Con la mente libera da tali veleni, la ragazza si godette pienamente quell’improvvisa e inconsueta spruzzata di candido manto bianco, giocandoci, lanciandoselo addosso e costruendo improbabili pupazzi di neve, magari con il corpo più piccolo della testa, o con un sorriso stentato, o magari senza cappello… ma a lei non importava, perché stava incredibilmente bene in quel momento, senza timore, pressioni, paure, preoccupazioni. Si sentiva incredibilmente viva, attiva, giocosa, senza freni ne inibizioni.
E probabilmente era così che doveva sentirsi una strana ragazza che si trovava di fronte a lei, che, chissà perché, attirò immediatamente l’attenzione di Federica.
Il suo nome, in quel momento ancora sconosciuto, sarebbe diventato ben presto fin troppo familiare. Perché era il nome del suo più grande amore, nonché della sua più grande condanna.