Serie TV > La signora del West
Segui la storia  |       
Autore: Autumn Wind    27/03/2024    0 recensioni
Mary Moon è una venticinquenne bostoniana che si è fatta da sola: nata nei sobborghi cittadini, è solo grazie alla perseveranza, al lavoro ed allo studio che è riuscita ad affermarsi come scrittrice ed a conseguire una certa indipendenza. Il suo fragile mondo le crolla addosso quando il temibile Preston Lodge II della National Trust la pone di fronte ad un gelido aut aut: o accetta di vedere suo zio e se stessa in bancarotta ed in prigione o acconsente a sposare l’ultimogenito dei Lodge ed a trasferirsi in Colorado.
Aiutare l’uomo che più detesta al mondo è l’ultima cosa che Mary vorrebbe, ma, se desidera onorare la promessa fatta a sua madre sul letto di morte come ha giurato, non ha scelta.
Trapiantata a Colorado Springs, in un mondo sconosciuto e sotto un cielo che le sembra tremendamente sbagliato, Mary scoprirà la brutalità della vita, ma anche l’amicizia e l’amore.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

6.
Pumpkins

La mattina del 29 ottobre Mary si svegliò con un’inspiegabile senso di vuoto e tristezza. Sospirò, alzandosi senza alcuno slancio ed indossando il suo completo grigio ed i pendenti di perle. Mentre si spazzolava i capelli, fissò il cielo: plumbeo e ricoperto da soffici nuvoloni grigi, lilla e rosati, minacciava pioggia da un minuto all’altro. Davvero uno splendido giorno per compiere venticinque anni. Era quasi un sollievo che nessuno lo sapesse: la sua vita era talmente differente da come immaginava sarebbe stata a quell’età che non trovava vi fosse proprio nulla da festeggiare. Con un sospiro, scese e, dopo aver mangiato una fetta di crostata ed aver bevuto il suo consueto tè, uscì per andare al Gazette. Si stupì nel trovare la banca deserta, ma non ci diede troppo peso: lei e Preston non avevano l’abitudine di avvisare l’altro su dove andassero. In fondo, anche se era sposato con lei, che cosa avrebbe dovuto legarlo a lei?
Uscì in strada senza troppo entusiasmo e si stupì nel trovare la famiglia del dottor Mike riunita attorno all’ufficio dello sceriffo Daniel.
Normalmente, sarebbe passata avanti senza preoccuparsene, ma Horace la chiamò in quel mentre, attirando l’attenzione di tutta la strada. “Una lettera per lei da Boston!” si giustificò, allungandole una busta senza troppe cerimonie prima di tornare alla sua postazione abituale. Mary fece per ringraziarlo, ma non gliene diede modo: anche nel rapporto con Horace l’influenza esercitata dal suo matrimonio si faceva sentire. Scosse il capo, aprendo la lettera, ma, non appena vide che era di miss Jane, la infilò in borsa: vi avrebbe dedicato il tempo che meritava una volta rincasata.
“Mary!”
La voce di Brian la riscosse dai propri pensieri. Alzando la testa, si ritrovò a fissare l’intera famiglia Sully, con in aggiunta Daniel e ben tre sconosciuti, intenta a fissarla. Con un sospiro, abbozzò un sorriso e li raggiunse. “Buongiorno Brian! Dottor Mike, Sully, Matthew, Daniel …” salutò con un cenno del capo. “Mary, vorrei presentarti Emma, la fidanzata di Matthew, mia sorella Colleen e suo marito, il dottor Andrew Cook! Sono venuti per stare con noi per Halloween! Lei studia medicina in Pennsylvania, sai? Questa è Mary, la nuova collega del Gazette di cui vi ho parlato!” esclamò Brian, entusiasta. “Piacere di conoscervi, Mary Lodge. Brian mi ha parlato moltissimo di voi.” sorrise Mary, tendendo la mano alla sarta dai boccoli castani con un bellissimo abito rosa antichi, ad una giovane dai capelli castano rossicci e gli occhi ridenti, vestita in rosso fragola ed ad un giovane medico in grigio dagli occhi azzurri e gentili. “Il piacere è nostro, Brian ci ha tanto scritto di lei!” sorrise Colleen. “Spero in termini positivi!”
“Assolutamente!”
“Vi fermerete per molto?”
“Fino alla festa di Halloween come minimo.”
“Festa?”
“Sì, ogni anni, ad Halloween, si organizza un ballo, per festeggiare. I bambini festeggiano in costume, ma per gli adulti, più tardi, c’è una vera e propria festa danzante.” spiegò Michaela, facendo spallucce con Katie che si agitava in braccio. “Anch’io, quando sono arrivata, l’ho trovato strano …”
“A Boston una cosa del genere sarebbe impensabile!” confermò Mary. “Confermo.” annuì Andrew. “Anche a New York, se è per quello …” sospirò Daniel, fissando la ferrovia. “C’è qualche problema, Daniel?” chiese Sully. “No, niente di che, solo un carico complicato: sono in arrivo una banda di ladri da Denver, si fermeranno qui in prigione prima di ripartire per Rio Grande. È una bella responsabilità!”
“Oh, sì, ricordo com’era!” annuì Matthew, nostalgico. Allo sguardo perplesso di Mary, Michaela spiegò: “Matthew è stato sceriffo per un po’ prima di dedicarsi alla professione legale.”
“Davvero? Una vita al servizio della legge.” sorrise la giovane. “Non esiste persona più corretta di Matthew!” concordò Emma, stringendosi al giovane con un largo sorriso. “Emma è la fidanzata di Matthew, ma si erano presi una pausa perché lei doveva fare la stilista per una cantante famosa per il mondo. Adesso però si sposeranno ed Emma aprirà il suo atelier in città!” spiegò Brian. Mary sfoggiò un sorriso di circostanza mentre il fratello lo rimproverava ed Emma arrossiva. “Santo cielo, la vostra famiglia sembra proprio uno dei miei romanzi a puntate!” considerò la scrittrice. “Sì, è vero, ma è bella proprio per questo!” sorrise Michaela, stringendosi a Sully ed ai ragazzi con un sorriso raggiante, Mary ne approfittò per controllare l’orologio della banca. “Ora devo proprio andare, oggi tocca a me aprire il Gazette. Vi auguro una buona giornata!”
Si stava già allontanando dopo i saluti quando una voce la fermò. Volgendosi, scoprì con sorpresa che ad aver reclamato la sua attenzione era stato il dottor Cook. Le corse dietro e, quando l’ebbe raggiunta, esordì con: “Lei è forse la moglie del signor Lodge?”
Mary annuì. “In persona.”
“Come sta Preston?”
“Bene, tutto sommato.”
“Mi hanno detto che ha riaperto la banca da zero, ma che ha perso tutto il resto …”
“È così, ma sta avendo ancora delle difficoltà ad avviare la banca. Dopo la crisi, nessuno si fida più di lui e delle banche in generale.”
“Capisco. Sa, io lavoravo per lui allo Spring Chateau: ero il medico della clinica privata dell’hotel. Per due anni, siamo stati … beh, direi quasi amici.”
Mary sollevò le sopracciglia ed Andrew rise. “Sì, so che sembra strano.”
“Perché non vi siete più sentiti?”
“Non lo so. Credo che ci siamo lasciati influenzare troppo da tutto il resto, lui dalla crisi ed io da quello che dicevano di lui. È vero, è focalizzato sugli affari ed ambizioso, ma non è poi così malvagio come spesso lo si descrive e credo ci siano uomini infinitamente peggiori di lui. Senza contare che era l’unico con cui potessi confidarmi … sa, abbiamo quasi la stessa età e veniamo entrambi dalla Boston perbene, come anche lei e Michaela, del resto …”
Mary annuì senza parlare, non sapendo cosa dire o come smentirlo. “Sono contento che abbia trovato la felicità con lei.” azzardò Andrew, rivolgendole un largo sorriso. “Bisognerà capire se è vera felicità o un abbaglio momentaneo.” considerò amaramente la giovane. “Se vuole salutarlo, lo troverà quasi sicuramente alla banca durante l’orario di apertura: credo gli farà piacere. Ora, se vuole scusarmi, dottor Cook … è stato un piacere.”
“Il piacere è stato tutto mio: buona giornata, signora Lodge.”

***

Quel pomeriggio la pioggia si era finalmente decisa a cadere su Colorado Springs da gonfi nuvoloni grigi e violacei, inondando le strade e rimbalzando sui tetti e sulle grondaie, dove si raccoglieva per poi defluire a terra in rivoli scroscianti. Mary stava lavorando all’articolo sul furto di caramelle da Loren ed alle storie senza troppa fretta: era una di quelle giornate che scorrevano lente come spesso accadeva in Colorado, del resto. Brian, appena finita scuola, si era precipitato al Gazette e non vi era più uscito, preferendo aspettare Michaela al tornare a casa a piedi con quel diluvio e Dorothy, come al solito, era sommersa dal lavoro e tremendamente disordinata. Era forse la quinta volta che Mary la rincorreva con uno sbuffo per sistemare le carte che lasciava in giro, suscitando le risate di Brian.
La scrittrice sospirò, voltando pagina e riprendendo a correggere: non aveva alcuna voglia di finire e tornare a casa. Il clima che vi regnava era più gelido di Boston in pieno inverno, tenendo conto che lei e Preston ancora non si scambiavano una sola parola. La tristezza era svanita, lasciando posto all’orgoglio ferito, ma, perlomeno, da quella situazione Mary aveva guadagnato una vera amica. Da quando si era confidata con Dorothy, si sentiva come se avesse tolto un macigno dalle spalle e riusciva ad essere molto più spontanea in sua presenza.
“Dorothy, credo sia ora di dare una svolta alla storia: abbiamo tenuto le lettrici fin troppo sulle spine, non credi? È ora che Scarlett scelga tra Ross e Jonathan, ma, onestamente, non so cosa farle decidere ...” considerò Mary dalla sua scrivania, visionando perplessa le bozze della nuova puntata della storia destinata alle signore della settimana. La rossa, sommersa dalla carta alla sua disordinatissima scrivania, le rivolse un’occhiata perplessa. “Oh e perché mai tra due uomini? Scarlett può avere tutte le possibilità che vuole, è una donna libera ed intelligente!”
“Miss Dorothy, non credo sia quello che le lettrici vogliono trovare, non sente cosa dicono le signore da Loren?” rise Brian, tutto preso dall’aggiustare il torchio. “Vedi, Dorothy? Siamo due contro uno a pensarla così!” considerò la scrittrice, spostando dietro le spalle i lunghi capelli castani con un sorriso soddisfatto. “Io resto dell’opinione che Scarlett dovrebbe scegliere prima di tutto se stessa!”
“Ci penserò su, questo posso promettertelo.”
“Pensare a cosa?” esclamò Hank, facendo il suo ingresso in rosso al Gazette, i capelli biondi al vento. “Alla conclusione di una storia.” rispose onestamente Mary, alzandosi. “Ah, Scarlett, certo: le mie ragazze leggono tutte quei suoi racconti, li adorano. Non sa chi scegliere, eh?”
“Suggerisce qualcosa, Hank?” l’apostrofò Dorothy. “Certo: Scarlett potrebbe stufarsi ed andare a lavorare al saloon! Ispirerebbe le mie ragazze!”
“Oppure potrebbe far perdere la testa al proprietario del saloon e spingerlo sulla retta via!” azzardò Mary. “Ah, divertente! Dovreste darmi retta, invece: non è che voi due abbiate esattamente buoni gusti. Voglio dire, Nube che Corre e Preston …”
“Che cosa le serve, Hank?” sospirò Mary. “Devo pubblicare un annuncio: vendo i mobili vecchi delle mie stanze.”
“Oh e come mai?” notò Dorothy. “Do una ripulita: Zach ha finito la scuola e tornerà a casa. Voglio che viva in un bel posto …”
All’occhiata perplessa di Mary dopo che ebbe contato le parole, rispose con un sorriso sardonico. “È mio figlio: tornerà ad Halloween.”
“Sapevo che fosse un artista, me l’avevano detto! Questo è il conto.”
“Però, le parole costano, eh? E da chi l’ha saputo, miss Mary?”
“Loren, ovviamente.”
“Non si vede tanto in giro con Preston, sa? La gente sparla già e siete sposati da due o tre mesi!”
“Non è un mio problema. Buona giornata, Hank.”
Questi le rivolse un altro sorriso divertito, apprestandosi ad uscire, salvo scontrarsi contemporaneamente con Michaela, Colleen e Teresa.
“Buongiorno! Disturbo?” chiese la signora Slicker, la pancia protuberante. “Oh, no, noi siamo qui per parlare con Dorothy!” sorrise Michaela, dirigendosi dalla rossa a passo sicuro. Mary raggiunse subito Teresa. “In cosa posso esserle d’aiuto?”
“Devo pubblicare questo annuncio.” sorrise la messicana, tendendole un foglio. Mary lo scandagliò rapidamente. “Fanno due penny in totale. Si contano anche le parole con troncamento o elisione …”
“Lo so.” confermò la donna, allungandole il denaro. “Non manca molto, oramai.” considerò educatamente la scrittrice, alludendo al suo pancione. Teresa sorrise. “No, solo un altro mese. Speriamo sia un maschio!”
“Ai suoi ragazzi dispiacerà separarsi da lei per qualche tempo …”
“Per sempre, in effetti: non tornerò al lavoro, dopo. Il posto di una madre è a casa con i propri figli, non a lavoro. Non che ci sia niente di male se una donna decide di lavorare, ma non lo condivido …” spiegò, notando l’occhiata perplessa di Michaela prima di rivolgersi a Colleen. “E tu, Colleen?”
“Io?” domandò la giovane, alzando lo sguardo. “Quando pensate di avere figli tu ed il dottor Cook?”
“Oh, aspetteremo. Io prima devo diventare medico, poi ci sarà tutto il tempo per i bambini. Anche Andrew la pensa così …”
Teresa alzò un sopracciglio e, per l’ennesima volta, Mary provò un moto di stizza verso quella donna così rigida. “Colleen è giovane e lo è anche Andrew: non c’è bisogno che si prestino a sfornare bambini, se hanno altri progetti per il momento. Nella vita non esiste solo quello.” eruppe senza pensarci, attirando gli sguardi sorpresi dei presenti. “Parla così perché lei non ha ancora figli!” considerò Teresa, squadrandola. “No, parlo così perché ho un cervello pensante. Buona giornata, signora Slicker.”
La maestra sospirò, rivolgendo un cenno stizzito prima di andarsene.
Mary, tornata alla sua scrivania, era tanto presa dal fissare le sue bozze senza alcun finale concludente e soddisfacente che quasi non notò le occhiate meravigliate e quasi divertite di Brian, Colleen, Michaela e Dorothy.
“Ho forse detto qualcosa di male?” chiese, accorgendosi, infine, dei loro sguardi. “Affatto, anzi … grazie.” sorrise Colleen. “Oh, io dico sempre quello che penso: è un brutto difetto che ho da quand’ero bambina e niente da fare, più aumenta l’età e più peggiora!” rise, nervosa. Dorothy sollevò il mento, orgogliosa. “Scelgo sempre ottimi collaboratori, come potete vedere! Comunque, non preoccuparti, Colleen: mi occuperò personalmente di farti avere quelle riviste scientifiche!”
“Grazie, Dorothy: gli esami non aspettano certo la fine delle vacanze!”
“Allora ci vediamo direttamente alla festa di Halloween!” concluse Michaela, guardando verso la clinica ancora deserta con apprensione. “Oh, sicuro, quella non me la perderei per nulla al mondo!” sorrise la rossa. “Lei ci verrà, Mary?”
Sentendosi chiamata in causa, la giovane alzò nuovamente lo sguardo ad incontrare quello ridente di Colleen. “Non saprei: non credo di essere qui da abbastanza tempo per potervi partecipare.” mormorò, abbozzando un sorriso di circostanza. “Oh, ma non conta: a noi farebbe piacere averla ai festeggiamenti. Lei ed anche Preston, naturalmente.”
“Non ne ho ancora parlato con lui, ma non credo sia un sostenitore dei belli paesani. Vedremo se riuscirò a convincerlo ...”
Fortunatamente, Dorothy, intuendo forse il suo disagio, sviò discorso e congedò le due dottoresse, rivolgendole un’occhiata complice prima di rimettersi al lavoro.
Non seppe quanto tempo passò prima che la porta del Gazette si riaprisse, ma Mary, quella volta, non vi badò, continuando a revisionare: la maggior parte della gente non la salutava mai, ritenendola forse troppo straniera per meritare una conversazione. Andrew quel mattino e Michaela e Colleen quel pomeriggio erano stati un’eccezione.
Solo quando il silenzio divenne imbarazzante, alzò lo sguardo e quasi sobbalzò nell’incontrare quello di Preston nel suo impeccabile completo borgogna. Questi si tolse il cappello, schiarendosi la voce. “Dorothy, Brian, buon pomeriggio.”
“Signor Lodge.” salutò il ragazzino, rivolgendogli un sorriso. “Preston! Immagino tu voglia parlare con Mary …” considerò Dorothy, alzandosi con grazia. Il banchiere annuì. “Se fosse possibile, sì.”
“Mary?”
La scrittrice sospirò ed annuì. “Bene, allora io e Brian ci prendiamo una pausa da Grace, che ne dici? Anzi, possiamo portarvi qualcosa?”
“Sto bene così, grazie.”
“Lo stesso vale per me.”
“Bene. Torniamo tra un po’, allora.” sorrise Dorothy, indossando la mantellina, subito imitata e seguita da Brian, che rivolse loro un sorriso smagliante prima di uscire.
Per qualche istante, sul Gazette regnò il silenzio più totale, rotto solo dal ticchettio dell’orologio. Fu Preston a romperlo, rivolgendosi subito a Mary: “Sono venuto per scusarmi per quello che è successo l’altro giorno: è stato un comportamento imperdonabile da parte mia e ti chiedo, se puoi, di perdonarmi. Non meritavi quelle parole, anche e soprattutto perché stavi solamente cercando di aiutarmi. Suppongo di non essere abituato alle manifestazioni di affetto. Di alcun tipo.”
La scrittrice annuì: da un lato, era ancora offesa, ma, dall’altro, riconosceva che, quantomeno, si stava scusando e, a giudicare da come evitava di guardarla, non doveva essere facile per lui. “Devo scusarmi anch’io: non avrei dovuto insistere e neanche insinuare quello che ho detto a proposito di tuo padre. Non sono affari che mi riguardano, dopotutto.”
“Avevi ragione, invece: è una vita che cerco di assomigliargli, di essere come lui per ottenere la sua approvazione. La cosa ironica è che non l’ho mai avuta. Nelle lettere mi sento ripetere da anni di come i miei fratelli abbiano carriere brillanti e famiglie numerose e felici, a mio discapito. Poco importa ciò che ho ottenuto, non è mai stato abbastanza. E dopo la crisi credo di aver raggiunto il fondo …” ammise senza guardarla. “E tua madre?” chiese Mary, cauta. “Alice Lodge non è una donna molto materna, anzi: ci ha sempre lasciati alle tate per dedicarsi ai suoi circoli. Ed il suo preferito è sempre stato Henry … il primogenito. Degli altri non ha grande stima.”
La scrittrice annuì, iniziando, forse, per la prima volta dal suo sguardo vacuo a comprendere cosa significasse davvero crescere presso la famiglia Lodge. C’era anche da capire Preston se sentiva costantemente il bisogno di provare di essere migliore degli altri.
“Abbiamo sbagliato entrambi e credo che sia doveroso cercare di chiarirci per continuare ad essere quantomeno sereni. E, inoltre, non sarebbe giusto vederti arrabbiata nel giorno del tuo venticinquesimo compleanno …” proseguì Preston, cambiando argomento. Mary spalancò gli occhi. “Come lo sai?” esclamò. “Ho riletto i documenti del matrimonio. Mi avevi detto di averne venticinque, ma ne avevi ancora ventiquattro, tecnicamente.”
“Era solo questione di pochi giorni …”
“Ciò non toglie che il 29 ottobre sia comunque un giorno importante per te e va festeggiato come tale.” le sorrise, porgendole una scatola cobalto che strasse dalla tasca interna della giacca. “Ma … ma non … non dovevi! Con le cose che non vanno bene in banca … e poi noi non …” biascicò Mary, sinceramente sorpresa: non se l’aspettava. “Non sarebbe conveniente aprirlo, invece di elencare tutti i motivi per cui non avrei dovuto farlo?”
La scrittrice sospirò, rivolgendogli un sorriso abbozzato prima di sciogliere con delicatezza il fiocco ed estrarre dalla scatola una catenina da cui pendeva un piccolo medaglione d’argento a forma di mezzaluna.
“Oh, è … è bellissima! Grazie!” mormorò, sinceramente stupita dalla bellezza del regalo. “Ho scelto la mezzaluna in onore al tuo cognome da nubile, oltre alla tua passione per il cielo, la natura e tutte quelle cose da pittori impressionisti ...”
Mary rise alla sua faccia perplessa. “E, poi, si apre: è piccolo, ma dentro potrai metterci qualcosa che ritieni importante. Non so, una ciocca dei capelli di Dorothy …”
La scrittrice, istintivamente, si allungò e gli schioccò un bacio sulla guancia che, con suo estremo divertimento, ebbe l’effetto di farlo arrossire. “Mi permetti?” le chiese, schiarendosi la voce. La giovane annuì, voltandosi per consentirgli di allacciarle la collana al collo. Ignorò deliberatamente il brivido che le attraversò la schiena quando le spostò i capelli e le agganciò la catenina, attribuendolo alla sorpresa. Quando si voltò, gli rivolse un sorriso appena accennato. “Non dovevi. Ma mi dispiace comunque per quello che è successo ...”
“Facciamo finta che non sia accaduto niente, d’accordo?”
“D’accordo.” annuì lei, accettando la sua mano tesa e stringendola saldamente alla propria. Il banchiere le sorrise. “Buon compleanno, Mary.”
Stava per rispondere, quando la porta si spalancò e, al grido di: “Sorpresa!”, Dorothy e Brian fecero il loro ingresso con una torta e quattro tazze fumanti. “Buon compleanno!” esclamò Brian, precipitandosi a farle gli auguri. “Ma … gliel’hai detto?” balbettò la giovane, volgendosi verso Preston. Questi fece spallucce. “In effetti, potrebbe essermi sfuggito.”
“Oh, su, voi due: bando alle ciance, c’è una torta ed un brindisi da fare alla nostra Mary!” esclamò Dorothy. “Alla nostra Mary!” concordò Preston, rivolgendole un sorriso ed allungandole la tazza. “Che sia solo il primo di tanti compleanni felici a Colorado Springs.”

***

Mary, dal divano, sbuffò sonoramente, gettando sul tavolino i fogli della sua storia. Preston, seduto sulla poltrona, circondato dai soliti prospetti e dai conti, le fissò. “Cos’avranno fatto di così sbagliato da meritare un simile trattamento?” domandò, sardonico. “Non so come far finire la storia di Scarlett.” ammise lei, scuotendo il capo. “Chi dovrebbe scegliere? L’affascinante ufficiale medico Ross, che le garantisce una vita agiata o il povero contadino Jonathan, che l’ama con tutto il cuore? Dorothy dice addirittura che dovrebbe scegliere se stessa, ma come potrebbe? Ed Hank ... lasciamo perdere cos’ha suggerito Hank!”
“Da quando parli con Hank?”
“Da quando anche lui mi rivolge la parola.”
Preston sospirò: quando suo padre gli aveva scritto di aver trovato una moglie per lui, certo non pensava ad una persona tanto ostinata e così lontana dalle belle statuine a cui era sempre stato abituato a Boston. Per far tacere Mary ci sarebbero voluti corde ed un bavaglio come minimo ...
“Potrebbe anche sceglierli entrambi … o non decidere proprio.” considerò, attirando lo sguardo perplesso della moglie. “Non sto suggerendo nulla di scandaloso!” si affrettò a spiegare. “Ma, forse, la sua prima scelta potrebbe essere rivolta ad uno e poi la vita condurla dall’altro … capita, no?”
“Suppongo di sì, ma non so se è quello che le lettrici vogliono.”
“Perché dovrebbe importare? Sei tu che decidi! Non ti sei fatta problemi a farla trasferire a San Francisco, mi pare!” le sorrise il banchiere, ritornando ai suoi prospetti. Sentendo un silenzio fin troppo profondo, tornò a sollevare lo sguardo, incontrando quello sconcertato di Mary. “Hai davvero letto i miei racconti?” mormorò, gli occhi enormi e quasi liquidi alla luce del fuoco. Preston deglutì ed annuì, distogliendo in fretta lo sguardo. “Ho sempre riconosciuto il tuo talento ed ho letto i tuoi libri e le tue storie: scrivi molto bene e caratterizzi splendidamente i personaggi. Leggerti è un piacevole passatempo e, per quanto mi riguarda, dovresti insistere nel pubblicare ancora presso i tuoi editori a Boston.” spiegò, riprendendo le sue carte. “Grazie.” mormorò Mary, rigirandosi l’anello tra le dita. “E tu cosa stai studiando con tanta attenzione?” chiese dopo un po’. “Un progetto.” rispose sinceramente lui. “Per cosa?”
“Per finanziare l’ospedale di Michaela Quinn.”
La scrittrice sollevò le sopracciglia, sorpresa, ma non disse nulla. “Ho fatto i conti due volte e, anche se inizialmente dovrei rimetterci qualcosa, potrei guadagnarci, se davvero la gente tornasse a fidarsi di me. Sempre nella remota possibilità che Michaela accettasse.” ammise Preston con un sospiro, passandosi una mano sul volto stanco. “Non basterebbe solo questo ...”
“Lo so: avevo pensato di concedere tassi d’interesse minori per determinati prestiti e di concedere al massimo due settimane dopo il mancato pagamento di una rata per rimettersi in regola, addebitando solo degli interessi maggiori in merito a quel lasso temporale.”
“Mi sembra una scelta saggia.”
“È l’unica che mi farebbe rientrare in corsa. Ma prima bisogna sempre che Michaela accetti e questo è impossibile …”
“Perché? Non vi siete certo tolti il saluto, mi pare …”
“L’unica volta che si sono messi in affari con me hanno quasi perso la casa, Mary ... senza contare degli scontri e dei dissapori con Sully.”
“Ma sei amico di Andrew.”
Preston la fissò, sconcertato. “Questa mattina Michaela mi ha presentato Emma, Colleen ed Andrew e lui mi ha poi chiesto di te. Mi ha detto che siete stati quasi amici per i due anni che ha trascorso allo Spring Chateau e che vi capivate abbastanza bene, essendo entrambi di Boston.”
“Anche tu sei di Boston, ma non mi pare che ci siamo intesi molto bene, quando sei arrivata!”

“Non cambiare discorso.” lo frenò Mary. “Io non vengo dalla vostra Boston, ha ragione Andrew: per chi, come te, Michaela o Andrew, nasce nelle famiglie benestanti, la strada è già spianata. Tutti e tre avete svolto le professioni dei vostri genitori, da quanto mi è stato raccontato da Dorothy, dopotutto.”
Touché.” sospirò il banchiere, fissando le fiamme per evitare di guardarla in volto. “Se c’era qualcuno che ho potuto considerare una sorta di amico a Colorado Springs, quello è sicuramente Andrew.” ammise quasi più a se stesso. “E perché non vi siete più sentiti?”
“Si è sposato e se n’è andato.”
“Non è una buona ragione per interrompere un’amicizia!”
“Lo è, considerato che ha sposato Colleen Cooper …”
“Si può sapere cosa ti hanno fatto Michaela e Sully e, di conseguenza, tutta la loro famiglia? Io non posso dire di trovarli così terribili, francamente! Sono tra i pochi a parlarmi ...”
Preston sospirò, passandosi una mano sul volto stanco su cui baluginavano le ombre delle fiamme. “Niente. Niente di che, ma non hanno mai fatto mistero della loro antipatia nei miei confronti …”
“Perfettamente reciproca, credo, no?”
“Hai forse deciso di diventare lo specchio della verità ai tuoi venticinque anni?”
“Non ne ho ancora venticinque: sono nata mezz’ora prima di mezzanotte. E, poi, te l’ho detto: dico sempre ciò che penso.”
“Me n’ero accorto.” sospirò il banchiere. “Potresti comunque proporglielo pubblicamente, così da dimostrare almeno un cambio di passo a tutta Colorado Springs. Magari alla festa di Halloween …” azzardò Mary. Preston sollevò di scatto il capo a fissarla. “Cosa? E sopportare un’altra umiliazione pubblica prostrandomi ad una festa a cui nessuno mi vuole? Assolutamente no!”
“Ed invece andarci potrebbe essere l’occasione per guadagnare clienti: è arrivata molta gente nuova, negli ultimi mesi …”
“Non ti sto proibendo di andarci: va’, se ti fa piacere.” le concesse, ignorando un vago bruciore allo stomaco a quel pensiero. “Non potrei, anche se lo volessi: non ho niente di adatto da mettermi, senza contare che andandoci da sola attirerei ancor più voci di quante già non ne abbia attirate e non vorrei certo danneggiare ulteriormente il Gazette … o la tua banca, per quel che vale.” sospirò, alzandosi con uno sbadiglio. “Dove stai andando?” l’apostrofò Preston. “A dormire: non passerò la notte qui a sentirti rifiutare qualunque soluzione ti venga proposta alla tua crisi!”
“Non sto rifiutando!”
Mary gli rivolse un’occhiata accusatrice, facendolo sospirare. “E va bene, ma non consideri che so di cosa sto parlando, sono qui da ben più tempo di te, non credi?”
“Quello che credo, Preston, è che, in definitiva, tu abbia così tanta paura del rifiuto da non volerci neanche provare, ma, a mio avviso, è meglio un rimorso che un rimpianto. Buonanotte e buona lettura.”
La giovane si diresse in camera con un altro, sonoro, sbadiglio, salendo le scale scricchiolanti lentamente: in fondo, non aveva quasi fretta e non le sarebbe dispiaciuto se Preston l’avesse chiamata, invitandola a fermarsi a parlare ancora un po’ con lui. In fondo, anche se lui non aveva voluto confessarglielo, aveva capito cosa gli desse tanto fastidio di Sully: non era difficile intuirlo. Sully era un uomo semplice, senz’arte né parte, eppure era stimato, aveva amici, una moglie che amava e figli che lo adoravano, era, insomma, un vincente. Lui, invece, pur essendo un abile banchiere con una laurea ed un’origine più che illustre, era fondamentalmente solo e disprezzato. Non sapeva se a disturbarla fosse più il fatto che solo lei se ne fosse accorta o che quel lato di Preston, nascosto sotto la sua apparenza sempre impeccabile, lo charme, la galanteria e la cultura, le facesse stringere il cuore in una morsa.
Dal canto proprio, il banchiere, rimasto solo dinanzi ai suoi prospetti ed al fuoco scoppiettante, sospirò: Mary aveva ragione, era un codardo, anche se non l’avrebbe mai ammesso di fronte a lei. Aveva l’opportunità di dimostrare di potercela fare con le proprie forze ed era forse l’ultima che avrebbe avuto, ma aveva così tanta paura di fallire da non voler neanche tentare. E non era da lui. Tanti anni di rifiuti dovevano aver lasciato il segno, alla fin fine: sua madre non l’aveva mai sopportato granché, troppo delusa del fatto che non fosse la bambina che avrebbe voluto per sé, suo padre lo considerava un incapace dal cuore troppo tenero ed il polso poco fermo ed i suoi fratelli semplicemente l’ultimogenito, quello di cui non c’è davvero bisogno e che risulta spesso fastidioso. A Colorado Springs invece era l’avido banchiere dell’est, lo straniero antipatico che avrebbe fatto meglio ad andarsene. Forse l’unica persona che si fosse dimostrata realmente interessata a lui, in tutto quel tempo, era stata proprio Mary, paradossalmente. “E sei riuscito a deludere anche lei. Che bravo!” sbuffò, passandosi una mano tra i capelli e chiudendo gli occhi: ripensando a quel pomeriggio, però, forse, non l’aveva delusa proprio sempre. Era stata felice delle sue scuse e della collanina ed aveva riso quando le aveva insegnato a cavalcare e quando si erano confrontati sulle ultime tendenze teatrali ed artistiche. E, per la prima volta, forse, Preston aveva sentito di valere qualcosa, di essere in grado di fare qualcosa di buono. Da un lato, quella giovane fin troppo schietta ed indipendente era in grado di irritarlo come nessun altro, ma, dall’altro, a volte non riusciva a fare a meno di fare di tutto perché gli sorridesse. Il loro non era un matrimonio vero e proprio, su questo erano d’accordo, ma Preston non era certo cieco e sempre più spesso non poteva fare a meno di notare che Mary fosse effettivamente molto bella, oltre che fin troppo intelligente e tenace. Peccato solo che avesse così tanta paura di venire respinto anche da lei da non riuscire mai a dirglielo …
“Codardo.” sbuffò, tornando ai suoi amati prospetti con un’idea nuova che gli frullava in testa.

***

La mattina di Halloween, Loren aprì il negozio cinque minuti prima, sperando di non vedere nessuno ad attenderlo già fuori dalla porta, ma, con suo estremo disappunto, qualcuno già lo stava aspettando. “Ma che diamine, un vecchio non avrebbe diritto a riposare e … Preston?” esclamò, sconvolto: il banchiere non si vedeva in città da mesi, eppure eccolo lì di fronte a lui, in grigio come l’aveva visto l’ultima volta, sempre perfettamente imbellettato. “Buongiorno, Loren.” lo salutò, schiarendosi la voce. “Non ti si vede in paese da … beh, da un’eternità, ti sei persino sposato senza dire niente a nessuno ed ora ti presenti qui così … che diamine vuoi?” esclamò l’anziano. “Vorrei acquistare un abito.”
“Ma se te li sei sempre fatto spedire da quell’atelier di Boston, non prendermi in giro …”
“Un abito da donna. E, se proprio insisti, sono sicuro che ci saranno molti altri negozi a Denver disposti a vendermene uno.” sorrise. Loren sbuffò: quel suo irritante sorriso a trentadue denti non era cambiato di una virgola, per sua sfortuna. “Misure?” sbottò. “Non ne ho idea … è comunque per una donna bassa e magra …”
“Tua moglie?”
Il banchiere parve trattenere il fiato per un po’ prima di espirare. “Sì.” ammise. “E non conosci le misure di ha tua moglie? Buon Dio, dove andremo a finire! Vieni dentro prima che cambi idea, su: la nostra Emma è giusto tornata dai suoi tour, per tua fortuna!”

 

Il giorno di Halloween Mary era di pessimo umore. Non sapeva se la colpa fosse del fatto che la mattinata era stata talmente piena di annunci da pubblicare da costringerla a chiudersi al Gazette nel pomeriggio per dedicarsi alle sue storie o, semplicemente, dell’euforia generale per la festa di Halloween di quella sera. Loren chiudeva prima e non aveva quasi più alcun prodotto disponibile, Grace era tanto impegnata con il buffet che trovare posto da lei era quasi impossibile, Daniel, con cui a volte si fermava a parlare, era occupato con la costruzione del palco e persino Horace aveva chiuso per provare con l’orchestra. Al Gazette, come se non bastasse, l’atmosfera non era certo delle migliori: Brian era triste e mesto perché non aveva trovato il coraggio di invitare Sarah al ballo ed ora, a quanto pareva, lei ci sarebbe andata con Mac, il figlio dei Marshall e Dorothy sbuffava fissando la strada, considerato che Nube che Corre era alla riserva di East Forth dal giorno precedente e non sapeva se sarebbe tornato in tempo per la festa. A condire il tutto, neanche a farlo apposta, Preston non si era fatto vedere né sentire nemmeno a pranzo, facendola erompere in una serie di improperi che avevano scandalizzato Loren e fatto sogghignare Hank. “Se mai volesse cambiare lavoro, Mary, sa dove venire: cerchiamo sempre donne fini come lei!” aveva esclamato, entusiasta, ottenendo almeno di farla sorridere.
Per l’ennesima volta, Brian sospirò, guardando fuori. Mary alzò gli occhi al cielo. “Brian, sei consapevole che Sarah non sia l’unica ragazza sulla faccia del pianeta, vero?”
“Scusa, Mary, è … è che ci speravo tanto!” sospirò nuovamente, facendo spallucce. “Ed allora perché non gliel’hai chiesto?”
“Avevo paura che rifiutasse.”
“Ed ora lei ha chiesto ad un altro di accompagnarla. Mi sembra quasi di sentire Preston …”
“Perché?”
Mary tacque, rendendosi conto di aver, forse, detto troppo, ma, alla fine decise di essere sincera: “Perché anche lui ha smesso di agire per paura di fallire. Credo sia la cosa che più lo spaventa in assoluto.”
“Tu non sei così!”
“Non ne ho mai avuto la possibilità, probabilmente: se non avessi difeso me stessa ed i miei interessi, non avrei lasciato i sobborghi di Boston ed uno zio ubriaco e non mi sarei mai laureata, questo è poco ma sicuro. A volte bisogna avere il coraggio di buttare il cuore oltre l’ostacolo!”
“Me lo ricorderò.” sorrise Brian. “E Scarlett? Anche lei butterà il cuore oltre l’ostacolo?” azzardò Dorothy con un mezzo sorriso. “ Volete la verità? Non ne ho idea: sono ancora molto combattuta sul suo destino e la scadenza è dopodomani.”
“Troverai una soluzione e sarà splendida!” la rassicurò la rossa. “Oh, avrò tutto il tempo di pensarci stasera …”
“Non verrai alla festa?” chiese Brian, dubbioso. “Temo di no: farei solo sparlare la città, da sola e … beh, il Gazette non lo merita.”
“E non puoi provare a convincere Preston?” ipotizzò Dorothy. “Sarebbe più semplice smuovere il Pike’s Peek ...”
“Mary, posso farti una domanda personale?” intervenne Brian. “Finché la decenza ce lo permette …” sorrise la scrittrice, annuendo. “Tu ami Preston?”
Il sorriso di Mary morì così com’era arrivato. “Brian!” la rimproverò subito la rossa. “No, Dorothy, non ha chiesto niente di male. Perché me lo chiedi?” domandò, cauta: non voleva ferire i suoi sentimenti di giovane sensibile con la sua storia strappalacrime. “Così: ho guardato tante persone innamorate oggi … mamma e papà, Andrew e Colleen, Emma e Matthew, Dorothy e Nube che Corre, la signora Teresa e Jake, Grace e Robert E. … e niente: me lo chiedevo, siccome sono tutte storie molto diverse.”
Mary annuì, abbassando lo sguardo sui suoi fogli. “Non lo so.” rispose senza neanche pensarci, stupendo persino se stessa. “In che senso?” domandò Brian, ancor più confuso di lei. “Nel senso che a volte vorrei abbracciarlo ed altre strangolarlo.” ammise: almeno quello era vero. “Ma il nostro è stato il matrimonio meno convenzionale di tutti: non ci siamo sposati per nostro volere, ma per un accordo. Si usa spesso così, tua madre te l’avrà spiegato.” sospirò. “E quindi non ho scelto Preston. Anzi, ti dirò la verità: potendo scegliere, non avrei mai e poi mai sposato uno come lui, neanche dopo morta. Ho sempre odiato i damerini, a Boston!”
Brian e Dorothy sorrisero a quell’affermazione. “Però, dopo un po’ di mesi … beh, posso dirti che avevi ragione tu mesi fa, Brian ...” continuò. “C’è tanto di lui che non mostra agli altri ed in questo, forse proprio perché non lo conoscevo, sono stata avvantaggiata. Ad esempio non credo nessuno si sia mai reso conto che, in fondo, sia un uomo estremamente gentile e rispettoso, almeno nei miei confronti, che ami follemente leggere ed andare a teatro o alle mostre. O della sua passione per l’antichità. E certamente nessuno si è mai accorto di quanto disperatamente desideri essere tenuto in considerazione ed accettato, né di quanto sia disposto a fare per le cose e le persone a cui tiene …”
“Ma sei innamorata di lui o … beh, lo sopporti e basta?” la interruppe Brian. “Perbacco, stai iniziano ad assomigliarmi, con queste domande dirette!” rise. “E, comunque, non so se sono innamorata di lui, né se lo sarò mai, ma … beh, non posso dire di detestarlo, ecco.”
Brian annuì poco soddisfatto e tornò a fissare fuori, perplesso mentre Dorothy rivolgeva a Mary una lunga occhiata penetrante.
Alle cinque, tutta Colorado Springs parve morire: i negozi erano già chiusi e la gente era sparita, probabilmente in casa a prepararsi per la festa.
Mary chiuse il Gazette e si avviò alla banca nell’assolato pomeriggio d’ottobre senza incontrare nessuno oltre alla polvere delle strade. Una volta rientrata, salì in casa con uno sbuffo frustrato, salutando con un cenno Preston seduto sul divanetto. Le parole di Brian le tornarono improvvisamente in mente mentre lo guardava: non era il marito che aveva sempre pensato di avere da bambina, ma, in fondo, c’era di peggio.
“Oh, eccoti!” la salutò il banchiere, alzandosi con una pila di fogli in mano. “Ho … stavo leggendo la bozza dell’ultima puntata di Scarlett. Non avrei dovuto, ma era qui e …”
“Non fa niente, anzi: forse potresti anche aiutarmi, dopotutto sono ancora in alto mare!” sospirò la scrittrice. “Che ne pensi?”
“Sinceramente?”
“Non te lo chiederei, altrimenti!”
“Penso che la storia sia ben scritta, come sempre, i personaggi ottimi, me che ci sia poco di tuo.”
Mary aggrottò la fronte. “Poco di mio?” ripeté. “Esatto. Tu non sei una da finali rosa, mielosi e sdolcinati, né da amori profondi e romantici. Per ottenere l’effetto che vuoi, devi essere te stessa, è molto semplice.”
“E come fai ad essere così sicuro di cosa mi appartiene di cosa no?” lo canzonò, voltandosi per nascondere il fatto che avesse centrato pienamente il punto di tutta la faccenda della storia di Scarlett.
“Intuito. Ma dovresti andare in camera tua, adesso.” esordì Preston dopo un po’, schiarendosi la voce. “E perché? Hai forse invitato qualcuno a cena e ti vergogni di tua moglie?” sorrise Mary, lasciando nello studio i suoi appunti. “No, ma potrebbe esserci qualcosa che richiede la tua attenzione.”
Gli rivolse un’occhiata esasperata, dirigendosi a passo marziale di sopra. “Giuro che se è un altro pantalone da rammendare come l’altro giorno …” la minaccia le morì in gola non appena, sul letto, vide l’abito.
Era lilla pallido, con le maniche di vari veli di raso che si arrotolavano gli uni sugli altri sino al gomito, la scollatura quadrata ed appena un po’ più profonda di quanto Mary usasse di solito e ricamato ovunque con violette di un viola vibrante che riverberava nella penombra della stanza.
“Spero che ti piaccia.” spiegò Preston alle sue spalle, facendola voltare di scatto, ancora senza parole. “E soprattutto di aver indovinato le misure. Io e Loren non siamo buoni giudici della figura femminile, temo.” sospirò il banchiere, abbozzando un sorriso. “È … è l’abito più bello che abbia mai avuto!” ammise Mary, raggiungendo il vestito e sfiorandolo delicatamente. “E non posso davvero accettarlo, se è un regalo: è troppo e mi hai già regalato il medaglione, io …”
“Non è per il tuo compleanno: questo è per la festa di Halloween. Mi hai detto di non avere niente da metterti e che non t’importava andarci, ma una domenica mi hai anche confessato che adoravi le sale da ballo di Boston e che ci andavi appena potevi permettertelo. Non è giusto che tu debba rinunciarvi solo perché io ho paura. E, poi, devo fare una proposta importante che tu mi hai suggerito …”
Mary trattenne il fiato, aggrottando la fronte. “Davvero? Hai deciso …”
“Di provarci, sì. Ma adesso ti lascio, devi prepararti ed anch’io …”
“Ma che ore sono? Oh, santo cielo, è tardissimo!”
“Appunto: ci vediamo dopo.” concluse Preston, lasciandola sola con la propria confusione e quell’abito fin troppo raffinato per Colorado Springs.

 

Quando, un’ora dopo, Mary apparve sulle scale di casa, Preston ancora non si era accorto di lei e colse l’opportunità per guardarlo meglio nel suo completo borgogna: era un bell’uomo, in quello, perlomeno, era stata fortunata. Alto e magro, con i capelli ben pettinati all’indietro, faceva la sua figura. Con un sospiro, scese, sorridendo all’espressione imbambolata che le rivolse Preston non appena la vide. “Allora? Come sto?” sorrise, girando su se stessa: per quel vestito, che già parlava da sé, aveva deciso di acconciare i capelli arricciati su una spalla, come al matrimonio ed aveva indossato degli orecchini d’argento che si abbinavano al medaglione che le aveva regalato Preston. Il risultato doveva averlo sconvolto più del dovuto, tuttavia, dal momento che ancora non parlava. “C’è qualcosa che non va? Ti senti male, forse?” rise. “Oh, no: ti stavo solo ammirando. Stai davvero bene.” mormorò questi, ridestandosi e porgendole il braccio. Mary lo accettò di buon grado e lo seguì in banca e poi in una Colorado Springs illuminata da lanterne ricavate da zucche intagliate e festoni con pipistrelli e scheletri.
“A Boston le feste di Halloween non sono così.” considerò Mary, osservando i festoni e le luci attorno ai tavoli ed alla pista da ballo sul prato tra la scuola e la chiesa. “E cosa te ne pare? Quelle del Colorado sono migliori o peggiori?” considerò Preston. “Oh, non saprei: di certo sono più spontanee.” replicò, facendo spallucce e sorridendo prima di immergersi nella calca di gente riunitasi per festeggiare: c’era il reverendo su un palchetto che parlava con Jake, ancorato al braccio di Teresa, Loren che brontolava assieme ad Horace ed al resto dell’orchestrina. Mary non mancò di notare che, al loro passare, venivano rivolte a Preston occhiate ben poco rassicuranti, ma decise di stringergli il braccio e rivolgerli un sorriso prima di trascinarlo, nonostante le sue proteste, al tavolo di Dorothy e Nube che Corre.
“Oh, ma avete deciso di venire, allora!” esclamò la rossa, in un delizioso abito azzurro, alzandosi ed abbracciando Mary. “Non mi sembrava giusto privare Mary dell’opportunità di vedere questa festa solo a causa mia …” annuì Preston, prendendo posto accanto alla moglie. “Avete fatto bene: siamo artefici della nostra felicità.” annuì Nube che Corre, distratto dall’arrivo di Michaela, Sully e dei ragazzi. Mary notò con una punta di sollievo che Andrew raggiunse subito Preston e si sedette accanto a lui con un largo sorriso. “Devo farti i complimenti.” le sussurrò Dorothy mentre Grace iniziava a servire il cibo. “Sei riuscita a smuoverlo … e, come hai detto, è peggio di smuovere il Pike’s Peek.”
“In fondo, credo di doverglielo: come hai detto tu, ci sono uomini ben peggiori.” sorrise Mary, distratta da una considerazione di Colleen su Boston a cui rispose con una battuta che fece ridere tutta la tavolata.
Fu nel bel mezzo della cena che Michaela, con Katie sulle ginocchia, citò il suo progetto dell’ospedale. “Sarebbe davvero bello, utile ed avrei già in mente dove, ma, sfortunatamente, a mancare sono i fondi …” sospirò, sconsolata. “Trovarli potrebbe non essere un gran problema.” intervenne Preston, facendo calare il silenzio sulla tavolata. “Posso concederle un prestito, Michaela, con la promessa che non sarà come l’ultima volta. Sono successe molte cose in passato tra di noi e mi scuso per le mie azioni, ma ora mi ritrovo a far ripartire la banca ed a doverle imprimere un nuovo passo, una nuova linea guida, con tassi d’interesse minori e possibilità di proroghe in caso di mancato pagamento di una rata. Senza contare che, per lei, sono disposto a tenere come garanzia la sua professione, senza richiederne di ulteriori.”
Alle occhiate perplesse di Michaela e Sully, rispose con un rapido: “Naturalmente non dovete darmi subito una risposta, ma mi farebbe piacere avere la possibilità di illustrarvi il prestito in banca, magari nei prossimi giorni, se doveste essere interessati.”
“E cosa dovrebbe farci credere che stavolta sarebbe diverso?” considerò Sully, arricciando il naso. “Sully …” sospirò Michaela. “No, ha ragione, ma dovete considerare che questo accordo è anche nel mio interesse: la banca ha bisogno di ripartire e finanziare il suo ospedale, Michaela, è l’opportunità giusta. Spero vogliate quantomeno considerarla.” concluse Preston. I due si guardarono per un istante prima di annuire. “Verremo sicuramente almeno a sentire cos’ha da dirci.” annuì la dottoressa. “Certo, questo … cambio di passo è inaspettato, Preston.” considerò Grace. “Dovete ringraziare Mary, per questo, non me: non me ne sarei reso conto, senza il suo intervento.” rispose onestamente il banchiere, rivolgendole un breve sorriso. La scrittrice ricambiò, stringendogli brevemente la mano sotto il tavolo.
Ore dopo, alla fine della cena, si aprirono le danze ed il tavolo rimase presto semideserto. Mary venne quasi subito invitata a ballare da Hank e, dopo che Preston le ebbe rivolto un cenno d’assenso, si tuffò in pista, scoprendosi ben presto a ridere su quella musica da sagra assieme ad Hank, che, bisognava ammetterlo, era quantomeno spiritoso, a modo suo.
“Senza nulla togliere alle altre signore, credo che Mary sia la più bella della serata, non è vero, Andrew?” considerò Dorothy, risedutasi a riprendere fiato accanto a Preston ed Andrew, rimasti soli al tavolo mentre Colleen ballava con Brian. “Io non posso esprimermi, sai che per me Colleen è e sarà sempre la più bella ma … beh, Mary è senza dubbio molto bella, sì.” annuì il medico. “Ed è anche diametralmente opposta a ciò che mi aspetterei da te, Preston.”
Il banchiere, con lo sguardo ancora fisso su Hank e Mary che ballavano e ridevano, aggrottò la fronte. “Concordo.” annuì. “Però è simpatica e … beh, ti fa bene: non ti ho mai visto così tranquillo.” concluse il dottor Cook con un sorriso. Preston deglutì, sforzandosi di ricambiare. Per sua fortuna, Colleen tornò in quel mentre a reclamare il marito, sparendo dal suo posto.
“Dovresti chiederle di ballare.” esordì Dorothy dopo un po’, attirando l’occhiata perplessa dell’uomo. “E perché mai? Non mi piace ballare e Mary si sta divertendo con altri.” sbuffò. “Hai davvero così tanta paura di lei?”
“Non ho paura, ma non credo sia giusto imporle la mia presenza, tutto qui.”
“Glielo chiederesti, non la imporresti.”
“Gliel’ho già imposta per troppo tempo.”
“Non credo che lei sia il tipo da lasciarsi imporre facilmente cose che non vorrebbe assolutamente.” sorrise Dorothy, alzandosi per raggiungere Loren in pista.
Preston, rimasto solo con il cane di Sully, sospirò: tutta la città stava ballando e si stava divertendo, tranne lui. Era alle solite, anche se aveva cercato di cambiare. Solo che, stavolta, forse non doveva più essere così …
Al cambio di danza, si alzò e raggiunse Mary. “Posso?” domandò, tendendole la mano. La giovane, con le guance arrossate per il ballo, annuì, contenta, avvicinandosi mentre iniziava un’altra danza. Preston cercò di ignorare la capriola che fece il suo stomaco quando il profumo di Mary l’avvolse e le circondò la vita, concentrandosi, invece, sui suoi occhi ridenti e sul sorriso che sembrava non riuscire a cancellare. “Ti ringrazio per essere venuto: so che non ti piacciono queste feste.” sospirò la scrittrice. “Sono io a doverti ringraziare.” deglutì il banchiere, distogliendo lo sguardo.
Ballarono insieme per il resto della sera, talmente occupati a cercare di non guardarsi direttamente negli occhi da urtare diverse altre coppie e sbagliare continuamente danza.

 

Quando rientrarono alla banca, erano quasi le undici. Dopo i balli non si erano detti nulla ed anche il ritorno a casa era stato intrapreso in religioso silenzio, salvo un breve commento su Sully e sulle sue vesti che sembravano essere sempre le stesse.
Mary, dal canto suo, era stanca come mai lo era stata da quand’era arrivata: i balli, le chiacchiere forse eccessive ed il vino l’avevano stordita. O, forse, era semplicemente più comodo dare la colpa alla serata che alle quattro danze che aveva ballato con Preston …
Lo osservò mentre apriva la porta della banca nella penombra della sera: lo aveva detestato all’inizio, era vero, ma ora non ne era più così sicura. Preston era stato divertente ed aveva sfoggiato il suo solito charme per tutta la cena, salvo poi zittirsi completamente durante il ballo. Dal canto proprio, Mary non aveva osato aprire bocca per timore che se ne andasse. Avrebbe voluto restare lì in eterno, in mezzo a quella gente allegra e sorridente, a volteggiare tra le braccia di Preston, aggrappata saldamente alle sue spalle per timore di scivolare. E, invece, era tutto finito e, dall’indomani, la sua vita sarebbe tornata grigia e scialba.
Il banchiere si scostò per farla entrare e la giovane si avviò con un sospiro, salendo i gradini verso casa. Al primo, però, complice forse la stanchezza e la penombra, inciampò sul vestito e vacillò, frenata subito dalla presa del marito. “Scusa!” esclamò, raddrizzandosi e cercando di ignorare il battito furioso del suo cuore ed il profumo di colonia di Preston, schiarendosi brevemente la voce. “Sono inciampata … che sbadata! Non ne combino una giusta …” mormorò. “Non ti rendi affatto giustizia, allora: da quando sei arrivata, molte cose sono andate nuovamente per il verso giusto.” sorrise lui, osservandola dall’alto della sua statura. Rimasero a guardarsi negli occhi per qualche istante, nocciola nel nocciola, entrambi consci che il silenzio totale della banca e della città forse rotto solo dai loro cuori e dai loro respiri. Ripensandoci, Mary non avrebbe saputo dire chi si fosse mosso per primo: sapeva solo che in un secondo le labbra di Preston furono sulle sue, le sue mani a tenerle la vita e, d’istinto, gli gettò le braccia al collo, desiderando solo che quel momento non finisse mai. Fu solo un istante, naturalmente: si separarono appena si furono resi conto di cosa stessero facendo ed entrambi si schiarirono la voce, nervosi. “Scusami.” disse subito il banchiere. “Scusa, è stato imperdonabile da parte mia …”
“Abbiamo entrambi bevuto troppo.” deglutì Mary. “Credo … credo sia meglio andare a dormire e fare finta che non sia successo.”
“Lo credo anch’io.” confermò lui, facendole cenno di proseguire. La giovane si fiondò immediatamente nelle proprie stanze mormorando un saluto veloce e, una volta chiuse la porta, vi si appoggiò, chiudendo gli occhi. “Ma che diamine mi è saltato in testa: io non lo amo e di certo lui non mi ama! E poi con un damerino del genere … no, assolutamente no: prima o poi ne verrò fuori e tutto questo finirà!” si ripeté mentre si cambiava. Ripeterlo un milione di volte, tuttavia, non riuscì a farle prendere sonno, quella sera.
 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > La signora del West / Vai alla pagina dell'autore: Autumn Wind