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Autore: lo_strano_libraio    14/03/2024    0 recensioni
E se Stranger Things fosse ambientato durante la Guerra Dei Trent’anni? (1618-1648)
Le vicende dei protagonisti di Hawkins trasposte (ma differenti allo stesso tempo 😉), in un villaggio della campagna tedesca, durante uno dei conflitti più grandi e sanguinosi mai avvenuti. Il sottosopra si intreccerà con le vicende storiche che hanno attraversato questo piccolo paesino, entrato nella storia.
Genere: Guerra, Horror, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dr. Brenner, Dr. Brenner, Jim Hopper, Joyce Byers, Maxine Mayfield, Mike Wheeler
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 13: il giorno in cui Lützen si tinse di sangue

 

I ragazzi guardavano inorriditi e increduli la loro cittadina bruciare, dall’alto della collina del mulino.

“Bastardi, perché?!” Urlò Mike.

“M-mamma, papà!” Singhiozzava Dustin “Devo andare, devo andare da loro!”

Fece per correre giù dalla collina, ma Lucas lo prese da un braccio.

“Che fai, lasciami!”

“Dustin, siamo tutti nella stessa barca: anche le nostre famiglie sono laggiù.”

“E allora, perché non venite anche voi?!”

“Perché il piano è salvare Will: nessuno oltre a noi giungerà in suo soccorso” gli disse Mike.

“Mi papa, estará cercando nos otros laggiù.” Disse Undi.

“Esatto, e sono sicura che Neil, il mio patrigno, in quanto attendente da campo, starà facendo del suo meglio per evacuare gli abitanti: sarà un ubriacone scorbutico, ma è un buon cristiano, non come quel pallone gonfiato di Wallenstein”. Aggiunse Max.

Dustin sembró calmarsi “Spero con tutto me stesso che abbiate ragione”.

Max aveva previsto correttamente solo per metà la reazione del patrigno agli infami ordini di Wallenstein. Neil infatti vagava perso per le stradine in fiamme di Lützen, come un bambino che ha perso la mamma, tra la gente che scappava a destra e sinistra.

Una voce lo riscosse dalla sua tranche: “Neil, cos’è successo?!” Susan le era corso incontro, ridestandolo scuotendolo dalle spalle.

“Io, oh Dio! Ti giuro, tesoro, che me lo hanno ordinato, ma io non lo volevo!”

“Non volevo cosa?”

“Dare fuoco a Lützen!”

“COSA?!”

“Dio non mi perdonerà mai, Il demonio si prenderà la mia anima per questo…”

Susan lo strinse tra le sue braccia “Non dire scempiaggini ora: il perdono c’è per tutti. Sono qui con te…”

“Esatto, padre” I due si voltarono e video Billy, col suo sinistro sorriso che aveva sempre da quando era stato attaccato dal verme demoniaco, seguito a sorpresa da Don Brennero e dai suoi uomini.

“La redenzione c’è per tutti, e io sono qui per guidarvi tutti verso essa: la verità.”

“Tu non sei mio figlio!” Gli urlò contro Neil “sei un demonio, e io lo libererò!” Neil estrasse la sua spada, preso in una furia cieca.

“Neil, fermo: é tuo figlio!” Lo implorava Susan, strattonandolo dalle braccia. 

Don Brennero si fece avanti, parandosi tra padre e figlio.

“Senior Hargrove, me ascolti, la supplico: l’entità che ha posseduto suo figlio non è ciò che pensa. Sono fieramente convinto che a questo mondo está qualcosa de più di angeli e demoni, e lui ci mostrerà la verità, una verità che ce porterà oltre le stupide guerre tra cattolici e protestanti!”

“Tu, lurido mago nero” lo minacciava con sguardo canino il padre di Billy “voi siete la causa di tutto questo”

“Susan, padre, volete sapere dov’è Maxine?” Gli chiese Billy, attirando la loro attenzione. “E voi, Don Brennero, volete sapere che fine abbia fatto vostra figlia Undé?”

Tutti si voltarono, sorpresi e ammutoliti verso di lui.

“Bene, allora seguitemi: e avrete tutte le risposte che cercate.”

Hopper marciava accanto a Leslie nella formazione di fanteria diretta verso le linee nemiche.

La terra tremava per i colpi d’artiglieria che si schiantavano al suolo a svariati metri di distanza di fronte a lui. Reggeva lo spadone tra le mani per nascondere il nervosismo che trapelava da quel debole tremore alle mani, ma anche per ricordarsi qua l’era il suo obbiettivo: difendere Lord Hans, Lützen stessa e ritrovare il piccolo Will Bayern.

Se fossero riusciti a sfondare le linee nemiche, sarebbe potuto entrare nella cittadina, mettere al sicuro Joyce e Lord Hans, ma soprattutto Joyce, dai demogorgone attirati dalla battaglia nella speranza che i ragazzi nel frattempo riuscissero a trovare e salvare il povero Will dalla dimensione di Lützen a “sottosopra”.

Non era tempo però di concentrarsi su questo: per salvare tutti doveva prima arrivarci dentro la città, e sconfiggere gli imperiali.

La formazione precedeva con i moschettieri (armati di fucile), che marciavano davanti ai picchieri che tenevano alzate le picche formando un bosco di pali pungenti, svettanti affianco agli stendardi araldici, tenuti su dagli ufficiali, tra cui c’era John, il giovane cuginetto di Leslie che l’aveva seguito nelle sue avventure dalla Scozia.

I tamburini davano l’indicazione di marcia tramite il battito delle bacchette. Ognuno era disposto ogni cento metri della lunga formazione, perché in assenza di dispositivi come le radio, era impossibile sentire da ogni punto della formazione gli ordini urlati dagli ufficiali. 

Questa marea umana dava il coraggio di sfidare la morte a ognuno dei suoi singoli componenti. D’altronde, metà di questi uomini non erano povere vittime della guerra, ma mercenari arruolati volontariamente per trovare fortuna, ricchezze e gloria in essa.

I due schieramenti di uomini si incontrarono e fermarono la loro avanzata a trenta metri uno dall’altro, poco più avanti del muretto dietro cui iniziava Lützen.

Al comando di Leslie: “posizione d’attacco!” i moschettieri di entrambi gli eserciti si misero in posizione di fuoco e scatenarono un’ondata di fumo e pallottole sui rispettivi nemici. PFIUUM fú l’ultimo suono che udirono decine di uomini prima di cadere a terra, pieni di piombo.

Hopper tenne ancora più stretto lo spadone tra le mani, in quei fatidici secondi.

I moschettieri si ritirarono nelle retrovie per ricaricare, mentre i portantini portavano via i feriti. 

“Abbassar, arm!” I picchieri abbassarono le lunghe file di picche, puntandole contro gli avversari, mentre con un piede sull’asta  le tenevano salde al terreno.

“Attacco!” I picchieri misero avanti il piede destro, per poi spingere avanti con entrambe le braccia la picca.

Un terribile scambio di punte accumunate fece schizzare fiotti di sangue e risuonare grida da entrambi i lati. Hopper, come tutti gli ufficiali, parava i colpi di picca menando fendenti di spadone. 

“Hop, giù!” Gli urlò Leslie. 

I due si accucciarono e incominciano ad avanzare strisciando al suolo insieme agli altri schermagliatori sotto la battaglia di picche che avveniva sopra le loro teste. 

Un soldato armato di accetta arrancava verso di lui con fare minaccioso. “Signore, fa che mi ricordi ancora come si faccia” sussurrò tra sé e sé Hopper, prima di infilzare al collo il tizio.

Intanto, lo scontro era degenerato in quello che veniva definito “amalgama di legni”: i due schieramenti si erano mischiati in un caos di uomini e armi, dove le aste di legno si intersecavano in una ragnatela di morte, mentre i soldati si scontravano in quella che pareva più una rissa su scala colossale: c’era chi cercava di farsi spazio per colpire con la sua picca, fucilieri qui e lì che ricaricavano per sparare in fretta, o perdevano direttamente la pazienza e menavano i nemici col calcio del fucile. Il fumo dell’incendio della cittadina rendeva il tutto ancora più simile a un inferno in terra. 

Hopper alzò la testa dal suolo e intravide qualcosa che si dimenava nel fumo, uomini che volavano in aria e spruzzi di sangue. La figura mostruosa tirò una zampata alla coltre facendola diradare: un demogorgone stava facendo a pezzi uno a uno una decina di soldati imperiali.

L’essere però aveva finalmente aperto un varco nella formazione nemica.

“Hop, ora!” Gli urlò Leslie. Hopper gli fece un cenno d’assenso con la testa a si lanciò a capofitto nel varco. Era quasi al muretto, quando il demonio gli si paró davanti, zampe alzate per attaccarlo.

Hopper sarebbe morto, colto di sorpresa, se un alabarda non avesse uncinato il collo del demogorgone, decapitandolo.

Hopper si schiarí la vista offuscata dalla cenere nell’aria e si ritrovò davanti Raimondo, sorpreso anche più di lui.

“Hopper, voi…eravate voi protestanti?!”

“Ascolta, ragazzo mio, so come salvare Lützen: fidati di me!”

Raimondo si fermò a pensare per qualche momento. Probabilmente accettò l’assurdità della giornata, quando si mise di lato e mostrò la via a Hopper con la mano.

“Hai fatto la cosa giusta, Raimondo.” 

Hopper saltó con un balzo oltre il muro.

“Che cosa vedi, Mike?” Chiese Lucas all’amico col cannocchiale.

“Stanno riuscendo a sfondare! Gli imperiali cercano di resistere ma Hopper e gli svedesi sono quasi oltre il muro a lato delle case.

“Vai così! Prendeteli a calci in culo!” Tifava Max agitando le braccia al cielo come un’avventore ubriaco di una taverna che assiste a una rissa.

Undi la osservava, rossa in viso per l’imbarazzo. L’atteggiamento dell’amica, d’altronde, era radicalmente diverso da quello a cui era stata educata in quanto contessina: “Max, e sto no é un comportamento da signorina!”

“E chi se ne frega: se ti hanno rasata quasi a zero, hai il permesso anche tu di non comportarti come se fossi sempre a stare prendere il té. La battaglia del secolo è in corso!”

“Lo vedi? Intendo, Hopper.” Chiese Dustin alla direzione di Mike.

“C’è troppo caos per distinguerlo chiaramente, ma era lì al centro dello schieramento l’ultima volta che l’ho visto.”

“Ragassi” Undi attirò l’attenzione degli amici, dietro di loro. “Esta apriendo!”

La ragazzina spagnola indicava loro un buco sul muro del mulino, con della luce rossa proveniente dall’interno: la via per salvare Will era aperta.

I ragazzi non avevano però notato, e non gliene se può fare una colpa considerando  che non erano militari e quanto grande fosse la battaglia, cosa stava avvenendo al centro e sul lato est.

Le divisioni di fanteria svedesi al centro erano i migliori dell’armata svedese. Gustavo Adolfo aveva ordinato loro di attaccare in quel punto per rompere in due l’esercito imperiale e magari catturare Wallenstein che era poco piu dietro sull’altra collina dei mulini. 

Gli svedesi erano avanzati per quasi un chilometro in campo aperto, prendendosi contro una costante pioggia di proiettili e palle di cannone. Wallenstein aveva capito che era meglio stare sulla difensiva contro la guardia reale svedese, e voleva quindi ridurla ai minimi termini prima dello scontro all’arma bianca.

Mai si sarebbe aspettato di vedere però questi veterani mantenere la formazione, spavaldi contro tutto quello che gli stava piovendo contro, arrivare alle linee nemiche, sbaragliare il primo scaglione e arrivare fino al secondo, quasi a portata di mano del generalissimo che iniziava ad avere paura ma rifiutava di lasciare il campo di battaglia come gli suggerivano gli attendenti da campo.

Sapeva che la sua tattica stava funzionando: saranno anche arrivati fin lì, ma ora la crème de la crème dell’esercito di Gustavo Adolfo era stata fatta a pezzi.

Il re svedese osservava con attenzione la situazione con un cannocchiale in sella al suo cavallo. 

“Signore, guardate lá!” Un attendente gli indicó il fondo della valle ad est, dietro le linee nemiche, dove per lo sconcerto di tutti, apparve uno stendardo raffigurante una regina nera a cavalcioni sulle spalle di un cavaliere con uno scudo dipinto di torri bianche su sfondo blu: Pappenheim era arrivato, avevano perso anche la superiorità numerica.

Gustavo Adolfo non sembrava però scoraggiarsi. Abbassó il cannocchiale e lanciò un’occhiataccia decisa in direzione del quartier generale nemico.

“Wallenstein, vecchia volpe, non me la farai questa volta!” Si voltò verso i suoi cavalieri della guardia reale svedese.

“Signori, in sella: attacco frontale!”

   
 
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