Ciao a tutti!!!! Mmmm che dire…non sono un asso nelle presentazioni ma
visto che questa è la prima storia che pubblico penso
che qualche riga sia d’obbligo!!!! J
Sono Teresa e adoro The Mentalist….ho visto tutta la prima serie e non vedo l’ora
arrivi anche la seconda.
Sono una fan sfegatata
della coppia Jisbon (Jane e Lisbon)…secondo me sono fatti per stare insiemeeeee!!!
Quindi in questa mia fan fiction aspettatevi qualche risvolto in proposito!!! Hihihi XD
Avendo già visto tutta
la prima serie, nel corso della storia potrei citare qualche spoiler, in
particolar modo riguardo la vita privata dei
personaggi. Perciò per chi non l’ha ancora vista e non ha intenzione di
rovinarsi la sorpresa gli consiglio di leggerla più
avanti. (Però
ritornate mi raccomando J).
Che altro dire…spero apprezzerete questa mia creazione…per ora pubblico
solo il prologo, così se c’è qualcosa che non va potete dirmelo fin da subito e
cercherò in tutti i modi di migliorare.^^
Mi auguro di leggere molti
commenti…perché, penso lo sappiate meglio di me, sono soprattutto quelli a dare
l’inventiva necessaria per continuare la storia!!!!!!
Ok la smetto di stressarvi
e vi lascio leggere.
Un bacione
T.L
Quando le sobrie
e usuali scarpe nere del capo della squadra investigativa del CBI, Teresa
Lisbon, si posarono all’interno dell’ufficio, le
lancette avevano oltrepassato già da un
pezzo il numero dieci dell’orologio, posto in bella vista nel muro principale
della sala.
Com’era potuto
succedere? Lei era sempre attenta,
precisa; tutto era sempre sotto il suo attento controllo.
Da quando aveva
assunto il comando della squadra si era ripromessa che
avrebbe sempre dato il buon esempio, anche a costo di infuriarsi con se stessa.
Non a caso, a
contendersi il podio delle tre cose che Lisbon non tollerava
in una persona vi era proprio l’arroganza e il ritardo, il non rispettare un
certo orario, era…era frustrante e irritante.
Non sopportava
dover aspettare qualcuno che probabilmente aveva preferito dedicarsi a
dell’altro invece di preoccuparsi di venire da lei;
che fosse lavoro o vita privata…non faceva differenza.
Per questo se la
prendeva con Jane, lui sembrava proprio quel genere di uomo
che arrivava tardi agli appuntamenti, non solo lavorativi. Non che conoscesse le sue abitudini al di fuori dell’ufficio,
certo…ma…ma di solito una persona trasferiva i propri difetti personali anche
nel contesto lavorativo. Lo faceva anche lei dopotutto…
Ad ogni modo,
stava di fatto che quella mattina era arrivata lei in ritardo, e la cosa
probabilmente era ancor più irritante se a farlo fosse stato qualcun altro.
Con il suo
consueto passo deciso, leggermente contrastante con la sua figura minuta,
Teresa si avvicinò alle scrivanie poste in fondo alla sala, dove naturalmente i
suoi colleghi stavano già lavorando a qualche caso assegnato dal “boss”.
Van Pelt,
impegnata a leggere qualcosa sul suo fedele computer portatile, alzò lo sguardo
dallo schermo non appena la vide arrivare, porgendole uno dei suoi consueti
sguardi comprensivi. Come due donne riuscissero ad
essere così diverse alle volte risultava incomprensibile.
“Buongiorno…”
disse dolcemente la giovane agente dai capelli rossi, spostando per una
frazione di secondo lo sguardo su Wayne Rigsby, la cui mancanza di tatto era
decisamente conosciuta all’interno della squadra.
Infatti l’agente non
perse tempo, sorridendo divertito nel notare lo sguardo leggermente stravolto
del capitano.
“Salve…” disse sarcastico, non osando dire nulla
di più, nonostante dentro di lui si fossero già formate una serie di battute
ironiche riguardanti il ritardo di Lisbon; ma dopotutto ci teneva fin troppo al
suo distintivo e incorrere nella furia del capo non sarebbe stata di certo la
cosa più furba da fare.
Dal canto suo, il terzo componente della
squadra, l’agente Kimball Cho, non sembrava essere particolarmente interessato all’arrivo
di Lisbon, rimanendo del tutto concentrato sulla documentazione sparsa sopra la
scrivania. “Buongiorno capo!”
Dopo aver emesso un veloce – Buongiorno -, Teresa si diresse spedita
verso il suo ufficio, chiudendo bruscamente la porta alle sue spalle.
Poco prima, mentre stava
percorrendo la sala della centrale, la donna dai capelli scuri non riuscì a
fare meno di gettare una veloce occhiata sul divano in pelle marrone situato a
pochi meri dal suo ufficio. Solitamente lo trovava sempre disteso lì, intento a
sonnecchiare o a perdersi in uno dei suoi contorti e inimmaginabili pensieri.
Quella mattina, però non c’era traccia di Jane e l’unica parola che si formò
nella sua testa a quel pensiero fu “Per fortuna”.
Sicuramente se l’avesse vista arrivare a lavoro con qualche ora di
ritardo non si sarebbe di certo fatto sfuggire la
possibilità di deriderla, usando quel episodio in futuro per metterla alle
strette.
Come avrebbe potuto giudicare i suoi futuri ritardi se anche lei si era dimostrata non esserne da meno??
Bè…ora comunque non aveva più importanza. Lui
non c’era, non poteva torturarla con le sue sottili ed azzeccate frecciate da
“sensitivo” e, in particolar modo, non l’aveva vista entrare con l’aria di chi
non aveva chiuso occhio per tutta la notte .
Già…una notte orribile…
Stancamente si sedette sulla poltrona davanti alla scrivania, coprendosi
il viso con le mani bianche come la neve. Era esausta,
quella giornata doveva finire alla svelta, altrimenti i suoi nervi non
avrebbero retto, ne era certa.
Tenendo una mano sulla fronte, Lisbon posò distrattamente lo sguardo
sullo schermo spento del computer davanti a lei, notando nel giro di qualche
istante una macchia decisamente ben visibile sul
colletto della maglia beige che indossava.
Com’era possibile, si era spanta addosso il caffé
la sera prima, come poteva essersi macchiata anche quella…stamattina dalla
fretta non aveva nemmeno fatto colazione perciò…
“Maledizione…” esclamò
seccata, interrompendo bruscamente il suo ragionamento.
“Mmmm la stessa maglia del giorno prima…per di più macchiata…di caffé se
non sbaglio!”
La voce che improvvisamente fece il suo ingresso nell’ufficio
fu riconoscibile in una sola frazione di secondo. In fin dei conti una sola
persona poteva avere un tono così solare e, al contempo sicuro di se, già dalle
prime ore del mattino. Una voce che sembrava saper tutto su chi aveva davanti
e, con ogni probabilità, la sensazione non doveva discostarsi più di tanto
dalla realtà.
L’uomo dai biondi capelli ricci se ne stava sul ciglio della porta, con
solo la testa all’interno della stanza della donna; come se, in cuor suo, sapesse bene quanto rischiasse la vita in quel momento.
Non capitava tutti i giorni arrivare a lavoro prima
della puntualissima Teresa Lisbon; perciò, come farsi sfuggire una simile
occasione?! Poterla guardare con un sorriso leggermente soddisfatto e
divertito.
Semplice….era impossibile.
“Che c’è Jane..?!” chiese Lisbon, cercando di
coprire la macchia sul colletto con il braccio sottile, puntando i suoi
indimenticabili occhi vedi sull’atletica figura del consulente della squadra.
“Bè…” iniziò l’uomo entrando nella stanza, mostrando un contenitore in plastica da caffé come biglietto da visita “…ho pensato
che un caffé poteva fare al caso tuo! Visto che sono le dieci passate…”
aggiunse, posando il bicchiere in plastica davanti a
Lisbon, il cui volto faceva chiaramente trasparire la seccatura per quella sua
prima “frecciata mattutina”.
“Jane…” iniziò Teresa, avvicinando alla scrivania la sedia scorrevole su
cui era seduta.
“Oh tranquilla Lisbon…può capitare a tutti di arrivare tardi a lavoro. Di
solito succede se si rientra tardi o se si sta male o…se si ha qualche ospite!”
esclamò sottolineando divertito l’ultima parola “…ma
nel tuo caso sembra che il letto non sia stato neanche sfiorato!”
“Ah sì? E quale parte del mio corpo te lo sta
involontariamente svelando?...sempre ammettendo che tu abbia ragione!”
puntualizzò con il suo consueto scetticismo.
“Bè…indossi la maglia del giorno prima…. Probabilmente non hai chiuso
occhio per tutta la notte, addormentandoti solo quando
eri esausta sulla poltrona di casa tua…abbastanza lontana dalla sveglia da non
riuscire a sentirla. Così quando hai aperto gli occhi e ti sei accorta dell’ora ti sei precipitata in ufficio…dimenticandoti di…”
“Ok…” lo interruppe brusca Lisbon, sistemandosi nervosamente i capelli
mossi, i quali le cadevano un po’ più giù delle spalle “…che c’è?”
“Ti ho portato il caffè!” le disse, porgendole
uno dei suoi affascinanti sorrisi.
“Jane..”
“Oh ma non l’ho mica fatto io!” la interruppe Patrick sedendosi sul
divanetto poco distante dalla porta “…sono andato a prenderlo al Cafè qui
vicino…se non sbaglio ti piace particolarmente!”
“….non ho mai detto che mi piace
particolarmente…”
“Vero!...ma ogni volta che ci fermiamo a
lavorare fino a tardi e Van Pelt lo va a prendere poi sembri molto
più…contenta”
“Non è affatto vero…non sembro contenta solo
perché bevo un caffé acquistato al Bar in strada…” replicò leggermente
risentita, più per il tentativo di Jane di continuare a voler leggere il suo
comportamento che sulla veridicità dei suoi gusti in fatto di caffé.
“Si invece…infatti appena lo assaggi subito dopo
ti si fa quella leggera fossetta sulla guancia destra, tra il naso e la bocca…”
cominciò a spiegarle, indicando il punto esatto in cui le si creava quella
caratteristica del suo sorriso “..che devo dire ti da un tocco di classe!”
Per qualche istante Lisbon non seppe cosa dire, temendo di arrossire com’era già capitato ogni qual volta Patrick estraesse uno di
quei suoi commenti fuori luogo.
Non sapeva ancora come ci riuscisse, ma da quando quell’uomo
era entrato a far parte del CBI il suo umore era decisamente
cambiato e anche la sua reazione a determinati…commenti, se così li si voleva
chiamare, era diversa.
–diavolo Lisbon…- pensò nervosamente la mora.
Patrick rimase seduto sul divano, intento ad osservare con i suoi
splendidi occhi chiari qualsiasi movimento della donna di fronte a lui, senza
sciogliere per un solo istante quel sorriso spontaneo, in grado di affascinare
qualunque donna degli Stati Uniti, e non solo.
“Ok…grazie…” disse flebilmente Lisbon, abbassando lo sguardo, per poi
afferrare il caffé che Jane gli aveva portato.
“Di niente…” le rispose sicuro e divertito, continuando a guardarla
mentre sorseggiava il caffé ancora fumante, soddisfatto nel notare quella
fossetta così…così singolare, così caratteristica.
“Lisbon nel
mio ufficio!” tuonò improvvisamente una voce maschile, in direzione della porta
dell’ufficio.
Chi poteva essere se non Minelli, il grande capo
di Lisbon. Non era un uomo cattivo o troppo pretenzioso, ma il suo umore, la
maggior parte delle volte, invadeva gran parte
dell’ufficio, influenzando inevitabilmente quello dei suoi sottoposti.
Subito dopo aver convocato Lisbon, Minelli sparì, con la stessa velocità
con cui si era presentato, facendo sbattere la porta dell’ufficio,
interrompendo così in maniera del tutto definitiva quello
strana atmosfera che sembrava essersi creata tra i due colleghi.
Dopotutto era tipico del grande capo entrare in
quel modo; il più delle volte per riprendere Lisbon su qualche comportamento
tenuto dai suoi componenti della squadra. Un componente
in particolare.
Velocemente Teresa si alzò dalla sedia, dirigendosi verso la porta del
suo ufficio, seguita a ruota da Jane
“Ah…grazie…lo stesso” disse la donna fermandosi nella soglia, porgendo
nuovamente il caffé a Jane.
“…te lo tengo da parte…” le rispose l’uomo continuando a sorriderle.
La donna sorrise a sua volta, facendo comparire
nuovamente quella lieve ruga d’espressione ai lati della bocca, per poi
avviarsi verso l’ufficio del suo capo, ancora
leggermente stordita dalla mancanza di sonno. E non solo..
Con l’aria leggermente più allegra rispetto a poco prima, Jane si andò a
sedere sul suo amatissimo divano in pelle marrone,
posando il caffé sul tavolino in vetro a pochi centimetri da lui.
“Porti il caffé al capo?...si direbbe un
comportamento da raccomandati!” esclamò improvvisamente Rigsby, seduto alla sua
scrivania.
Alle volte non si capiva se le affermazioni di Wayne fossero
semplicemente sarcastiche o con un sottile strato di serietà e irritazione. Non
che Rigsby nutrisse un qualche interesse per Lisbon, di quello Jane ne era assolutamente certo visto che ogni piccolo centimetro
del suo corpo diceva chiaramente “voglio fare sesso con Van Pelt”. Ma chissà…forse quelle erano congetture fatte da Cho e poi
riportate da Rigsby. O forse Rigsby era semplicemente
privo di tatto. E la seconda opzione sembrava
decisamente più accreditata.
“Volevi che lo portassi anche a te?!” chiese
ironico Jane, sdraiandosi completamente sul divano, portando le braccia dietro
la testa.
“Sì, non mi dispiacerebbe!”
“Comunque il caffé te lo sei riportato
indietro…ergo non l’ha accettato!” intervenne Cho, nascondendo un sorriso
sornione, avvicinandosi verso il divano su cui era sdraiato il collega.
“Sbagliato Cho!”
“Non credo proprio!” incalzò l’orientale.
“Dieci dollari che quando arriva mi chiede dov’è il suo caffé!” lo esortò
a scommettere il biondo.
“Ok ci sto!”
Dal canto suo, la bella Grace, la quale portava rigorosamente i suoi
lunghi capelli rossi raccolti in una coda, era intenta a scrivere un resoconto
a computer, lanciando regolarmente occhiate leggermente irritate verso i suoi
colleghi. Come si poteva scommettere su ogni cosa non
riusciva proprio a capirlo.
E poi…Cho e
Rigsby non avevano ancora capito che Jane ci azzeccava sempre? Stavano
diventando la sua riserva di dollari personale e loro nemmeno se ne erano accorti.
“Io oggi non tirerei troppo la corda con Lisbon se fossi in voi!” esclamò
improvvisamente la rossa, staccandosi finalmente dallo schermo davanti a lei.
“Ah sì, e perché?!” le chiese Rigsby, cercando
di ignorare i primi chiari segnali di appetito mattutini che provenivano dal
suo stomaco.
“Perché è arrivata tardi?!” tentò Cho, posando
lo sguardo su Van Pelt.
“Già…mi sa che è la prima volta che la vedo arrivare tardi…che abbia una
qualche relazione?!” tentò a sua volta Wayne
sorridendo.
“No affatto!” esclamò improvvisamente Jane, quasi senza riuscire a
controllare la sua voce. Chissà perché aveva risposto in maniera così…così
decisa, per giunta ad una domanda che non lo riguardava
affatto. Dopotutto Teresa era una bella donna, e solo un idiota avrebbe potuto affermare il contrario.
Ma stava di fatto che quella mattina non era arrivata tardi per una
qualche notte di fuoco; al contrario, doveva essere stata proprio la solitudine
a non farla dormire, e la maglia del giorno prima, per giunta macchiata, abbinata
a delle profonde occhiaie ne erano una prova
schiacciante.
Fin da subito aveva notato i suoi occhi chiari fin troppo lucidi e il
volto tirato, e la cosa lo aveva fatto sentire così…così strano. Come se un qualcosa dentro di lui volesse….
Ad ogni modo, la domanda che ronzava sulla mente di Jane
era…perché Lisbon aveva trascorso la notte sveglia? Certo non si aspettava che
lo avrebbe chiamato per farsi consolare, dopotutto non avevano una simile confidenza.
Ma era pur vero che lui le aveva rivelato una parte
del suo passato che non aveva mai svelato a nessuno, se non a lei.
Allora perché lei non riusciva a fare altrettanto? Cosa
poteva tenere sveglia Teresa tutta la notte, portandola addirittura ad arrivare
tardi a lavoro e con un’espressione notevolmente provata? Che
fosse successo qualcosa?
“Ah certo…che Lisbon non si vede con nessuno lo hai letto da qualche sua
movenza delle sopracciglia, giusto?!” lo derise
Rigsby.
“mmm…no le sopracciglia non centrano!”
“Smettetela!” li riprese Grace, con il suo tono fin troppo dolce per apparire serio e autoritario. “…non sto
scherzando…oggi non…non è il caso!”
“Ma si può sapere il perché?!” la incalzò
Rigsby, lasciando improvvisamente da parte il suo appetito.
“Bè..” iniziò Van Pelt, visibilmente preoccupata “…non so se potrei dirlo
ma…”
“Il fatto che tu nutra dei dubbi a riguardo significa che probabilmente non
potresti dirlo…ma…arrivati a questo punto tanto vale
buttarsi non credi?!” esclamò Jane, rimettendosi a sedere sul divano.
Van Pelt rimase un secondo con lo sguardo fisso sul consulente; perché si
divertiva così tanto a metterla in difficoltà? In fin dei conti doveva capire le paure che nutriva nei confronti di
Lisbon…era il loro capo…e se avesse saputo che aveva letto il suo dossier, bè…avrebbe passato molto più di un brutto quarto d’ora.
Ad ogni modo Jane aveva ragione;
era inutile rimangiarsi tutto.
“Oggi…è l’anniversario della morte…della…madre di Lisbon!” disse, con
voce leggermente più bassa rispetto al suo tono consueto.
“Oh…” si limitò a dire Rigsby, spostando lo sguardo da Van Pelt alla sua
scrivania, come se quest’ultima potesse suggerirgli la cosa più intelligente e
delicata da dire.
“Non credo affatto sia per questo!” esclamò
improvvisamente Patrick, dopo qualche istante di silenzio, riportando tutta
l’attenzione dei tre colleghi su di se.
“Ah no?...mi sembra un motivo più che valido!”
rispose irritata Grace.
“Non sto mettendo in dubbio che sia o meno un
motivo valido. Ma non credo che…” Patrick stava per
terminare la frase, quando vide arrivare Lisbon dall’ufficio di Minelli, e il
suo sguardo non sembrava essere molto più steso rispetto a poco prima.
“Abbiamo un nuovo caso!” esclamò Teresa, non appena giunse alle scrivanie
dei suoi colleghi.
Per qualche istante tutti rimasero in silenzio, guardando Lisbon con
l’espressione di chi sta cercando un qualche strano
particolare impercettibile ad occhio nudo.
La donna rimase immobile, leggermente imbarazzata da quegli occhi puntati
addosso. Non sopportava che la gente la guardasse in
quel modo, soprattutto se a farlo era Jane con quel sorriso dipinto in faccia.
“Si può sapere cosa vi è preso?!”
“Scusa capo..”
“Scusa capo…”
“Sc…scusa capo….” Concluse Van Pelt, divenendo visibilmente più rossa in
viso “….di che caso si tratta?!”
Jane non disse nulla, cercando di captare qualcosa nei movimenti di
Lisbon che gli potesse rivelare qualcosa.
Lisbon non
riuscì a trattenere un leggero cipiglio, per poi aprire il dossier del caso
appena consegnatogli da Minelli.
“…Si tratta di Susan Long...una donna di 35 anni
trovata morta a San Francisco sul ciglio della strada!”
“Long? Non avrà a che fare con il noto studio legale Long & Strass
San di Francisco?!” chiese interessato Cho,
appoggiandosi al tavolo poco distante dal divano su cui era seduto Patrick.
“Esatto proprio lei… per questo Minelli vuole che ce ne
occupiamo noi! La vittima lavorava come avvocato nello studio legale del
padre ed era sposata da due anni con il socio, Mitch
Strass. Era scomparsa da due giorni senza lasciare traccia,
il marito ha chiamato la polizia dopo 24 ore. Van Pelt…tu, Rigsby e Cho
andate allo
studio legale per interrogare il padre. Io e te andiamo
a vedere il corpo!” concluse decisa Lisbon, spostando l’attenzione su Jane, il
quale di scatto si alzò in piedi, entusiasta come al solito.
“Guido io?!” chiese speranzoso.
“Non pensarci nemmeno!” lo liquidò la donna, sorridendogli sarcastica.
Tutti si stavano dirigendo verso l’uscita dell’ufficio, tranne Cho, il
cui volto appariva decisamente soddisfatto.
“Credo proprio che tu mi debba dieci dollari?!”
affermò, quasi incredulo per aver finalmente vinto una scommessa contro Jane.
“…Ah…a proposito…” li interruppe
Lisbon, uscendo velocemente dal suo ufficio con la giacca nera addosso “..Jane dov’è il mio caffé?!”
Eccoci
arrivati alla fine del prologo…allora che ne pensate??????
COMMENTATEEEEEEE!!!!!!!
A presto…un bacione, la vostra Teresa^^