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Autore: Signorina Granger    17/03/2024    4 recensioni
Storia semi-interattiva || Iscrizioni chiuse
[Prequel di “Phoenix Feather Camp” & reboot di “Magisterium”]
È il 2003, la Seconda Guerra dei Maghi è finita da cinque anni e Hogwarts è stata ricostruita quando Minerva McGranitt, seguendo le orme di un suo predecessore, convoca un Auror nel suo ufficio per offrirgli un particolare incarico nella speranza di preparare i suoi studenti a ciò che di nuovo potrebbero essere costretti a dover affrontare dopo il Diploma.
Tra questi figurano anche dei giovanissimi Philip MacMillan, Margot Campbell e Håkon Jørgen.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Horace Lumacorno, Maghi fanfiction interattive, Minerva McGranitt, Sibilla Cooman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo II




Una volta giunti al terzo piano del castello i cinque nuovi insegnanti di Hogwarts si erano addentrati in uno snodo di corridoi che Claudia, mentre camminava affiancando Marjory e seguendo i tre uomini, si sforzò di memorizzare: il castello era immenso come lo ricordava, e aveva la netta sensazione che almeno per le prime settimane del suo soggiorno in Scozia il rischio di perdersi per lei sarebbe stato piuttosto elevato. Erano appena giunti alle porte di una lunga galleria piena di armature e illuminata, grazie alle alte finestre ad arco, dal pallido bagliore lunare quando Declan si fermò, avvicinandosi ad una di esse per studiarne curioso l’elmo tenendo le mani allacciate dietro la schiena.
“Eccole qui… certo che di notte sono un tantino inquietanti. Ho sentito che la Professoressa McGranitt le incantò per combattere i Mangiamorte nel ’98.”
“Lo fece.”, confermò Keith mentre, in testa al gruppo, continuava a camminare rigirandosi la chiave tra le dita guantate della mano destra, desideroso di lasciare in fretta quel lungo corridoio e di trovare la sua stanza: chiudendo gli occhi l’Auror sarebbe facilmente riuscito a rivedere una di quelle vecchie armature infilzare un’Acromantula con la lama di una spada più lunga del suo braccio mentre, a soli pochi metri di distanza, un’esplosione travolgeva uccidendolo un ragazzino della stessa età di quelli che per un anno sarebbero stati i suoi studenti. Si era domandato per buona parte dell’estate appena conclusa se fare ritorno ad Hogwarts si sarebbe effettivamente rivelata una buona idea con tutti i ricordi, belli e dolorosi, che il castello avrebbe evocato, ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro.
Fu soltanto quando ebbero oltrepassato la galleria – Claudia ripensando preoccupata alle parole di Declan e domandandosi come e perché qualcuno avesse deciso di sistemare un enorme cane a tre teste in una scuola piena zeppa di ragazzini indifesi – che i cinque si trovarono a fronteggiare un corridoio altrettanto lungo, costellato da cinque porte identiche allineate sulla stessa parete e con il pavimento di pietra parzialmente ricoperto da uno spesso tappeto adornato da un motivo rosso e oro.
“Dovremmo essere arrivati, ma come facciamo a sapere quale stanza è di chi?” La voce di Marjory si levò incerta nel corridoio deserto e semi-buio, illuminato solo dalle fiamme che ardevano in un paio di torce appese alla parete, mentre la strega si sfilava dalla tasca della giacca di tweed la chiave che la Preside le aveva consegnato poco prima, sfiorandone distrattamente il motivo decorativo della testa con il pollice.
“Immagino che dovremo provarle tutte.”, sentenziò Raymond con una pigra stretta di spalle mentre, chiave alla mano, avanzava verso la prima porta. I colleghi lo imitarono, raggiungendo ciascuno una delle altre porte per provare ad aprirle, ma Declan esitò quando, fermatosi davanti alla quarta, si rese conto che la sua chiave aveva iniziato a tremargli leggermente sul palmo della mano. Accigliato, l’ex Grifondoro indugiò davanti alla porta e chinò lo sguardo sul piccolo oggetto di metallo prima di gettare un’occhiata a Keith, che stava cercando di aprire senza successo la porta alla sua sinistra.
“Credo che la chiave vibri quando vi trovate vicino alla vostra porta.”, azzardò il botanico mentre infilava la chiave nella serratura, quasi del tutto certo di trovarsi davanti alla stanza giusta mentre udite le sue parole Keith, Raymond, Marjory e Claudia si spostavano per individuare ciascuno la propria stanza. Come Raymond e Keith le due streghe si spostarono scambiandosi, una davanti alla terza porta e l’altra davanti alla seconda, e sentendo la chiave vibrarle sul palmo l’americana accennò un sorriso con gli angoli delle labbra. Curiosa di vedere la sua stanza, Claudia infilò la chiave nella serratura e la fece girare mentre Declan, accanto a lei, si voltava verso Raymond per indirizzargli un sorrisetto prima di aprire la porta, la mano stretta sul pomello:
“Pare che saremo vicini di stanza Aldridge. Chi l’avrebbe detto?”
“Di sicuro non rimpiango i Sotterranei, questo è certo.” Raymond imitò i colleghi infilando la chiave nella serratura dell’ultima porta del corridoio, facendola girare mentre Declan, dopo aver ridacchiato, si rivolgeva allegro agli altri per augurar loro la buonanotte. Il Grifondoro sparì all’interno della propria stanza mentre Keith, Marjory e Claudia ricambiavano il saluto e Raymond si limitava ad un lieve cenno del capo, desideroso di porre fine a quella lunga giornata immergendosi nel silenzio e nella solitudine della sua stanza.
Una volta aperta la pesante porta di legno massiccio lo Spezzaincantesimi si prese qualche istante per contemplare l’interno della vasta camera che gli si aprì allo sguardo, soppesando l’arredamento mentre udiva le altre porte chiudersi con lievi cigolii che echeggiarono nel corridoio, che tornò ad essere silenzioso come prima del loro arrivo. Mary, il suo bellissimo esemplare di gufo reale, ricambiò lo sguardo del padrone studiandolo dall’interno della voliera con i grandi occhi color ambra, e Raymond varcò la soglia della stanza prima di imitare i colleghi e chiudersi la porta alle spalle annuendo debolmente, compiaciuto: sì, poteva proprio andare.


Qualche incantesimo a lei sconosciuto doveva essere stato lanciato, forse dallo stesso Vitius, sulle chiavi che la Preside aveva consegnato loro, Marjory se ne convinse non appena ebbe varcato la soglia di quella che per molti mesi sarebbe stata la sua camera da letto: la stanza che si ritrovò di fronte era bella, bellissima, e per nulla in linea con l’arredamento che aveva sempre contraddistinto il castello che tanto bene ricordava, di certo non con quelle pareti ridipinte da una tenue tonalità di rosa e i mobili di legno chiaro. L’attenzione della strega venne tuttavia catturata immediatamente dalla gabbietta che era stata sistemata sulla soffice trapunta a fiori che ricopriva il letto matrimoniale che occupava il centro della stanza, esattamente di fronte ad un camino nero spento, coperto da cuscini decorativi e collocato tra due comodini che ospitavano lampade, candele profumate e un vaso di fiori freschi.
“Peter!” Desiderosa di abbracciare il suo inseparabile amico peloso Marjory si chiuse la porta alle spalle e si affrettò in direzione del letto per aprire la gabbietta e sollevare un coniglietto dal sofficissimo pelo color miele, sistemandoselo in braccio prima di depositargli un bacio sul musino:
“Hai visto che bella la nostra nuova stanza? Ti piace?” Sempre tenendo Peter in braccio la strega si mosse verso l’ampia finestra che al mattino nelle belle giornate avrebbe riempito la stanza di luce, fermandosi vicino alle due poltroncine bianche e al tavolino basso sistemati davanti alle tende chiuse per scostare parte dei candidi tendaggi e gettare un’occhiata fuori dalla finestra, sorridendo nel scorgere la pallida luce della luna riflettersi sulla vasta e cupa superficie del Lago Nero, una vista del tutto diversa da quella indotta dagli incantesimi di cui aveva goduto per sette lunghi anni dalla sua stanza nel Dormitorio dei Tassorosso. Mentre Cary, il suo barbagianni, si agitava nella voliera bramando un volo notturno Marjory si chinò e posò Peter sulla poltroncina bianca a lei più vicina, impaziente di mettersi il pigiama, infilarsi sotto le coperte e iniziare la sua avventura nuova di zecca. Quel cambiamento le avrebbe di certo fatto bene, si disse l’ex Tassorosso mentre apriva la finestra e poi la voliera di Cary, guardando il barbagianni spiccare il volo e sparire, inghiottito dall’oscurità, prima di richiuderla con un accenno di sorriso speranzoso sulle labbra.

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Martedì 2 settembre

Che vita di merda.”, sentenziò Autumn con tono malinconico mentre si faceva cadere mollemente sulla panca del tavolo dei Grifondoro, per nulla entusiasta all’idea di dover iniziare il suo ultimo, lunghissimo anno di scuola. Håkon la imitò sedendosi come sempre di fronte a lei e sbuffando a sua volta, i lisci capelli scuri non propriamente in ordine e la cravatta rossa allacciata male: dopo due mesi di dormite fino a tardi e di puro relax trascinarsi fuori dal letto al suono della sveglia era stato considerevolmente traumatico per entrambi.
“Non me ne parlare, che due palle. Dobbiamo anche scegliere le materie da seguire.” Il ragazzo si sporse con un movimento quasi automatico verso la brocca di caffè più vicina, riempiendo la tazzina per sé e per Autumn – aveva bisogno di molte energie e soprattutto della sua droga per affrontare il primo giorno di scuola – mentre l’amica si legava, come sempre in occasione dei pasti, i lunghi capelli ramati in una disordinata coda di cavallo.
“C’è un numero minimo fisso? Perché io vorrei sgobbare il meno possibile.” Autumn sbadigliò mentre versava un po’ di latte e zucchero nel caffè bollente, cercando al contempo con lo sguardo i vassoi con le marmellate assortite e il burro morbido per farcire gli scones mentre Håkon, davanti a lei, arraffava una gran quantità di frollini al burro dal vassoio più vicino.
“La fai facile tu, dimentichi le materie nuove! Speriamo che almeno siano interessanti, la McGranitt non ha spiccicato parola in proposito ieri sera.”
“Allora si mette male, se non ha detto nulla la possibilità che facciano cagare è alta, forse temeva una rivolta.”, sbuffò la ragazza mentre si riempiva il piatto di focaccine pallide e soffici. L’amico, invece, inzuppò un frollino nel caffè prima di guardarla con aria vivamente esasperata:
“Autumn quella donna si è fatta una cazzo di guerra, secondo te ha paura di noi studenti? Dubito che abbia paura di qualcosa in generale… Ma quanto mangi?”, aggiunse sgomento mentre Autumn, dopo aver tagliato a metà tutte le focaccine, iniziava a riempirle di burro e marmellata all’albicocca, la sua preferita.
“Quanto cazzo mi pare, non rompere le palle! Mi fervono energie,”, continuò la ragazza dopo aver addentato un farcitissimo scones ancora tiepido, facendo colare un po’ di marmellata sul piattino, “a lezione si bruciano un facco di calorie!”
“Quelle le bruci solo se azioni il cervello. Ahia, stronza, non darmi calci!”


“La tua stanza com’è? La mia è sorprendente, è fantastica. Ci sono persino un tiragraffi per Daffodil e un paio di mensole perfette per la mia collezione di teiere!” Al tavolo degli insegnanti Declan si riempì la tazza di porcellana di English Breakfast sfoggiando un sorriso entusiasta che gli si estendeva fino ai grandi ed espressivi occhi azzurri, rendendoli ancor più luminosi di quanto già non fossero di natura. Raymond, che come la sera prima gli si era seduto accanto, smise momentaneamente di spalmare della marmellata di more su una fetta di pane tostato per guardarlo aggrottando la fronte:
“Di quante teiere ha bisogno un uomo di trentaquattro anni?”
“Le teiere sono meravigliose, non puoi andartene in giro per l’Asia senza innamorartene e comprarne a dozzine. Ma ammetto che il tè inglese mi era mancato. Tu non collezioni nulla?” apparentemente incurante dei molteplici sguardi che la loro presenza nella Sala Grande stava attirando sul tavolo degli insegnanti Declan posò la teiera e si rivolse all’ex compagno di scuola incrociando le braccia sistemando i gomiti sul bordo del tavolo, guardando Raymond assaporare un primo sorso di caffè nero non zuccherato prima di rispondergli con una lieve stretta di spalle e senza guardarlo.
“Orologi.”
Li abbini in base a come ti vesti?”, domandò l’ex Grifondoro con un sorrisetto beffardo mentre Raymond smetteva di scrutare assorto le ampie finestre, aperte in attesa dell’arrivo dei gufi postini, per rivolgergli un’occhiata inespressiva: di rado abboccava agli sfottò altrui. Era fin troppo superiore per farlo.
“No, quasi tutti non sono orologi da polso.”
Quindi hai trentacinque sveglie?”
“Mi piace aggiustarli e dargli una sistemata quando ne trovo di vecchi e rotti in giro, è solo un hobby.” Lo Spezzaincantesimi sollevò le spalle ampie prima di vuotare la sua tazzina di Espresso, ignorando deliberatamente le occhiate sognanti che stava accumulando da quando aveva preso posto tra Declan e una sedia vuota.
“Ti ci vedo proprio ad aggiustare orologi standotene chino in una stanza semi-buia, probabilmente con un grammofono acceso accanto e un bicchiere di cristallo con un qualche liquore dentro. Io invece colleziono anche cappelli da baseball.”
Declan guardò il Serpeverde chiedendosi quale dei tanti cappelli che possedeva avrebbe potuto costringerlo ad indossare, ma come se gli avesse letto nella mente Raymond riprese in mano la sua fetta di pane tostato prima di pronunciare poche, semplici e lapidarie parole:
Non chiedermi mai di provarne uno.”


La colazione era di gran lunga il pasto che Phil MacMillan prediligeva e la colazione ad Hogwarts sapeva sempre essere straordinariamente incapace di deludere, con i suoi vassoi e piatti da portata carichi di torte, scones, biscotti, fette di pane ancora calde e centinaia di ciotole piene di miele e marmellate assortite. Come sempre il Corvonero aveva preso posto a tavola e aveva riempito una scodella con i suoi amati cereali al miele, versandoci poi il latte mentre Sawyer, accanto a lui, sorseggiava il suo caffè gettandogli sporadiche occhiate piene di disapprovazione: essendo fermo sostenitore del modus operandi contrario per gustare latte e cereali di norma lui e Phil discutevano in merito alla questione almeno una volta al mese.
“Hai compilato l’orario?”, s’interessò il più grande mentre Phil raccoglieva generose cucchiaiate di cereali dopo aver compilato in tutta fretta il proprio orario, felicissimo di poter scaricare le materie che aveva sempre mal sopportato, Erbologia prima tra tutte, per potersi concentrare solo su quelle che riteneva effettivamente utili per la sua formazione e più interessanti.
Il Prefetto annuì senza proferire parola, troppo impegnato a masticare i suoi cereali, e Sawyer posò la tazza sul piattino per prendere il foglio con l’orario dell’amico e dare un’occhiata ai corsi che Phil aveva deciso di seguire, certo che avendo gusti e interessi simili le loro scelte si sarebbero rivelate quasi perfettamente allineate. Un lieve sogghigno prese tuttavia vita sulle labbra carnose di Sawyer quando il ragazzo notò l’assenza di un certo corso di studio dal foglio dell’amico, tanto da affrettarsi a sventolarglielo debolmente davanti al viso:
“Temo che tu abbia scordato qualcosa, carino.”
Naturalmente Phil sapeva benissimo a cosa il compagno di Casa si stesse riferendo, e i cereali al miele quasi gli andarono di traverso quando capì che no, contrariamente alle sue aspettative Sawyer non aveva affatto dimenticato quanto si erano detti alla fine dell’anno precedente. Dopo aver tossicchiato a lungo e aver attirato su di sé buona parte degli sguardi dei vicini il giovane mago ruotò il capo per poter posare lo sguardo sull’amico, gli occhi grigio-azzurri pieni di terrore mentre Sawyer, al contrario, continuava imperterrito a sorridergli con quella sua finta aria amabile e strafottente al tempo stesso:
Non puoi dire sul serio.”
“Dico sul serio eccome. Una scommessa è una scommessa, caro il mio Philip.”


Cornelia, seduta ad un paio di metri di distanza, stava compilando il proprio orario con un’elegante piuma nera tenendo una fetta di pane tostato distrattamente sollevata nella mano sinistra quando Lena, lasciato momentaneamente il tavolo dei Serpeverde, occupò il posto rimasto libero accanto all’amica insieme al suo orario già compilato:
“Buongiorno. Che corsi hai intenzione di seguire?”, s’interessò la russa indirizzando un sorriso all’amica mentre Cornelia posava la fetta di pane imburrato sul piattino per sollevare invece la tazza piena di tè bianco fumante:
“Ciao Lena… Ci avevo già pensato nel corso dell’ultima settimana di vacanza, ma con la faccenda delle materie nuove non vorrei sovraccaricarmi di lavoro… Avevo già deciso di scartare Cura delle Creature Magiche ed Erbologia, ma penso che farò a meno anche di Trasfigurazione. E Divinazione non la seguirei nemmeno sotto compenso.” Le labbra della Corvonero si piegarono dando vita ad una smorfia mentre Lena, al contrario, si allungava ridacchiando verso l’alzata per dolci piena di scones per prenderne uno: dato il fervente scetticismo che l’amica provava nei confronti di tutto ciò che valicava il pensiero razionale era fermamente convinta che seguire il corso della Cooman in compagnia di Cornelia sarebbe stato infinitamente più divertente, ma disgraziatamente non era mai riuscita a convincerla ad unirsi a lei nelle lezioni tenute nella Torre Nord.
“Cura delle Creature Magiche non la seguo nemmeno io. Beh, mi mancherai nelle serre e a lezione dalla Cooman. Ti penserò quando leggerò i fondi del tè.”
“Se vuoi ti passo la tazza quando ho finito qui, così puoi prenderti avanti e iniziare in anticipo. Anche se probabilmente la cosa più entusiasmante che vedrai nel mio futuro prossimo sarà una figura di merda dietro l’angolo.”
Lena non riuscì a reprimere un sorriso mentre addentava lo scone ancora tiepido, aspettando di aver mandato giù il boccone prima di riprendere a parlare indicando all’amica il orario:
“L’aspetto positivo è che saltando entrambe Cura delle Creature Magiche abbiamo un’ora buca oggi pomeriggio, dalle 15 alle 16… Potremmo approfittarne per fare una passeggiata nel parco, fa ancora abbastanza caldo e non dovremmo avere troppi compiti già al primo giorno.”
“Certo, perché no. La prossima settimana iniziamo anche i corsi nuovi, dobbiamo approfittare dello scarso tempo libero che ci resta.” Un lieve sospiro si librò dalle labbra di Cornelia prima che la giovane strega vuotasse la tazza di tè, felice di essere tornata a scuola per il suo ultimo anno quanto certa di avere mesi particolarmente estenuanti davanti a sé: l’idea delle materie extra la incuriosiva, ma per quanto studiare le piacesse era anche consapevole di tutto il lavoro in più che altri corsi da seguire avrebbe comportato. Lena invece, che dalla sera prima moriva dalla voglia di apprendere nomi e oggetto delle materie in questione, sorrise mentre si spolverava le dita pallide e sottili per liberarle dalle briciole con movimenti lievi e delicati:
“Sono curiosa di sapere tra che cosa potremmo scegliere… Spero che gli orari non si sovrappongano tra loro, sarebbe triste essere così limitati.”
Cornelia posò la tazza vuota sul piattino per rivolgere tutta la sua attenzione all’amica, gettandole un’occhiata quasi rassegnata da dietro le lenti dei suoi occhiali mentre a poca distanza Phil MacMillan si struggeva per la scommessa persa che l’avrebbe costretto a seguire il corso a sua detta più stupido, inutile e ridicolo della storia di Hogwarts.
“Ti prego, non dirmi che le vuoi seguire tutte.”
Sul bel volto di Lena prese vita un mite sorriso dall’aria colpevole, come se fosse stata colta sul fatto, e Cornelia seppe di non aver bisogno di sentire altro.

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stanza-1



A Claudia era occorso qualche istante per realizzare, una volta aperti gli occhi, dove si trovasse e dove avesse passato la notte precedente. Nonostante non avesse impegni particolari fissati per la giornata aveva lasciato le tende della finestra che si trovava accanto al letto aperte appositamente per essere svegliata dalla luce del mattino, per nulla intenzionata a dormire fino a tardi e a presentarsi in ritardo per la prima colazione facendo la figura della scansafatiche, e la prima cosa che i suoi occhi scorsero furono un paesaggio di montagna e lo scorcio di un lago dalle acque straordinariamente scure.
Dopo essersi presa qualche istante per godersi la vista, realizzando piacevolmente che sarebbe stata la prima cosa che avrebbe visto ogni giorno per i successivi mesi, la strega si sollevò per mettersi a sedere sul letto, sistemandosi contro un soffice cuscino e l’alta ed elegante testiera del letto di mogano mentre i suoi occhi azzurri vagavano sul resto della stanza per osservarla meglio grazie alla luce naturale. La sera prima aprendo la porta aveva provato una piacevole sensazione di stupore: la sua stanza non era affatto buia e cupa come appariva gran parte del castello, somigliava più che altro a come si era sempre immaginata l’interno di un’elegante casa di campagna inglese, con le pareti blu polvere decorate da delicate boiserie dello stesso colore del copriletto e dei cuscini.
La strega si alzò dal letto per aprire le tende dal motivo floreale il più possibile, indugiando per qualche istante davanti alla finestra per osservare uno scorcio dell’enorme parco della tenuta prima di dare le spalle al panorama e affrettarsi a rifare il letto: qualcuno aveva menzionato degli Elfi Domestici, ma Claudia era fermamente intenzionata a tenere pulita personalmente la sua stanza più che poteva. La sera prima aveva tirato fuori dalla valigia quasi solo ed esclusivamente lo stretto necessario per dormire, più i vestiti da indossare il giorno seguente, ma mentre sprimacciava i cuscini il suo sguardo indugiò sulla fotografia incorniciata che aveva già provveduto a sistemare sul comodino e che la ritraeva in compagnia dei suoi genitori, di sua sorella Vanessa e dei suoi due nipotini. Lei sorrideva, leggermente ricurva per poter posare le braccia sulle spalle dei bambini, mentre il resto della famiglia sfoggiava, nonostante la foto fosse stata scattata a Natale, quel tipico atteggiamento composto ed eretto e frutto di anni di servizio militare. Persino Grace ed Aiden chiamavano ironicamente la madre “Il Colonello”, quando Vanessa li sgridava, e Claudia doveva puntualmente fare appello a tutta la disciplina che le era stata impartita fin dai suoi primi anni di vita per non scoppiare a ridere.
La sua famiglia le sarebbe mancata, ma vivere lunghi periodi lontana da loro non rappresentava ormai da tempo una novità, prima a causa delle professioni dei genitori e della sorella maggiore e poi anche della propria, che nel corso degli ultimi anni l’aveva portata a compiere frequenti spostamenti. Claudia sfiorò la cornice di legno della foto con un accenno di sorriso sulle labbra prima di gettare un’occhiata all’orologio appeso sopra al comodino, accanto al dipinto ad olio raffigurante un paesaggio collinare della campagna inglese, e decidere di affrettarsi per andare a vestirsi e lavarsi il viso nel suo nuovo bagno personale.
Un quarto d’ora dopo era pronta per lasciare la stanza quando qualcuno bussò gentilmente alla porta, e aprendola Claudia si ritrovò a fronteggiare una donna leggermente più bassa di lei, un sorriso e un paio di occhi blu:
Bonjour! Stavo andando a fare colazione e ho pensato di passare a vedere se eri ancora qui, e se in caso eri pronta per scendere. Al primo giorno è facile sbagliare strada, qui i corridoi all’inizio si somigliano tutti.”
“Grazie, ammetto che la paura di perdermi mi ha sfiorata.” Claudia ricambiò con gratitudine il sorriso di Marjory – cominciava a chiedersi se fosse possibile evitarlo anche volendo, tanta l’energia e il buonumore della strega apparivano contagiosi – mentre si sistemava le maniche della camicia bianca abbottonata sotto ad un gilet color crema, arrotolandole al di sotto dei gomiti mentre la collega gettava una rapida e meravigliata occhiata alla stanza alle sue spalle:
“Wow, la tua stanza è bellissima!”
“Sì, devo dire che me l’aspettavo diversa.”, convenne l’americana mentre, dopo aver gettato un’ultima occhiata allo specchio appeso sopra alla cassettiera che affiancava la porta per controllare di avere i lisci capelli scuri in ordine, si sentiva finalmente pronta per uscire. Seguì Marjory nel corridoio e si chiuse la porta alle spalle dopo aver infilato la bacchetta nella tasca dei pantaloni neri, seguendola in direzione della galleria delle armature mentre la strega la precedeva annuendo e tenendo le mani allacciate dietro la schiena:
“Anche io, la mia non somiglia per niente a quella in cui ho dormito per sette anni, e mi si addice molto. Qualcosa non mi torna, secondo me Vitius ha combinato qualcosa con le chiavi.”
“Pensi che siano arredate in base al nostro gusto personale?”
“Probabile. In effetti mi sono sempre chiesta come fossero, le stanze degli insegnanti… Suppongo che quella di Lumacorno brulichi di foto che lo ritraggono insieme a gente famosa, mentre quella della Professoressa Cooman sia piena di presagi di morte scritti sulle pareti.”
“Oh, sì, la Preside deve avermela menzionata… che cosa insegna?”
Claudia aggrottò pensosa la fronte mentre cercava di scavare nei propri ricordi e di rammentare di preciso le parole che Minerva McGranitt aveva utilizzato per parlare della donna in questione: aveva la sensazione che la Preside le avesse consigliato di non farsi impressionare e di non darle troppa confidenza. Nel dire quelle cose l’anziana strega le era parsa anche discretamente infastidita, e anche se sul momento si era chiesta quale fosse il motivo non aveva osato chiederlo.
“Divinazione. È giovane, non era la mia insegnante, ma da quello che so posso assicurarti che quando la vedrai capirai che è lei senza che io abbia bisogno di indicartela.”

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Torre Nord

Isaac adorava Divinazione, e dopo essersi goduto una prima metà di mattinata in completo relax – alla prima ora aveva avuto lezione di Cura delle Creature Magiche e lui, Teddy e Margot si erano immensamente divertiti nel dare da mangiare agli Snasi, dopodiché aveva trascorso la prima ora buca dell’anno stando in panciolle nella sua Sala Comune, disteso su un divano con il suo Game Boy acceso in mano – era stato più che felice di dirigersi verso una delle quattro torri del castello e arrampicarsi sulla ripida scala a pioli che conduceva all’aula più stravagante di tutta Hogwarts.
La calda e soffusa luce scarlatta emanata da lampade coperte da scialli, l’aria impregnata di oli essenziali quasi soffocante, il camino acceso nonostante fosse ancora tecnicamente estate e gli innumerevoli sgabellini e poltroncine di chintz che circondavano i tavoli circolari erano gli stessi di sempre e non sorpresero affatto il Serpeverde, che al contrario trovò l’aula di Divinazione esattamente come la ricordava. No, a stupire Isaac era stata la vista di Philip MacMillan, il più grande detrattore che la Divinazione avesse mai conosciuto, spuntare con aria inequivocabilmente torva dalla botola aperta di accesso alla cima della Torre. Phil che si mise in piedi spolverandosi i pantaloni neri della divisa e che prese a guardarsi attorno con malcelato disgusto, come se quello fosse stato di gran lunga l’ultimo posto sulla faccia del pianeta in cui avrebbe voluto mettere piede.
“Phil?!”
La voce di Isaac si levò attonita quasi liberandosi dal controllo del ragazzo, che aveva già preso posto attorno ad un tavolino e stava guardando l’altro Prefetto con aria smarrita, come chiedendosi se il Corvonero non avesse per caso sbattuto la testa da qualche parte alzandosi dal letto. Al contrario Phil sembrò felice di vederlo, perché si affrettò a raggiungere il suo tavolo e ad occupare la poltroncina rossa che si trovava accanto alla sua:
“Meno male, avevo paura che in questo corso ci fossero solo idioti. Mi spieghi perché segui questo mucchio di stronzate? Sei una persona intelligente!”, osservò il Corvonero mentre piazzava la sua borsa di pelle sul tavolo ricambiando lo sguardo del Serpeverde con il medesimo sgomento, come se come Isaac non riuscisse a capacitarsi della presenza dell’altro in quell’aula.
“Ma dai, è divertente, io adoro tutta questa roba di prevedere il futuro! Tu piuttosto, che fai qui, tu odi la Cooman! Dici che è la peggior ciarlatana della storia e che il suo stipendio dovrebbe essere devoluto agli Elfi Domestici!”
“È tutta colpa di Rhodey, mi ha costretto ad iscrivermi solo per una scommessa che ho perso a fine anno scorso. Pensavo che se ne fosse scordato dopo l’estate, invece quello quando gli conviene ricorda tutto.”, sbuffò il Corvonero mentre apriva la sua borsa giurando mentalmente vendetta all’amico e Isaac, incredulo e divertito al tempo stesso, lo guardava sgranando gli occhi:
“Quindi seguirai Divinazione per una scommessa persa? Non sei tu quello sveglio da queste parti? Che avevi scommesso?”

Margot Campbell non credeva praticamente a nulla di quanto vedeva o sentiva nel corso delle lezioni di Divinazione, ma in compenso le trovava spesso e volentieri semplicemente esilaranti, soprattutto grazie alla presenza del suo migliore amico: di rado nel corso di una lezione lei e Teddy si divertivano tanto come quando sedevano nella Torre Nord, e per questo motivo la giovane scozzese aveva deciso di seguire il corso anche per il suo penultimo anno ad Hogwarts. Senza contare che i compiti non erano poi impegnativi, se ci si limitava ad inventarsi qualcosa in grado di soddisfare la loro eccentrica insegnante, e in quello Teddy sapeva essere un vero maestro.
La Tassorosso salì la scala a pioli e si issò – con scarsa agilità – attraverso la botola aperta mettendosi in piedi lisciando le pieghe della gonna nera della divisa e facendo vagare lo sguardo attraverso la stanza alla ricerca di Isaac, che di norma si univa a lei e a Teddy sedendo allo stesso tavolo. L’amico l’aveva appena raggiunta oltre la botola giusto chiedendosi dove fosse il Serpeverde quando Margot individuò Isaac, i suoi ricci capelli scuri, l’aria da finto angioletto e la spilla da Prefetto verde appuntata sul petto.
Sì, era proprio Isaac, si costrinse ad appurare la Tassorosso mentre si sentiva pervadere da un’ondata di puro orrore: era proprio Isaac quello seduto accanto al suo acerrimo nemico.
“Che ci fa qui MacMillan?!” Teddy diede voce ai pensieri di entrambi quando alla vista del Corvonero strabuzzò incredulo gli occhi azzurri, quasi tentato di chiedere a Margot se lo vedesse anche lei: forse i fumi e il caldo della Cooman gli stavano dando alla testa. Sfortunatamente quello seduto accanto ad Isaac sembrava proprio Philip MacMillan, e quando lui e il Serpeverde si accorsero della loro presenza nell’aula il Corvonero certo non imitò il sorriso che Isaac rivolse ai due Tassorosso, anzi manifestò il proprio disappunto piegando le labbra dando vita ad una specie di smorfia: era già abbastanza orribile l’idea di dover seguire quell’inutile, stupido corso, figuriamoci doverlo seguire insieme a Margot Campbell.
La stessa Margot Campbell che, sperando ardentemente di star vivendo un brutto sogno, si avvicinò al suo tavolo piazzandoglisi davanti con la sua bassa statura e guardandolo con i grandi occhi blu spalancati carichi di sconcerto:
“Che cosa ci fai tu qui? L’ultima volta in cui hai messo piede in quest’aula te ne sei andato dando un calcio ad una sfera di cristallo!”
“Quello che faccio e quando lo faccio non ti riguarda minimamente. A me invece non sorprende vederti qui, la Cooman quanto a stramberia è la tua evoluzione diretta.”, replicò il Corvonero con tono annoiato guardandola levando il mento con aria spocchiosa, la stessa espressione con cui era solito scrutarla la maggior parte delle volte e che generava puntualmente in Margot il desiderio di rompergli qualcosa sulla testa.
“Phil, sii gentile con Margi. Scusate ragazzi, oggi mi siedo con questo concentrato di acidità ambulante.” Dopo aver scoccato una debole occhiata di rimprovero in direzione del Corvonero Isaac tornò a rivolgersi a Margot e a Teddy sfoderando un sorriso gentile, guardando l’amica fissare con evidente astio il suo compagno di tavolo senza dar cenno di aver udito le sue parole. Dopo aver rivolto una rapida occhiataccia a Phil Teddy prese delicatamente per un braccio l’amica per invitarla a seguirlo verso un angolo il più lontano possibile dell’aula, certo che la Cooman non avrebbe gradito di vedere qualcuno rovesciare un’intera tazza d tè sui bei capelli biondi e ricci del Prefetto.
“Vieni Margi.”
Il Cercatore condusse l’amica verso un tavolo libero distante da quello occupato da Isaac e Phil, sedendosi in silenzio su uno sgabello mentre, da bravo amico, si preparava ad ascoltare in religioso silenzio tutto ciò che di negativo la scozzese aveva da dire sul loro compagno di classe. Lo sproloquio di Margot, naturalmente, non si fece attendere:
“… E la cosa peggiore è che hanno persino pensato di renderlo Prefetto, così può togliermi punti quando vuole. Ma non esiste che io mi faccia mettere in punizione da MacMillan, non esiste.” Margot si agitò nervosamente sulla sua poltroncina cercando di mettersi comoda e incrociò rabbiosamente le braccia sul tavolo scoccando occhiate fiammeggianti in direzione del Corvonero, maledicendo Vitius per aver avuto la malsana idea di nominarlo Prefetto all’inizio dell’anno precedente. Teddy invece, che non vedeva l’ora di iniziare la lezione, le sorrise affettuosamente e allungò una mano per stringerle il braccio con fare incoraggiante:
“Allora ho paura che ti toccherà evitarlo il più possibile e stringere i denti per non insultarlo, anche se lo meriterebbe. La buona notizia è che possiamo sempre provare a distrarlo e riempirgli la borsa di concime, ora che sappiamo che verrà a lezione con noi.”
La proposta di Teddy riuscì a restituire un accenno di sorriso sul volto pallido dell’amica, ma prima che Margot potesse esprimere il suo entusiasmo in proposito una figura alta e ormai familiare a tutti i presenti apparve da dietro un tendaggio scarlatto.
“Benvenuti miei cari, bentornati!”, esclamò con tono leggermente strascinato la voce di Sibilla Cooman, che come al solito si palesò ai suoi studenti carica di scialli colorati, tintinnati orpelli e un grosso paio di occhiali dalle lenti straordinariamente spesse.
“Porca Priscilla, ecco Batwoman…” Alla vista della donna Phil sospirò rumorosamente senza nemmeno preoccuparsi di abbassare la voce mentre si sosteneva mollemente il capo reclinato con una mano, maledicendo Sawyer e chiunque, decenni o secoli addietro, avesse avuto la malsana idea di inserire la materia nel programma di studi della scuola. Isaac al contrario scoppiò a ridere piano prima di riuscire a trattenersi, certo che a causa della presenza ravvicinata di Phil e del suo sarcasmo avrebbe dovuto fare molta attenzione a sorseggiare il suo tè per non rischiare di farselo andare di traverso e tossicchiare davanti a tutto il resto della classe.

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“Peccato che tu non ci fossi a lezione di Pozioni,” – commentò Ian mentre spostava una sedia per prendere posto in penultima fila e gettava sul banco lo zaino nero pieno di spillette – “Lumacorno ci ha parlato per metà del tempo della sua estate raccontandoci anche un sacco di pettegolezzi, è stato divertente.”
Mentre l’amico parlava Aster posò il suo zaino sul pavimento, vicino alla sedia, e poi si issò a sedere sul bordo del banco accanto a quello scelto da Ian dando le spalle alla cattedra, alla lavagna e alla scalinata ricurva che conduceva all’ufficio dell’ancora assente insegnante. Il ragazzo si sistemò distrattamente i capelli biondi dietro le orecchie affinché non gli finissero davanti al viso mentre indirizzava un sorriso al compagno di Casa, i ricordi risalenti alle sue ultime lezioni di Pozioni ancora chiarissimi:
“Sì, peccato che io sia forse uno dei peggiori alunni che Lumacorno abbia mai visto nella sua longeva carriera di insegnante. No, sono felicissimo che sia questa la mia prima lezione dell’anno, mi sono goduto le mie due bellissime ore buche e ora sono pronto per rimettermi a prendere appunti.”
Di ottimo umore dopo, contrariamente a molti suoi compagni, essersi riposato per ben due ore extra Aster intrecciò le mani in grembo sfoggiando un sorriso allegro, impaziente di iniziare quello che si poteva a tutti gli effetti considerare il suo corso preferito in assoluto.
“In effetti non mi è molto chiaro come sia possibile che tu faccia parte del Lumaclub visto che sega eri in Pozioni... Hai per caso visto il mio inchiostro di riserva? O me l’hai fottuto come al solito?”
“Semplice Ian, è perché sono adorabile, non importa quanto schifo faccia nel preparare intrugli brodosi e dagli odori acri. E comunque tieni simpaticone, lo hai lasciato sul comodino quando sei andato a lezione stamattina.”

Mentre Ian continuava a frugare nel suo zaino alla ricerca dei compiti per le vacanze estive Aster si chinò per recuperare il proprio, aprirlo e passare all’amico l’inchiostro. Il biondo aveva appena iniziato a tirare fuori anche i suoi compiti quando Autumn e Håkon varcarono la soglia dell’aula e raggiunsero, come sempre, i due banchi che si trovavano esattamente dietro a quelli dei Serpeverde.
“Ciao sfigati, come vi è andata l’estate?”, domandò distrattamente Autumn mentre gettava con malagrazia lo zaino sul banco masticando un chewing gum alla menta, sedendosi accanto ad Hakoon mentre Ian ruotava leggermente il busto per poter parlare e Aster rivolgeva alla Grifondoro un ampio sorriso amabile:
“Buongiorno Erwood. Malissimo, ero così triste e melanconico, ma ora che ti ho vista finalmente sono di nuovo una persona felice e con il cuore in pace.”
Autumn non ricambiò il sorriso del ragazzo, anzi lo guardò continuando a masticare la gomma pentendosi di non aver già aperto lo zaino per potergli lanciare contro qualcosa. Di norma si trattava di un’innocua gomma da cancellare o dell’astuccio, tutto dipendeva da quanto si sentisse bendisposta verso il prossimo, ma in un paio di occasioni Aster era persino riuscito a prendersi l’intero libro di testo sulla nuca.
“Sì, senza le tue stronzate che ci fanno spaccare in due dal ridere ogni settimana la vita non è la stessa.”, confermò Ian annuendo con un lieve cenno del capo e indirizzando a sua volta un sorriso alla Grifondoro, che sbuffò mentre si sfilava l’elastico nero dal polso per legarsi i lunghi capelli ramati in una disordinata coda di cavallo.
“Sai, vorrei dire che hanno torto, ma non ce l’hanno per niente.”, commentò Håkon mentre rovistava nel suo zaino per cercare i compiti che lui e l’amica avevano ultimato giusto la sera prima in Sala Comune, ignorando lo sconcerto che prese vita sul volto dell’amica quando Autumn gli lanciò un’offesa occhiata fulminante:
“Tu che vuoi, in punizione con me ci finisci sempre anche tu!”
“Appunto, io sono così idiota che ti seguo, pensa te. Torni a giocare quest’anno Aster?” Ignorando la gomitata che l’amica gli assestò sul fianco Håkon smise di impilare libri e compiti sul banco mentre si rivolgeva al Serpeverde, che annuì con un sincero sorriso allegro mentre Sawyer Rhodes superava i loro banchi per andare a sedersi in terza fila.
“Spero vivamente di sì… è molto probabile che ci rivedremo presto in campo.”
“Ah, magnifico. Ma stai attento, non vorrei che finissi a faccia a terra alla tua prima partita dopo un anno per colpa del secondo Bolide di fila… solo che questa volta potrebbe essere il mio.”
“Non mi preoccupi per niente Erwood, ho Ian che mi difende. Vero Ian?” Aster chinò lo sguardo sull’amico indirizzandogli un sorriso e colpendolo giocosamente sul braccio sinistro, ma finì col sbuffare piano quando Ian si limitò ad un sbrigativo cenno del capo prima di gettare un’occhiata in direzione della porta dell’aula e intimargli di scendere dal banco:
“Sì, ma mettiti seduto come si deve, o Hargraves quando entra ti fa la predica. Cerchiamo di non perdere 400 punti già al primo giorno.”
“Quale predica, ma se mi adora!”
Aster scivolò giù dal banco e occupò la sua sedia sbuffando debolmente, fingendo di non sentire la breve risata sarcastica con cui Autumn commentò le sue parole mentre Cornelia e Lena entravano in aula cercando due posti vicini rimasti ancora liberi. Dopo che le due ebbero superato i loro banchi salutandoli e aver ricambiato Aster tornò a rivolgersi ad Ian tenendo le braccia strette al petto, un accenno di sorriso beffardo sulle labbra mentre parlava senza sforzarsi minimamente di abbassare il tono di voce:
“E comunque non so proprio perché ti preoccupi, tanto ci pensa Erwood a far perdere a Grifondoro la Coppa delle Case ogni anno.”
La Grifondoro si lasciò scivolare sulla sedia e approfittò della momentaneamente assenza dell’insegnante, che era anche il Direttore della sua Casa, per assestare un calcio contro la sedia di Aster. Anziché preoccuparsi il ragazzo scoppiò a ridere, anche se Ian ci renne a fargli sapere che non lo avrebbe difeso da Autumn se quella avesse deciso di malmenarlo entro la fine del primo trimestre.
“Perché ti offendi, è vero che siamo sempre ultimi in classifica… non vinciamo da quando c’era Harry Potter a scuola.” Un’informazione che la Preside non mancava mai di sottolineare con aria tetra in presenza dei Grifondoro, rifletté Håkon mentre si passava distrattamente una mano tra i capelli scuri cercando di appiattarli e di darci una sistemata: da due anni si piazzavano ultimi nella classifica di fine anno, e in parte era innegabilmente responsabilità della sua sconsiderata migliore amica.
“Grazie al cazzo che all’epoca vincevamo sempre, lo dicono anche i quadri che Silente gli dava punti come fossero caramelle! E comunque primo, l’anno scorso abbiamo vinto la Coppa di Quidditch, che per quanto mi riguarda è molto più importante.. Secondo, falla finita, sei amico mio o del nemico a squame?!”

Poco più avanti, Lena si fermò accanto a due banchi liberi per farsi scivolare la borsa dalla spalla e posarla sul pavimento, ma qualcosa, o meglio la mano che Cornelia le posò sul braccio, la trattenne:
“No, aspetta, sediamoci nell’altra fila, se ci mettiamo dietro a Sawyer poi ci tocca sorbirci tutti i commenti idioti delle tizie che sbavano per lui e non sentiamo niente della lezione…”
“Va bene, come preferisci.” Ben sapendo quanto mettersi a discutere con Cornelia Lockwood fosse una perdita di tempo quanto una battaglia persa in partenza la russa si risistemò meglio la borsa sulla spalla per dirigersi verso i banchi rimasti liberi nella fila parallela, ritrovandosi ad indirizzare un tiepido sorriso al Corvonero quando Sawyer si girò sulla sedia per rivolgersi a lei e all’amica:
“Ma come ragazze, mi private della gioia di avervi vicino a me?”, domandò il ragazzo con un sorriso seducente mentre si infilava gli occhiali dalla sottile montatura dorata, i luminosi occhi azzurri che rimbalzavano dal volto della Serpeverde a quello della compagna di Casa. Mentre un paio di Grifondoro approfittavano della loro decisione per occupare i due banchi rimasti vuoti alle spalle del ragazzo Cornelia alzò brevemente gli occhi al cielo, felice della decisione presa mentre nell’angolo opposto dell’aula due ragazze sembravano discutere proprio per stabilire chi delle due dovesse andare a chiedere a Sawyer di potersi sedere nel posto vuoto accanto a lui.
“Non fare il lecchino, con noi non attacca. Vieni Lena.”
Con quelle parole Cornelia girò sui tacchi e si diresse verso i banchi liberi più vicini, determinata a stare alla larga dal fastidioso chiacchiericcio che il compagno di Casa si portava dietro praticamente ovunque andasse. Sawyer invece anziché prendersela sembrò divertito, ricambiando il sorriso che Lena gli rivolse quando, prima di seguire l’amica, lo salutò con un silenzioso e lieve cenno delle dita della mano destra.

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Quando dopo aver esplorato buona parte del castello – Claudia non era del tutto sicura che sarebbe riuscita ad orientarsi in mezzo a tutti quegli arazzi e a quei dipinti parlanti tanto in fretta, ma per il momento aveva almeno imparato il tragitto per spostarsi dall’ingresso alla sua stanza e all’ufficio che le era stato assegnato – Marjory aveva proposito di uscire all’aperto Claudia, imparata la lezione dal giorno precedente, aveva trasfigurato le proprie scarpe in un paio di alti stivali di gomma, decisione che non rimpianse affatto quando dopi aver passeggiato sull’erba ancora umida lei e la collega si erano dirette verso le rive fangose del Lago Nero. Il cielo era impietosamente grigio e non faceva poi così caldo, almeno non per gli standard dell’americana, ma se non altro non pioveva a dirotto come la sera prima.
“Allora, che cosa ti ha riportata qui?”, domandò la Medimaga mentre camminava tenendo le lunghe braccia incrociate sotto al seno, calciando debolmente un sasso per lanciarlo nell’acqua bassa mentre sollevava il capo per posare lo sguardo sulla collega. Marjory la stava affiancando scrutando il Lago, preda dei ricordi dei tanti pomeriggi di maggio passati a studiare e a leggere proprio su quella riva, ma all’udire la domanda della collega si affrettò a rivolgerlesi accennando un sorriso con gli angoli delle labbra:
“Dopo l’ultimo anno di scuola mi sono trasferita in Francia, ho studiato lì all’Università… Mio padre è francese ma sono cresciuta in Inghilterra, mia madre ci teneva moltissimo che studiassi qui e alla fine, come sempre, l’ha spuntata lei. Ho lavorato a Parigi per un paio d’anni e poi mi sono spostata a Vienna, dove sono rimasta fino all’inizio di quest’anno… Sono tornata in primavera, ho trascorso l’estate in campagna, un paio d’anni fa mia zia mi ha lasciato un cottage nel Somerset, ed eccomi qui.”
“Che cosa facevi a Vienna?”
“Ho lavorato alla Biblioteca Nazionale Austriaca, nella sezione magica ovviamente. È uno dei luoghi più straordinari e meravigliosi che abbia mai visto, adoravo lavorarci, ma quest’anno ho… sentito il bisogno di tornare. E di cambiare.”
Marjory si fermò e Claudia la imitò, guardando in silenzio la collega scrutare le montagne che si stagliavano contro il cielo grigio in lontananza. Ebbe la sensazione che il suo improvviso desiderio di lasciare un lavoro che aveva visibilmente amato e tornare in Inghilterra fosse stato dovuto ad uno o più motivi ben precisi, ma si guardò bene dall’azzardarsi a chiedere mentre Marjory stringeva le mani dietro la schiena e tornava a guardarla accennando un sorriso che le si estese fino alle iridi blu:
“Sono felice di essere tornata qui, quando mi sono trasferita in Inghilterra non sapevo di preciso che cosa avrei fatto, la proposta della Professoressa è stata una fortuna… E ho amato pochi posti quanto ho amato Hogwarts. È davvero molto speciale, credo che in parte sia stata la sua Biblioteca a spingermi a studiare Storia e poi a specializzarmi all’Università… Non so quante ore ho passato, seduta su quelle sedie.”
“È stata una fortuna anche per me, avevo bisogno di fare qualcosa di diverso per un po’ di tempo. L’ultimo periodo è stato abbastanza turbolento, mi sono spostata di continuo negli ultimi anni e sono felice di restare ferma nello stesso posto per qualche mese.” Felice di non spostarsi di continuo, come aveva fatto per tutta la vita da che aveva memoria a causa della professione dei suoi genitori, ma soprattutto di non dover temere costantemente per la vita di nessuno. Questo però Claudia non lo disse, limitandosi ad una lieve stretta di spalle mentre scrutava distrattamente il panorama e Marjory la guardava inclinando leggermente la testa di lato, incuriosita:
“Prima dove lavoravi?”
“Sono specializzata in medicina d’emergenza-urgenza, negli ultimi anni ho affiancato gli Auror in varie missioni. Mi piaceva, ma è un lavoro molto impegnativo e non sempre tutto va come dovrebbe… Ho conosciuto Madama Chips cinque anni fa, quando avevo appena finito di studiare e sono stata qui per qualche settimana per dare una mano come potevo, e quando mi ha scritto sono venuta a parlare con la Preside quasi di corsa.”
“Insomma avevamo entrambe bisogno di cambiare aria.”, constatò Marjory abbozzando un sorriso che Claudia ricambiò, annuendo mentre riprendeva a camminare lungo la riva resa fangosa dalle forti e recenti piogge. Non erano state le uniche a decidere di fare una passeggiata all’aperto, constatò l’americana quando alzando lo sguardo scorse l’alta figura di Keith, completamente vestito di nero come il giorno precedente, stagliarsi un centinaio di metri più avanti, rivolto verso il Lago e immobile.
“Direi di sì. E forse non siamo le uniche.”
Seguendo lo sguardo della collega Marjory finì col posare a sua volta gli occhi blu su Keith, scrutando per un paio di istanti la sua figura solitaria prima di parlare sollevando di poco entrambe le sopracciglia:
“Beh, fatico ad immaginare un lavoro più stressante del suo, in caso non mi sorprenderebbe. Che tipo ti è sembrato quando l’hai conosciuto?”
Marjory si era sempre ritenuta una persona empatica e capace di comprendere velocemente le persone quando le incontrava, e se Claudia le aveva fatto un’ottima impressione, Declan le era parso estremamente loquace, simpatico e alla mano e Raymond un po’ meno, sull’Auror non era riuscita a farsi un’idea precisa. La sera prima, a cena, aveva parlato meno di tutti, e a colazione non lo aveva nemmeno visto.
“Alcuni Auror aiutarono a rimettere in sesto la scuola, a giugno e a luglio del ’98, ma ricordo che Madama Chips era contraria e insisteva perché tornasse a Londra e stesse a riposo per un po’. Aveva una mano ridotta molto male, o almeno così mi ha detto lei. Vedendogli i guanti, in treno, ho ricordato.”
“Ridotta male in che senso?”, domandò Marjory spostando lo sguardo sul bel profilo della collega, una smorfia preoccupata a deformarle la curva morbida delle labbra e a conferire allarmismo al suo volto mentre Claudia, rammentando pensosa sporadici e ormai annebbiati frammenti l’estate di cinque anni prima, scuoteva debolmente il capo:
“Non lo so. Non l’ho vista.”
“Chissà che maledizione tremenda dev’essersi preso, poverino, o peggio… Non pensi che debba essere orribile tornare e ripensare a tutto ciò che deve aver visto qui nel ’98? Tutti quei ragazzini uccisi… Ci penso e mi sento molto fortunata ad avere solo bei ricordi legati a questo posto.”
Claudia non poté far altro che annuire e convenire con la collega mentre continuava ad avanzare lungo la riva, i piedi e gli stivali che affondavano nel fango mentre teneva gli occhi celesti puntati sulla figura immobile di Keith chiedendosi che cosa l’avesse spinto a fare ritorno ad Hogwarts dopo aver vissuto in prima persona una tragedia della portata della guerra.

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Al termine della prima lezione dell’anno di Aritmanzia Lena e Cornelia avevano deciso di sfruttare l’ora buca di cui godevano prima dell’inizio di Storia della Magia per uscire e fare una passeggiata all’aperto; fortunatamente dopo diversi anni di studio erano entrambe considerevolmente abili nel trasfigurare gli oggetti e avevano prontamente trasformato i loafer della divisa in due paia di alti stivali di gomma per poter affrontare il fango che si era creato su tutta la superficie del parco a seguito dell’incessante pioggia del giorno precedente.
“Assurdo che la Vector ci abbia dato già così tanti compiti al primo giorno…” Mentre lei e l’amica raggiravano le serre muovendosi a Sud del castello, in direzione delle rive del Lago Nero, Lena esalò un sospiro tetro tenendo le lunghe ed esili braccia allacciate al di sotto del petto, i pallidi capelli biondi che le ricadevano sulle spalle e sulla schiena in delle onde ordinate.
“Sai che cosa è ancora più assurdo? Sawyer. Sawyer e i suoi perfetti compiti delle vacanze a cui avrà dedicato sì e no un’ora al massimo.” Approfittando del non doversi preoccupare di sporcarsi le scarpe Cornelia smosse un mucchio di fango assestandogli un debole calcio pieno di risentimento, incapace di smettere di pensare all’infinita sfilza di complimenti in cui la Vector si era, come al solito, promulgata per vezzeggiare il suo studente prediletto. Il tutto mentre lei, seduta in prima fila accanto a Lena, tratteneva faticosamente l’impulso di raccogliere il lavoro che le era costato ore di svago negato durante l’estate e cestinarlo.
Sono Sawyer Rhodes, sono così sveglio e intelligente che non mi devo applicare, mai! Non è giusto.” Non importava quanto strenuamente suo padre poteva suggerirle di non paragonarsi agli altri, Cornelia avrebbe sempre guardato gli ottimi voti che il suo compagno di Casa raccoglieva impegnandosi e studiando un terzo rispetto a quanto faceva lei provando il cocente desiderio di alzarsi e lasciare l’aula di turno senza più tornare. Di sicuro a migliorare la situazione non contribuiva quello strano effetto che Sawyer Rhodes sembrava esercitare sulle persone che lo circondavano: al ragazzo un sorriso e una parola gentile bastavano per farsi benvolere pressochè da chiunque.
“Sì, lo so, noi perdiamo ore studiando in Biblioteca e c’è chi a cui le cose riescono facilissime… ma suppongo che il nostro innegabile impegno ci faccia merito. Non ci pensare.” Lena si strinse nelle spalle mentre osservava distrattamente i tentacoli della piovra gigante emergere ed increspare la liscissima superficie scura dello specchio d’acqua dolce, rammentando divertita lo shock che aveva provato qualche anno prima quando, appena arrivata ad Hogwarts, la Preside aveva chiesto all’allora Prefetto di Serpeverde di mostrarle il castello e visitando il giardino aveva appreso dell’esistenza di quell’inusuale ospite.
A differenza di Cornelia, che provava per quell’intera categoria umana una stizza difficile da quantificare, e benchè studiasse forse più di chiunque altro all’interno del castello la russa non si era mai particolarmente preoccupata di chi riusciva a prendere ottimi voti senza applicarsi. Trovava anzi che Sawyer Rhodes fosse un ragazzo molto sveglio e affascinante, così difficile da riuscire ad inquadrare, ma tendeva a guardarsi bene dal condividere quell’opinione – largamente condivisa – con la sua amica, che infatti reagì alle sue parole sbuffando e incrociando a sua volta le braccia al petto:
“Credo che nessuno del nostro anno si impegni quanto noi, ma penderanno sempre dalle labbra di Sawyer Rhodes in ogni caso, anche se di stronzate ne combina eccome. Io continuo ad essere convinta che abbia una nonna Veela o qualcosa del genere, non mi stupirebbe.”
“Però in quel caso anche noi dovremmo fare le rimbambite in sua presenza, no?” Mentre si muovevano in direzione della riva fangosa Lena ruotò il capo per gettare un’occhiata all’amica inarcando dubbiosa un sopracciglio, le labbra distese in un lieve accenno di sorriso divertito che Cornelia fece finta di non vedere, fermamente convinta della sua teoria non ancora comprovata:
“Forse se sei particolarmente intelligente diventi immune all’affetto, andrò in Biblioteca a cercare informazioni a riguardo… E poi l’anno scorso ho visto sua madre a King’s Cross, è così bella che non mi stupirebbe se avesse una qualche Veela nell’albero genealogico.”
“Se stai ammettendo velatamente che Sawyer sia molto bello mi stupisco, pensavo che non l’avresti mai detto. Quello e che Divinazione è un corso utile ed interessante.”
“Beh, è ovvio che sia bello, ci vedo male, ma ci vedo! La cosa che mi infastidisce è il privilegio di cui la gente come lui gode. Bello, educato, con quel sorrisetto amabile e qualche moina e si ritrova tutti ai suoi piedi… l’ho visto uscire di notte non so quante volte, eppure non viene mai beccato e punito, chissà perché. Quanto a Divinazione, sai come la penso. Aritmanzia è la sua versione per la gente più sveglia.”
Gli unici detrattori della materia residenti ad Hogwarts più convinti di lei erano forse la Preside stessa e Phil MacMillan – per quanto agli occhi di Cornelia il ragazzo non brillasse sempre per simpatia, oltre ad essere colpevole anche più del suo amico Sawyer di essere un maledetto genio, spesso si erano ritrovati a discutere ritrovandosi d’accordo a riguardo –, e Cornelia piegò le labbra in una smorfia schifata mentre scrutava distrattamente il Lago ripensando alle numerosi occasioni in cui lei e il fratellino, che a differenza sua adorava il corso della Cooman, avevano battibeccato stando seduti a tavola e mettendo a dura prova l’infinita pazienza del loro povero padre.
“Forse se avessimo un’insegnante diversa andrebbe in un altro modo… La Cooman faccio fatica a prenderla sul serio, in qualche modo crede fermamente a tutto quello che dice, anche se insegna cose che non hanno niente a che vedere con la Vista. È assurdo, insegna un mucchio di scemenze, ma ho sentito dire non so quante volte che delle profezie in piena regola le ha pronunciate davvero in passato.”
Mentre Lena scuoteva il capo con disapprovazione mista a rassegnazione – quando si era trasferita ad Hogwarts da Koldovstoretz aveva preso posto alla sua primissima lezione di Divinazione carica di aspettative, soprattutto a causa di un dono molto simile che faceva parte del suo corredo genetico, aspettative che la bizzarra insegnante non aveva pienamente soddisfatto – Cornelia smosse un po’ di fango gettandolo nell’acqua scura del Lago roteando gli occhi chiari, certa che niente e nessuno sarebbe mai riuscito a distoglierla dalle sue ferree convinzioni:
“Non ne sarei così convinta, io farei più affidamento su quelle finte palle da Biliardo con l’otto(1) che predicono il futuro che su di lei. Tra l’altro mio fratello ne vuole una per Natale, io mi vergogno all’idea di andare in un negozio e comprargliela…”
“A proposito di insegnanti diversi… Guarda, c’è il Signor Whiteoak.”
Lo sguardo di Cornelia seguì la direzione del cenno dell’amica finendo col posare gli occhi sulla sagoma scura che era apparsa un centinaio di metri più avanti rispetto al punto in cui si trovavano, anch’essa ferma indugiando sulla riva. Per qualche istante nessuna delle due parlò, entrambe impegnate a scrutare con discreta curiosità l’Auror che non sembrava essersi minimamente accorto della loro presenza; si lasciarono cullare dal lontano stridio di qualche rapace sveglio e dal lieve venticello che agitava le fronde degli alberi vicini e le loro chiome bionde finchè Cornelia, premendosi la mano sinistra sul lato della fronte per impedire ai capelli corti di finirle davanti agli occhi, non parlò:
“Stai pensando anche tu che è veramente bellissimo?”, domandò la ragazza senza distogliere lo sguardo dalla silhouette di nero vestita dell’uomo, che teneva le mani sprofondate nelle tasche e gli occhi azzurri rivolti pensosi verso il Lago, preda di un flusso di pensieri a cui loro non avevano accesso. Colta di sorpresa da quella domanda Lena distolse in fretta lo sguardo per puntare gli occhi scuri sull’amica, sentendosi arrossire leggermente mentre annuiva abbozzando un sorriso imbarazzato:
“Mi sento un po’ a disagio visto che ci deve fare da insegnante, ma sì. Decisamente.”
Cornelia ricambiò il sorriso e annuì prima di aggiustarsi la montatura degli occhiali sul naso, prendendo a braccetto l’amica prima di agitare debolmente la mano libera scimmiottando l’ormai celeberrima gestualità teatrale dell’insegnante di Divinazione:
“Non so Lena, non mi chiamo Cooman, ma ho una visione. Vedo l’aula del suo corso piena fino a scoppiare la prossima settimana, e non solo perché chiunque troverebbe figo avere un Auror come insegnante. Forza, dobbiamo tornare dentro, abbiamo lezione con Rüf.”
Le lezioni di Storia della Magia, per quanto trovasse la materia interessante di per sé, erano forse ciò che meno era mancato a Lena nel corso delle vacanze estive e la giovane gemette stancamente mentre si costringeva a seguire l’amica incamminandosi lungo la riva trascinando i piedi un po’ più del necessario:
“Le sue lezioni sono così dannatamente insopportabili… di solito mi prendo avanti riassumendo il libro, ma alla prima lezione non c’è niente da fare…”
Una parte di Lena avrebbe voluto proporre all’amica di saltare la lezione: in fondo Rüf nemmeno se ne sarebbe accorto, a malapena sapeva i loro nomi ed era noto per non fare l’appello, o per non alzare mai gli occhi dal libro che teneva in mano e da cui leggeva. Lena sapeva benissimo che avrebbero potuto saltare la lezione di Storia senza problemi, ma disgraziatamente lei e l’amica sapevano anche fin troppo bene che in quel caso si sarebbe sentita dannatamente in colpa per aver perso una lezione già al primo giorno di scuola. A volte si sarebbe presa a schiaffi da sola per essere così responsabile.

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La prima giornata di lezione di Håkon Jørgen e di Autumn Erwood si era conclusa alle quattro del pomeriggio, quando i due Grifondoro avevano fatto ritorno al castello insieme al termine della prima lezione di Cura delle Creature Magiche dell’anno; non avendo alcuna intenzione di iniziare a fare i compiti i due avevano raggiunto la loro Sala Comune al settimo piano per stravaccarsi su un divano accanto al caminetto spento, godendosi la parziale tranquillità garantita dal gran numero di studenti ancora impegnati nell’ultima lezione della giornata. Autumn si era sfilata senza tante cerimonie i loafer neri della divisa per stare più comoda e aveva tirato fuori dallo zaino il suo Game Boy Advance SP rosso fiammante mentre Håkon, dopo essersi slacciato la cravatta, si era infilato le cuffie nere del suo walkman, rilassandosi tenendo gli occhi chiusi e la testa reclinata contro lo schienale mentre accanto a lui l’amica inveiva contro i livelli avanzati di Super Mario Advance 4.
Alle cinque ad entrambi era venuta fame, pertanto avevano lasciato le loro cose nelle rispettive stanze per scendere nuovamente al pian terreno del castello, diretti verso la Sala Grande per il tè pomeridiano: Håkon in realtà disprezzava il tè, anzi si chiedeva perché il popolo britannico sembrasse opporsi con tanta resistenza all’idea di servire il caffè nel pomeriggio, ma alle deliziose ed invitanti alzate per dolci cariche di sandwich riccamente farciti e biscottini non avrebbe mai saputo dire di no.
Avevano disceso i gradini di marmo della scalinata principale pensando con compassione ai loro compagni impegnati nella lezione di Storia della Magia del Professor Rüf – entrambi avevano scartato il corso senza nemmeno prenderlo in considerazione – quando, raggiunto il Salone d’Ingresso, notarono un capannello di studenti raccolto accanto alle porte aperte della Sala Grande, davanti alla bacheca dove qualche avviso veniva saltuariamente appeso nel corso dell’anno, di norma per informare gli studenti delle date delle partite di Quidditch, delle gite ad Hogsmeade e dell’inizio delle vacanze natalizie.
“Che succede? Qualcuno ha appeso una foto osé della Cooman alla bacheca?”, domandò Autumn inarcando scettica un sopracciglio mentre si fermava accanto all’amico a pochi metri dall’ingresso della Sala Grande, un chupa chups alla Coca-Cola tra i denti e gli occhi color nocciola che scrutavano indagatori gli studenti, tutti della loro età o al massimo di un anno più piccoli, raccolti davanti alla bacheca.
Mi auguro che se così fosse non ci sarebbe tutta quella calca.”, osservò Håkon scrutando a sua volta l’inconsueto spettacolo – di norma la bacheca restava vuota nel corso di tutta la prima settimana di lezione – e sentendosi raggelare solo immaginando lo spiacevolissimo scenario ipotizzato dalla sua migliore amica, che invece si strinse nelle spalle con noncuranza prima di accennare in direzione delle porte aperte davanti a loro:
“Beh, vai a vedere tu, sei più alto, io vado a sedermi per prendere due posti e assicurarmi che non finiscano i sandwich migliori.”
Essendosi l’amica dileguata prima di dargli il tempo di contestare – dopo una vita intera passata a mettersi nei guai Autumn aveva sviluppato un’invidiabile abilità nel sparire in tutta fretta quando la situazione lo richiedeva – Håkon si vide costretto ad avanzare verso la bacheca, fermandosi alle spalle del sempre più consistente muro di studenti creatosi davanti alla parete di pietra per cercare di riuscire a leggere cosa ci fosse scritto sul foglio che era stato appeso. Sfortunatamente, nonostante fosse piuttosto alto, l’unica cosa che riuscì a scorgere fu la scritta che segnalava con inchiostro rosso la presenza sottostante dell’elenco e dell’orario delle nuove materie che gli studenti del VI e VII anno avrebbero dovuto frequentare, e al Grifondoro non restò che sbuffare e aspettare che la gente davanti a lui iniziasse a spostarsi per poter sperare di riuscire ad informarsi a sua volta.
Gli ci vollero più di cinque minuti, durante i quali pregò ardentemente in almeno un paio di corsi decenti, ma Håkon riuscì infine a trovarsi abbastanza vicino per riuscire a scorgere la tabella tracciata al centro del foglio. Stava cercando di memorizzare i nomi dei corsi, giusto per riportarli ad Autumn e accertarsi che l’amica non lo spedisse a controllare una seconda volta, quando una timida voce femminile attirò la sua attenzione:
“Scusami?”
Ad aver parlato era stato inequivocabilmente qualcuno che si trovava alla sua destra, e voltandosi il ragazzo si ritrovò ad abbassare il mento per posare il proprio sguardo su una ragazza considerevolmente, almeno di venticinque centimetri, appurò con quella prima occhiata, più bassa di lui. A giudicare dalla cravatta che portava allacciata al collo e allo stemma ricamato in alto a destra sul suo maglione si trattava di una Tassorosso, una Tassorosso che gli sorrideva gentilmente guardandolo di rimando con un paio di splendidi e grandi occhi azzurri.
Non erano grigi con una parvenza di azzurro, o con qualche lieve traccia di verde, erano proprio celesti, messi in risalto dall’incarnato pallido della ragazza e dai suoi capelli scuri, rifletté Håkon prima di chiedersi infastidito per quale motivo si stesse soffermando tanto sul colore degli occhi di una perfetta sconosciuta.
“Mi sapresti dire che cosa c’è scritto? Comincio ad aver paura di restare qui fino all’ora di cena.”
La Tassorosso distese le labbra carnose dando forma ad un sorriso impacciato mentre accennava ai compagni di scuola che le stavano davanti e che le impedivano di vedere, tutti più alti di lei – MacMillan non mancava mai di farle notare come persino buona parte degli studenti del secondo anno la superassero in altezza –. Dopo aver istintivamente catalogato l’accento della compagna come scozzese Håkon esitò, gettando una rapida occhiata alla bacheca prima di schiarirsi la voce e riportare lo sguardo su di lei:
“È l’elenco delle materie nuove per gli studenti del VII e VI anno con l’orario. Occlumanzia e Legilimanzia, Magia Oscura, Principi di Medimagia, Storia Magica Europea e Botanica Orientale.”
“Oh, grazie mille. Tornerò a controllare l’orario quando ci sarà meno gente. Ciao!”
Sollevata all’idea di non dover continuare a pregare che qualcuno si spostasse per riuscire a vedere qualcosa, dopo aver donato un ultimo sorriso al Grifondoro – non avevano mai parlato prima di quel giorno e Margot non riusciva a ricordare come si chiamasse, anche se aveva il vago sentore che il suo nome avesse parvenze nordiche, ma lo conosceva di vista: sarebbe stato impossibile il contrario poiché non solo lo vedeva sempre per i corridoi in compagnia di Autumn Erwood, e Teddy non mancava mai di notare la presenza della ragazza quando gli capitava di scorgerla da qualche parte, ma era anche sicura che facesse parte della squadra di Quidditch della sua Casa – la Tassorosso si allontanò scivolando facilmente in mezzo ai compagni grazie alla sua statura minuta, desiderosa di raggiungere la Sala Grande e di sedersi senza sentirsi schiacciata dalla fastidiosa pressione della ressa.
Il Battitore la seguì brevemente con lo sguardo, certo di non averla mai notata prima di quel momento, finché una sonora imprecazione non gli sfuggì dalle labbra quando qualcuno gli pestò accidentalmente un piede. Nel frattempo Autumn, a soli pochi metri di distanza, si stava bellamente rilassando alle sue spalle sorseggiando in tutta tranquillità una tazza fumante di Earl Grey con un goccio di latte: sua madre talvolta le chiedeva se non sentisse la mancanza di qualche amicizia femminile nella sua vita, ma a lei avere un amico talmente buono da lasciarsi sfruttare andava benissimo.
“Ce ne hai messo di tempo. Allora, mio nobile messaggero di corte, che novelle mi porti?”, furono le parole con cui poco dopo, quando Håkon entrò nel suo campo visivo sedendolesi di fronte, la gallese accolse l’amico insieme ad un sorrisino tenendo la tazza di porcellana ancora calda stretta tra le mani sollevata davanti al volto.
“Vaffanculo Autumn, la prossima volta ti arrangi.” Infastidito per aver perso tempo Håkon afferrò l’alzata per dolci più vicina e l’avvicinò a sé con un movimento deciso, deciso a mangiarsi tutti i biscottini al burro su cui sarebbe riuscito a mettere mano mentre Margot e Teddy, seduti a poca distanza al tavolo dei Tassorosso, prendevano il tè dando le spalle ai Grifondoro e ascoltando insieme gli ABBA dal lettore CD del ragazzo, una cuffia ciascuno.
In verità Håkon Jørgen non sarebbe mai davvero riuscito a mandare la sua migliore amica a quel paese e a negarle un favore, lo sapevano tutti e due, ma solitamente in quelle situazioni Autumn tendeva a cercare di dargli un po’ di credito fingendo di assecondare le sue minacce: la Grifondoro annuì con aria grave mentre posava la tazza sul piattino, promettendogli solennemente che l’avrebbe fatto mentre l’amico trovava conforto nella pasta frolla.

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“Teddy, vuoi smetterla di giocare?! È da quando abbiamo finito lezione che continui, io ho bisogno di chiacchiere e di supporto morale dopo aver visto la brutta faccia di MacMillan per tutto il giorno!”
Una delle migliori certezze garantite da Hogwarts era la possibilità di gustare un’ottima cena in compagnia dei propri amici al termine di qualsiasi giornata di lezione, anche le più frustranti e burrascose. Sfortunatamente per Margot Campbell, tuttavia, quel giorno sembrava che le cose per lei fossero destinate ad andare diversamente: l’ultima lezione del giorno per il VI anno era stata Babbanologia, materia che, essendo figlia di Babbani, mai si sarebbe sognata di inserire nel suo orario, ma non aveva comunque potuto godersi un po’ di tempo libero extra in compagnia dei suoi amici a causa degli impegni di Wendy, che si era recata in Biblioteca per dare una mano a Madama Pince, e della discreta dipendenza che Teddy aveva nei confronti dei videogame.
Il ragazzo, che si era portato il suo prezioso Game Boy Advance giallo persino a cena per finire un torneo prima di andare a dormire, annuì distrattamente mentre reggeva la console con una mano e con l’altra l’hamburger iper-farcito di salsa che si era preparato assemblando pane, carne, formaggio, verdure e un generoso mucchio di patatine fritte come contorno.
“Finisco la corsa e ci sono Margi. Maledetto stronzo!”, inveì aspramente il ragazzo senza distogliere i brillanti occhi chiari dallo schermo della console, quasi del tutto incurante di quanto stava avvenendo attorno a lui. Margot, che gli sedeva di fronte, annuì mentre posava i gomiti sul tavolo e si reggeva il capo tra i palmi fissando prima il piatto dell’amico e poi la propria tristissima insalata con aria alquanto affranta. Voleva bene a Teddy, per lei rappresentava ormai una sorta di fratello, ma talvolta si ritrovava ad odiarlo silenziosamente a causa della sua apparente incapacità di mettere su peso pur ingozzandosi di schifezze e grassi saturi.
“Io di norma non uso certi termini, ma MacMillan lo è senza alcun dubbio.”
E anche MacMillan, ora che ci rifletteva, si ingozzava sempre di dolci ed era magro come un chiodo. Possibile che la provvidenza avesse deciso di premiare un carattere tanto detestabile con la bellezza – certo lo detestava, ma Margot si riteneva una persona obbiettiva, e Phil era obbiettivamente bello –, un metabolismo velocissimo e un quoziente intellettivo ben superiore alla media? La vita era davvero un gioco ingiusto, si ritrovò a considerare aspramente la scozzese mentre fissava sconsolata l’invitante hamburger sul piatto di Teddy.
No, parlavo di Yoshi, mi ha buttato addosso una buccia di banana e sono finito fuori strada, ora per colpa sua sono sesto!”, sbuffò il ragazzo agitando stizzito la sua console e inveendo mentalmente contro il draghetto mentre Margot, al contrario, roteava brevemente lo sguardo prima di gettare un’occhiata in direzione delle porte aperte della Sala Grande chiedendosi dove Wendy fosse finita.
“Mangia Teddy, ti si fredda tutto quanto ed è un peccato… Posso rubarti una patatina?”
“Certo. Tu piuttosto perché mangi solo roba da conigli?!” Dopo aver tagliato il traguardo dovendosi accontentare del terzo posto Teddy si concesse di distogliere lo sguardo dallo schermo quadrato del Game Boy per gettare un’occhiata accigliata al piatto pieno di tristissima insalata dell’amica, che nel frattempo si era allungata verso di lui per prendere una patatina dal suo. La scozzese l’addentò scuotendo il capo con aria sconsolata, gettando a sua volta un’occhiata alla cena che l’aspettava mentre Wendy faceva finalmente capolino all’interno della Sala Grande dirigendosi con ampie falcate in direzione del tavolo dei Tassorosso, gli occhi azzurri schermati dagli occhiali che vagavano sui volti dei compagni di Casa cercando proprio loro.
“Perché sono grassa e orribile! MacMillan ha ragione, finirò sola e piena di gatti… e a me piacciono i cani!”
“E allora prenditi un cane, chi ti dice di prenderti un gatto?! E comunque non sei né grassa né orribile, smettila di dire cretinate. Alla peggio se restiamo entrambi single andiamo a vivere insieme in campagna con un mucchio di animali da coccolare… Il che è molto probabile, visto che l’amore della mia vita non mi degnerà mai di uno sguardo.” Dopo aver riposto il Game Boy accanto al suo piatto Teddy puntò lo sguardo sul rumoroso tavolo dei Grifondoro, sorreggendosi il viso pallido e lentigginoso con una mano mentre studiava sognante il bellissimo e ridente viso di Autumn Erwood, che sedeva dando le spalle alla parete della sala dandogli così modo di poterla guardare. Margot, che non aveva nemmeno bisogno di chiedergli di chi stesse parlando, s’illuminò e dimenticò momentaneamente la sua insalata, il suo terribile aspetto e persino Phil MacMillan mentre ripensava all’incontro di cui si era resa protagonista nel tardo pomeriggio, quando lei e Teddy avevano lasciato la Sala Comune per bere una tazza di tè e lei si era attardata nel Salone d’Ingresso per leggere l’avviso in bacheca.
“Oh, a proposito, sai che oggi ho parlato con il suo amico? È stato gentile, e pensare a che a vederlo mi è sempre sembrato spaventoso, è così alto e sempre così serio, poi si veste sempre di nero… Com’è che si chiama, non me lo ricordo.”
“Håkon Jørgen, fa il Battitore insieme a lei. L’anno scorso ho sentito dire un paio di volte che qualcuno crede che stiano insieme, secondo te è vero?”
Certo Teddy, quando mi ha detto quali fossero le materie nuove l’ho ringraziato e poi gli ho chiesto di parlarmi della sua vita sentimentale. Come faccio a saperlo?!”
Mentre Margot alzava gli occhi al cielo Teddy decise di sublimare la sua sofferenza addentando malinconicamente il suo hamburger e accusando l’amica di essere brutalmente ingiusta nei confronti di un amico alle prese con le pene dovute ad un amore impossibile, proprio mentre Wendy appariva accanto all’amica per sedersi sulla porzione di panca rimasta libera accanto alla scozzese aggiustandosi gli occhiali sul naso.
“Come fai a sapere cosa? Margi, cos’è quell’insalata scondita? Prendi subito un hamburger, almeno mangia la carne se proprio non vuoi il pane!”
Mentre Wendy le si sedeva accanto Margot iniziò ad elencare tutti i motivi che l’avevano spinta a decidere di iniziare una dieta rigidissima, ma anziché ascoltarla la bionda si allungò verso il vassoio degli hamburger e ne prese uno per sé e uno per lei, piazzandolo senza tante cerimonie in mezzo all’insalata mentre Teddy la guardava con sguardo affranto e con il suo panino di consolazione stretto tra le mani pallide:
“Wendy, secondo te Håkon Jørgen e Autumn stanno insieme?”
“Porca Tosca, ancora con Autumn? Speravo che con le vacanze ti sarebbe passata l’assurda cotta che hai per lei.”
“Non mi passerà mai. L’amerò per sempre, anche se lei non mi noterebbe nemmeno se arrivassi a colazione con dei trampoli.”
Wendy fece per fargli notare quanto l’idea fosse semplicemente ridicola, ma si bloccò in tempo per ruotare leggermente il capo e scambiarsi una breve occhiata con Margot, che sembrò suggerirle silenziosamente di non dire nulla per non rischiare di spingere Teddy a prendere seriamente in considerazione l’idea di farsi mandare dei trampoli: erano entrambe sicure che il padre dell’amico avrebbe assecondato la sua richiesta senza battere ciglio.
“Sì, bravo Teddy, tu amala pure, scrivile sonetti, io non vedo l’ora di trovare una scusa per metterla in punizione dopo quello scherzo sul treno. I miei capelli ancora puzzano, e sapete come la penso a riguardo.
Che Wendy Lightwood nutrisse una particolare fissazione nei confronti dei propri – splendidi, curati ed invidiatissimi – capelli era cosa nota a chiunque la conoscesse, tanto che né Margot né tantomeno Teddy osarono obbiettare mentre l’amica li legava stizzita in una coda alta per non rischiare di sporcarli con il contenuto del suo piatto. Di tanto in tanto si presentava a lezione di Pozioni con una cuffietta per tenerli lontani dai cattivi odori e dal vapore che puntualmente riempiva l’aula e che li avrebbe resi orribilmente crespi, e anche se buona parte della classe la prendeva in giro Wendy era sempre l’unica a lasciare i Sotterranei con i capelli puliti, perfetti e profumati di vaniglia.
“Dite che potrei farmi mettere in punizione insieme a lei? Penso che sarebbe molto romantico.”, osservò Teddy con tono distratto mentre fissava pensoso le candele che fluttuavano sopra le loro teste, portandosi un generoso mucchio di patatine cosparse di ketchup – vedeva spesso Autumn versarsi il ketchup nel piatto anziché la maionese, a conferma di come fossero segretamente anime gemelle – alle labbra mentre rifletteva su qualche possibile modo di avvicinarsi alla bellissima Grifondoro. Margot, che si sarebbe affatturata da sola piuttosto di ferire l’animo dell’amico, si mordicchiò il labbro inferiore cercando una risposta il più possibile neutrale e ponderata, ma Wendy decise di prendere la parola per entrambe elargendo uno dei suoi celebri e frettolosi commenti brutalmente onesti:
Io penso che sarebbe un’idea cretina.”, osservò la bionda con tono neutro e senza nemmeno guardare l’amico, troppo presa dal sminuzzare il suo hamburger con coltello e forchetta mentre Margot cercava di non scoppiare a ridere per evitare di ferire i sentimenti di Teddy e soprattutto di strozzarsi con il succo di zucca.
“Come sei acida stasera, mi sembri mia sorella! Di questo passo rischiamo di finire tutti e tre a vivere insieme con cani, gatti e porcellini d’India… Dopo aver trovato una fidanzata a papà dovrò sistemare anche una di voi, mi piacerebbe diventare zio e su Connie non nutro molte speranze.” Il commento torvo di Teddy non venne accolto affatto di buon grado da Wendy, che si sistemò gli occhiali sul naso prima di fargli notare stizzita di non aver nessuna intenzione di trascorrere una vita intera appresso a degli animali domestici che avrebbero disseminato disordine e sporcizia dappertutto; quello era più o meno lo stesso motivo che la spingeva a figurare per se stessa un futuro da donna felicemente single in un appartamento sempre pulito e profumato.

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Sala Comune di Serpeverde


Ian era andato a coricarsi su uno dei numerosi divani di pelle nera sparsi all’interno dell’ampio salone dalle pareti di pietra non appena varcata la soglia della sua Sala Comune, felice di potersi sfilare le scarpe della divisa e la cravatta che aveva portato annodata alla bell'e meglio per tutto il corso di quella lunga prima giornata di lezioni. Invece di imitarlo Aster aveva superato la Sala Comune per raggiungere il Dormitorio maschile e farsi una doccia, consentendo all’amico di infilarsi le cuffie del suo lettore CD portatile nelle orecchie e di rilassarsi ascoltando canzoni che chiunque altro avrebbe definito tutto fuorché in grado di distendere qualsiasi tipo di tensione.
Disteso supino sul divano con il capo appoggiato ad un cuscino dalla federa verde smeraldo e le palpebre serrate Ian stava ormai ascoltando la sesta canzone di Physical Graffiti(2) quando la sua quiete venne bruscamente interrotta da un secondo cuscino che gli si scagliò coltro colpendolo mollemente in pieno volto. Allontanatosi il cuscino dal viso e aperti istintivamente i grandi occhi blu Ian scrutò solo per una frazione di secondo il basso soffitto di pietra che sovrastava la sala semibuia prima di mettersi a sedere contro il bracciolo del divano e poter gettare così un’esasperata occhiata torva al suo migliore amico, che lo stava guardando standosene appollaiato sul bracciolo del divano Chesterfield a tre posti più vicino e con un accenno di sorriso a distendergli le labbra.
“Mi sembrava quasi troppo vera, quella pace e quella quiete durata ben cinque canzoni.”, osservò Ian senza nemmeno provare a mascherare una nota di sarcasmo mentre metteva in pausa i Led Zeppelin e si sfilava le cuffie, sistemandosi il lettore CD in grembo mentre l’amico si lasciava scivolare dal bracciolo per andare a sedersi accanto a lui e sollevare i piedi per appoggiarli ad un basso tavolino di freddo metallo nero.
“Beh lo sai anche tu che da queste parti a fare la doccia ti devi sbrigare, visti quanti siamo. E poi non vorrei mai che tu possa sentirti troppo perso e solo in mia assenza… Allora, che materie seguiamo?”, domandò Aster mentre si sfilava una vivace confezione rossa e bianca di Gelatine Tutti i Gusti + 1 dalla tasca della felpa che aveva infilato per dormire, aprendola per tentare la sorte e gustare l’ultimo paio di caramelle della giornata. Ian lo aveva visto spazzolare una porzione molto generosa di tortino al cioccolato coperto da uno strato altrettanto generoso di panna montata come dessert, ma conoscendo ormai molto bene la dieta straordinariamente ricca di zuccheri dell’amico a stento ci fece caso, preoccupandosi invece di indicare scettico uno dei divani che si trovava vicino al colossale camino di marmo nero spento:
“Scusa, ma non ti siedi sul tuo divano personale? Quello sul cui schienale l’anno scorso volevi appendere una targhetta col tuo nome?”
“Lo farei genio, ma voglio parlare con te, quindi mi adeguo. Allora, che hai pensato?” Aster sollevò una gelatina scarlatta studiandola dubbioso, cercando di pensare a quali gusti potenzialmente disgustosi un simile colore potesse celare mentre Ian si prendeva qualche istante per riflettere imitandolo e appoggiando i piedi avvolti da un paio di calzini neri sul bordo del tavolino.
“Credo che Magia Oscura e Occlumanzia siano molto fighe. Immagino che a te Botanica non interessi.”
Anche se la voce di Ian suonò del tutto priva di ironia il Battitore quasi scoppiò genuinamente a ridere alla vista dell’espressione schifata che fece immediatamente capolino sul volto dell’amico – quasi avesse appena ingerito una gelatina al cerume – non appena ebbe nominato la materia in cui, probabilmente, Aster aveva fatto più pena per tutta la durata della sua carriera scolastica.
“Porco Merlino, no. Lo sai che pena facevo ad Erbologia, ne ho abbastanza di terra, vasetti e piantine. Magia Oscura la seguo di sicuro, è tutta l’estate che leggo roba sugli Spezzaincantesimi, sarebbe stupido non seguire un corso tenuto da qualcuno che fa quel lavoro.”
“Lo immaginavo. Di Occlumanzia e Legilimanzia che mi dici?”
“Ci sto, un corso tenuto da un Auror in carne ed ossa non me lo perderei mai.”
Finalmente Aster prese coraggio e si mise la gelatina sulla lingua, prendendo a masticarla con le sopracciglia bionde aggrottate in attesa che il gusto misterioso si manifestasse. Disgraziatamente, come ebbe modo di appurare quando si sentì andare a fuoco la lingua, aveva pescato una gelatina al gusto di peperoncino messicano, e ben preso il Serpeverde venne violentemente scosso da un acceso attacco di colpi di tosse.
“Bene, non vedo l’ora di cercare di impedirti di leggere i miei pensieri. Credo che seguirò anche il corso di Medimagia, sembra interessante, ma sono indeciso per Storia e Botanica. Tu a Storia ci saresti?”, domandò Ian mentre gli assestava qualche energico colpetto sulla schiena, invitandolo silenziosamente a non soffocare prima della fine della prima settimana di lezioni. Aster, gli occhi verdi arrossati e pieni di lacrime, annuì mentre continuava a tossire, momentaneamente incapace di parlare; solo qualche istante dopo, quando la gola iniziò a bruciargli un po’ meno, riuscì a schiarirsi la voce e a dare forma ad una frase:
“Sì, se non crepo prima, penso che sarà interessante... e poi la prof è mezza francese, magari se le dico che abbiamo origini in comune mi prende in simpatia. Ed è anche una gran figa.”, concluse con una debole stretta di spalle mentre chiudeva la confezione di gelatine, certo di averne avuto abbastanza fino al giorno seguente. Ian, accanto a lui, tornò a mettersi comodo contro lo schienale di pelle del divano annuendo debolmente e fissando con aria distratta il set di candelabri d’argento a forma di serpente sistemati al centro del tavolino mentre rifletteva sulle parole dell’amico.
“Allora penso che la seguirò anche io. Per gli allenamenti invece? Ci sarai quest’anno, voglio sperare.”
“Lo dici a me? Sono stanco di stare in panchina, l’anno scorso è stato uno schifo. Chi cazzo poteva essere, del resto, l’unico coglione che si fa male durante un allenamento?!” L’aver dovuto trascorrere un intero anno seduto in panchina con un braccio fuori uso a causa di un Bolide era stato per Aster fonte di enorme frustrazione; fino alla fine dell’anno aveva potuto seguire le partite dei suoi compagni, Ian incluso, solo a debita distanza, e quando a giugno la squadra aveva vinto il campionato scolastico non era riuscito ad unirsi ai festeggiamenti con l’entusiasmo dovuto, conscio di non aver contribuito in alcun modo alla vittoria.
“Sei stato la cheerleader migliore in cui potessimo sperare, però.” Ian si concesse di sorridere mentre guardava l’amico agitando amabilmente le lunghe e folte ciglia scure, ed esattamente come si aspettava ciò che ottenne in risposta furono un insulto colorito e una seconda cuscinata. Certo era, si premurò di sottolineare Aster alzando il mento con aria sostenuta, che in gonnellino e pon-pon lui sarebbe stato sicuramente il più attraente tra i due.

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Wendy Lightwood era piuttosto nota tra i Prefetti, nonché tra il resto della popolazione scolastica, per prendere il ruolo che l’anno prima le era stato assegnato dalla Professoressa Sprite molto seriamente: non aveva mai saltato una riunione, non si lamentava mai per gli orari delle ronde che le spettavano e di rado chiedeva a qualcun altro di sostituirla.
Quella sera il nome della Tassorosso era figurato tra gli eletti destinati al turno di ronda, e anche se la giovane strega avrebbe di gran lunga preferito restare a godersi l’accogliente Sala Comune in compagnia di Teddy – che dopo cena aveva deciso di affogare la tristezza conseguente al suo amore non corrisposto andando a prendersi un’enorme coppa di gelato al limone nelle cucine –, Margot, un libro e di una deliziosa tisana alla vaniglia come sempre da parte sua non era stata sollevata alcuna lamentela: dopo aver finito di cenare aveva brevemente seguito i compagni di Casa nei Sotterranei e meno di un’ora dopo aveva incontrato Isaac nel Salone d’Ingresso ormai silenzioso e quasi del tutto buio. Come sempre il Serpeverde l’aveva aspettata davanti alla scalinata che permetteva di accedere ai Sotterranei, dove si trovavano entrambe le loro Sale Comuni, e quando l’aveva scorta salire in fretta i gradini le aveva rivolto un sorriso sfilandosi dalle orecchie le cuffie del suo lettore cd.
“Ciao Fiorellina.”, l’aveva accolta il Serpeverde mentre si aggiustava le cuffie attorno al collo pallido e sottile, il volto debolmente illuminato dalla calda luce emessa dalle torce accese e appese alle altissime pareti di pietra dell’ingresso del castello. Isaac la chiamava Fiorellina da almeno tre o quattro anni, quando Lumacorno li aveva fatti sedere vicini a lezione e il Serpeverde si era reso conto di quanto i lunghi ed estremamente curati capelli biondi della Tassorosso profumassero esattamente come le bacche di vaniglia che utilizzavano per preparare le Pozioni.
“Metto in pausa Britney solo per chiacchierare con te, devi sentirti profondamente onorata.”, asserì il ragazzo mentre accennava alle proprie cuffie e si lasciava prendere sottobraccio dall’amica, che lo condusse verso l’ampia scalinata di marmo che conduceva ai piani superiori ascoltando l’eco delle loro voci risuonare nella sala eccezionalmente deserta.
“Mi sembra il minimo, dovrei andarmene in giro per i corridoi bui parlando con chi, i quadri del castello? Andiamo, forza.” Mentre camminava la ragazza si voltò per gettare un’istintiva occhiata alle quattro grandi clessidre delle Case, come faceva sempre quando era di ronda, e finì col distendere le labbra rosee dando forma ad un sorriso compiaciuto quando scorse il minuscolo mucchio di diamanti gialli che già si era formato alla base di quella dei Tassorosso: a lezione di Pozioni aveva alzato la mano e risposto ad una domanda prima di Isaac, e Lumacorno le aveva assegnato i suoi primi cinque punti dell’anno.
“Com’è andato il tuo primo giorno?”, domandò il Serpeverde mentre salivano insieme i gradini di marmo, entrambi tenendo istintivamente il capo chino per non rischiare di scivolare calpestando l’orlo delle vesti della divisa. Non avevano scambiato più di qualche parola per tutto il corso della giornata poiché non si erano seduti vicini né a Pozioni né ad Erbologia, e dopo una brevissima riflessione Wendy stabilì che sì, tutto sommato era suo diritto rinfacciargli quanto avvenuto nei Sotterranei almeno una volta:
“Direi bene, soprattutto quando ti ho soffiato i punti di Lumacorno.”
“Sai che m’importa dei tuoi cinque punti… Rispondi alle domande che ti pare carina, il preferito di Luma resta sempre il sottoscritto. Che ci vuoi fare, è anche il Direttore della mia Casa, è normale che sia così.”
Persino nella penombra Wendy riuscì a scorgere l’odioso sorrisino da serpe che fece capolino sul viso dai tratti angelici e ancora lievemente infantili di Isaac, sorrisino che come sempre portò la Tassorosso e sbuffare debolmente e a piantargli il gomito sul fianco: spesso scordava di avere a che fare con un Serpeverde, ma a volte l’amico ci teneva a ricordarglielo.
“Diciamo piuttosto che sei uno schifoso lecchino, Izzy. Ma dimmi di Divinazione, Teddy mi ha accennato qualcosa a cena e voglio sapere com’è andata.”
Wendy era un Prefetto modello che non saltava mai una riunione o un turno, ma quella sera aveva lasciato i suoi migliori amici provando un’insolita amarezza: avrebbe voluto un resoconto dettagliato della lezione di Divinazione di quella mattina, e ancora stentava a credere che uno come Phil MacMillan si fosse presentato a lezione di Sibilla Cooman essendo forse il più noto detrattore della materia di tutto il loro anno. Persino più di lei.
“Ti riferisci a Phil? È stato fantastico, non mi sono mai divertito così tanto a lezione della Cooman. Peccato che tu non ci sia, ti assicuro che assistere meriterebbe due ore settimanali del tuo tempo.”
“Sono sicura che in parte tu abbia ragione, ma allo stesso tempo il mio rifiuto per tutto ciò che riguarda sfere di cristallo e foglie di tè è troppo profondo per lasciarmi tentare… Mi accontenterò dei vostri resoconti. Margi che faccia ha fatto quando l’ha visto? Teddy ha detto che sembrava avesse di fronte un Vermicolo.”
Pur essendo diviso tra l’amicizia che lo legava a Margot e la simpatia che, nonostante il notoriamente difficile carattere, provava per il Corvonero Isaac non riuscì a non ridacchiare mentre insieme a Wendy saliva i gradini che li avrebbero condotti al primo piano, l’immagine delle espressioni inorridite e sgomente dei due diretti interessati ancora perfettamente impresse nella sua mente.
“Sembrava colpita da un fulmine, povera Margi, sono sicuro che andando a lezione della Cooman pensava di essere in una zona libera dalla presenza della sua nemesi, e invece se l’è trovato lì seduto in mezzo a poltroncine di chintz e tazzine di porcellana. E dovevi vedere la Cooman, è andata in brodo di giuggiole quando ha visto Phil, sembrava che per lei fosse arrivato Natale. Si è messa a blaterare a proposito di una presenza ostile che sentiva nell’aria attorno a sé, e poi ha chiesto a Phil di andare a rimestare l’essenza profumata nel calderone.”
Ripensando all’espressione truce con cui Phil aveva guardato l’insegnante – per un terribile e meraviglioso istante Isaac aveva temuto che il compagno si sarebbe alzato cercando di infilare la donna nel medesimo calderone – il Serpeverde non riuscì a trattenersi, scoppiando a ridere per la seconda volta svegliando un gruppo di maghi ritratti in un dipinto ad olio del XVIII secolo appeso al muro. Quelli presero a borbottare lamentandosi sommessamente, ma essendo abituati al carattere facilmente irritabile di gran parte dei soggetti dei dipinti del castello nessuno dei due ci fece caso, anzi Wendy sbuffò mentre roteava gli occhi azzurri e lei e l’amico si fermavano nel bel mezzo del pianerottolo del primo piano.
“Cavolo, proprio una gran profezia. Nessuno vedendo l’espressione arcigna con cui la guarda Philip lo definirebbe mai ostile a lei e al suo metodo d’insegnamento. Lumos.”
La strega levò il braccio destro e la punta della sua bacchetta si accese, generando un po’ di luce nel corridoio buio per favorire la sua vista e quella dell’amico mentre Isaac, seguendola calpestando uno spesso e soffice tappeto rosso, continuava a ripensare alla prima lezione di Divinazione dell’anno con un sorriso sulle labbra e gli occhi quasi luccicanti: era persino tentato di andare a parlare con Sawyer Rhodes e ringraziare il Corvonero per aver fatto a lui e al resto della classe quell’inaspettato e meraviglioso regalo costringendo Phil a seguire il corso.
“Non è finita. Ha detto anche che “i presenti sarebbero stati scossi da aspre discussioni entro la fine del semestre”, chiaramente guardando con quel suo fare teatrale Phil e Margi. Probabilmente ricorda quando alla seconda lezione del terzo anno Phil ha predetto a Margi una vita da zitella gattara e lei la settimana dopo gli rovesciò il tè addosso…. Insomma, Phil non è più riuscito a stare zitto, conoscendolo era questione di tempo, ero sicuro che non avrebbe resistito nemmeno per tutta la prima lezione. È sbottato dicendo che già che c’era poteva prevedere un autunno di forti piogge e di grandi nebbie, o che Pasqua sarebbe caduta di domenica. La Cooman non l’ha presa bene, si è discretamente offesa e agitava lo scialle con aria indispettita… Per fortuna Teddy ha capito l’antifona, si è messo a chiederle un sacco di cose riguardo al libro che ci aveva dato da leggere per le vacanze, e allora è tornata di buonumore.”
La stretta amicizia che legava Isaac Scott e Theodore Lockwood sarebbe potuta apparire bizzarra ai più considerando l’appartenenza a Serpeverde e Tassorosso dell’uno e dell’altro – persino Margot, nota per essere sempre estremamente bendisposta verso il prossimo, aveva reagito sgranando gli occhi sgomenta quando al secondo anno Teddy le aveva parlato del “simpatico Serpeverde” con cui era capitato a lavorare in coppia nelle serre ad Erbologia – ma la verità era che i due avevano in comune molto più di quanto ci si sarebbe aspettati giudicando i colori delle loro divise: entrambi, come amavano ripetere le loro amiche, erano due amabili leccaculo che potevano fare affidamento su un paio di faccini e modi di fare semplicemente adorabili.
“Mi tenti Izzy, ma no, non tornerò mai a lezione della Cooman. Però potresti farmi una registrazione vocale per farmi fare due risate nei momenti di tetro sconforto.”
“Perdonami Fiorellina, non ho un registratore.”
“E allora? Scrivi a tuo padre e chiedigliene uno, cocco viziato che non sei altro!”
Di essere un figlio unico terribilmente viziato dai suoi genitori, che lo adoravano con ogni fibra del loro essere, Isaac lo sapeva bene. Sapeva anche di possedere più o meno tutto ciò che desiderava e che di sicuro non avrebbe faticato ad ottenere anche un registratore, ma quando l’amica gli diede una gomitata si finse comunque offeso da quell’accusa dischiudendo le labbra con fare stizzito, anche se non ebbe modo di ribattere per colpa della Signora Grassa e di Violet(3), che avevano apparentemente lasciato i rispettivi dipinti preferendo sistemarsi in un più ampio e comodo salottino. Le due, che sedevano attorno ad un tavolo imbandito, li rimproverarono aspramente per aver disturbato le loro “chiacchiere serali”, e anche se Isaac e Wendy si scusarono educatamente prima di allontanarsi in fretta e furia insieme alla luce emessa dalla bacchetta della Tassorosso il ragazzo non riuscì a trattenersi dal sbuffare piano quando non furono più a portata d’orecchi della custode della parola d’ordine dei Grifondoro e della di lei amica:
“Chiacchiere serali, come no… quelle stavano bevendo allegramente whisky scozzese, altro che. Di sicuro se Phil dovesse continuare a seguire Divinazione a fine anno la Cooman potrebbe unirsi a loro per colpa di un principio di esaurimento nervoso.”


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sala-professori


Al termine di una lunga giornata trascorsa girovagando per il castello – i nuovi corsi sarebbero iniziati solo a partire dalla seconda settimana dell’anno scolastico, e anche se avrebbero dovuto sfruttare quei giorni liberi per preparare le lezioni lui e Declan avevano deciso di usare la giornata per girare in lungo e in largo i corridoi facendosi trascinare dai ricordi – e una cena alquanto consistente Raymond sarebbe stato più che felice di ritirarsi nella propria stanza per farsi una lunga doccia calda e poi dedicarsi in solitudine alla lettura, ma il suo ex compagno di classe e neo collega aveva insistito per trascinarlo in direzione di una delle tante stanze del castello a cui da studenti non avevano mai potuto accedere e in cui ora, finalmente, erano legittimati a curiosare.
“Non dirmi che non ti sei mai chiesto come fosse! Io sono sempre stato curioso, mi sono immaginato di tutto e di più… secondo me i nostri cari insegnanti facevano la bella vita rilassandosi alle nostre spalle.”, asserì Declan con tono concitato mentre scendeva rapido i gradini di marmo della scalinata principale per fare ritorno nel Salone d’Ingresso e raggiungere la loro ultima meta della giornata. Alle sue spalle Raymond lo seguiva senza il medesimo entusiasmo, anzi sentendosi ancora parecchio amareggiato dopo essere stato trascinato fino al quarto piano per vedere un passaggio segreto la cui esistenza era stata decantata dall’ex Grifondoro per tutta la cena, salvo poi trovarlo miseramente bloccato(4).
In verità anche Raymond era curioso di vederla, la fantomatica Sala Professori, così come smaniava per avere l’occasione di rimettere piede dopo tanto tempo nella sua vecchia Sala Comune, ma per soddisfare quell’antica curiosità avrebbe aspettato più che volentieri il mattino seguente; disgraziatamente Declan sembrava essere testardo tanto quanto lui, se non persino di più, ed era riuscito a persuaderlo a seguirlo.
“Quello che mi ricordo erano quegli orribili gargoyle parlanti che sorvegliavano l’ingresso e ti guardavano male se solo passavi davanti alla porta.”, asserì l’ex Serpeverde con una noncurante stretta di spalle mentre seguiva il botanico svoltando nel corridoio che si snodava a sinistra della scalinata, seguendo la scia luminosa delle torce mentre il suono dei loro passi echeggiava tra le pareti di pietra semibuie.
“Non fosse stato per loro mi ci sarei intrufolato già quando ero studente. Pensi che ci sia una parola d’ordine?”, domandò Declan senza voltarsi e continuando a precederlo, le mani sprofondate nelle tasche di un paio di pantaloni color ruggine mentre Raymond gettava occhiate distratte agli sporadici dipinti appesi alle pareti e ai loro soggetti animati.
“Non penso, in caso la Preside ce l’avrebbe comunicata. … I gargoyle però hanno sloggiato, pare.”
Declan e Raymond si fermarono davanti ad una porta che, a differenza di come ricordavano, appariva sprovvista di due gargoyle di pietra a sorvegliarne l’ingresso. Stranito, Declan inarcò un sopracciglio mentre valutava la possibilità di aver commesso un errore e di aver sbagliato porta o corridoio, ma aveva cercato così tante volte di intrufolarsi in Sala Professori per cercare di mettere le mani in anticipo su qualche test che scartò subito l’idea, sicuro di non essersi sbagliato.
“Li avranno rimossi dopo la guerra, forse si erano danneggiati.”, azzardò infine il Grifondoro con una debole scrollata di spalle prima di avanzare verso la porta sperando nell’assenza di qualche bizzarro trucchetto piazzato sulla maniglia per scoraggiare i possibili intrusi. Per fortuna poteva contare sulla presenza di qualcuno che di maledizioni se ne intendeva, rifletté rincuorandosi Declan mentre stringeva il manico del battente a forma di testa di drago e Raymond, desideroso di assecondare la curiosità del collega per poi essere lasciato in pace e potersene tornare in camera sua, si lisciava distrattamente le pieghe del gilet di tweed.
“Non sentirò la loro mancanza. Forza DeLoughrey, vediamo questa fantomatica stanza proibita a cui tieni tanto una volta per tutte.”
Declan non se lo fece ripetere e obbedì, spingendo il battente per aprire finalmente la pesante e robusta porta di legno; quella si spalancò con un lieve cigolio ma nessuno dei due maghi vi prestò attenzione, troppo occupati a contemplare il sorprendente interno dell’ampia sala dalle pareti ridipinte da una tonalità di verde particolarmente cupa.
Porca miseria.”, fu l’istintivo e ammirato commento di Raymond mentre se ne stava fermo sulla soglia alle spalle di Declan, che invece dischiuse le labbra sgranando indignato i grandi occhi azzurri di fronte a quella stanza così inaspettatamente spaziosa ed elegantemente arredata:
Ecco perché non ci volevano fare entrare, non volevano che vedessimo che pacchia si facevano alle nostre spalle!”
“Taci un po’, ci potrebbe essere la Preside trasformata in gatto da qualche parte!”, lo rimproverò l’ex Serpeverde mentre seguiva il collega all’interno della stanza, varcando la soglia giusto in tempo per udire la pacata voce di Keith raggiungerli da uno dei due divani di velluto verde che si fronteggiavano davanti ad un caminetto spento.
“Potete stare tranquilli, di gatti non ne ho visti.”, asserì l’Auror mentre distoglieva brevemente lo sguardo dalla lettera che gli era stata recapitata nel corso della cena per rivolgersi ai due colleghi abbozzando un appena percettibile accenno di sorriso, tornando a leggere mentre la porta si chiudeva con un lieve tonfo alle spalle di Declan e di Raymond.
“Vedo che abbiamo avuti tutti la stessa idea. Anche io ero curiosa di vedere come fosse la Sala Professori.”
Marjory, che sedeva accanto a Claudia a capo di un lungo tavolo di mogano rettangolare dando le spalle ad un enorme armadio(5), indirizzò ai due un sorriso allegro mentre una teiera incantata rimboccava la sua tazza e quella della collega con un caldo e profumato infuso alle spezie.
“In verità una volta non era affatto così, era molto più spoglia… l’avranno riarredata dopo la guerra e di certo seguendo i raffinati e costosi gusti del caro Horace Lumacorno.”, commentò Keith con tono distratto mentre voltava la lettera scritta a mano per leggerne la seconda pagina e Declan, gli occhi sgranati, andava a sedersi di fronte a lui sul secondo divano guardandolo meravigliato:
“Ci sei stato da studente? Sul serio? Io non ci sono mai riuscito! Ti avevano convocato?”
“No, durante un pranzo mi intrufolai per dare una sbirciata ad un test teorico di Pozioni che Lumacorno teneva nella sua valigetta.”, confessò l’Auror ricambiando lo sguardo dell’ex Grifondoro e distendendo le labbra in un sorriso dai tratti colpevoli che sorprese Declan quanto Claudia e Marjory, che si scambiarono una silenziosa occhiata stranita mentre Raymond si dirigeva verso un’elegante vetrinetta piena di oggetti magici di materiali e dimensioni differenti, quasi tutti dall’aria rara, costosissima e molto fragile. Non era affatto difficile immaginare che a suggerire l’arredamento fosse stato proprio il docente di Pozioni, rifletté lo Spezzaincantesimi mentre studiava lo Spioscopio di cristallo più grande che avesse mai visto e che con ogni probabilità era stato donato a Lumacorno da una delle sue innumerevoli e facoltose conoscenze. Quello e la scacchiera di giada che si trovava giusto accanto alla trottola magica.
“Come hai fatto?”, domandò Declan in un misto di invidia e ammirazione al tempo stesso mentre guardava l’Auror con un sorriso divertito sulle labbra, felice di non essere l’unico ex studente incline alle malefatte nella stanza mentre Keith si stringeva debolmente nelle spalle di rimando, come deciso a minimizzare e a cambiare argomento:
“Ho Confuso i gargoyle.”
“Sul serio? Fantastico, dev’essere stato anche un Confundus bello tosto! E io che ti avevo immaginato come uno studente modello, serio e diligente!”
“Credo che nessun insegnante mi avrebbe definito così all’epoca… Sono sicuro che la Preside lo ricorda bene.”
Io invece ero una brava studentessa. Del resto noi Tassorosso siamo quasi sempre carini e adorabili… Claudia mi stava giusto parlando delle Case di Ilvermorny, dice che secondo lei dalle loro parti sentono la competizione molto meno rispetto a noi.” Marjory si spolverò le briciole di pane tostato dalla camicetta bianca che indossava accennando distrattamente in direzione di Claudia, che posò con delicatezza la tazza sul piattino dopo aver bevuto un sorso di infuso prima di annuire accennando un sorriso:
“In effetti da noi non ci sono nemmeno le divise distinte, hanno colori diversi solo in base al sesso… blu per le ragazze e rosse per i ragazzi. Credo che in generale ci si faccia meno caso, alla questione della distinzione e alla competizione.”
“Una competizione persa in partenza, per quanto mi riguarda.”, fu l’annoiato commento che si levò dall’angolo della stanza in cui si trovava Raymond e che fece guadagnare allo Spezzaincantesimi un’occhiata piuttosto torva da parte di Marjory, che addentò stizzita il suo toast al formaggio grigliato mentre Declan, alzatosi dal divano, si avvicinava al tavolo per unirsi alle due streghe guardando colpito il toast dell’ex Tassorosso:
“Quindi possiamo anche farci portare del cibo dalle cucine?”
“Onestamente non saprei, io sono andata personalmente in cucina a prepararmelo.”
“Sai dove sono le cucine?!” La collocazione delle cucine era un altro segreto di Hogwarts che Declan non era mai riuscito a svelare in ben sette anni, e il botanico riservò alla strega lo stesso sguardo colpito e sorpreso che poco prima aveva rivolto a Keith mentre Marjory annuiva accennando un sorriso divertito con gli angoli delle labbra:
“Sono una Tassorosso, le cucine sono proprio accanto alla mia Sala Comune… quasi tutti sapevamo dove fossero, o almeno si sapeva quando eravamo studenti noi, ora non so dirlo.”
“Anche io sapevo dov’erano quando studiavo qui.”, ammise con tono distratto Raymond mentre apriva la vetrinetta per estrarre un Avversaspecchio di forma circolare e dalla pesante cornice d’oro, sfiorandone la superficie piena di ombre indistinte mentre Declan si voltava sulla sedia per dare le spalle a Marjory e guardare l’ex compagno di scuola con espressione sgomenta; Keith, sempre seduto in silenzio e in disparte sul divano, accennò un sorriso divertito senza essere notato.
“Siamo stati in giro tutto il giorno e non ti sei sognato di condividere quest’informazione cruciale? Voglio vederle anche io le cucine! Marjory,”, continuò il botanico mentre tornava a rivolgersi alla strega, “saresti così gentile da accompagnarmici?”
“Ma certo, volentieri. Gli Elfi sono adorabili, ed è così bello non vederli più sfruttati fino allo stremo e con degli abiti invece di quelle ripugnanti federe che portavano anni fa.”
“C’era una dolce, tenera piccola Tassorosso che mi moriva dietro quando ero al sesto anno… così dolce che fu felicissima di indicarmi come entrare nelle cucine.” L’ex Serpeverde smise di osservare lo specchio magico per alzare la testa e puntare il mento in direzione del tavolo attorno a cui sedevano Claudia, Marjory e Declan, sfoggiando un sorriso compiaciuto che destò un lieve sbuffo da parte della Tassorosso.
“Tipico. Siamo scemi finchè improvvisamente non diventiamo utili, no?”
“Sono sicura che nessuno pensa che i Tassorosso siano, emh, scemi.” Claudia si rivolse alla collega con un tiepido sorriso pacificatore prima di distogliere lo sguardo dal volto di Marjory e farlo rimbalzare in cerca di conferme su quelli dei tre uomini, anche se Keith si guardò bene dal ricambiare e tenne gli occhi azzurri ostinatamente puntati sul foglio di carta che aveva in mano, come a volersi astenere dal commentare, e Declan e Raymond sembrarono entrambi in seria difficoltà in merito alle parole da utilizzare nel risponderle, nel caso del secondo per non risultare troppo offensivo.
Sorpresa e colta alla sprovvista da quel silenzio tanto eloquente Claudia corrugò la fronte, sollevando leggermente un sopracciglio mentre Marjory, accanto a lei, scuoteva rassegnata il capo prima di riprendere a sorseggiare il suo infuso:
“… No?”







(1): Non sono sicura che tutti abbiano colto il riferimento, dipende molto da quanto vecchi siete, quindi specifico per evitare confusione: la palla magica otto è stato un giocattolo particolarmente popolare dalla metà degli anni ’90 fino ai primi anni 2000, se non ricordo male faceva anche un’apparizione in Toy Story, si tratta di una finta palla da biliardo che agitandola “predice il futuro” mostrando delle risposte.
(2): Sesto album dei Led Zeppellin, 1975
(3): La Signora Grassa non ha certo bisogno di presentazioni; Violet al contrario viene citata solo sporadicamente all’interno dei libri, si tratta di una strega raffigurata in uno dei tanti dipinti del castello (se non erro collocato al pian terreno, vicino alla Sala Grande) molto amica della Signora Grassa, e pare che talvolta le due si godano la compagnia reciproca bevendo un po’ troppo.
(4): Il passaggio segreto a cui si fa riferimento viene citato da Fred e George Weasley nel Prigioniero di Azkaban, quando consegnano ad Harry la Mappa del Malandrino. Si tratta di un passaggio segreto che si trovava dietro ad uno specchio del quarto piano, ma divenne inutilizzabile a partire dal 1992 per colpa di una frana.
(5): Mi sono presa la libertà di immaginare da me l’interno della Sala Professori, ma l’armadio citato è idealmente quello che Remus Lupin usò per la famosa lezione sul Molliccio (nel libro condusse gli studenti nella stanza anziché portare l’armadio nell’aula di DCAO) nel Prigioniero di Azkaban.







Angolo Autrice
Buonasera!
Oggi doppietta di aggiornamento tra questo capitolo e quello nuovo di LMDI, spero che coloro che partecipano ad entrambe le storie possano gradire✨ Detto ciò, mi piacerebbe molto mantenere più o meno un capitolo al mese come ritmo di aggiornamento – anche considerando che da brava piccola pazza quale sono ho già preparato il “calendario” dei capitoli di quasi tutta la storia, verrà piuttosto lunga e non voglio impiegare 4 anni per portarla a termine – incrociate le dita insieme a me🤍
Sorvolando sulla quantità di feels che questa storia mi procura tra menzioni a lettori CD, Game Boy, canzoni di Santa Britney e Tamagotchi, a seguito dell’ultimo paragrafo del capitolo ci tengo a sottolineare quanto io ami i Tassorosso, benché non sia la mia Casa è di certo quella che preferisco in assoluto. A differenza di Raymond sono una Serpeverde del tutto priva di pregiudizi, disgraziatamente il mio RayRay è un compiaciuto arrogantello di prima categoria, e in generale penso che nel 2003, in tempi ancora così vicini alla saga, lo “stigma” sui Tassorosso ancora si facesse sentire abbastanza. Tutto questo per dire che spero che nessuno si offenda💛
Vi ringrazio per i commenti lasciati al primo capitolo (tutti gli autori che commentano è un avvenimento che si verifica molto di rado, quindi grazie davvero), sono felice che siate stati soddisfatti della prima rappresentazione dei vostri OC, e ovviamente anche per le tempestive risposte alle domande. Questa volta non ne ho nessuna, ma in compenso vi allego qui sotto l’orario delle lezioni degli studentelli; non credo vi sarà di qualche particolare utilità, ma visto quanto tempo ho perso per prepararlo e quante soavi parole ho pronunciato dovendo preoccuparmi di non sovrapporre le varie materie tra gli orari del VI e del VII anno ho deciso che quantomeno valeva la pena condividerlo. Tra l’altro, non credo di averlo specificato prima di questo momento, ma come potete appurare dall’orario gli studenti non saranno divisi per anno quando seguiranno i corsi nuovi; inoltre, penso che nel prossimo capitolo allegherò una tabella riassuntiva in merito a chi seguirà cosa, tanto per sperare di alleviarvi la confusione🤍 So che i personaggi sono tanti questa volta, spero che possiate riuscire ad associare in fretta nomi, volti e Case.


ORARIO VII ANNO
LUNEDI’ MARTEDI’ MERCOLEDI’ GIOVEDI’ VENERDI’
8.30-9.30 Storia magica europea Pozioni Botanica orientale Storia della magia Babbanologia
9.45-10.45 Divinazione Magia Oscura Medimagia Erbologia Pozioni
11.00-12.00 Incantesimi Difesa contro le arti oscure Divinazione Incantesimi Botanica orientale
14.00-15.00 Antiche Rune Aritmanzia Antiche Rune Magia Oscura Erbologia
15.00-16.00 Occlumanzia/
Legilimanzia
Creature Magiche Babbanologia Aritmanzia Trasfigurazione
16.30-17.30 Trasfigurazione Storia della magia Storia magica europea Creature Magiche Difesa contro le arti oscure
17.45-18.45 Medimagia / / / Occlumanzia/
Legilimanzia
Astronomia: martedì e giovedì alle 21.30

ORARIO VI ANNO
LUNEDI’ MARTEDI’ MERCOLEDI’ GIOVEDI’ VENERDI’
8.30-9.30 Storia magica europea Creature Magiche Botanica orientale Babbanologia Storia della magia
9.45-10.45 Difesa contro le arti oscure Magia Oscura Medimagia Incantesimi Creature Magiche
11.00-12.00 Aritmanzia Divinazione Difesa contro le arti oscure Aritmanzia Botanica orientale
14.00-15.00 Trasfigurazione Erbologia Trasfigurazione Magia Oscura Incantesimi
15.00-16.00 Occlumanzia/
Legilimanzia
Pozioni Storia della magia Erbologia Antiche Rune
16.30-17.30 Antiche Rune Babbanologia Storia magica europea Pozioni Divinazione
17.45-18.45 Medimagia / / / Occlumanzia/
Legilimanzia
Astronomia: lunedì e mercoledì 21.30


A presto spero e buona serata!
Signorina Granger
   
 
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