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Autore: EmmaJTurner    25/03/2024    5 recensioni
Un cancello aperto illegalmente; un'accusa di terrorismo interno; una botanica, un ragazzino e un gatto in fuga in pieno inverno. Cosa potrà mai andare storto.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Cercasi Ammazzamostri'
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Scarsi Tentativi di Evasione

“È arrivata la cavalleria, citrulli!” annunciò Lynette con voce rauca da vecchia alcolizzata e scostandosi i capelli lilla dalla piccola spalla nuda.

La fata svolazzò verso il basso e si posò con grazia sui ferri che trattenevano le caviglie di Meli. Infilò le braccine nella serratura e con evidente esperienza fece ruotare e cliccare i meccanismi interni fino a liberarla dai ceppi. 

Basita, Meli ci mise un po’ ad elaborare una domanda sensata. Si voltò verso Logan. “La perla… agisce da segnale?”.

“Sì. È programmata magicamente per avvertire una persona specifica quando viene spezzata; e Lynette è il mio… contatto di sicurezza”.

Guardarono la fatina al lavoro con entrambe le braccia immerse nella serratura. Clic. Clic. Clic. Clunk. Le caviglie di Meli furono liberate dal peso dei ceppi.

“Mi viene da dire che non è la prima volta che lo usi”.

“Non lo è, infatti”.

Lo sguardo di Meli cadde sul soldato a terra poco fuori la cella. “Che ha fatto alla guardia?”.

“La polvere di fata è un discreto narcotizzante. Abbiamo meno di trenta minuti” sentenziò la fatina mentre si librava per andare ad armeggiare con le manette che intrappolavano i polsi dietro la schiena di Meli. Poi fece lo stesso con Logan. Clic. Clic. Clic. Clunk.

“Voilà. La comodità di avere un’amica fata, eh?”. Con le manine sui fianchi sopra la gonna vaporosa, Lynette era il ritratto della soddisfazione.

Meli si massaggiò i polsi doloranti e aiutò Logan a mettersi in piedi. Non aveva una bella cera: era pallido e sudato.

“Riesci a camminare?” gli chiese. 

Logan la guardò con la sua solita espressione di altezzoso fastidio, ma era velata di dolore e gli riuscì meno bene del solito. 

“Ce la faccio”.

“Che ti hanno fatto?”.

“Non ha importanza”.

“Logan. Siamo in una prigione sotterranea della Guardia Cittadina. Devo sapere se sei il punto debole della squadra”.

Troppo spossato per essere offeso, l’ammazzamostri prese un respiro. “Posso combattere se necessario. Ma non ti nascondo che preferirei uscire da questo buco prima che si accorgano che siamo riusciti a liberarci”.

Meli colse il sottinteso e si disse d’accordo. Lynette nel frattempo aveva recuperato le chiavi dalla cintura della guardia priva di sensi e le aveva fatte svolazzare fino a loro. Le usarono per uscire dalla cella. Dopo un attimo di indecisione Meli trascinò il corpo della guardia dietro le sbarre. Afferrò la lanterna a olio — avrebbe potuto usarla come arma di emergenza — e fece scattare la serratura.

“Mi sembra una buona idea” approvò Lynette mentre svolazzava imperturbabile verso il fondo del corridoio illuminandolo con il suo bagliore dorato. Meli e Logan la seguirono con la lanterna. Superata la prima porta si ritrovarono in uno stretto corridoio con una serie di porte sulla sinistra e una fila di lampade a olio sulla destra.

Il cervello di Meli correva veloce. Chi li aveva traditi? Sapeva che non era stata Dag. La conosceva da troppo tempo e non aveva un movente: nessuna somma di denaro sarebbe stata allettante a sufficienza per una che gestiva uno dei bordelli più lussuosi della capitale e indossava armi d’oro massiccio. Poteva essere stato uno dei suoi uomini? Uno dei fidatissimi che si era rivelato più volubile del previsto, magari…?

Meli scosse la testa. Non era quello il momento di arrovellarsi sulla questione. C’erano due problemi più pressanti da risolvere: primo, uscire da quel buco di merda; secondo…

“Dobbiamo trovare Theo”.

Logan aprì la bocca per ribattere, ma qualcosa nell’espressione di Meli gli fece cambiare idea.

“Non abbiamo idea di dove sia ora” disse solo, cauto.

“Hai visto dove l’hanno portato?”.

“No. Io e te siamo stati portati qui sotto mentre il bambino e la lucciola sono rimasti su alla Barricata. Ma sono passate ore; ormai potrebbero essere ovunque”.

La Barricata era la base operativa della Guardia Cittadina ad Andaréz, un severo edificio a pianta quadrata con quattro torri, armeria, stalle, prigioni sotterranee — il luogo ameno in cui si trovavano in quel momento — e alloggi per un buon numero di soldati; una fortezza militare vera e propria all’interno delle mura della città. Se anche Theo si fosse ancora trovato all’interno dell’edificio, come avrebbero potuto trovarlo e portarlo via dalle grinfie di un intero esercito?

Meli aveva una brutta sensazione addosso, e non era il gelo del pavimento umido contro i piedi nudi.

“Muoviamoci” borbottò, i nervi a fior di pelle.

In quel momento, una delle porte sulla sinistra si aprì con un cigolio. Ne emersero due figure che Meli riconobbe di colpo. E la cosa doveva essere reciproca, perché la figura più alta fece una smorfia schifata.

"Mi pareva di averla già sentita questa puzza".

***

A parlare era stata Astrid, la vampira di Darren, che al momento stava sorreggendo al fianco un uomo dall’aspetto moribondo. Un uomo che, nonostante il viso seminascosto dai capelli arruffati, Meli aveva riconosciuto: era lo stesso ranger con cui avevano combattuto la foresta-pianta-occhio gigante.

"Cosa ci fai tu qui?!" Meli urlò bisbigliando con un tono tendente all'isterico.

Astrid passò i suoi stizzosi occhi azzurri da lei a Logan. "Mi sembra evidente cosa faccio qui".

Meli guardò il ranger appeso al collo della vampira. Aveva tutta l’aria di uno che aveva passato una notte di troppo alla mercé dei soldati della Guardia, con un occhio tumefatto e sangue rappreso che gli incrostava mezza faccia. 

"Ah!” si intromise Lynette annuendo solenne. “Evasione. Noi stesso motivo, sì".

La vampira scoccò un’occhiata alla fatina. Meli rimase basita per un paio di secondi, poi la sua mente sovraccarica fece il primo collegamento utile.

“Mi hai riconosciuto dall’odore?”.

“Mmh. Puzzi di ansia e senso di colpa come quando ti ho trovato fuori da Andaréz”.

Meli sbatté gli occhi confusa. Se la vampira era stata in grado di riconoscere e seguire la sua puzza, allora forse…? Una speranza insperata le sbocciò nel petto.

“Ti ricordi il bambino con cui ero allora? Saresti in grado di ritrovare anche lui? Dall’odore?”.

Astrid fece una smorfia. “Il mio debito è estinto. E, come vedi, sono impegnata; non sono qui per aiutare te”.

“Non è il momento di discutere” si intromise Logan insofferente. “Tutti fuori”.

Il novello quintetto si infilò nell’unica uscita a destra in fondo al corridoio con le lanterne. Sbucarono in una sala rettangolare che Meli non aveva mai visto — dovevano averla passata mentre era priva di sensi — in cui aleggiava un brutto odore di metallo. Il motivo fu presto evidente: una guardia era a terra con una brutta ferita insanguinata tra il collo e la spalla. Non era difficile immaginare di chi fosse opera. 

La testa di Meli scattò verso la vampira.“L’hai ammazzato?” sibilò.

Astrid corrugò la fronte. “Che ti frega?”.

“Non mi sembra saggio lasciarci dietro una scia di cadaveri dell’esercito della Repubblica!”.

“Si dà il caso che—”.

“Finitela!” sbottò Logan a bassa voce. Superò il forse-cadavere e spinse Meli verso il fondo della sala dove, dopo un'apertura ad arco, una scala a chiocciola si attorcigliava verso l’alto.

“Su e fuori” ordinò.

“Io non me ne vado senza Theo” si impuntò Meli. “Dobbiamo scoprire se è ancora qui”.

“Non è il momento di—”.

“Ssh! Sta arrivando qualcuno”.

Si udiva, in effetti, un gaio fischiettare e un suono di passi sugli scalini di pietra; fischiettare che si interruppe di botto quando la guardia si ritrovò davanti l’improbabile gruppo di fuggitivi.

“Che diavolo…!”.

Lynette gli fu subito addosso; la guardia crollò in avanti ancora prima di riuscire a scendere tutti i gradini. Meli la afferrò al volo e la accompagnò a terra con delicatezza in modo che lo sferragliare di armatura non allertasse tutta la Barricata del loro scarso tentativo di evasione. Il soldato, con un lieve sorriso sulle labbra, già dormiva strafatto di polvere di fata.

Astrid, ammirata, sollevò le sopracciglia. “Oh. Questo è utile”.

Lynette si lisciò i ricci lilla con un certo compiacimento. “Finalmente qualcuno che apprezza”.

Logan borbottò qualcosa che suonava come assolutamente ridicolo e si affrettò a spingere tutti su per la stretta scala a chiocciola. Sbucarono in un pianerottolo con tre porte. 

“Da dove sei entrata?” chiese l’ammazzamostri alla vampira.

“Porta a sinistra. C’è un passaggio nascosto nelle stalle”.

“Andiamo”.

Meli non si mosse. Si sentiva i piedi di piombo. Non sarebbe scappata dalla Barricata finché non avesse avuto la certezza che Theo non si trovasse più tra quelle mura. 

“Theo potrebbe essere ancora qui da qualche parte. Astrid…”.

“Non ti devo niente. Addio”.

“Aspetta! Io…”.

Meli rifletté velocemente su cosa avrebbe potuto offrire alla vampira in cambio del suo aiuto. Guardò ovunque nel corridoio di pietra nella speranza di raccattare un’idea ma, disperata, si accorse che non le veniva in mente nulla.

Astrid, già con una mano sulla porta che le avrebbe garantito la fuga e la libertà, alzò un sopracciglio impaziente.

Logan prese un profondo, esasperato sospiro. 

“Il ranger ha perso molto sangue” si intromise poi con voce neutra. “Gli servirà un guaritore non appena uscirai di qui. E non potrai trovarlo in città dopo essere scappata da sotto il naso della Guardia”.

Meli non colse subito dove Logan stava andando a parare con quelle considerazioni; Astrid invece sì.

“Tu puoi curarlo, ammazzamostri” disse la vampira con sdegno.

“Posso, sì”.

Non fu necessario illustrare il patto a parole. Dopo qualche attimo di riflessione Astrid roteò gli occhi e sbuffò frustrata. "D'accordo. Troviamo il dannato bambino”.

Meli, incredula, si voltò verso Logan con un'accozzaglia di emozioni nel petto. Lui le lanciò a malapena uno sguardo, ma era uno sguardo carico di qualcosa

Mentre la vampira borbottava imprecazioni con gli occhi chiusi e il nasino ingioiellato all’insù, Meli si avvicinò all’ammazzamostri e gli sfiorò un braccio.

“Grazie” gli sussurrò con calore.

"Non farmene pentire" replicò lui.

“Il rischio c’è” rispose la botanica con una sorprendente leggerezza di spirito. Certo, cominciavano a farsi un po' troppi debiti con creature pericolose, ma a quello ci avrebbe pensato in seguito. 

Astrid aprì gli occhi.

“È ancora qui. Il bambino si trova nella Barricata”.

***

Astrid li guidò nel labirinto di sale e corridoi della fortezza militare come un segugio da punta. Incontrarono due guardie, entrambe opportunamente abbattute da un soffio di polvere soporifera — Lynette sembrava divertirsi un mondo a vedere i malcapitati cadere come cachi maturi — e passarono tre stanze diverse prima di trovare quella giusta, una minuscola camera da letto adibita anche a deposito bagagli, ingombra degli oggetti più disparati.

Trovarono Theo raggomitolato sotto un mantello non suo, con gli occhi lucidi di pianto e il visetto esangue. Meli gli tappò la bocca prima che potesse urlare. Il bambino, dopo averla riconosciuta nella penombra, le si avvinghiò al collo così forte da mozzarle il respiro.

“Sapevo che saresti venuta a prendermi”.

Meli avrebbe voluto rispondergli che sarebbe andata a prenderlo in capo al mondo, ma non era certa che fosse la verità. Era troppo emozionata, e esausta, e confusa. Si limitò a stringerlo a sua volta.

Il bambino si staccò e si pulì il moccio al naso con la manica. Aggrottò la fronte. “Chi sono queste persone? E quella… è una fata?”.

“Ehm. È una storia lunga”.

“E questo non è il momento di raccontarla” disse Logan.

“Esatto” interloquì Astrid. “Leviamoci dalle palle”.

Meli stava per dirsi d’accordo quando notò un oggetto familiare sul mucchio di roba ammassata nello stanzino.

“Il mio zaino!”.

“Ah sì! E ci sono anche le armi, e i vestiti, e…” Theo, entusiasta, cominciò a raccattare gli oggetti menzionati e a consegnarli ai legittimi proprietari. Sembrava che la Guardia avesse portato via dalla celletta numero 15 ogni indizio del loro passaggio; il che significava che tutti i loro averi erano lì.

Quanto mai grata di rivedere i suoi abiti, Meli si infilò i pantaloni e la giacca di lana sopra la sottile camiciola bianca. Dopo aver rubato un paio di calzini spaiati si infilò gli scarponcini stringati e si sistemò il mantello verde muffa sulle spalle. Apprezzò il calore del tessuto ruvido sulla nuca come mai prima di allora.

Logan si rivestì altrettanto in fretta, nascondendo le armi sotto il mantello logoro che aveva acquistato da Lynette. 

Meli arraffò dei vestiti più caldi per Theo e vide Astrid rubacchiare delle armi. Calcolò che ormai dovevano essere passati oltre trenta minuti da quando erano usciti dalla cella sotterranea. Forse la prima guardia addormentata si stava svegliando proprio in quel momento. Dovevano sbrigarsi. 

Si voltò verso Astrid.

“Cosa dicevi, delle stalle?”.

***

Era notte quando emersero in silenzio da una porta celata nel muro di legno dietro i covoni di fieno. Erano stati schifosamente fortunati: avevano incrociato solo un’altra guardia, messa subito fuori combattimento da un sospiro e una risatina dorata di Lynette. Non era stato sparso sangue innocente né era ancora stato dato l’allarme: per Meli, due grandi vittorie quel giorno.

Camminarono svelti nelle vie semivuote, ingobbiti e circospetti, fino ad arrivare all’ingresso ovest della città. Un freddo umido che odorava di neve ripulì i polmoni di Meli dal fetore di letame delle stalle militari. Con la pioggia dei giorni precedenti la nebbia si era un poco diradata; sopra di loro, tra le nubi, pezzi di cielo stellato assistevano indifferenti alle loro tribolazioni. A sud-est, una promessa di alba rischiarava il cielo dietro i picchi innevati.

Dopo un ultimo sfarfallio di polvere di fata ai soldati all’ingresso di Andaréz, il disordinato gruppo di fuggiaschi, ormai allo stremo delle forze fisiche e mentali, varcò l’ultima soglia e uscì dalla città.













 

EXTRA - Da qualche parte alla Barricata

“Sono spariti. Scomparsi nel nulla. Scomparsi come dei cazzo di fantasmi, Dag”.

“Non è colpa mia se la sicurezza alla Barricata fa pietà”.

“Non prenderti gioco di me! I miei uomini erano feriti a morte o così confusi da non ricordare un cazzo di niente. Chi cazzo li ha aiutati a uscire? Santa Lucilla del Granpasso? Cristina Nostra Signora?”.

“Non ne ho idea. Lo avrei fatto io se avessi potuto”.

“Per questo lo sto chiedendo a te!”.

“Non alzare la voce con me, Caius”.

“Non alzare la voce? Non alzare la voce? Oh, non credere che io abbia finito con te. Mi hai tenuto nascoste di proposito informazioni di vitale importanza per la Repubblica. Sapevi che la botanica che stava da te era ricercata. Sapevi che il figlio del podestà era con lei. Ho dovuto minacciare per evitare di farti sbattere in galera con la tua amichetta e non è detto che la voce non si spargerà. E sai in che lago di merda ci troviamo; la Gilda dei maghi e la Procura intera mi stanno col fiato sul collo da mesi per quella faccenda”.

“Il tuo lago di merda non mi riguarda. Io non ho giurato fedeltà al Governatore né ai suoi tirapiedi”.

“Certo che ti riguarda; tutto ciò che mi riguarda, ti riguarda. È questo il nostro accordo”.

“Non si vende la famiglia per nessun accordo. Se fosse stato per me, non l’avresti mai saputo. Ma non immaginavo di avere un ratto schifoso dentro La Lucciola. Una serpe in seno! Provvederò a trovare la spia e a fargli rimpiangere questa infelice scelta di vita”.

“È solo grazie alla tua spia che sono riuscito a fare un passo avanti in questa matassa di merda”.

“Un passo avanti, davvero? E cosa hai scoperto, sentiamo?”.

“... non posso parlarne”.

“Stronzate! Lo sanno anche i cani, ormai: qualcuno sta aprendo cancelli illegali in ogni angolo della regione”.

“Non è solo questo il problema!”.

“...”

“...”

“Non vuoi parlarne; bene. Tu proteggi i tuoi; io proteggo i miei”.

“Dag…”.

Dag un cazzo. È Mia Signora per te”.

“Non—”

“NO. Caius. Non ascolterò una parola di più. La fiducia è reciproca, ma la mia fedeltà è immobile. Non mi vendo al miglior offerente — e non pensarci neanche di fare la battuta che—”.

“Certo che a volte te le vai a cercare…”.

“È inutile parlare con te”.

“No, Dag — Mia Signora — dove stai andando…!”.

 

   
 
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