Stamattina mi sono svegliata e ho visto i commenti= 14 ... wow
grazieeee ... non so proprio che dire ... sono felicissima che la storia vi stia piacendo! mi appresto a postare il nuovo capitolo!!!! Devo ammettere che tutti questi commenti mi hanno farto venire voglia di postare + velocemente, quindiiii vi ringraziooo super immensamente!!! tanto i capitoli sono pronti!! hihiihi
Betato by Ronnie8437
“Come
scusa?” la mia voce
assunse delle tonalità più alte del normale.
Alice
mi fece cenno di
tacere. “Eddy, casa tua è ampia, e ci vivi da solo. Non possiamo farli
dormire
in albergo per le prossime settimane!” mi ammonì nervosamente.
“Avresti
dovuto chiedermelo”
ribattei acido.
Non
avevo alcuna intenzione
di ospitarli a casa mia. Non sopportavo l’idea di dover condividere la
casa con
una coppia di neo sposini, ma soprattutto conscio del disagio che avrei
provato
con quella sconosciuta per casa che mi attraeva non poco.
Mi
erano bastati gli sguardi
poco consoni che le avevo rivolto a ristorante, rischiando di irritare
a morte
mio fratello.
“Eddy
… - piagnucolò
agitandosi come una bambina. –
Emmett si offenderà!”
Sarà
un
disastro. Un fottutissimo disastro!
Passai
stancamente le mani
sul volto “Tu mi vuoi morto …” biascicai pensando a ciò che avrebbe
implicato
la mia scelta. Ma come potevo scalfire la gioia di mio fratello con un
gesto
tanto assurdo? Lui non mi avrebbe mai rifiutato nulla, ed io non potevo
permettermi di essere da meno.
Asserii
con il capo,
cercando di non soffermarmi sull’espressione vittoriosa ed esultante di
Alice.
Quella piccola, quanto sadica creatura, sapeva sempre come raggirarmi,
e la
soddisfazione che ne traeva era incommensurabile.
Prima
o poi mi
vendicherò.
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Erano
trascorsi due giorni.
Due interminabili e tremendi giorni nei quali avevo avuto modo di
approfondire
la mia conoscenza con Bella. La prima mattina dopo il loro arrivo, ero
stato
svegliato da un’invitante profumino che mi aveva attratto fino alla
cucina.
La
quantità di cibo con il
quale la tavola era imbandita sarebbe bastato a sfamare un esercito. Mi
stropicciai gli occhi con vigore, credendo di essere ancora immerso nel
mondo
dei sogni, fino a quando una voce non mi riscosse.
“Buongiorno
Edward!”
Timida
ed insicura, mi aveva
salutato per poi riprendere posto ai fornelli. Mi domandai dove avesse
reperito
una tale quantità di ingredienti, considerando la mia dispensa vuota.
“Hai
cucinato tutto tu?”
chiesi avvicinandomi alla macchinetta del caffè, per trovare ristoro in
quel
nettare delizioso.
Domanda
più
stupida non avrei potuto farla.
Lei
sorrise comprensiva ed
annuii. “Spero non ti abbia creato disturbo! Volevo sdebitarmi per
l’accoglienza che ci hai offerto” mormorò mordendosi nervosamente le
labbra.
Scossi
il capo in senso di
diniego. “Tutt’altro, credo di non aver mai avuto un simile risveglio
da quando
mi sono trasferito in questa casa!” risposi onesto. Mi erano mancati i
manicaretti di mia madre, e quell’odore dolce che aveva invaso la casa
mi dava
un vago senso di sicurezza.
Il
sorriso sincero che le
illuminò il volto mi fece irrigidire.
Dannazione,
quanto è bella?!
“Eddino!”
la voce profonda
di mio fratello mi fece sobbalzare.
Che
mi avesse visto fissare
la sua futura moglie con la bava alla bocca? Sperai sinceramente di no!
“Bells,
quante cose buone!”
esclamò mio fratello mentre i suoi occhi brillavano, posandosi sulla
tavola
imbandita a festa.
“Ci
sono anche le frittelle,
come piacciono a te.” Affermò ridendo divertita dell’entusiasmo di
Emmett.
Lui
si fiondò sulle pietanze come
un assetato perso da giorni in un deserto che avvista un’oasi. La
quantità di
cibo che riuscii ad ingurgitare fu eclatante, considerando anche
l’abbondante
cena della sera precedente.
“Ecco
spiegata la smisurata
quantità di cibo che hai preparato …” mormorai scuotendo il capo
divertito,
mentre cercavo di salvare qualche frittella dalle sue fauci.
“La
cucina di Bells è la
migliore! - si giustificò lui ghignando – è proprio una donna da
sposare. Ha
tantissime doti” terminò in tono malizioso, provocando un immediato
rossore sul
viso della sua compagna.
Gli
scoccai un’occhiata
truce. Emmett non era affatto cambiato.
Mangiammo
tranquillamente,
godendoci quel cibo squisito sino a quando il mio cellulare non prese a
suonare
insistentemente.
Sbuffai
contrariato,
immaginando perfettamente chi fosse a disturbare la mia quiete.
“Tanya!”
dissi a mo di
saluto, malcelando la mia irritazione.
Tanya
era la mia “amica di
giochi”, se così si può definire. Da quando avevo rinunciato all’idea
di
trovare una donna in grado di soddisfare il mio intelletto, oltre che
il mio
diletto fisico, avevo iniziato a frequentarla. Come me era inserita nel
mondo
della musica. Io lavoravo come pianista in uno dei teatri di maggiore
importanza della città, lei come violoncellista.
Inizialmente
avevo sperato
che quella passione comune potesse rivelarsi un ottimo punto di
partenza per
una relazione stabile, ma con mio disappunto il suo carattere non si
conciliava
affatto con il mio.
Ma
sono pur
sempre un uomo, ed il suo corpo non è certo da sottovalutare. Peccato
per il
fastidioso gracchiare della sua voce.
“Edward,
stasera
sarò da te alle otto!” annunciò,
rammentandomi della cena che avevamo programmato per la sera.
“Maledizione”
farfugliai
considerando la presenza di Emmett e della sua futura sposa. Non potevo
certo
cacciarli di casa?!
“Credo
dovremmo rimandare,
ho come ospiti a casa mio fratello e la sua fidanzata!” mi giustificai
prontamente.
La
sentii sbuffare
contrariata ma non ribatté ulteriormente, interrompendo frettolosa la
telefonata.
Riagganciai
leggermente
irritato, mentre mio fratello mi fissava con un’espressione mortificata.
“Mi
dispiace Ed, ma se vuoi
possiamo passare la serata da qualche altra parte!”
Scossi
il capo con fare
tranquillo. “Non era nulla di importante!” mormorai dirigendomi verso
la mia
stanza. Quel giorno avevo in programma di esercitarmi con le melodie
per il
nuovo concerto. Era previsto da mesi, ma purtroppo non ero ancora
riuscito a
scrivere qualcosa di nuovo che potesse essere la degna conclusione
dell’esecuzione. Tutti i brani che la mia mente aveva partorito
nell’ultimo
periodo non mi
parevano appropriati. Eccessivamente
frettolosi e poco comunicativi.
Con
un’espressione colma di
disgusto, gettai in terra i fogli che erano stati ordinatamente riposti
sul
pianoforte.
“Dannata
ispirazione!”
Le
ore successive le
trascorsi rinchiuso nella stanza, davanti ad uno spartito bianco.
Neanche una
nota prese forma dalle miei mani tremolanti.
Nada,
nisba,
nulla!
Sbuffai,
arrendendomi
all’evidenza. Decisi di abbandonare quella stanza, sperando che l’aria
fresca
potesse sbloccarmi. Avrei passeggiato nel parco vicino casa, lì avevo
individuato una piccola radura isolata dove trascorrere il tempo senza
essere
disturbato da bambini molesti e i loro palloni.
Feci
una doccia veloce e
recuperai dei vestiti molto semplici dall’armadio. Alice non avrebbe
affatto
gradito la mia scelta. Anzi, mi domandai come avesse potuto non
notarli.
Normalmente, una volta ogni due settimane circa, si dedicava ad un
retaggio nel
mio povero armadio per disfarsi di quei capi che le parevano poco
consoni
oppure antiquati e di passate mode.
Una
spina nel
fianco
… ero stato costretto a
nascondere gran parte di quei capi che desideravo salvare dalle sue
intrusioni.
Possibile
che io
sia costretto a possedere un doppio armadio a causa di quella psicotica
con
disturbo della personalità ed evidente schizofrenia?
Uscii
dalla mia camera
sospirando. L’assenza di rumori mi fece presupporre che la casa fosse
vuota, e
fui sorpreso di notare l’esile figura di Isabella rannicchiata sulla
poltroncina, intenta a leggere un libro.
I
flebili raggi solari
penetravano dalla finestra illuminandole debolmente il viso, dandole un
aspetto
ancor più innocente. Mi soffermai a guardarla ammirato ed incuriosito
da ciò
che poteva aver catturato tanto la sua attenzione.
Una
serie di espressioni
buffe si disegnavano sul suo volto con il passare dei minuti,
probabilmente
causate dalle scene che si susseguivano velocemente nel libro.
Tanto
era presa da non aver
notato la mia presenza della sala, almeno sino a quando con un leggero
colpo di
tosse non attirai la sua attenzione.
Spiarla
come un dodicenne
non era proprio consono, soprattutto considerando l’attuale situazione.
Edward,
per
carità ricordati che tra qualche settimana lei si sposerà con tuo
fratello.
“Ehm
… Emmett?” chiesi
incuriosito.
Parve
allarmarsi alla mia
domanda. “E’ andato a chiedere la disponibilità per la Chiesa!” ripose
prontamente.
Annuii
distrattamente. Sebbene
desiderassi approfondire l’argomento, non indugiai oltre. Mi avviai
verso il
frigorifero per recuperare un piccola bottiglietta d’acqua da portare
con me,
riponendola nello zaino.
“Io
esco! - esclamai aprendo
la porta, quando un’idea malsana mi balenò nella mente. -Ti và di
venire con me?”
chiesi esitante.
Ero
conscio che fosse
rischioso voler trascorrere con lei del tempo, considerando le strane
reazioni
che avevo in sua presenza. Ma, considerando che sarebbe diventata a
breve mia
cognata, dovevo tentare in ogni modo di limitare quell’interessamento
malsano
verso di lei. Così sperai vivamente che una conversazione potesse far
scemare
l’attrazione.
Lei
parve soppesare le mie
parole. “Dove?”
Mi
diedi mentalmente dello
stupido per la mancata precisazione. “Il parco. È un luogo tranquillo,
ed è
molto piacevole stare lì a leggere” spiegai noncurante.
Certo,
avrei mandato
all’aria i miei piani, rinunciando all’idea di creare qualche melodia
adeguata.
Ma il pressante disagio che provavo in sua compagnia appariva ai miei
occhi con
maggiore urgenza.
Bella
annuì e, recuperando
il suo libro, mi raggiunse alla porta.
Bene,
entro oggi
questa incresciosa situazione sarà risolta!