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Autore: Zikiki98    27/03/2024    0 recensioni
[Vi consiglio di leggere la prima parte: “The World Of Demons – Il Portale Dei Demoni”, che potete trovare sul mio profilo]
La missione di salvataggio mirata a recuperare Edward si è trasformata in un totale fallimento. Isabella e i Cullen sono ufficialmente prigionieri del Conclave, rinchiusi nelle più profonde e invalicabili segrete di Alicante. La vita della Cacciatrice comincia a riempirsi di ossimori, perdendosi nel limbo di chi non riesce più a riconoscersi: verità e bugie, amore e odio, vita e morte.
Come se non bastasse, eventi inspiegabili e terrificanti sono in continuo aumento. Diversi Nascosti e Cacciatori spariscono, improvvisamente e senza lasciare tracce, fino a che non vengono ritrovati morti ai piedi di qualche albero lungo i sentieri delle foreste o nei cassonetti delle grandi città, in tutto il mondo. Queste morti e queste sparizioni sono causate dai demoni, più forti che mai e pilotati da qualcuno di molto furbo e intelligente, ma chi? E soprattutto, perché?
Davanti a questa emergenza globale, shadowhunters, vampiri, stregoni, licantropi e fate, riusciranno a collaborare, uniti, superando le loro divergenze, per il bene e la sopravvivenza di tutti?
(Per leggere l'introduzione completa, aprite la storia, perché la descrizione intera non mi stava, grazie)
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clan Cullen, Edward Cullen, Emmett Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza | Contesto: Più libri/film, Contesto generale/vago
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THE WORLD OF DEMONS
L'EREDE DELLE TENEBRE

7. Freedom
 
Quello che arrivò subito dopo fu la confusione più totale. Quando sentii le catene spezzarsi dietro la mia schiena mi portai, tremanti, i polsi davanti agli occhi. Le dita, arrossate e sporche, anche di sangue, sembravano prese da degli spasmi, non riuscivo a tenerle ferme. Come dei bracciali, nella parte più sottile delle mie braccia, pendevano le manette che prima erano unite da degli anelli che, ora, essendo stati frantumati, dondolavano verso il basso.
Alzai lo sguardo verso l’Inquisitrice, in modo interrogativo. Ero davvero libera? O era una trappola? Mi stavano mettendo alla prova?
La donna, ancora visibilmente sconvolta, si abbassò e prendendomi bruscamente per un gomito, mi costrinse ad alzarmi in piedi, anche se le mie ginocchia non sembravano reggermi molto bene.
- Vai via da qui – mi intimò, quasi spingendomi giù dal patibolo.
Meccanicamente e anche in modo abbastanza scoordinato, eseguii gli ordini. Improvvisamente, il mio istinto di sopravvivenza si risvegliò dal suo stato di dormiveglia. Nonostante provassi dolore in tutto il corpo, tanto da faticare a pensare, il mio cervello sembrò funzionare comunque, come se fosse disposto di un generatore d’emergenza. Avevo due possibilità, nel caos che si stava innalzando intorno a me a causa di quella situazione.
Guardai in mezzo alla folla, dove si trovavano Mary e i miei fratelli adottivi, che cercavano in tutti i modi di farsi avanti, sgomitando fra le persone, per cercare di raggiungermi. Poi, guardai alla mia destra, dove c’era Sebastian che, probabilmente guardando la mia espressione visibilmente sperduta e torturata, abbassò arco e frecce, in un modo talmente lento da essere quasi rassicurante, senza mai perdere il mio contatto visivo.
Il mio corpo, ferito ed umiliato, scelse per me. Mi trascinai ancora per qualche metro, superando lo sguardo attento e curioso di Magnus Bane e, mentre gli altri Cacciatori che erano arrivati con mio fratello ci circondarono, non sapevo se per lasciarci un po’ di privacy o per proteggerci, mi ritrovai davanti a Sebastian e improvvisamente mi bloccai, come se non sapessi esattamente cosa fare.
Il petto di Seb si alzava e abbassava velocemente e i suoi occhi erano sbarrati, lasciando intendere il dolce mix delle sue emozioni attuali: rabbia, orrore, ma l’apoteosi di quello che vi lessi fu l’amore. Lui non mosse un dito, probabilmente per non rischiare di agire in modo troppo brusco da spaventarmi, essendo visibilmente traumatizzata, sia fisicamente, ma soprattutto mentalmente.
L’amore che provava per me, lo aveva spinto a rischiare tutto e sacrificare la sua vita, come sempre. La realizzazione di quel pensiero per me fu devastante. Anche se aveva sempre dimostrato che io occupavo il primo posto nelle sue priorità, nella sua mente e nel suo cuore, quella situazione, questa missione di salvataggio che aveva intrapreso, così estrema, difficile e suicida, solo per la sottoscritta, quando gli altri miei famigliari si erano limitati, per forza di cose e non gliene facevo una colpa, ad assistere, come per starmi vicino, fu un pugno allo stomaco. Mai più avrei sottovalutato o scavalcato l’amore di mio fratello. Mai più lo avrei fatto sentire abbandonato a sé stesso o secondo. Mai più lo avrei preferito a qualcun altro. In quell’esatto momento, rimirando i suoi meravigliosi occhi smeraldini, lo specchio perfetto di quelli di nostra madre, feci un voto. Sebastian, mio fratello, Parabatai e compagno, sarebbe stato la mia priorità.
Raggiunta questa consapevolezza, presi in mano la situazione percorrendo gli ultimi passi che ci tenevano distanti, con lo stesso equilibrio di un pulcino spennacchiato appena venuto alla luce, e caddi letteralmente fra le sue braccia, che risposero subito al contatto con il mio corpo, stringendomi forte a sé. La mia anima, sentendosi finalmente al sicuro, si lasciò andare in un pianto senza lacrime, contro il suo petto, dove potevo tranquillamente sentire il suo cuore battere all’impazzata.
Un braccio mi circondava le spalle, come per sorreggermi, mentre l’altro mi avvolgeva la testa, accarezzandomi i capelli annodati, come per farmi da scudo, anzi, farci da scudo, perché subito dopo il suo viso si abbassò e si nascose nell’incavo del mio collo.
- Ci sono io ora – sussurrò con serietà e convinzione – Nessuno ti toccherà più -.
- S-Seb – mormorai, in preda ai singhiozzi – M-Mi dispiace -.
- Devi scusarti solamente di aver rischiato di lasciarmi per sempre – rispose in tono sommesso – Non hai nessuna colpa, nessuna… Sei tutta la mia vita – dichiarò, stringendomi ancora più forte al suo petto, se possibile.
Mi abbandonai totalmente al suo tocco, al suo calore, al suo amore. Mi sentivo finalmente al sicuro, e anche nel caos che gravitava intorno a me, intorno a noi, potevo dire con certezza di essere salva.
Il popolo che ci circondava, che palesemente non aveva gradito l’esito inaspettato di quel processo, urlava scontento per non avermi tagliato la testa. Sentivo l’Inquisitrice tentare di tenere sotto controllo la situazione, con l’aiuto delle guardie e di Magnus Bane che, nel frattempo, cercava di ottenere un colloquio privato con Imogene.
Cominciai a percepire l’adrenalina, che mi aveva tenuta in piedi fino a quel momento, scemare e le ultime energie che possedevo, scivolarmi via dalle mani.
- Allontaniamoci da qui – fu l’ultima cosa che riuscii a sentire, prima di perdere i sensi e abbandonarmi alle braccia del mio salvatore.
_
- Ha perso conoscenza da sei ore – disse qualcuno di cui inizialmente non riconobbi la voce.
No, non svegliatemi, pensai. Questo sogno è troppo bello, lasciatemi dormire.
Sebastian mi stava salvando la vita ed ero fra le sue braccia. Ormai, sono al sicuro, non svegliatemi.
Mi sussurrava parole dolci e sincere, piene di amore, mi rassicurava. Non svegliatemi.
“Si sveglierà” rispose una voce autorevole, quasi metallica “Il suo corpo ha dovuto sopportare tanto, la sua mente ha bisogno di riposo”.
No, non voglio. Lasciatemi stare. Non toccatemi.
- E se non dovesse riuscirci? – chiese, terribilmente in pena, una voce femminile stavolta.
Bisogna essere pazienti” rispose in modo atono, l’altro.
Capii di trovarmi su un letto, riflessione decisamente poco scontata considerando la location degli ultimi giorni. Il materasso doveva essere vecchio e strausato, ma le lenzuola che lo ricoprivano e mi avvolgevano erano pulite e di buona qualità: si percepiva dal profumo di fiori che emanavano e la freschezza che sentivo sotto le mani che le impugnavano. Avevo comunque fatto un salto di qualità.
Sentii il materasso piegarsi alla mia sinistra, sotto il peso di qualcuno che non ero io. Delle dita molto delicate mi sfiorarono il viso, la spalla, lungo il braccio fino a raggiungere la mia mano, per liberarla dalle lenzuola e stringersela a sé.
A quel punto, decisi che non avrei più avuto modo di sognare. Con calma, aprii le palpebre e decisi di affrontare la realtà.
Alla mia destra, su un comodino, la luce delle candele attirò la mia attenzione e il fatto che fuori dalle finestre, ormai, ci fosse quasi buio, mi fece capire che il sole a Idris era già tramontato da un po’. Era inverno inoltrato, perciò mi risultò abbastanza normale. Il soffitto, alto e possente, dello stanzone enorme in cui mi trovavo era decorato da immagini celestiali di angeli bellissimi e paffutelli, dagli occhi chiari e i capelli dorati come corone preziose. Quegli affreschi erano estremamente antichi, ma tenuti decisamente in buono stato. Un sacco di letti uguali al mio riempivano la stanza, ma fortunatamente la maggior parte erano vuoti. Così, mi resi conto, di essere in infermeria. Nell’infermeria della prigione, certo, ma non ero morta e tantomeno ritornata dietro le sbarre. Ciò significava solamente una cosa: quello che credevo fosse stato un sogno, in realtà, non lo era. Era successo realmente. Quindi… ero salva.
Le persone attorno a me, una volta che videro le mie palpebre aperte, mi diedero il tempo di adattarmi alla situazione, senza asfissiarmi o mettermi pressione, come se aspettassero di sentirmi pronunciare qualche parola prima di inondarmi di domande.
Il primo che notai fu Stephan, seduto accanto a me. Era lui che aveva accolto la mia mano fra le sue. Il suo sguardo era indecifrabile, una maschera di mille emozioni che non sapevano in che ordine mostrarsi. Esattamente dietro di lui, con apprensione, si trovavano Will e George mentre Mary era posizionata ai piedi del letto, con le mani che le coprivano un viso dilaniato dal dolore. Anche fratello Geremia era lì, alla mia destra, e probabilmente, a modo suo, si era occupato di me tutto il tempo.
Prima di parlare, passai nuovamente lo sguardo su tutti loro, con un’intensità e allo stesso tempo una stanchezza che sembravano impossibili da conciliare.
- Dov’è mio fratello? – sussurrai piano, cercando di non sforzare troppo la voce.
Mi resi conto che quella domanda, posta in quel modo, avrebbe potuto essere mal interpretata. Forse, l’avevo proprio studiata in quel modo di proposito, anche se non ci avevo pensato troppo. Però era stato inevitabile. Molte cose erano cambiate da quel giorno e non sarebbero più tornate quelle di prima.
Stephan decise di smascherare la sua prima emozione, il dolore. Lo lessi nei suoi occhi, come se avessi appena preso uno stiletto e glielo avessi piantato nel cuore, girandolo e rigirandoglielo nel petto senza sosta. Abbassò lo sguardo, si alzò dal letto, ritirando le sue mani dalla mia e si allontanò, posizionandosi accanto a Will e George che lo guardarono pieni di confusione.
Fu Mary a rispondermi, senza accorgersi realmente della scenetta che le era appena capitata sotto gli occhi.
- Sebastian, insieme a Magnus Bane, sta avendo un colloquio a porte chiuse insieme all’Inquisitrice Herondale – singhiozzò lei, tirando fuori dalla tasca della giacca che indossava un fazzoletto di stoffa per soffiarcisi il naso, cercando di calmarsi – Non ho capito molto bene, ma c’è una questione di guerra molto importante di cui discutere -.
- Di guerra? – domandai io, sgranando gli occhi, muovendomi irrequieta nel letto.
La mano di fratello Geremia si appoggiò sulla mia spalla, come ad intimarmi di non muovermi troppo e di fare attenzione.
“Non preoccupiamoci di questo adesso” mi parlò con una calma quasi snervante nella mente “Pensa a riprenderti”.
Improvvisamente, come se mi avessero dato uno schiaffo in faccia, mi tornò in mente un pensiero. Loro, dov’erano?
Immediatamente, mi sentii in colpa. Tutta la situazione che si era innescata, banalmente, me ne fece dimenticare al mio risveglio. Chissà come stavano. Erano ancora imprigionati?
Andai visibilmente nel panico, come se avessi scordato una candela accesa in un fienile, sotto gli occhi confusi e preoccupati dei presenti, ma solo fratello Geremia sembrò centrare il segno dei miei pensieri.
“Stanno bene” mi riferì e, a giudicare dagli sguardi confusi intorno a me, probabilmente mi stava parlando in privato di nuovo “Sono stati liberati, dopo quello che è successo. Prima di essere stati rimandati a casa hanno avuto un incontro con l’Inquisitrice. Volevano vederti, ma sono stati costretti a lasciare Idris”.
Me lo disse come se non ci fossero state difficoltà o intralci nel mezzo, ma dubitavo che ai Cullen andasse bene una simile imposizione, soprattutto ad Edward e ad Emmett. Ormai, avevo imparato a conoscerli, almeno un pochino. Ma sapevano bene, come lo sapevo io, che non avevano avuto altra scelta che eseguire gli ordini.
Avrei tanto voluto abbracciarli, tutti. Condividere un’esperienza del genere con delle persone ti rende inevitabilmente ancora più legato ad esse. Il fatto che mi fosse stata tolta questa possibilità mi fece soffrire, ma cercai di non darla a vedere, soprattutto davanti ai miei famigliari… o ex famigliari. Non avevo ancora capito come pormi con loro. Di una cosa ero assolutamente certa: Jonathan non era presente e questo significava che non era assolutamente pentito delle sue azioni.
Probabilmente, Mary, William, George e Stephan avevano disubbidito ad un suo ordine per entrare a Idris e essere presenti al mio processo. Questo lo apprezzavo, nonostante non avrei mai voluto che si sottoponessero ad uno stress del genere, però, in qualche modo, significava che mi amavano davvero.
Eppure, cominciai a pensare. Una volta che avrei avuto anche io il permesso di lasciare Idris in totale sicurezza e autonomia, dove sarei andata? Dove avrei vissuto?
Per quanto le persone qui presenti volessero amarmi e proteggermi come avevano sempre fatto, non potevo permettermi di tornare in quella casa insieme a Jonathan. Era fuori discussione.
Pensai che, probabilmente, anche Sebastian era nella stessa situazione e che forse saremmo riusciti a trovare una soluzione insieme. Ci sperai davvero, con tutto il mio cuore. Sempre che il Conclave avesse acconsentito a mantenere la mia missione di ruolo a Forks, nonostante tutto.
- Devono essere stati giorni terribili per te – constatò Mary, con gli occhi lucidi.
Sospirai, facendo fatica a vederla con quello sguardo così sofferente. Ero certa che stesse morendo dentro dai sensi di colpa e, la parte più razionale di me sapeva che lei era una vittima tanto quanto i suoi figli e, di conseguenza non aveva colpe. D’altra parte, l’atteggiamento di Jonathan doveva essere fermato e mi rifiutavo di pensare che in questi anni lei non si fosse accorta di nulla, anche per la sicurezza dei suoi stessi figli. Inoltre, mi sentivo ancora presa in giro da lei. Sapeva che non ero figlia di Charlie Swan, l’uomo che per anni avevo creduto mio padre, l’uomo del quale avevo pianto la scomparsa, l’uomo del quale avevo sentito la mancanza, l’uomo di cui portavo un cognome che non mi apparteneva, sentendomi parte di qualcosa che non mi riguardava. Ero cresciuta con un’identità falsa credendola mia e ora, io, chi diavolo ero?!
Ero sicura di poterle perdonare tantissime cose, soprattutto quelle legate all’influenza opprimente di Jonathan, ma non questa. Una cosa simile non l’avrei potuta perdonare a nessuno.
- Sì, beh… Ne ho avuti di migliori come ne ho avuti di peggiori – risposi vagamente, mettendomi con calma seduta sul letto.
Sul comodino alla mia destra, oltre alle candele, notai un bicchiere di vetro pieno di liquido trasparente, che pensai fosse acqua, accanto ad una ciotola fumante di un brodo non identificato, che emanava un ottimo profumo. O forse, stavo solamente morendo di fame.
- In questi giorni, in tua assenza – cominciò a parlare Will – Le persone a Forks facevano domande. Tu ed i Cullen eravate spariti nel nulla. Abbiamo dovuto cercare di mantenere il più possibile la normalità, più che altro, per i Mondani che ci circondano. Perciò, spesso, per sicurezza ho accompagnato Stephan a scuola. Vorrei solamente avvisarti però che c’è una ragazza, Angela, che è parecchio arrabbiata con te – ammise, con un sorriso tenero, come per tentare di spostare il discorso su argomenti più tranquilli – Anzi, nel caso ti avessi vista, mi ha detto di dirti di essere letteralmente furiosa nei tuoi riguardi e che dovrai farti perdonare con delle scuse plateali – gli scappò una risata – Inoltre, penso che mi trovi molto bello! -.
- Oh, smettila di fare l’idiota – alzò gli occhi al cielo George, già stufo di starlo a sentire mentre si vantava di aver fatto colpo su una Mondana.
- Come sta lei? Cosa le avete detto su di me? -.
Stavolta, Stephan decise di parlare – Sta bene, a scuola la sua… “situazione”, sembra andare meglio, anche se non ci sei tu a proteggerla. Le abbiamo detto che saresti mancata qualche settimana a causa di alcuni documenti mancanti dal tuo trasferimento dall’Europa all’America, come se ci fosse stato qualche disguido. Sono passate circa due settimane dall’inizio di questo casino… - mormorò, sovrappensiero – Quindi siamo nei tempi e si può dire che se la siano bevuta tutti. Poi è sparita l’intera famiglia Cullen in massa e diciamo che questo ha attirato di più l’attenzione degli studenti in generale -.
Faticavo a credere che fossero passate davvero solamente due settimane da quell’inferno. Per me, era impensabile. Mi sembrava di essere in quella situazione da almeno un mese e invece non era così. Lo scorrere del tempo era una cosa che mi aveva sempre affascinata e spaventata allo stesso tempo. Scorreva veloce e delicato nei momenti di gioia, invece lento e dannato nei periodi di dolore. Eppure, secondi, minuti e ore erano scanditi sempre allo stesso modo.
- Potrei restare da solo con mia sorella? – la voce improvvisa e sicura di Sebastian interruppe il corso dei miei pensieri.
Era appena entrato in infermeria, bello come il sole, con lo sguardo fiero e la postura dritta, mentre ancora indossava la tenuta da combattimento, probabilmente perché qui non possedeva altro.
Mary e gli altri miei fratelli lo guardarono per qualche secondo prima di annuire, salutarmi con diverse carezze e uscire da quell’enorme stanza, seguiti da fratello Geremia.
Seb si avvicinò lentamente al mio letto mentre il mio cuore esplodeva nel petto ad ogni suo passo nella mia direzione. Una volta che fu abbastanza vicino, gli feci spazio come per invitarlo ad accomodarsi accanto a me. Senza rifletterci troppo, accolse il mio invito: mi passò un braccio muscoloso intorno alle spalle e fece in modo che appoggiassi il viso sul suo petto, come per ascoltare la musica che creava il battito del suo cuore. Le sue gambe erano incrociate sul letto e, nonostante indossasse ancora gli stivali, decisi di non farglielo notare. Erano successe troppe cose in quei giorni per soffermarsi su banalità simili. Volevo solamente godermi quel momento, godermi lui.
Come se avesse percepito la mia richiesta silenziosa, mi persi nelle sue coccole e attenzioni. Non avevo più intenzione di lasciarlo andare.
- Mi sei mancato – sussurrai, con tono sommesso – Tu non ne hai idea, per L’Angelo Raziel, di quanto mi sei mancato -.
- Lo so molto bene, invece – mi assicurò, posandomi le labbra morbide, ma leggermente screpolate, sulla fronte – Perché sono stato vittima della tua stessa agonia, aggiunta al terrore di non riuscire a trovare un modo per raggiungerti e salvarti in tempo -.
- Ci sei riuscito – lo rassicurai, stringendolo più forte a me – Ci riesci sempre -.
- È la mia missione prioritaria in questo mondo, quella che prendo con più serietà -.
Lo sapevo benissimo, ma quella frase mi scosse talmente tanto da farmi commuovere.
Per diverso tempo restammo in compagnia del nostro silenzio, accoccolati l’uno nelle braccia dell’altro. Avevo molto domande da fargli, ma quello che mi importava di più in quel momento era completare il vuoto insopportabile che avevo sentito dentro per tutti quei giorni.
Mi rilassai totalmente al tocco delle sue mani e ai respiri cadenzati che gli facevano abbassare e alzare il torace in modo lento e rilassante. Finalmente, potevo dire di essere nel posto più sicuro per me, con le sue braccia a farmi da scudo dai pericoli del mondo. Ero serena come non ero mai stata, dopo la tempesta di quegli ultimi giorni, tant’è che percepii i miei occhi appesantirsi e tentare di chiudersi. Finché, ad un certo punto, sentii la sua irrequietezza che mi fece ridestare: aveva infilato la mano in tasca, come se stesse cercando qualcosa.
- Ho visto i vampiri con cui hai fatto “amicizia” – mi informò cercando di trattenere una smorfia - Qualche ora fa, prima che venissero cacciati nel portale -.
Rischiai di tirarmi su dal letto di scatto, se la sua mano non fosse stata più veloce nel prendermi per il polso e rimettermi giù, accanto a lui.
Li aveva visti.
- Come stanno? – chiesi freneticamente, pretendendo più informazioni possibili a riguardo – C’erano tutti? Sono vivi? Gli hanno fatto del male? -.
- Calmati, stanno tutti bene – mi rassicurò, ma senza preoccuparsi di nascondermi la punta di fastidio che provava – Sono immortali, cosa vuoi che gli succeda? -.
- Immortali non significa invincibili – ribattei con sicurezza.
Lo vidi alzare gli occhi al cielo con noncuranza, finché finalmente non estrasse quello che aveva nascosto nella tasca. Era il ciondolo di famiglia che Mary mi aveva regalato e che avevo perduto durante lo scontro con i licantropi.
- Dove lo hai trovato? – gli chiesi, sfiorando la pietra bluastra, gelida e liscia della collana.
- Me lo ha restituito uno di loro – rispose pensieroso – Il vampiro alto con i capelli rossicci -.
- Edward… - sospirai con dolcezza, senza riuscire a trattenermi, neanche davanti a mio fratello.
Sebastian si irrigidì, ma non sembrava arrabbiato. Probabilmente, dopo tutto quello che era successo, faticava a comprendere a pieno la situazione. Dopo il modo in cui eravamo stati addestrati e quello che ci era stato insegnato, certamente non poteva cambiare il suo modo di pensare in così poco tempo. Potevo forse biasimarlo?
- Inoltre, credo di aver capito chi è – confessò a voce bassa, per evitare che qualcuno ci sentisse, ma senza ulteriori giri di parole – L’ho riconosciuto. Ricordo perfettamente di averlo visto diverse volte da bambino… anche se ora, naturalmente, esteticamente è un po’ diverso -.
- Di chi parli? – domandai stupidamente, forse perché non ero ancora riuscita ad entrare nell’ottica delle mie origini.
Entrambi avevamo fisso lo sguardo sulla pietra blu fra le nostre mani, come se avessimo paura di guardarci direttamente negli occhi. Oggettivamente, quello che stavamo intraprendendo era un argomento scomodo, più che per me, per Sebastian. Io con il tempo avrei anche potuto accettarlo, o perlomeno provare a capire cos’era accaduto, ma lui? Non era tenuto a fare niente di tutto ciò, non quanto me.
- Di tuo… padre – sputò con difficoltà quella parola dalla bocca – Insomma, vi somigliate -.
Avrei potuto rispondere qualsiasi cosa alla sua affermazione, eppure, non sapevo cosa dire. Il fatto che Sebastian, avesse dei ricordi di lui, quando io non ne avevo nessuno, mi destabilizzava. In più, come se ciò non bastasse, aveva notato una certa somiglianza fra me ed Emmett. Ovviamente, se tutto ciò corrispondeva alla verità, e probabilmente era così, era altrettanto inevitabile che io ed Emmett ci assomigliassimo. Solamente, non avrei mai pensato che mio fratello se la sentisse di parlarne così apertamente con me.
Stavo cercando delle parole, le più adatte che mi venissero in mente, per rispondergli, quando ad un certo punto, sentii dei passi avvicinarsi dal corridoio dell’infermeria. Sull’ingresso di palesarono due guardie del Conclave. Non appena le riconobbi, con il groppo in gola, mi aggrappai più forte che potei al corpo di mio fratello, che in tutta risposta, mi strinse protettivo a sé.
Ma le guardie non si avvicinarono, anzi, restarono a debita distanza.
- Isabella Marie Durwood, sei pregata di raggiungere la sala principale del Consiglio – parlò uno dei due – L’Inquisitrice Herondale la vuole incontrare per un colloquio privato -.
 
 

 
Salve! Come state? Spero bene.
Eccoci qua con questo nuovo capitolo.
Se vi è piaciuto, lasciate una stellina e un commento.
Mi interessa tantissimo avere i vostri pareri.
Besos :-*
 
Zikiki98
 
Instagram: _.sunnyellow._
  
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