendo tempo? Cosa diamine ci faceva—
Un pianoforte iniziò a suonare. Era una melodia lenta e dolce, ma allo stesso tempo sembrava qualcosa che avrebbe potuto ascoltare in una chiesa.
Pav si arrampicò sulla scala e poi la vide, seduta al pianoforte, che con mani esperte ed occhi serrati continuava a suonare come se là fuori non ci fosse stato il finimondo, addirittura sorrideva e dannazione quanto era bello il suo sorriso. Le labbra erano leggermente schiuse e si vedevano i denti bianchi, le ciglia scure e folte sembravano ventagli di piume. Si era tolta la giacca che le aveva dato e l'aveva lasciata appesa ad una sedia, il crocifisso al collo seguiva i suoi movimenti fluidi. Si avvicinò e poi si sedette sulla panca accanto a lei. Quando aprì gli occhi e lo guardò, le mise una mano su un fianco ed una sulla coscia.

- Che stai facendo...?!- Si agitò e tentò di scansarsi. Glielo impedì.
- La condizione per cui ho acconsentito a portarti fin qui. Rendi felice un uomo solo... sei viva grazie a me, sai?-
- Non dovresti fare simili proposte ad una suora.-
- Senza vestiti siamo tutti uguali, uccellino.-
Lei non disse nulla, solo gli mise una mano in faccia quando tentò di avvicinarsi.
- ... Per favore. Non rovinare l'idea che ho di te.-
Pav le prese il polso e le allontanò il braccio.
- L'idea che hai di me? Stai andando in giro con un tenente dell'esercito di Bremen, te lo sei forse dimenticato? Hai dimenticato ciò che abbiamo fatto? Noi spariamo in testa e bruciamo i corpi di chi osa disobbedire.-
- Tu non vieni da Bremen. Il tuo accento... il tuo è un nome dell'Est.-
- Mi stai facendo arrabbiare.-
- È perché ho ragione?-
- Se non vuoi che ti uccida, fa ciò che ti dico.-
- Ho trovato delle carte sul bancone...!-
- Cosa cazzo c'entrano ora le carte?!-
- ... Giochiamo. Alla fine di ogni partita, il perdente dovrà rimuovere una parte del vestiario. Se riuscirai a farmi togliere tutto, mi concederò a te.-
Pav la guardò, pensieroso. Stava già pensando a come se la sarebbe sbattuta su uno di quei letti, chissà cosa nascondeva sotto quell'abito largo... voleva ammirare altro oltre alle sue mutande...
Purtroppo per lei era bravo ai giochi di carte, nell'esercito era la principale soluzione per ammazzare il tempo, aveva già vinto.
- Affare fatto, ma sappi che ti sei scavata la fossa.-

Maddalena rimase immobile, per nulla scalfita dalla sua affermazione. Era così strana, a volte era spaventata da qualunque cosa vedesse ed altre si mostrava estremamente composta e lucida, soprattutto nei momenti in cui doveva "sopravvivere"; non era mai stato bravo a capire gli altri, ma di lei aveva compreso che in quella testolina ci fosse molto più cervello di quanto desse a vedere.
Presero posto uno di fronte all'altra ai tavolini del bar. Lei aveva il mazzo in mano.

- Non credevo che lo strip poker fosse un passatempo di voi suore~-
- Non so giocare a poker. Giocheremo a briscola.-
Si era messa a tirare fuori delle carte dal mazzo e metterle da parte, più precisamente i numeri otto, nove e dieci di ogni seme.
- Non ho idea di cosa sia briscola.-
- È un gioco originario del Vaticano. Ti insegno io. – Dopo aver mescolato le carte rimaste, ne distribuì tre a sé stessa ed altrettante a lui. Poi ne scoprì una, un cinque di fiori, e la mise di traverso, mentre sopra ci mise il mazzo capovolto. – Non abbiamo le carte giuste, ma ci adatteremo. Briscola ha regole molto semplici: per vincere devi fare più punti di me. L'asso equivale ad undici punti, il tre dieci, il fante due, il cavallo tre ed il re quattro, gli scartini non valgono niente. Visto che stiamo usando il mazzo sbagliato, il jack varrà due punti, mentre la regina tre.
Ad inizio partita si scopre una carta che determinerà il seme più importante, in questo caso abbiamo i fiori.
Asso vince su tutto, tre vince su jack, regina e re e così via, chi vale di più vince sull'altro. Il seme più importante, però, vincerà sempre su ogni carta. Capito?-
- Mh, sì. Muoviamoci a giocare, voglio vederti nuda.-

... Non l'avesse mai detto.
La prima volta poteva dargliela vinta, dopotutto non aveva mai giocato a quel gioco, andava considerata come riscaldamento, perciò aveva dovuto dire addio al berretto.
Ma partita dopo partita, lei aveva continuato imperterrita a fregarlo, ad avere sempre la meglio con i punti. Come faceva ad essere così forte ad un gioco che andava principalmente a fortuna? Ogni santa volta lei si prendeva sempre le sue carte migliori ed il mazzo acquisiva sempre più valore. Il suo a fine partita poteva essere il più alto, ma quello di Maddalena valeva di più.
E così Pav aveva salutato anche camicia, calze e stivali, prima uno e poi l'altro per rendere l'esperienza ancor più una presa in giro. Gli rimanevano solo calzoni e pantaloni, questi ultimi li aveva persi nella partita appena finita, perciò avrebbe dovuto toglierseli.
E lei era lì, sorniona, che faceva finta di essere seria, ma si vedeva a chilometri quanto fosse contenta. Era felice di umiliarlo, mentre non gli aveva mostrato neanche un capello.
... Non avrebbe mai pensato che una suora potesse essere un avversario tanto temibile. Allora era veramente intelligente come pensava, forse anche di più. Oppure era lui il patetico perdente, quello che si era scavato la fossa accettando la sfida, pur di una scopata?

- Se sicuro di voler continuare, perdente?- Alzò i suoi occhioni blu dal mazzo appena mescolato, piantandoglieli addosso. Eccola, l'ombra di un sorriso. C'era. Non se l'era sognato.
- Adesso mi mostri pietà?- Lui appoggiò il gomito sul tavolino, sorreggendosi il capo con la mano.
- Beh... fai un po' pena...-
- Dai, continua a prendermi in giro, ricordami quanto poco valgo.-

Abbassò lo sguardo, non voleva più guardarla, voleva stare lontano da quegli occhi innocenti e giudicanti. Era abituato a perdere, mai una volta che la vita non gli avesse dato un calcio in culo, mai una vittoria, neanche piccola, un motivo per sorridere veramente. Avrebbe davvero voluto vederla nuda.
Forse se l'avesse trattata meglio ora i vestiti sarebbero mancati anche a lei e gli si sarebbe concessa, ma ovviamente aveva avuto il suo solito approccio inappropriato, il quale avrebbe potuto funzionare con qualcun'altra, ma lei era stata la persona più sbagliata del mondo a cui rivolgersi in quel modo.
Sentì il rumore di una sedia che strisciava contro il pavimento, pochi secondi di silenzio e poi qualcosa di caldo avvolgerlo. Si ritrovò con la testa appoggiata su un soffice petto e delle dita che si muovevano dolcemente tra i capelli. Lo stava abbracciando. La suora lo stava abbracciando.

- Mi dispiace... non volevo trattarti male, davvero.-
- Ho minacciato di ucciderti e ti scusi per due paroline?-
- È che sembri così solo... e triste... tu non sei la persona cattiva che vuoi dare a vedere.-
- Cosa te lo fa pensare?-
- So quando negli occhi di una persona c'è sofferenza...-

Pav alzò le braccia come un automa e le avvolse attorno al busto di Maddalena. La strinse a sé, affondò ancor di più nel suo petto. Nei suoi vestiti si sentiva ancora, leggerissimo, il profumo di panni puliti, nonostante tutto il sudore versato e l'essere stati un giorno intero nello schifo. La stava stringendo così forte che molto probabilmente il crocifisso gli avrebbe lasciato un solco a forma di croce sulla gola.

- Tu... ti sei preoccupato per la mia sopravvivenza per tutto il giorno, mi hai sempre aiutata, addirittura portata in braccio mentre ti arrampicavi, mi tenevi vicina pur di non lasciarmi da sola... e non mi hai fatto del male quando ho cercato di ucciderti.
Per questo mi rifiuto di credere che tu sia cattivo, Pavel. Tu non sei originario di Bremen, vero? Perché sei un tenente nel loro esercito?-
- ... Voroniya. Questo è il nome di ciò che era la mia casa. – Si morse il labbro, forse tremò anche. Lei continuava ad accarezzargli i capelli. – Ma ora non esiste più.-

Le fiamme erano vivide nella sua mente, il fuoco che divorava ogni cosa, la inceneriva, la uccideva. Le urla, il sangue, gli spari, le risate. Nessuno fu risparmiato. Vecchi, uomini, donne, bambini, animali.
Pavel aveva visto la sua intera famiglia morire come bestiame, sua madre e le sue sorelle stuprate e poi lasciate morire tra atroci sofferenze, suo padre con il cranio spaccato e le cervella sparse ovunque per aver cercato di proteggerle, un fratello con un buco in testa e l'altro, poco più che neonato, buttato vivo in una pila di cadaveri che ancora bruciava. Un suo amico era morto stringendo tra le braccia il cane che gli avevano appena ammazzato, la famiglia di lui tutta giustiziata a fucilate. E così tanti altri.
Pavel se n'era andato con loro, la morte dell'innocenza. Di quel bambino spensierato ed iperattivo non era rimasto più niente, ed esso, per miracolo o maledizione, era cresciuto in un uomo capace solo di sporcarsi le mani di sangue per conto di coloro che avevano raso al suolo tutta la sua infanzia. Di lui non era rimasto più nulla.

- Quasi trent'anni fa, Kaiser ha ordinato di distruggere il villaggio in cui sono nato. Sono sopravvissuto solo io. Tutta la mia famiglia, persa.- Non aveva smesso di stringerla per un secondo ed ora l'aveva tirata giù e fatta sedere sulle sue gambe. Sentiva il battito del suo cuore. Lei non protestò.
- Oh...- Maddalena non fu capace di dire altro. Non poté vederle il viso, ma la sentì singhiozzare.
- Non piangere per me. Per arrivare fin qui ho dovuto commettere non poche atrocità.-
- Io... odio sapere che anche qualcun altro abbia sofferto così tanto.- Le sue manine gli erano scese sulle spalle e ci si era avvinghiata come se avesse avuto paura di perderlo, la sentiva chiaramente piangere nell'incavo del suo collo.
Ora fu lui ad accarezzarle la testa, peccato fosse coperta da quel dannato velo.
- Per questo mi trovo qui, per mettere finalmente fine all'egemonia di Kaiser.-
Lei si allontanò e lo guardò in viso. Aveva gli occhi e le guance lucide, le sclere rosee e le labbra gonfie. Era comunque bellissima.
Un martire... – Sussurrò. – Voglio aiutarti, Pavel.-
- Non se ne parla.-
- Perché?-
- Perché questo non è un gioco.-

La prese per le spalle e la mise in piedi, poi si alzò ed andò dietro al bancone del bar, iniziando a guardare la selezione di liquori. Scelse una semplice bottiglia di vodka liscia e bevve qualche sorso a collo. Solitamente non gli piaceva bere, gli faceva abbassare le difese e lo faceva sentire vulnerabile, ma dopo che quei ricordi erano venuti a galla aveva sentito il bisogno di tentare di affogarli di nuovo. Si asciugò le labbra con il dorso della mano e, quando si voltò, trovò i suoi vestiti ripiegati con cura sul piano, anche gli stivali ed il cappello. Maddalena era in piedi con le mani giunte.

- Credevo di non essere autorizzato a rivestirmi.-
- Puoi farlo... scusa se ti ho messo in questa situazione. Volevo solo... sopravvivere.-
Non riuscì a non sorriderle.
- Mi hai davvero umiliato, complimenti. Hai fatto bene. – Si infilò le maniche della camicia e poi slacciò la cintura per potersela infilare nei pantaloni. Mentre li aveva leggermente abbassati, notò che lei era ancora lì immobile come una statua. – ... Che c'è? Se vuoi mi tolgo tutto.- Infilò i pollici tra l'elastico degli slip e la pelle, facendo finta di volerseli sfilare, intanto le mostrava il sorriso più sghembo che riuscisse a fare.
La suora sembrò finalmente accendersi, gli mostrò uno sguardo di disperazione, ruotò su sé stessa di novanta gradi e si lanciò a passo svelto nella botola.
- Buonanotte!-

Pav se la rise da solo mentre si rivestiva; camicia, calze, cappello, stivali... si appoggiò la giacca sulla spalla e scese anche lui le scale.
Maddalena era su uno dei letti inferiori, si era tolta gli scarponi ed era stesa su un fianco, ancora sveglia. Il tenente, senza dire nulla, le mise la giacca addosso come coperta e poi salì sulla branda superiore. Quel tipo di letti gli ricordavano l'esercito... ovviamente in senso negativo.
Passò qualche minuto, non seppe esattamente quanti, ma sentì una vocina arrivare dal basso.

- Pavel...-
- Non dormi, uccellino?-
- È che... ho paura...-
- Siamo al sicuro qui, riposati.-
- Uhm... potresti, ecco... scendere e venire qui?-
- E va bene.-

Scese la scaletta che portava al suo letto, quando la vide lei si era avvicinata al muro e stava picchiettando il materasso a mano aperta in segno di invito. Accettò, stendendosi a pancia in su accanto al suo corpo. La suora, rannicchiata su sé stessa, lo guardò.

- Cosa c'è, hai cambiato idea e vuoi finalmente concederti a me~?-
La sentì sospirare dall'esasperazione.
- Ce la fai a stare serio per una volta?-
- No, mi dispiace. Se rimanessi sempre serio mi verrebbe voglia di ammazzarmi.-
- Non dire così...- Era mortificata, convinta di aver sbagliato ancora. Il suo sguardo si abbassò.
- Smettila di comportarti come se tutte le disgrazie che mi sono successe siano colpa tua, uccellino. Preoccupati di meno per uno con le mani così sporche di sangue.-
- Non mi piace che gli altri soffrano, te l'ho detto, Pavel.-
- E tu? Hai sofferto?-
- ... – Maddalena rimase zitta per qualche secondo. Stringeva le mani a pugno, il suo sguardo era vago. Era spaventata, come se avesse appena visto un mostro ai piedi del letto. – Non sai quanto.-
- Me lo vuoi dire?-
- Non... io...-
- Se te la senti.-
- Scusa... non... non ci riesco...-
- Calmati, non ho intenzione di obbligarti.-
- ... Grazie.-

Non si dissero più nulla e lei si addormentò poco dopo. Il suo viso non aveva smesso di essere teso anzi, se possibile, si era contratto ancor di più, seguito dal suo intero corpo. Si era rannicchiata su sé stessa al punto da sembrare in procinto di spezzarsi da un momento all'altro, i pugni chiusi e stretti a loro volta, le unghie piantate nella carne, il respiro pesante. Sembrava star lottando contro un incubo, le sue guance erano diventate lucide dal sudore. Pav decise di non svegliarla; il sonno agitato era comunque meglio dell'insonnia.
Insonnia che lui aveva iniziato ad avere sin da quel giorno, quello in cui aveva perso tutto e la sua vita si era capovolta. La paranoia di essere ucciso o sopraffatto prima di poter portare a termine il suo obiettivo non lo facevano dormire. Doveva essere sempre vigile, dopotutto lui era quello straniero nell'esercito del grande Impero di Bremen, quello che ci si era ficcato dentro da sin troppo piccolo. Carne da macello, insomma. Il suo unico pregio era che con quei capelli biondi angelici, il bel sorriso e gli occhi d'argento era il soggetto ideale da raffigurare su un poster di propaganda bremenite. Ironico. Quello la cui patria aveva smesso di esistere, era l'immagine perfetta per rappresentare il Paese che ne aveva ordinato la cancellazione.
Lo avevano sempre guardato come la puttana più economica del bordello, quella di cui ti accontenti quando hai poco o niente. Ma quella puttana non erano mai stati capaci di toccarla. La puttana mordeva, si ribellava, li sovrastava nonostante la giovane età, lei era rimasta immacolata ed il suo valore si era accresciuto fino a farla salire di rango. Ora era lui quello che avrebbe potuto guardare le reclute in quel modo se solo lo avesse voluto.
... Col cazzo che se lo sarebbe fatto succhiare da un bremenite, avrebbe preferito rimanere a secco per il resto della vita. E poi lui preferiva le donne, creature delicate che non erano ammesse in quelle insulse guerre e che anzi, ne erano vittime anch'esse, impotenti di fronte ai loro mariti e fratelli mandati a morire. Forse era uno stolto, forse era un pazzo, ma avrebbe prevenuto che altri avessero mai dovuto subire la sua stessa esperienza e dolore.

Il suo non-sonno venne interrotto da Maddalena qualche ora dopo, forse era l'alba, ma non poteva saperlo. Erano sottoterra e, per di più, tutti gli orologi della città erano fermi alle 14:35, come se fossero stati tutti sincronizzati.
Si era svegliata di colpo, i suoi occhi ancor più spalancati del solito, respirava affannosamente a bocca aperta e tremava come una foglia, sembrava stesse avendo un attacco di panico.

- Hey, uccellino, che hai?

Non gli rispose, perciò Pav passò all'azione senza pensarci. Afferrò i bottoni che le chiudevano il velo ed iniziò a slacciarli, ma lei protestò e cercò di staccarsi dalla sua presa.

- Sta ferma, dannazione, come cazzo fai a respirare con un coso così stretto attorno al collo?!

Alla fine vinse e quell'orribile pezza bianca e nera scivolò sul materasso, nell'azione si portò dietro una chioma biondissima che si posò sul petto della suora in ampie onde. Non aveva un taglio di capelli vero e proprio, erano soltanto lunghi, senza alcuna cura e scompigliati.
La tenne per le spalle finché il suo respiro non si regolarizzò, il cuore aveva rallentato significativamente e gli occhi erano lucidi, ma vivi.

- Gli uomini non possono... vedere i capelli... di una suora...-
Blondes Haar und Rosenkranz, non mi pare il momento di lamentarsi per queste cose, neanche ti avessi sverginata. – Il viso di lei avvampò. – Cosa diamine ti è successo mentre dormivi?- Nel frattempo, la lasciò andare fino a farla stendere nuovamente sul materasso.
Maddalena prese il crocifisso che aveva al collo e lo strinse forte. Chiuse gli occhi, sospirò e poi li aprì di nuovo.
- Ho sognato... la creatura sulla torre... mi ha detto che il suo signore si annoierà di questo passo. Mi ha anche suggerito di ucciderti...-
- Prima devo ammazzare Kaiser, non ho tempo per queste cose. Lo farai dopo.-
- Ma io non voglio ucciderti! – Scattò come una molla e si mise seduta. – Ho... solo... paura che qualcuno prenda questa storia del festival sul serio... – I suoi occhi correvano a destra e a manca come impazziti. – non voglio morire... non voglio ferire nessuno... voglio solo tornare in Vaticano.- Si rannicchiò di nuovo, abbracciandosi le gambe e nascondendoci la testa dentro.
- Se mi stai suggerendo di dirti che andrà tutto bene, hai sbagliato persona.-
- Non era mia intenzione... – Alzò il capo e sospirò. – Vuoi sapere perché sono diventata una suora?-
- Perché sei scema?-
- Perché mi picchiavano, dalla mattina alla sera. Sono nata in un ramo della Famiglia, un'organizzazione mafiosa che opera in Vaticano. I miei genitori volevano un erede maschio, ma quando sono venuta al mondo ho rischiato di uccidere mia madre e l'ho resa infertile.
Quando avevo quindici anni, hanno combinato un matrimonio con un uomo che ne aveva dieci più di me perché volevano che lo facessi io l'erede che desideravano; quando l'ho saputo ho tentato di fuggire, ma sono stata sorpresa nel farlo e mi hanno quasi uccisa. – Afferrò i lembi della gonna e li sollevò fino a scoprirsi le gambe. Sotto ai collant semitrasparenti si vedevano una marea di cicatrici sulle ginocchia. Erano orrende. – Ho sempre pregato Alll-mer... ogni notte fino ad addormentarmi... pregavo mentre venivo ripetutamente percossa... ho pregato ogni singolo giorno della mia vita...
Il giorno prima del mio matrimonio sono riuscita a scappare ed a raggiungere un monastero, dove dopo essermi ripresa dalle ferite ho preso i voti. Alll-mer ha salvato la mia vita innumerevoli volte ed io voglio dedicarla a lui.-
- È questo che non riuscivi a raccontarmi prima?- Pav decise di non dirle quanto trovasse stupida l'idea di buttare via la vita che aveva chiesto così incessantemente di salvare.
Maddalena annuì, nascondendo di nuovo i suoi capelli nel velo.
- Ho deciso di parlartene perché non mi sembrava giusto conoscere la tua storia senza che tu conoscessi la mia... sei il primo a cui ne abbia parlato.-

Il tenente non disse nulla. Ora tutto aveva assunto un senso. Quando gli aveva detto di essere abituata a cose peggiori dopo che l'aveva scaraventata a terra, oppure il suo "istinto di sopravvivenza"... la sofferenza provata da quella suora doveva essere stata indicibile. Neanche un giorno della propria vita in cui era stata felice -non credeva affatto che prendere i voti l'avesse davvero resa tale-. Lui aveva avuto una famiglia che l'aveva amato e perciò, dopo quasi trent'anni, ancora lottava per loro, mentre lei nemmeno quello. Nata per soffrire, ora una mera illusa che crede di essere stata salvata da un paio di insulse preghiere.
Pav si alzò dal letto, si sistemò il cappello in testa e si diresse verso la scala a pioli.

- Dove vai?-
- Ho una missione. Ricordi?-
- Voglio venire anch'io.-
- No. Qui sei al sicuro.-

Lei rimase zitta e lui risalì nel bar. Fu quando approcciò l'uscita che sentì un peso schiantarsi contro la sua schiena. Due mani si avvinghiarono a lui, gli entravano nella giacca ed erano così strette che quasi lo graffiarono con le unghie. Pav si fermò, rimase zitto per qualche secondo e poi si decise a parlare.

- "Le suore non possono toccare gli uomini, bla, bla, bla...". Che ne è stato delle regole con cui sei così tanto fissata?-
- Per favore, portami con te. So di averti detto che avrei smesso di seguirti se avessi trovato un posto sicuro, ma... non ce la faccio a lasciarti andare. Voglio davvero aiutarti. Sdebitarmi per avermi protetta.-
- Se vuoi sdebitarti così tanto puoi far scendere quelle mani fin dentro le mie mutande, uccellino...-
- Smettila di dire queste cose. Io sono seria, Pavel! So che è la tua battaglia, però voglio combattere al tuo fianco... se posso impedire a qualcuno di soffrire in futuro, sono disposta anche a rischiare la mia stessa vita. E poi... dovevamo andare a vedere se in quell'appartamento si trova una delle effigi che aprono il passaggio segreto della chiesa.-
- ... Questi paroloni mi fanno venire il mal di testa. – Non credeva l'avesse mai potuto dire, già si stava pentendo. – E va bene, vieni con me, cerchiamo questa effige. Ma dovrai promettermi che dopo non mi intralcerai. Se voglio uccidere, uccido. Anche se si dovesse trattare dei passeggeri del treno.-

Lei non rispose, solo lo lasciò. Senza voltarsi il tenente salì le scale del bar ed uscì; il sentirla zampettare dietro di lui gli fece intendere che avesse accettato il compromesso.
Si diressero a sud, da dove erano arrivati la sera prima, verso il condominio nel quale in teoria si doveva trovare una delle due effigi che mancavano. Chissà se aveva davvero senso aprire quel passaggio situato in chiesa... sperava solo che non gli avrebbe fatto perdere troppo tempo, il suo obiettivo primario erano i teleelettroscopi ed il Bunker Bianco. E Kaiser.
I due camminavano fianco a fianco in silenzio, tra la nebbia fitta come al solito; tutto era tranquillo, fin troppo, ciò rendeva il tutto ancor più inquietante, c'era da aspettarsi la qualunque in un posto del genere.
... Ed infatti, neanche il tempo di pensarci che una bottiglia di vetro venne lanciata verso di lui, frantumandosi a pochi centimetri dai suoi piedi.
All'istante la quiete venne squarciata da un vero e proprio pandemonio. Dal vicolo sbucarono tre uomini bruciati dalla Luna, uno si passava un  batticarne da una mano all'altra, un altro agitava come un pazzo una motosega fatta in casa sopra la sua testa ed il terzo aveva un fucile.
Quest'ultimo sparò un colpo ed in un battito di ciglia un urlo sovrastò anche il suono della lama rotante; acuto, lacerante. Ne seguì un secondo, Pav urlò il nome di Maddalena a pieni polmoni, quasi a vomitarli. Finì completamente l'aria al loro interno.


Ciaoooo a quei letteralmente due lettori che mi seguono. Faccio delle note solo per dire che sono pazza e sto moddando Maddalena nel gioco. A voi un video dell'intro: https://youtu.be/zZ6UlfwKpWA

   
 
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