Anime & Manga > Kenshiro / Hokuto no Ken
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Autore: Redferne    12/03/2024    3 recensioni
Tre fratelli.
E una tecnica segreta che rappresenta la summa, lo stadio ultimo di una disciplina millenaria dall'incomparabile potere distruttivo.
Ed il modo in cui essa coinvolgerà le loro vite, ed i loro rispettivi destini.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jagger, Kenshiro, Raul, Ryuken, Toki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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CAPITOLO 21

 

 

 

 

 

 

 

 

Lì intorno erano ormai tutte macerie e rovine.

Città e paesi interi resi tali da armi fin troppo potenti perché una mente ottusa e limitata come quella umana potesse riuscire o anche solo sperare di controllare o governare, una volta attivate e messe in gioco.

L'ultima risorsa, quando ci si trova con le spalle al muro o sul punto di perdere. Anche a costo di utilizzarla su paesi vicini, talmente vicini che é praticamente impossibile che la deflagrazione o le radiazioni emanate da essa non finiscano per colpire anche il proprio suolo. E chiunque lo abiti e calpesti. Così come é impossibile non rendersi conto di che razza di madornale quanto tragico errore si é sul punto di commettere e di compiere.

Anche a costo di usarla dentro al cuore, al centro della propria nazione. Perché piuttosto che ammettere la sconfitta, di cedere anche un solo acro od ettaro all'avanzata del nemico, di quello che in quel momento lo si identifica come tale...si preferisce perire insieme ad esso, per trascinarlo giù sino in fondo all'inferno con sé.

Molto nobile, nell'ottica di un guerriero. Ma i guerrieri, nella saggezza e nel rispetto del codice d'onore applicati alla furia della battaglia, decidevano di riservare questa sorte per sé stessi.

Era una loro libera e spontanea scelta, senza voler obbligare o coinvolgere nessuno. Nessun altro all'infuori di loro.

Ma i politici non ragionano così.

La posizione che occupano ed il ruolo che rivestono impongono di dover prendere decisioni per tutti. Al posto di tutti. Anche quelle più difficili, in momenti storici e sociali delicati.

Doloroso, ma necessario. Però spesso una simile logica li porta erroneamente a ritenere che tutti la pensino come loro.

Mi avete messo lì. O mi sono messo lì, e voi me lo avete permesso.

Avete accettato di buon grado, in ogni caso. Quindi, da ora in poi, accetterete senza fiatare qualunque cosa io decida. E vi andrà bene qualunque cosa io faccia.

Ed in caso contrario, ve la farete andar bene comunque. Che vi piaccia oppure no.

La morte in battaglia e lo sterminio indiscriminato passano sempre per la decisione di un sol uomo. Ma con un'unica, sostanziale differenza.

E cioé che nel secondo caso...la decisione di un singolo condiziona il destino di tutti.

E questo non é il modo di pensare che si addice ad un guerriero. Ma ad un egoista.

Macerie. E rovine.

Questo era tutto ciò che restava e rimaneva di case, di palazzi e di grattacieli. Magari modesti, magari anche lussuosi. Ed ora tutti accomunati dal fatto di essere stati rasi al suolo da missili e testate dall'incomparabile potenza distruttiva.

Solo una cosa continuava a risaltare in mezzo a quello scenario desolante, nonostante fosse anche lui mezzo distrutto dai bombardamenti incessanti.

La scultura gigante del Bodhisattva dalle mille braccia. Quattro in bella evidenza, che ormai non c'erano più da tempo, e la miriade composta da tutte quante le altre sullo sfondo. O almeno quelle che erano rimaste. Più o meno intatte che fossero.

Ed in ognuna di esse, un occhio.

La versione introdotta nell'arcipelago di Guan Ying. La Dea dell'abbondanza ma anche della pietà e della misericordia, sopraggiunta dal continente insieme a moltissime altre divinità.

Mille braccia da donare alla gente piena di problemi e di guai. Ed altrettanti occhi per poter vegliare su di loro.

E se finemente triturati e disciolti nel té, costituivano un farmaco miracoloso. Un rimedio contro ogni male.

Anche il peggiore, pur non essendoci mai fine alla crudeltà e alla sete di violenza dell'uomo.

Oh se vi fosse una medicina in grado di diluire il veleno che circola nel suo animo, nel suo cuore e nel suo cervello!

Una divinità che una volta era una bellissima fanciulla.

La figlia dell'imperatore, nientemeno. Che scelse di sua spontanea volontà di farsi orrendamente mutilare sia agli arti superiori che alla vista per ottenere la guarigione di suo padre. E che proprio grazie a questo sacrificio ascese al cielo trascendendo la sua natura mortale. E che da quel giorno avrebbe donato parti di sé a chiunque ne avesse avuto bisogno.

L'antica pratica del Ko – Ku. La massima espressione dell'amor filiale nei confronti dei genitori che gli hanno donato una parte di sé stessi per infondergli poi la vita ed una coscienza, in modo da ripagare adeguatamente il favore ed estinguere così il debito.

Occhi, mani, fegato. In casi estremi anche il cuore, o i polmoni.

Gli organi più nutrienti e sostanziosi. Dove si accumula la maggior quantità di sangue più vitale.

Lo stesso sangue del padre e la madre. Ed é grazie a ciò che tornano a stare meglio.

Si viene da una goccia del sangue di entrambi. E' roba loro. E se occorre, gliela si ridà indietro.

Con somma gioia e gratitudine. E senza che loro lo abbiano nemmeno chiesto.

Una favoletta edificante, secondo alcuni. Per nobilitare e mascherare adeguatamente un pratica molto meno nobile e ben più barbara.

Lo Zhi Zhi Yer Shi.

Scambiarsi i figli per mangiare.

Perché nei periodi di magra e di carestia, quando il corpo era talmente debole e deperito da non obbedire più, e la fame dava letteralmente alla testa...si arrivava anche a quello.

A divorare la propria prole.

Per alcuni era il miglior pasto di tutto quanto l'anno, se non l'unico.

Dopotutto si dice che anche la famosa fiaba di Sherazade fosse molto più cruenta. E che la ragazza in questione avesse ideato le sue famose storie per impedire che il suo amato principe la uccidesse, sicché era sua inquietante abitudine scannare tutte le mogli con cui aveva giaciuto a letto dopo la prima notte.

Beh, grazie a quei racconti Sherazade poté arrivare almeno a mille. Ed una.

Ma al vecchio maestro queste storie truci non interessavano affatto. Per lui potevano benissimo scomparire nel buio della storia e nella notte dei tempi.

Su certe cose é meglio stendere un velo di pietoso silenzio, anche se scomodo.

Aveva fatto realizzare quell'enorme statua nei pressi del castello per tutt'altri motivi, oltre che quello di delimitare il territorio di sua proprietà.

A lui il Bodhisattva gi ricordava tanto una cosa. Gli serviva per rimembrare l'importanza del ruolo di reggente della sua arte.

Ogni volta che lo scorgeva non poteva fare a meno di pensare quanto le due figure si assomigliassero.

In fin dei conti, non vi é poi molta differenza tra il Bodhisattva dalle Mille Braccia e il successore della Divina Arte dell'Hokuto – Shinken.

Anche l'erede della più forte arte marziale esistente, della tecnica mortale più efficace al mondo deve sapersi fare in mille.

Entrambi sono illuminati che hanno raggiunto la beatitudine perenne. Ma che hanno rinunciato al Nirvana per rimanere sulla Terra, in modo da aiutare il prossimo e tutti gli uomini.

Arrivare al Nirvana comporta un cammino a volte fin troppo lungo e tedioso di morte e di rinascita continue. Ma chi potrebbe mai desiderare di abbandonarlo, dopo averlo raggiunto dopo tanti sforzi e sì gran fatica, per voler ricominciare il ciclo da capo e dall'inizio?

Non ha senso.

Sul serio. Chi sarebbe così sciocco da rinunciare ad essere un Dio al di sopra di chiunque e di qualunque cosa, per sempre?

Beh, loro. Loro sono i primi due stupidi in assoluto.

E poi pare che ne arrivò un terzo, ma questa é un'altra storia.

Il successore non é fatto per rimanersene a godere dello splendore abbagliante e della luce eterna del paradiso.

Dopo averlo saggiato, toccato...deve ripiombare all'inferno. A sguazzare nel fuoco, nella polvere, nel fango e nel sangue.

Non gli va certo di risiedere con gli angeli alla sua destra e alla sua sinistra per comandarli, ma piuttosto di stare in mezzo ai demoni. Per sconfiggerli e distruggerli, perché il male non muore e non finisce mai.

Il Buddha che verrà fuori dalla Divina Arte...deve sporcarsi le mani e lordarsi dalla testa ai piedi.

E un nobile, un principe che si deve ridurre allo stesso stato del più umile tra i contadini, del guardiano di porci che si nutre anch'egli degli avanzi, delle carrube e delle bucce.

Se non si é in grado di gettare il proprio mantello per terra e la corona in pasto ai pesci del fiume o del lago, non si diventerà il sovrano più grande di tutti i tempi.

Solo così si diventa tutt'uno col popolo. Non guardandoli dall'alto in basso tra le mura della propria reggia, ma mescolandosi insieme ai sudditi. E combattendo con loro.

Tutti i giorni, ogni giorno della propria vita. E in prima linea.

Solo così ti seguiranno.

Non moriranno per te se glielo ordini, ma sii disposto a morire per primo e vedrai che pure loro saranno disposti a morire per te.

Questo. Questo é il vero amore, in guerra.

Ai piedi della statua mezza diroccata vi era una lapide. E com'era più ovvio, una tomba sottostante.

Una tomba contenente i resti e le spoglie mortali di colui che aveva commissionato la statua che ora pareva osservarlo dall'alto, come a volerne vegliare e proteggere il perpetuo sonno.

Davanti alla tomba, due persone.

Un ragazzo ed una ragazza, che dovevano aver superato di un niente l'età della fanciullezza gaia e spensierata. E forse addirittura con largo anticipo, a causa di qualcosa che li aveva costretti a crescere e a maturare prima del tempo.

E chissà, forse la dipartita con cui si stavano trovando alle prese doveva aver avuto senz'altro e senza alcuna ombra di dubbio il suo consistente peso...

Erano inginocchiati e con lo sguardo basso, chiaramente in atteggiamento di raccoglimento e di preghiera a giudicare dalle mani giunte all'altezza del petto.

La ragazza stava piangendo, in silenzio. Il giovane sembrava impassibile, ma sul suo volto aleggiava un'insopprimibile coltre di tristezza.

Rimase in silenzio ancora un po', come se nella propria mente avesse uno scongiuro o un sermone da terminare assolutamente prima di poter ricominciare a discorrere come prima.

Attese qualche altro istante. Poi alzò gli occhi, rivolgendoli alla lapide, e riprese la parola.

“Ryuken, padre mio adorato e venerabile maestro...” disse, con voce e tono dolenti e solenni. “Da tempo sospettavo che le vostre condizioni di salute fossero ben peggiori di quel che voi volevate dare a vedere. Il vostro cuore era davvero troppo stanco, per poter continuare a battere. Ed il vostro respiro talmente flebile che probabilmente non vi dovete neanche essere accorto di perderlo, mentre esalavate il vostro ultimo fiato. Se non altro...”

Esitò. Ma trovo la forza di andare avanti, e proseguire con l'elegia.

“...Se non altro ve ne dovete essere andato nel sonno, dolcemente, quasi senza rendervene conto. E ritengo che non esista maniera più dolce di morire, per un uomo. Anche se voi eravate un guerriero, ed il sogno recondito di ogni guerriero é e resta quello di morire sul campo di battaglia, in una tomba senza nome. Ma...ma almeno concedetemi di trasgredire, per questa volta. Concedetemi di violare e di disobbedire alle vostre ultime volontà, per favore. Vi prego. Ho voluto donarvi questa tomba nonostante tutto, perché pur sapendo che non stavate bene per rispetto e stima nei vostri confronti ho preferito e scelto di non farvi mai domande e di non voler indagare ulteriormente. E...lo so, padre. Ne sono conscio. Il mio é stato un atteggiamento davvero assurdo, col senno di poi.”

“Avevate...avevi ragione tu, padre mio” dichiarò. “Certe volte tuo figlio non é altro che uno sciocco.

Ma...cerca di capire. Io non ho voluto approfondire in merito, e tu hai voluto tenermi nascosto tutto quanto sulla tua malattia, fino all'ultimo. E perciò...perciò ora che non ci sei più, non mi é rimasto altro da poter fare che piangerti. Che piangere per la tua tragica perdita e scomparsa, purtroppo. Non posso fare nient'altro per te, ora. Più nulla che non sia questo. Ti prego...ti prego di perdonarmi.”

Guardò la ragazza al suo fianco. Le sorrise, e lei ricambiò nonostante il profondo dolore che la stava scuotendo nell'intimo e nell'animo.

Anche per lei l'uomo che stava giacendo tre palmi e sei piedi sottoterra davanti a lei era stato come un padre.

Ryuken era stata la figura più simile ad un padre che avesse mia avuto, specie negli ultimi anni. Fatta eccezione forse per l'anziano Dharma, il tutore e precettore a cui l'aveva affidata sin da piccola la sua famiglia di origine, ed i suoi genitori che non aveva mai visto e nemmeno conosciuto.

E l'anziano Ryuken l'aveva accolta e amata come una figlia, tra le mura della sua casa e dimora.

Così austera, ma allo stesso tempo così famigliare ed accogliente nonostante l'asprezza e la durezza degli allenamenti rigorosi che ivi si praticavano.

Le aveva fatto conoscere i suoi figli, dicendole che un giorno, quando sarebbe stata più grande, se avesse trovato tra loro uno di suo gradimento avrebbe potuto sposarlo, e vivere insieme a lui.

E lei lo aveva trovato, un ragazzo che le piaceva. Eccome se lo aveva trovato.

Ryuken aveva preparato per lei un vero e proprio rifugio dorato, dentro al suo castello. E negli ultimi periodi si concedeva lunghe passeggiate con lei al suo fianco, parlando e discorrendo del più e del meno. Come un nonno con la sua nipotina prediletta.

Parlavano di tutto. Della vita, del mondo e del destino. E degli uomini.

Del resto i suoi figli e discepoli erano ormai divenuti giovani uomini. Almeno quelli che ce l'avevano fatta a diventare tali.

Erano ormai totalmente autonomi ed indipendenti, i più grandi insegnavano ai più piccoli.

Raoul a Jagger, Toki a Kenshiro, e così via. Non avevano più bisogno, di lui.

No gli serviva più un maestro dietro alle spalle e al sedere a dirgli ogni due secondi cosa dovessero fare, e a correggerli ogni volta che sbagliavano.

Erano ormai adulti. Ed era stato un vero sollievo, per il vecchio, scoprire che poteva alfine concedersi un poco di quiete e di riposo dopo così tanti anni spesi a trovare dei potenziali candidati e successori.

Potersi finalmente riposare dopo così tanto lavoro, tanta ricerca e tanto penare.

Già. Un vero sollievo. Non ci sperava più. Davvero più.

Spesso le concedeva di assistere all'addestramento, e lei rimaneva come rapita ad ammirare quei corpi muscolosi tesi fino allo spasimo in pose plastiche o mentre sferravano colpi talmente rapidi, precisi e potenti da fendere in due persino l'aria ed il vento, accompagnati da grida virili che parevano ruggiti di belve feroci.

Tigri possenti sotto forma umana. Tant'era vero che, secondo un noto artista incisore ma talvolta anche poeta...Dio non poteva aver creato un sì spietato, crudele e spaventoso capolavoro.

Bellissimo quanto agghiacciante, da togliere il fiato.

Perché c'era una bellezza, in tutto quell'intenso spettacolo.

Le sue amiche erano solite dire che i maschi erano grezzi, e rozzi.

Ma anche un uomo può esprimere beltà, se pur in modalità senz'altro più rude.

Diamanti grezzi, mai lavorati né levigati. Dalla forma sproporzionata e talvolta pure brutta a vedersi, ma ugualmente in grado di risplendere come le gemme e i gioielli esposti nella bacheca di un mastro orafo.

L'uomo é fatto così. Non diffonde le energie in maniera soffusa e tutt'intorno a sé come una donna, che in quanto madre e sorella per istinto le rilascia a tutti e a poco a poco, in modo che tutti coloro a cui tiene e a cui vuol bene possano goderne.

Sia la donna che l'uomo hanno enormi forze che giacciono sopite dentro di loro. Ma l'uomo é portato per sua natura a liberarne grandi quantità in una volta sola, proprio come quando decide di riprodursi.

E quando le rilascia, non le recupera più. Una parte di lui muore per sempre con esse, con quelle che ha deciso di disperdere.

L'uomo deve conservarle per il momento del bisogno. Ma quando stabilisce di usarle...deve consumare, piegare, sottomettere, distruggere. Dominare.

E quando brucia di passione e di ardore per qualcuno o per qualcosa, può arrivare ad esplodere fino ad annullarsi e a disintegrarsi, per lasciare dietro a sé una scia ed una traccia luminosa, che altri forse in futuro seguiranno.

Come una galassia. Come una nebulosa.. Come una stella. Già morta da anni luce, ma della quale noi si riesce ancora a vedere il bagliore che giunge fino a qui.

Per questo ad ogni uomo serve una donna. Non può farcela da solo, ad arrivare a certe cose.

Non può farcela da solo, a migliorarsi.

E ad ogni donna serve un uomo. Per migliorarlo.

L'anziano maestro glielo diceva sempre, prima di mettersi ogni volta a ridere.

Il suo arrivo e la sua presenza lì erano state una benedizione.

La sua grazia ed il suo tocco femminile avevano aggiunto qualcosa di strano, lì. Avevano reso luminoso quel posto così cupo.

Non le diceva mai di no, su nulla. Ma non voleva che assistesse ai duelli e agli scontri fisici.

Ad una creatura leggiadra quale era lei non era degn di visione la violenza brutale di cui potevano far sfoggio gli esponenti del sesso opposto, alle volte.

Ma lei stava ad assisterli di nascosto, ogni tanto. Elogiava i vittoriosi, assisteva e confortava gli sconfitti.

Una carezza, un tocco, una mano posata sulla pelle, un panno passato a detergere e a disinfettare i lividi e le ferite...

Era poco. Ma faceva tanto.

Lo aveva fatto con Raoul, con Toki e con Kenshiro.

Persino con Jagger, anche se quest'ultimo non sembrava gradire.

A dirla tutta non sembrava nemmeno capirli o comprenderli, quei gesti d'affetto.

E alla fine...ve ne fu uno di troppo. Galeotto fu quel tocco.

Con una delle sue ultime carezze effettuata su uno di loro, e per la precisione sul più giovane e su colui che a prima vista pareva il più ingenuo quanto inesperto...con una delle ultime la cara fanciulla vi lasciò e vi dovette infondere qualcosa d'altro oltre alla comprensione, all'affetto, al calore umano, alla pietà, alla benevolenza ed alla compassione di cui aveva sempre dato sfoggio e dimostrazione di possedere in quantità a dir poco smisurate.

Vi aveva lasciato il cuore. Un piccolo ma tuttavia incandescente pezzetto del suo cuore, del suo sangue e del suo amore.

Si erano innamorati.

Julia e Kenshiro. Loro due che erano giovani della stessa età.

Giovani come il futuro e come le speranze. In un mondo che ormai di speranza sembrava non averne più. E che anche in quanto a futuro sembrava davvero esser giunto agli sgoccioli.

Ma non tutto era perduto. E non lo sarebbe stato, almeno fino a che...

Lui lo sapeva, qule che c'era da fare. Ed anche lei ne era conscia e consapevole.

Non restava che dichiararlo, davanti all'uomo che più di chiunque altro sembrava aver operato e fatto in modo che le cose dovessero andare e finire così. Quasi come se dalla loro unione e permanenza dovessero dipendere molte, moltissime vite.

Addirittura i destini di tutta quanta la Terra intera e messa insieme, persino.

Chissà, forse da qualche parte lui avrebbe udito quelle parole.

Avrebbe potuto sentirle. E avrebbe giudicato il tutto con un sorriso allegro e sincero, com'era solito fare.

La situazione non era buona. Ma andava bene, andava lo stesso ed ugualmente tutto bene.

Perché tutto va.

Tutto va, in un modo o nell'altro. E va come deve andare.

“Ma non preoccuparti” disse il giovane, posando di nuovo lo sguardo sulla tomba silenziosa. “Non ti devi preoccupare, padre mio. “Il mondo là fuori é diventato un gran brutto posto, e sono tempi bui. Ma per noi é giunta l'ora di andare. Tu riposa pure tranquillo, e che il peso di questa terra che ti ricopre ti sia lieve. Vedrai che ce la caveremo. Ho con me le tue ultime parole, e tutto quello che mi hai insegnato, oltre a quello che grazie a te ho potuto imparare. E come la mi hai detto e ripetuto tu stesso, più e più volte...finché terrò a mente tutto ciò che ho appreso e che mi hai fatto apprendere, posso sopravvivere a qualunque cosa. Ed in qualunque situazione.”

Guardò di nuovo la ragazza.

“Vedi, padre mio? Anche Julia é con me. Stiamo insieme, ci vogliamo bene e siamo uniti come non mai. E sono il legittimo successore della Divina Arte dell'Hokuto – Shinken. Forte delle sue tecniche, saprò cavarmela. Sapremo cavarcela, vedrai. Grazie alle mie conoscenze, saprò proteggerla e difenderla. Potrò farlo senza problemi.”

“Ce la faremo” assicurò. “Andrà tutto bene, e lei non avrà nulla da temere. Finché potremo contare l'uno sull'altro, non ci accadrà mai nulla di male. Ora noi due partiremo, padre. Andremo alla ricerca di un posto nuovo, sicuro, pulito. Una valle o un villaggio dove poter vivere tranquilli ed in pace. Da...da qualche parte sarà rimasto senz'altro qualche posto rimasto ancora incontaminato dalla paura, dall'odio e dalla violenza imperanti. Deve pur esserci, da qualche parte.”

“Ci DEVE essere” ribadì. “Senz'altro. E noi lo troveremo. Te lo prometto.”

Si alzò. E le tese la mano.

“Coraggio” le disse. “E' ora di andare. Vieni?”

“Sì” gli disse lei, senza la benché minima esitazione. “Sì, Ken.”

Si rialzò a sua volta, e si tennero per mano mentre si allontavano lentamente, con calma.

Poco più avanti vi era una moto con tanto di sidecar per passeggero.

Nuova fiammante, appena fresca di revisione e col serbatoio bello pieno.

Li attendeva un lungo viaggio, dopotutto.

Molto lungo. E senza un'apparente meta precisa.

Non avevano certezze. Se non ciò che provavano vicendevolmente. E non avrebbero potuto contare su nient'altro che la loro vicinanza e reciproca compagnia.

Se lo sarebbero fatto bastare. E andar bene.

Non fecero a tempo a fare che pochi passi, che tutto quel loro idillio si ruppe. Si spezzò bruscamente proprio come ciò che, da lì a poco e nel giro di un paio di istanti netti, andò in mille bricioli.

Il ragazzo sentì l'aria davanti a loro fischiare: qualcosa la stava fendendo in due.

Lasciò la mano della propria ragazza e le mise la sua davanti. Come a volerne bloccare il procedere e l'avanzare, oltre che a proteggerla.

“A...attenta!!” Le disse.

Un attimo dopo una grossa scure bipenne, rotenado vorticosamente su sé stessa, si abbatté di piena potenza sul cruscottino del loro mezzo mandando il volante letteralmente in frantumi. Assieme al contagiri ed al techimetro.

Pezzi di plastica e vetrini volarono tutt'intorno. Nel mucchio spiccavano due pezzetti rosso fuoco che una volta e fino a poco fa dovevano essere una coppia di lancette pronte a misurare rispettivamente il rendimento del motore e la velocità raggiunta, ed il tutto era degnamente accompagnato da un rumore di cocci e di finestre infrante che il violento impatto aveva generato praticamente all'unisono.

Kenshiro guardò oltre, in cerca del reponsabile. E notò un piccolo gruppetto in avvicinamento.

Un manipolo di teppisti, armati di asce e mazze ferrate, che li osservava esibendosi in ghigni sadici e crudeli quanto estremamente compiaciuti per l'infame opera appena compiuta, ahce se non si sapeva ancora con esattezza da chi.

Ridacchiavano senza ritegno, additandoli. Ed un paio di loro, a quanto pareva particolarmente sfrontati, si azzardarono pure a lanciare un paio di occhiate vogliose e lascive alla sua destra, umettandosi le labbra con la lingua.

Non gli risultava affatto difficile immaginare per poi arrivare ad indovinare a chi é che venissero rivolte. Più difficile era riuscire a dominare il senso di disgusto e di collera che lo stavano attanagliando spietatamente, come in una morsa di ferro.

“Stà...stà indietro, Julia” le ordinò.

“No, Ken!!” Gridò lei. “Sono...sono criminali! Devono essere degli assassini! Sono...”

“Sono solo un branco di nullità armate di ferrivecchi” fu la secca risposta da parte del ragazzo, mentre pigiava contro alle nocche col palmo della mano, facendole scrocchiare. “Nient'altro.”

Stava valutando il da farsi. Per uno come lui era un gioco da ragazzi, sbarazzarsi anche da solo di tutta quella ignobile feccia.

Ma c'era un problema. E cioé che non era affatto da solo, almeno in quel momento.

C'era Julia. E tenersela accanto poteva costituire un problema. Tra quei balordi, nel bel mezzo della battaglia, sarebbe potuto anzi sarebbe senz'altro volato qualche colpo accidentale, e lei ci sarebbe finita in mezzo. E di mezzo.

Lui poteva facilmente schivare ed evitare tutti quanti gli attacchi, e senza la benché minima difficoltà. Ma lei no. No di certo.

Mentre lui era intento a combattere ci sarebbe potuto essere il rischio, il grossissimo rischio che Julia potesse intercettare senza volerlo qualche fendente tirato a casaccio e magari con la pura forza della disperazione.

Avrebbe potuto raggiungerla una coltellata. Oppure un tiro di spada o di accetta.

Avrebbero potuto ferirla, quei manigoldi. Avrebbero potuto addirittura ucciderla.

Dopotutto, una come lei avrebbero potuto smerciarla e metterla sul mercato ad un buon prezzo anche se menomata o sfigurata. Probabilmente a quelli non importava nemmeno di sfregiarla o segnarla irrimediabilmente nell'aspetto.

Oppure avrebbero potuto sottrargliela da sotto agli occhi. Approfittando del fatto che qualcuno tra i loro compari si fosse sacrificato per intrattenerlo fino alla sua morte. Per tenerlo impegnato quel tanto che bastava per permettere ai superstiti di finire l'opera e compiere così il misfatto.

Certo, avrebbe potuto sempre mettersi sulle loro tracce, e così salvarla. Ma dovevano avere quasi sicuramente dei mezzi di locomozione, qui intorno. Mentre loro due, adesso come adesso...erano appiedati.

Evidentemente la distruzione della loro moto non doveva solo servire ad impedirgli di poter scappare ed a tagliare loro qualsiasi via di fuga, ma anche a scongiurare qualunque velleità di inseguimento, nel caso le cose fossero andate a buon fine.

Era fin troppo chiaro che quei ceffi si trovavano qui per lei, senza dubbio.

Dovevano averla adocchiata già da un po', e dovevano averla trovata appetibile. E vendibile.

Li stavano quasi sicuramente curando e sorvegliando già da tempo, come gli sciacalli alle prese con le spoglie ed i resti di una carogna ancora bella calda e fumante. E dovevano aver convenuto che il momento buono per loro era giunto.

Poveri illusi. Gliel'avrebbe fatta vedere lui, quanto si sbagliavano. E direttamente sulla loro pelle puzzolente, prima di farli a pezzi. Tutti quanti a pezzi.

Non c'era da scherzare. I razziatori di donne erano già in opera ed in azione da un pezzo. Da un bel pezzo, sin dai primi secondi successivi a quelli in cui l'intero mondo era sprofondato nel caos, subito dopo le deflagrazioni nucleari. E le belle e graziose ragazze come Julia gli facevano oltremodo gola.

Sembra incredibile quanto pazzesco a dirsi. Quanto imbarazzante, persino. Perché se così stavano le cose, l'umanità intera non é che vi facesse tutta questa gran bella figura.

Ma pareva proprio che fosse vero. Non si poteva proprio fare a meno di pensare che certa gente non aspettasse che quello.

Che ci sperasse, persino. Per scatenarsi e comportarsi come le belve e le bestie feroci appena uscite dal gabbio e fresche fresche di fuga dal giardino zoologico.

Una volta che avessero avuto Julia in mano loro, avrebbero potuto mettere una bella distanza e finire praticamente ovunque, e chissà dove.

Ci sarebbero volute settimane, prima di riacciuffarli. Forse addirittura mesi. E nel frattempo quei porci avrebbero potuto metterle le loro luride manacce addosso e far tutti i loro comodi, prima di cederla ad altri dietro un congruo prezzo.

Lo stupro era la prima cosa, dopo un sequestro. Era fondamentale per stabilire le regole del gioco, e per farle abituare a quelle che d'ora in poi sarebbe stata la loro vita. La loro nuova vita, per tutto il tempo che sarebbe durata e che sarebbe rimasto più o meno a quelle povere fanciulle per viverla.

Sempre ammesso e non concesso che si potesse chiamare vivere, quella roba.

Violentarle per piegarle. E poi spezzarle. Per far capire loro ed inculcargli nella testa che non potevano impedire assolutamente niente di ciò che stavano subendo. Perché i loro carnefici ed aguzzini erano più forti, e quindi liberissimi di fargli tutto ciò che gli pareva e piaceva, e che gli aggradava. Ogni volta che volevano.

E questo, tutto questo...lui non poteva permetterlo. Non poteva accettarlo.

Era chiamato e preposto a difenderla, e da lei e dal suo amore dipendeva tutta quanta la sua forza.

Julia era la sua metà. Era la sua vita. Ed in quanto tale...avrebbe dato e sacrificato più che volentieri il suo sangue e la sua carne, pur di riuscire a preservarla e a difenderla.

Julia era il suo mondo. L'unica bellezza di una Terra ormai perduta e cascata in rovina.

Julia per lui era tutto. Ma adesso come adesso, nelle sue vicinanze non costituiva che una palla al piede.

Doveva mettere almeno un poco di distanza, tra di lei e quelli. Altrimenti, non avrebbe potuto combattere al massimo e sprigionare così la piena potenza della sua arte.

Il fine della Divina Arte dell'Hokuto Shinken é la morte, non la vita. Pertanto, nel bel mezzo e nel vivo della lotta e dello scontro può dispiegare il suo potenziale distruttivo al gran completo sono se vi sono intorno nemici da eliminare e da uccidere. Non certo vittime o innocenti da salvare.

Altrimenti, rischiano di andarci e finirci coinvolti pure loro.

Tanto valeva farsi avanti per primo.

“Che...che cosa volete da noi?” Domandò impaurita Julia, alle sue spalle.

Povera anima candida. Ingenua quanto stupenda, certe volte.

Che cosa volessero era fin troppo chiaro, e sin dal principio. Ma certe persone sprovvedute e di buon cuore non possono fare a meno di formulare certe domande. Persino di fronte all'ovvio.

Forse sperano di trovare sempre un barlume, un luccichio di bontà anche sul fondo delle anime più nere, che gli possa fare da appiglio a cui aggrapparsi.

Non rinunciano mai. Non vogliono rinunciare a pensare che possa sempre finire tutto bene, e che tutto si possa sempre risolvere per il meglio. E senza alcuna spargimento di sangue.

La giustizia dovrebbe essere l'unica, vera forza. Ma talvolta soltanto la forza può essere l'unica, vera giustizia. E solo con essa si può imporre la pace, a prezzo di qualche manipolo di caduti. Che forse pure se lo meritavano, di morire.

Kenshiro, invece, decise di non perdere ulteriore tempo.

“Ignoro cosa vogliate da noi”, disse a quei buzzurri, esibendosi in un'altra sonora scrocchiata di nocche. “Ma qualunque sia il motivo per cui avete deciso di infastidirci, vi chiedo di andarvene. Subito.”

I tizi non si mossero. E nemmeno fecero sparire quei ghigni strafottenti che adornavano i loro musi feroci e belluini.

“Non mi avete sentito, forse?” Intimò loro il giovane. “Non osate fare un solo passo ulteriore. O altrimenti...non garantisco più per le vostre vite. Sono stato abbastanza chiaro, adesso?”

Il branco ridacchiò. Poi, cominciò a spostarsi. Ma non nel modo che si sarebbe aspettato chi in quel momento si era frapposto tra di essi e la loro preda designata.

Iniziarono a fare largo e a fare spazio, ma non dalle fila iniziali quanto dalle ultime. Dalle retrovie.

Ken vide i teppisti più defilati e sullo sfondo spostarsi di lato, come se alla spalle della guarnigione fosse improvvisamente arrivato qualcosa di sinistro e di orribile. Di spaventoso.

Non si erano spostati per lui, questo era certo.

In genere era il tipo di reazione che quelli come lui assumevano quando si accorgevano di colpo dell'inaspettata comparsa di un qualche genere di spirito combattivo, e...

No, aspetta. ERA quello, dannazione.

Si trattava proprio di quello, accidenti.

C'era un'aura. C'era un'aura, laggiù. Laggiù in fondo. E si stava sprigionando con una violenza tale che persino la gente non adeguatamente addestrata, o che la natura non aveva dotato di sufficiente sensibilità, non poteva non accorgersene.

Se n'era reso conto persino lui che stava lontano. E nemmeno tutta quella gran canaglia, nell'oscurità e nel buio garantiti dalla loro rozzezza ed ignoranza, potevano rimanerne completamente indifferenti come se nulla fosse. Anche se con tutta probabilità non avevano sentito che uno spostamento d'aria, e niente più.

Si erano infatti tolti di mezzo, come se una folata di vento gli fosse passata attraverso. Anche se più che un soffio doveva trattarsi come minimo di un tornado, a giudicare dalle caratteristiche.

Uno del rango di Kenshiro, e proprio in virtù degli allenamenti che aveva fatto e a cui lo avevano sottoposto fin da piccolo, era perfettamente in grado di giudicare e di valutare che tipo di persona fosse. E lo attraversò un brivido.

Quello spirito combattivo era calmo, limpido e fermo. Ma era lo stesso tipo di quiete che si può riscontrare in una bufera o in una tempesta giusto quell'attimo prima che si scatenino abbattendo e travolgendo tutto. Ogni cosa.

Chiunque fosse e di chiunque si trattasse...una cosa era certa. Colui che la emanava aveva intenzioni omicide. E lo animava un'insopprimibile sete di sangue.

Il SUO sangue.

Il manipolo di predoni si era disposto su due linee, ed ora qualcuno stava marciando ed avanzando ta esse.

Era proprio come pensava. Stavano agevolando il transito ai nuovi arrivati. Qualcuno aveva deciso di unirsi alla festa.

Qualcuno di non gradito. Per niente.

Ken li osservò. Erano quattro ulteriori sgherri, ma a differenza degli altri le loro uniformi erano pressoché identiche, il che lasciava intuire che appartenevano allo stesso e medesimo corpo d'armata.

Dovevano far parte di milizie e guarnigioni regolari. Tutto il contrario dei cani sciolti che avevano fatto la comparsa per primi sulla scena.

Furono i copricapi a lasciarlo colpito, più di ogni altra cosa. In particolar modo le coppie di ali piumate poste sulle loro sommità, che non la sciavano spazio ad alcun dubbio di sorta.

Conosceva quegli elmi e quei caschi. Quelli erano, dovevano essere uomini di...

L'istante successivo i suoi pensieri ebbero pronta conferma. Così come i suoi e più nefasti e peggiori timori.

L'ebbero nel momento in cui una quinta figura emerse di prepotenza dallo sparuto ma tuttavia compatto gruppetto.

Disse sottovoce quel che non aveva osato pensare, col volto che gli sbiancò mentre assumeva un'espressione sconcertata.

“...Shin?!” Fece, incredulo.

Era lui. Era davvero lui. La sua folta chioma color del sole era inconfondibile.

Il Maestro e più recente detentore del NANTO KOSHU – KEN.

IL PUGNO DELL'AQUILA SOLITARIA. Uno dei Sei Stili Maggiori che governavano le Centootto scuole della Sacra Scuola di Nanto, il Pugno Tagliente della Croce del Sud.

Ma che ci facevano, qui?

Cosa ci faceva qui, lui?

Che ci era venuto a fare?

Il biondo superò il quartetto composto dai suoi stessi uomini.

“Uh, uh, uh...che magnifica epoca, che abbiamo alle porte” disse, ridacchiando soddisfatto. “Già...é proprio una magnifica epoca, quella che é appena iniziata e che si profila all'orizzonte. L'epoca giusta e degna per quelli come noi. Per quelli come ME. L'epoca della violenza, dove ognuno farà ciò che più gli pare e piace, senza alcuna conseguenza. L'epoca dove chi può, potrà prendere tutto ciò che vuole. Ed infatti noi, io...prenderemo tutto. Ogni cosa! Non vi é più nessun limite...nessun limite, capito?!”

Oltrepassò deciso Kenshiro senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.

Come se nemmeno esistesse. Come se fosse passato di fianco ad un cumulo di spazzatura, o poco ci mancava.

Non aveva avuto il benché minimo riguardo, e nemmeno tenuto da conto l'etichetta.

Di norma, quando un maestro fa visita ad un altro, per cortesia dovrebbe dire da subito il motivo che lo ha spinto fin lì. Fosse anche per affrontarlo in un duello all'ultimo sangue. E poi rimanersene in silenzio, ad attendere la risposta del diretto interessato.

Un bell'inizio, non c'era proprio di che dire.

Se davvero aveva l'intenzione di vivere secondo gli orridi precetti che aveva appena enunciato a tutto quanto l'uditorio lì presente, si era già messo senz'altro sulla buona strada. Ed era già partito col piede giusto.

Sempre ammesso che termini e concetti come buono e giusto possano venire utilizzati a supporto di una condotta tanto abietta.

In realtà, il suo obiettivo doveva essere un altro. E poco dopo, diede piena conferma di quel recondito sospetto.

Punto verso la ragazza.

“Julia” le disse, col tono fermo e perentorio di chi non ammette né repliche né obiezioni.

Tanto meno discussioni, visto che non dev'essere abituato a sentirsi rispondere di no.

“Io ti ho sempre amata” le rivelò. “Ed ora ti porterò via da qui. Ed ora tu verrai a vivere con me, per sempre.”

Il viso di lei assunse un'espressione di stupore ed incredulità miste ad un velato ma evidente disgusto.

La sola idea doveva farle venire il voltastomaco.

“C- cosa...cosa stai dicendo?!” gli chiese. “Sei...sei impazzito, per caso? Sei ammattito di colpo? E'...é uno scherzo, vero? I – io...io non ho nessuna intenzione di seguirti! Proprio nessuna intenzione!!”

Lui non l'ascoltò nemmeno.

La prese per un braccio, e la tirò verso di sé insieme ad esso.

“Siamo entrambi appartenenti a Nanto, e lo sai bene” le spiegò. “E io ti ho sempre amata e desiderata. Ti ho voluta sin da piccolo. Siamo entrambi di alto lignaggio, ed apparteniamo a due delle famiglie e dinastie più importanti e rappresentative, tra quelle destinate a custodire e tramandare il nostro Sacro Pugno. Hokuto non é in grado di difenderti, ora. E quindi, é più giusto che tu rimanga e resti con la tua gente. Con la tua stirpe. Nanto deve rimanere con Nanto, come é giusto che sia. E' così che deve essere, se nessun esponente della Divina Arte si rivela all'altezza. E' più corretto che due eredi del ramo principale rimangano insieme, per aiutarsi e sostenersi a vicenda. Due come me, e come te. Solo così si creerà e si manterrà nuovamente l'equilibrio.”

“Tu sei pazzo, Shin!!” Urlò Julia. “Ti ho detto che non ho nessuna intenzione di seguirti! Io...io amo Ken! Amo lui, hai capito? E preferirei morire, piuttosto che venire con te!!”

“Mi hai sentito?!” Gli ribadì. “Preferisco mille e mille volte morire! Meglio farmi uccidere qui e ora, piuttosto che venirti dietro come una schiava per andare a finire chissà dove!!”

Shin sorrise. Evidentemente doveva aver preso tutto quel discorso come un autentico complimento, o qualcosa del genere.

Era talmente tutto preso dalla sua visione e da quanto aveva in testa da non accorgersi nemmeno che la fanciulla non lo stava elogiando, bensì insultando.

Gli aveva già dato per ben due volte del matto da legare. Eppure, non stava battendo assolutamente ciglio.

“Mh. Bene” le fece compiaciuto. “Ottimo. Davvero ottimo. Mi piace, questo tuo carattere così risoluto. Mi piace davvero. E molto, anche. Così potrò avere qualcosa di bello e di forte allo stesso tempo. Qualcosa da adorare con tutto il mio amore e da piegare al mio volere e alla mia volontà con ogni mezzo a disposizione.”

“Lo dicevo, io!!” annunciò, in preda ad un euforica esaltazione. “Lo dicevo che eri la donna degna di un Re. La donna degna di uno come me! La donna giusta per stare al mio fianco! L'ho sempre saputo. Lo sapevo che eri perfetta! Vedrai che riuscirò a domarti, mia cara. E sarà un vero piacere, farlo! Non vedo l'or...”

Qualcosa lo aveva interrotto. O meglio, qualcuno.

Una mano. Una mano si era poggiata sulla sua spalla.

La mano di Kenshiro.

“Shin...” gli disse. “Allontanati da lei.”

“Ti chiedo di allontanarti da lei” gli ripeté. “Per favore.”

Per tutta risposta Shin fece partire il braccio all'indietro nel momento stesso in cui girava lo sguardo per incrociare i suoi occhi con quelli di lui.

Era uno sguardo a dir poco furibondo. Carico e strabordante di odio, di risentimento e di invidia.

Era lo sguardo di un autentico pazzo furioso.

Menò un fendente. E l'attimo dopo sulla guancia destra di Kenshiro si aprì un taglio lievemente obliquo, appena sopra allo zigomo.

“Acc...”

“Ken!!” Gridò Julia. “Attento!!”

Si era spostato all'indietro non appena gli era riuscito di scorgere il movimento. Appena in tempo.

In realtà l'aveva evitato, e giusto di un soffio.

Se l'avesse preso in pieno e l'attacco fosse andato a segno, nell'istante successivo circa metà della sua faccia gli si sarebbe aperta in due. Come minimo.

“Tu, allontanati!!” Lo minacciò il biondo. “E non osare toccarmi con quelle tue luride mani, capito? Non azzardarti mai più a farlo! E quando pronunci il mio nome, vedi di farlo col dovuto rispetto! Sono stato abbastanza chiaro?!”

Kenshiro appariva confuso, frastornato.

Evidentemente non si aspettava che le cose prendessero una così gran brutta piega. Non sin da subito, almeno.

Gli era bastato percepire la sua energia spirituale per comprendere che era venuto fin lì con le peggiori intenzioni. Ma tutto avrebbe potuto pensare, tranne che il maestro di Nanto decidesse di passare alle vie di fatto. E sin dall'inizio, per giunta.

La faccenda stava rapidamente degenerando e prendendo una gran brutta, bruttissima piega. E la situazione era già bell'e che sul punto di non ritorno. In procinto di precipitare.

Pensava che il fatto di essere il nuovo successore della Divina Arte lo mettesse automaticamente in un posizione di sicurtà, soprattutto nei confronti degli esponenti di altre scuole e discipline.

Ma adesso, solo adesso...aveva capito di aver sbagliato, decisamente. E di aver commesso un madornale quanto grossolano errore di valutazione.

Non poteva assolutamente concedersene altri. C'era un'altra vita in gioco lì, oltre che la sua.

Ciononostante, riteneva ancora di poter risolvere tutto con il dialogo e la mediazione.

Si mise comunque in guarda e lentamente, passo dopo passo e con circospezione, si mise tra Shin e Julia.

“C – cosa...cosa vuoi fare?” Gli chiese. “Che cosa ti sei messo in testa di voler fare, Shin?”

“Lo sai bene, quel che voglio fare” Replicò l'altro. “Quindi levati di torno. In quanto a quel che ti farò...lo vedrai da te, se non segui il mio consiglio e non ti togli di mezzo!!”

Sferrò e fece partire un'altra sciabolata. Ed una nuova striscia scarlatta comparve sul volto di Kenshiro. Una nuova ferita che questa volta andava dalla mandibola fino alla tempia, in verticale, e che prese da subito a sanguinare.

“Vuoi impedirmi di prendere la donna che amo e di portarla via con me, forse?” Lo incalzò Shin. “E allora prova a fermarmi, razza di vigliacco! Fatti avanti, forza! Cerca di bloccarmi in qualche modo, invece di stare lì solo a prenderle!!”

“Tu sei pazzo!” Disse Kenshiro. “Julia é la mia donna, capito? Lei ha scelto me! Non te! Non ti vuole, mi hai sentito? Non vuole te!!”

“Non ho orecchie per ascoltare le parole di un codardo” rispose Shin. “Perché quello sei. Null'altro.”

“Tsk. Ma guardati” gli fece, sprezzante. “Non sei neanche in grado di difenderla!! E' proprio come pensavo. Avevo ben ragione, a volertela sottrarre con la forza. E lo farò, se necessario. Qualunque cosa, pur di proteggerla!!”

“Sì. Proteggerla” ripeté. “Una cosa che tu non sei assolutamente in grado di fare. E più che evidente.”

“C – combattere, dici? E' perché mai io e te dovremmo combattere, me lo spieghi? Io...io non ho alcuna intenzione di volerti affrontare!!”

Indicò la tomba poco distante. Quella a cui aveva appena terminato di rivolgere il saluto prima di partire con la sua amata verso una terra lontana.

Qulla contenente i resti e le spoglie mortali del suo venerato padre e maestro.

“Ricordi le sue parole? Hokuto e Nanto rappresentano due facce della medesima medaglia. Il lato chiaro e quello oscuro, lo Yin e lo Yang. Sono l'incarnazione stessa delle due energie perennemente contrapposte, grazie alle quali ogni cosa può esistere! E proprio per questo motivo non possono entrare in diretto conflitto l'una con l'altra. Mai! Se ciò avvenisse, scoppierebbe il caos nell'intero mondo! Devono piuttosto aiutarsi e sostenersi vicendevolmente, non farsi la guerra!!”

“La tua scuola e la mia devono coesistere!!” Insistette il giovane. “Devono convivere con mutualità ed in modo pacifico, non combattersi! Così finiremo soltanto per distruggerci a vicenda, e il male trionferà su tutta quanta la Terra! Dobbiamo piuttosto lavorare insieme ed aiutarci, per poter passare le nostre conoscenze alle generazioni future. Tutto questo affinché l'odio e i conflitti possano estinguersi e cessare definitivamente di tormentare ed affliggere l'umanità, un giorno!!”

Shin abbassò lo sguardo, chiudendo gli occhi.

Per un attimo, un solo quanto fugace attimo, dovette sembrare di aver dato l'impressione di recepire le parole di quell'accorato discorso, e di aver accolto in messaggio insito in esse.

Una vana illusione destinata presto a cadere, come confermò il sorriso che gli affiorò a fior di labbra e di bocca, unito ad una risata maligna quanto sommessa.

“Uh uh uh...”

Si allontanò lentamente dai due ragazzi, procedendo verso la tomba del maestro Ryuken.

Rise ancora.

“Uh uh uh...davvero delle gran belle parole, le tue. Ripetute a pappagallo direttamente dal tuo tutore e precettore, da bravo studente diligente e modello. Il tipico atteggiamento di un povero e stolto burattino che ragiona per idee preconcette e precostituite, e non con la sua testa. Che rimastica e rivomita parole già masticate, predigerite e sputate da altri ed altri ancora prima di lui. Tutte marionette, esattamente come lo sei tu! Una sciocca marionetta che non sa uscire dagli schemi, e abbandonare strutture vecchie di millenni ed ormai superate!!”

Aveva raggiunto la tomba, intanto.

“Curioso...” osservò. “Davvero curioso. A sentire te ed il tuo vecchio istruttore mi sembra di risentire le parole di Fugen, il mio vecchio maestro. Colui che mi ha iniziato al Pugno dell'Aquila Solitaria. Non a caso lui e il tuo maestro pare che fossero grandi amici. Non faceva altro che ripetere e ripetermi le stesse cose, fino alla nausea. Anche fino all'attimo prima in cui mi sono deciso a sistemarlo una volta per tutte, perché ero stufo! Tu pensa che é andato avanti a ripeterlo anche dopo che gli ho reciso i tendini delle caviglie, per poi farlo precipitare dentro ad un burrone!!”

“C – che...che cosa?!” Fecero all'unisono sia Kenshiro che Julia, totalmente inorriditi.

“Sì” confermò loro Shin, freddamente. “Solo allora...solo allora si è deciso a rimanersene zitto.”

“Finalmente” aggiunse, quasi con una nota di liberazione. “Non ne poteva davvero più di tutte quante le sue ciancie e ciarle!!”

La sua gamba sinistra si alzò di scatto, piegandosi ad angolo perfettamente retto.

Ed un attimo dopo, la lapide del vecchio maestro finì in frantumi, gettando mille pezzi e frammenti tutt'intorno e per ogni dove.

L'aveva distrutta con una ginocchiata ben assestata.

“Ma io non sono così!!” Dichiarò rabbiosamente il biondo, rivolgendosi agli spettatori di quello scempio appena compiuto senza il benché minimo rimorso.

“Io non mi lascerò manovrare!!” Urlò. “Se a te sta bene così...padronissimo! Se a voi sta bene così, tanto peggio per tutti e due! A me non importa! Io non mi farò comandare a bacchetta, invece. Le chiacchiere e le scemenze di quei vecchi idioti e di tutti gli altri vecchi idioti che li hanno preceduti e che hanno seguito nell'oltretomba non mi terranno al guinzaglio! Non mi farò tenere alla catena da queste stronzate assurde e senza alcun senso!!”

Si voltò verso Kenshiro.

“Ho dimenticato le loro parole tanto tempo fa!!” Gli rivelò. “Anzi...non ho mai creduto alle loro parole, nemmeno ad una di esse! E adesso che quei due vecchi balordi sono morti, non ho più nulla da temere e di cui aver paura! Anche se in realtà non ho mai avuto alcun timore, di loro. Ho preso semplicemente ciò che mi serviva, da loro. Tutto quello di cui avevo bisogno, per diventare il più forte e poter così dominare su tutti quanti! E adesso che loro non ci sono più, e che non fanno più parte di questo mondo...non c'é più nulla che mi trattenga, adesso! Non vi é più alcun motivo, per cui io mi debba trattenere!!”

“T – tu...tu non puoi parlare sul serio!!” Gli disse Kenshiro. “Non puoi voler questo! Non puoi volerlo fare per davvero!!”

“Oh sì, invece!!” Lo contraddisse Shin. “E' proprio così. Ed é proprio quel che farò. E tu cosa farai, eh? Se non ti sta bene quel che ho intenzione di fare...allora prova a fermarmi, custode dell'arte assassina! Voglio che provi a fermarmi, mi hai sentito? Forza, ASSASSINO!!”

“Coraggio!!” lo incitò. “Fatti sotto! Combatti!!”

Era tutto inutile, ormai.

Non sentiva e non ascoltava più.

Shin, in quel momento, non era altro che un concentrato puro di rabbia, odio e di rancore più assoluti.

E per quanto incredibile risultasse sia a dirsi che a pensarlo...persino di gelosia.

Giusto un poco. Ma trattandosi di quel sentimento, anche quello sparuti pizzico bastava a renderla pericolosa. Poiché da sempre essa rende un uomo pronto e disposto a tutto, pur di soddisfarla.

Anche a compiere le peggiori cose. Cose di cui un giorno si potrebbe pentire.

Shin spiccò un balzo, con gambe e braccia leggermente raccolte, in direzione di Kenshiro.

Era proprio come il rapace che rappresentava la sua scuola e tecnica.

In quel momento era come un uccello predatore sul punto di planare e ghermire la sua vittima al termine di un volo in picchiata.

“Julia é MIA!!” Gridò, mentre si trovava a mezz'aria. “E tu non sei alla mia altezza. E ora...ora te lo dimostrerò!!”

“Tu sei pazzo!!” Gli gridò contro e di rimando Kenshiro.

Quel folle stava attaccando. E lui non poteva sottrarsi alla battaglia.

Non poteva più.

Era costretto ad intervenire. Per difendersi. E per difenderla.

“Shin!!” Urlò. “Io...io ti fermerò! Ti fermerò ad ogni costo!!”

Spiccò un salto a sua volta, nel tentativo disperato di intercettarlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Finalmente, aggiungo.

Certo che ne é passato di tempo...ma da come potete vedere e da quel che potete leggere, il sottoscritto é ancora vivo e vegeto!

E non ha smesso di scrivere un solo istante, in tutti questi mesi.

Purtroppo, scrivere e basta sarebbe il mio sogno. Ma ho anche una vita con cui dover fare i conti, e che reclama sempre più spazio.

Come é giusto, del resto.

Dallo scorso Settembre mia figlia ha iniziato le scuole medie, e gli impegni si sono triplicati.

Specie coi compiti: gliene danno una marea. E io, da buon papà, non posso fare a meno di darle una mano. Quando occorre, s’intende.

Italiano, storia e materie umanistiche ok, quelle sono sempre state il mio forte. Ma mi é toccato persino imparare una buona volta la matematica, tra l’altro con risultati sorprendenti.

E dire che ero una frana, ai tempi...tre fisso, proprio.

Grazie al cielo oggi esistono tutorial di ogni tipo, pure per fare le equazioni.

Certe volte li invidio, i ragazzi di oggi. Avessi avuto io tutto questo ben di Dio, allora...mi sarei arrangiato da solo.

Ma una volta potevi solo contare sui professori, e basta. Non c’era internet.

O meglio c’era, ma era agli albori. E non certo alla portata di tutti.

Ma soprattutto non c’era la mole di informazioni che circolava oggigiorno.

E la cosa peggiore di una materia già complicata di per sé...era quando a spiegartela c’era un insegnante che non era neppure buono di spiegare!!

Eh, sì. Perché sapersela cavare in una materia non significa essere automaticamente in grado di spiegarla, purtroppo. Ma guai a dire i faccia ai prof che erano un branco di incapaci: li pungevi sul vivo, e reagivano come gli aspidi.

Dicono tanto che i ragazzi non hanno voglia di studiare.

Lo dicevano anche di noi, e io fornisco sempre la stessa risposta.

Tutte balle. E’ la scuola che fa schifo, ecco la verità.

Ma da questo schifo tocca riuscire a cavarci fuori qualcosa di buono. Perché, nel bene o nel male, sui banchi ti stai costruendo il tuo futuro.

E’ importante.

Tornando a prima...mia figlia con la scuola,e una nuova mansione sul lavoro decisamente meno sfiancante ma con moooolte più responsabilità rispetto a prima. E che, dulcis in fundo, dal punto di vista prettamente pratico da un annetto circa a questa parte mi ha stravolto completamente tutti gli orari.

Ero riuscito persino a tornarmene in palestra a fare un po' di boxe, accidenti. Ma ho dovuto accantonare di nuovo tutto. Un’altra volta.

Ma io non mollo, eh. A costo di andarci quando andrò in pensione...alla prima occasione io ricomincio.

E poi...anche sul fronte scrittura, qualcosa si é mosso.

Ho partecipato a un concorso con un racconto breve, é andata bene anche se alla fine purtroppo ci sono stati degli intoppi logistici ma tutto sommato é stata una bella soddisfazione.

Adesso, per quanto riguarda il mio romanzo inedito, sto aspettando una risposta da parte di un concorso letterario che si terrà i prossimi mesi.

Incrocio tutte quante le dita delle mani e dei piedi a mia disposizione...e speriamo bene.

E adesso veniamo al capitolo.

Comincia quindi il duello tra Ken e Shin, come del resto molti di voi avevano già immaginato.

Per quel che mi riguarda, da appassionato di combattimenti la trovo l’ennesima occasione per farvi la goduriosa telecronaca di quello che é uno degli scontri più iconici dell’intera saga.

Hai detto niente: di fatto é la sfida breve ma intensa e all’ultimo sangue che dà inizio a tutto quanto.

Parte tutto da qui.

Ed ora, passiamo al consueto angolo dei ringraziamenti.

Un grazie di cuore ad Asrael, Devilangel476, vento di luce e innominetuo per le recensioni all’ultimo capitolo.

All’ultima amica nonché collega un sentito ringraziamento anche per quella relativa al capitolo 19.

E come sempre, un grazie anche a chiunque leggerà la mia storia. Così come a chiunque se la sentirà magari di lasciare anche un suo relativo parere in merito.

Prima di chiudere, ancora una cosa.

E’ stupendo, essere tornati.

Mi mancava questo posto stupendo. E prima di ogni altra cosa mi mancavate VOI, ragazzi.

Come l’aria.

E’ meraviglioso ritrovarsi qui.

E’ stata dura, difficoltosa e lunga. Ma ce l’ho fatta.

Anche stavolta.

Mi sento come se avessi scalato una montagna.

Un’altra impervia cima é superata. Sotto con la successiva, adesso.

Grazie ancora a tutti e alla prossima!

 

See ya!!

 

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

P.S:

 

Approfitto per un’ultima aggiunta al volo, anche se...di un’aggiunta simile ne avrei fatto volentieri a meno, purtroppo.

La notizia é stata resa pubblica soltanto pochi giorni addietro, ma all’inizio di questo mese ci ha lasciati il grande Akira Toriyama.

A 68 anni.

Vorrei dire tante cose, soprattutto che mi viene da pensare a un vecchio discorso che ho tirato fuori alla dipartita di un altro grande.

Parlo del povero Kentaro Miura, l’autore di Berserk.

La faccenda relativa ai meccanismi e ai ritmi di produzione infernali dell’industria editoriale giapponese, ad esempio.

Ma al momento non ho la voglia e non me la sento di riprendere certi argomenti.

Inoltre, trovo che i commiati in sostanza siano inutili e non servano a nulla. Oltre che estremamente tristi.

Ma due parole mi sento di spenderle ugualmente.

Potrei dire che senza il suo Dragonball molti dei best – seller di oggi come Fairy Tail, My Hero Academia, One – Punch Man, Naruto ma soprattutto One Piece ( e Oda é il primo a sottolinearlo, giustamente) non esisterebbero neppure.

Sono tutti figli di Goku, in qualche modo.

Oppure potrei dire che l’arrivo del manga qui in Italia ha fatto da apripista alla seconda e definitiva invasione, quella che dura ancora oggi. Ed é grazie a lui, il primo che abbiamo letto “a rovescio”, se oggi tutti i fumetti giapponesi si leggono col senso di lettura identico a quello della loro madrepatria.

Dragonball. Ma prima ancora...Dr. Slump e Arale.

Col suo mondo tozzo, coloratissimo, folle e spassoso pieno zeppo di caricature, personaggi assurdi e cacchette rosa dall’espressione buffa ha di fatto sdoganato il concetto di super deformed.

Uno stile e un tratto assolutamente unici, e riconoscibilissimi. Al punto che quando abbiamo visto Dragonball ci siamo detti subito MA E’ LO STESSO DI DR. SLUMP!!

Manco sapevamo chi fosse Toriyama, allora.

Dragonball.

Quelli che come me hanno visto (e mai più rivisto) la primissima versione trasmessa su Junior TV dopo che era finito Ken, lo hanno considerato per molti anni una sorta di leggenda metropolitana.

La primissima versione senza censure e doppiata dagli studi romani dei vecchi cartoni di una volta. Dove Goku aveva la stessa voce di Tare, il fratellino della Miki di Devilman.

Quella ormai andata perduta per sempre. E che si era pure interrotta.

Non ne abbiamo avuto più alcuna notizia per tanto, tantissimo tempo.

Poi arriva il manga, finalmente. Che aspettavamo da anni, in modo da poter finalmente vedere come andava a finire.

Ma intanto arrivarono anche i primi OAV in lingua straniera (per me in spagnolo, grazie), le immagini e anche i videogiochi di Dragonball Z, dove si vedevano delle robe a dir poco PAZZESCHE.

Avevamo i due estremi, senza però un tratto di congiunzione ad unirli.

E in quella zona vuota fiorì ogni genere e sorta di voce incontrollata, da far impallidire quelle sulla celeberrima e fantozziana Italia – Inghilterra durante l’ennesima, ammorbante riproiezione de La Corazzata Potemkin.

Ecco, tutto qui. Io di lui e della sua opera più famosa ho questo ricordo.

Aggiungo anche che sarebbe bello avere un Drago Shenron con le sue sette sfere in grado di riportare in vita i nostri cari che non ci sono più.

O una persona come la vecchia Sibilla, che almeno per un giorno riporta a richiesta sul pianeta Terra le persone defunte, con tanto di aureola sulla testa.

In un mondo come il nostro, dove il tempo scorre impietoso e non fa sconti a nessuno, sarebbero i doni più belli che possano esistere.

Ecco, se c’é davvero un Aldilà, me lo immagino proprio come quello ideato da Toriyama.

Questo capitolo, quello del mio ritorno dopo tanto, tantissimo tempo, lo voglio dedicare a lui.

Grazie, Maestro. Non la dimenticherò.

Grazie di tutto.

Un giorno ci rivedremo senz’altro, da qualche altra parte.

 

 

 

 

 

 

   
 
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