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Autore: Teresa Lisbon    21/09/2009    3 recensioni
Al California Bureau of Investigation un nuovo caso viene affidato alla squadra di Lisbon. Un caso difficile che non sembra presagire nulla di buono. A San Francisco una donna, Susan Long, viene trovata morta sul ciglio della strada, mostrando i chiari segni di percosse su tutto il corpo. Omicidio passionale o Premeditato? Entrambe le opzioni sembrano probabili; ma con il proseguire delle indagini le vittime aumentano facendo arrivare il CBI alla conclusione che non si tratti di un assassino alle prime armi. Chi è l’assassino? E perché sembra così interessato alla squadra del CBI? Jane, Lisbon, Rigsby, Cho e Van Pelt si ritroveranno a fare i conti con un serial killer pronto e tutto pur di ottenere ciò che vuole con conseguenze sconvolgenti nel cuore e nelle menti di ciascuno di loro. Nel bene….e nel male.
Genere: Generale, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Quando le sobrie e usuali scarpe nere del capo della squadra investigativa del CBI, Teresa Lisbon, si posarono all’interno dell’ufficio, le lancette avevano oltrepassato già da un pezzo il numero dieci dell’orologio, posto in bella vista nel muro princi

 

 

 

Ciao a tutti!!!! Mmmm che dire…non sono un asso nelle presentazioni ma visto che questa è la prima storia che pubblico penso che qualche riga sia d’obbligo!!!! J

Sono Teresa e adoro The Mentalist….ho visto tutta la prima serie e non vedo l’ora arrivi anche la seconda.

Sono una fan sfegatata della coppia Jisbon (Jane e Lisbon)…secondo me sono fatti per stare insiemeeeee!!! Quindi in questa mia fan fiction aspettatevi qualche risvolto in proposito!!! Hihihi XD

Avendo già visto tutta la prima serie, nel corso della storia potrei citare qualche spoiler, in particolar modo riguardo la vita privata dei personaggi. Perciò per chi non l’ha ancora vista e non ha intenzione di rovinarsi la sorpresa gli consiglio di leggerla più avanti. (Però ritornate mi raccomando J).

Che altro dire…spero apprezzerete questa mia creazione…per ora pubblico solo il prologo, così se c’è qualcosa che non va potete dirmelo fin da subito e cercherò in tutti i modi di migliorare.^^

Mi auguro di leggere molti commenti…perché, penso lo sappiate meglio di me, sono soprattutto quelli a dare l’inventiva necessaria per continuare la storia!!!!!!

Ok la smetto di stressarvi e vi lascio leggere.

Un bacione

 

T.L

 

 

 

 

Quando le sobrie e usuali scarpe nere del capo della squadra investigativa del CBI, Teresa Lisbon, si posarono all’interno dell’ufficio, le lancette  avevano oltrepassato già da un pezzo il numero dieci dell’orologio, posto in bella vista nel muro principale della sala.

Com’era potuto succedere?  Lei era sempre attenta, precisa; tutto era sempre sotto il suo attento controllo.

Da quando aveva assunto il comando della squadra si era ripromessa che avrebbe sempre dato il buon esempio, anche a costo di infuriarsi con se stessa.

Non a caso, a contendersi il podio delle tre cose che Lisbon non tollerava in una persona vi era proprio l’arroganza e il ritardo, il non rispettare un certo orario, era…era frustrante e irritante.

Non sopportava dover aspettare qualcuno che probabilmente aveva preferito dedicarsi a dell’altro invece di preoccuparsi di venire da lei; che fosse lavoro o vita privata…non faceva differenza.

Per questo se la prendeva con Jane, lui sembrava proprio quel genere di uomo che arrivava tardi agli appuntamenti, non solo lavorativi. Non che conoscesse le sue abitudini al di fuori dell’ufficio, certo…ma…ma di solito una persona trasferiva i propri difetti personali anche nel contesto lavorativo. Lo faceva anche lei dopotutto…

Ad ogni modo, stava di fatto che quella mattina era arrivata lei in ritardo, e la cosa probabilmente era ancor più irritante se a farlo fosse stato qualcun altro.

Con il suo consueto passo deciso, leggermente contrastante con la sua figura minuta, Teresa si avvicinò alle scrivanie poste in fondo alla sala, dove naturalmente i suoi colleghi stavano già lavorando a qualche caso assegnato dal “boss”.

Van Pelt, impegnata a leggere qualcosa sul suo fedele computer portatile, alzò lo sguardo dallo schermo non appena la vide arrivare, porgendole uno dei suoi consueti sguardi comprensivi. Come due donne riuscissero ad essere così diverse alle volte risultava incomprensibile.

“Buongiorno…” disse dolcemente la giovane agente dai capelli rossi, spostando per una frazione di secondo lo sguardo su Wayne Rigsby, la cui mancanza di tatto era decisamente conosciuta all’interno della squadra.

Infatti l’agente non perse tempo, sorridendo divertito nel notare lo sguardo leggermente stravolto del capitano.

“Salve…” disse sarcastico, non osando dire nulla di più, nonostante dentro di lui si fossero già formate una serie di battute ironiche riguardanti il ritardo di Lisbon; ma dopotutto ci teneva fin troppo al suo distintivo e incorrere nella furia del capo non sarebbe stata di certo la cosa più furba da fare.

Dal canto suo, il terzo componente della squadra, l’agente Kimball Cho, non sembrava essere particolarmente interessato all’arrivo di Lisbon, rimanendo del tutto concentrato sulla documentazione sparsa sopra la scrivania. “Buongiorno capo!”

Dopo aver emesso un veloce – Buongiorno -, Teresa si diresse spedita verso il suo ufficio, chiudendo bruscamente la porta alle sue spalle.

Poco prima, mentre stava percorrendo la sala della centrale, la donna dai capelli scuri non riuscì a fare meno di gettare una veloce occhiata sul divano in pelle marrone situato a pochi meri dal suo ufficio. Solitamente lo trovava sempre disteso lì, intento a sonnecchiare o a perdersi in uno dei suoi contorti e inimmaginabili pensieri. Quella mattina, però non c’era traccia di Jane e l’unica parola che si formò nella sua testa a quel pensiero fu “Per fortuna”.

Sicuramente se l’avesse vista arrivare a lavoro con qualche ora di ritardo non si sarebbe di certo fatto sfuggire la possibilità di deriderla, usando quel episodio in futuro per metterla alle strette.

Come avrebbe potuto giudicare i suoi futuri ritardi se anche lei si era dimostrata non esserne da meno??

Bè…ora comunque non aveva più importanza. Lui non c’era, non poteva torturarla con le sue sottili ed azzeccate frecciate da “sensitivo” e, in particolar modo, non l’aveva vista entrare con l’aria di chi non aveva chiuso occhio per tutta la notte .

Già…una notte orribile…

Stancamente si sedette sulla poltrona davanti alla scrivania, coprendosi il viso con le mani bianche come la neve. Era esausta, quella giornata doveva finire alla svelta, altrimenti i suoi nervi non avrebbero retto, ne era certa.

Tenendo una mano sulla fronte, Lisbon posò distrattamente lo sguardo sullo schermo spento del computer davanti a lei, notando nel giro di qualche istante una macchia decisamente ben visibile sul colletto della maglia beige che indossava.

Com’era possibile, si era spanta addosso il caffé la sera prima, come poteva essersi macchiata anche quella…stamattina dalla fretta non aveva nemmeno fatto colazione perciò…

“Maledizione…”  esclamò seccata, interrompendo bruscamente il suo ragionamento.

“Mmmm la stessa maglia del giorno prima…per di più macchiata…di caffé se non sbaglio!”

La voce che improvvisamente fece il suo ingresso nell’ufficio fu riconoscibile in una sola frazione di secondo. In fin dei conti una sola persona poteva avere un tono così solare e, al contempo sicuro di se, già dalle prime ore del mattino. Una voce che sembrava saper tutto su chi aveva davanti e, con ogni probabilità, la sensazione non doveva discostarsi più di tanto dalla realtà.

L’uomo dai biondi capelli ricci se ne stava sul ciglio della porta, con solo la testa all’interno della stanza della donna; come se, in cuor suo, sapesse bene quanto rischiasse la vita in quel momento.

Non capitava tutti i giorni arrivare a lavoro prima della puntualissima Teresa Lisbon; perciò, come farsi sfuggire una simile occasione?! Poterla guardare con un sorriso leggermente soddisfatto e divertito.

Semplice….era impossibile.

“Che c’è Jane..?!” chiese Lisbon, cercando di coprire la macchia sul colletto con il braccio sottile, puntando i suoi indimenticabili occhi vedi sull’atletica figura del consulente della squadra.

“Bè…” iniziò l’uomo entrando nella stanza, mostrando un contenitore in plastica da caffé come biglietto da visita “…ho pensato che un caffé poteva fare al caso tuo! Visto che sono le dieci passate…” aggiunse, posando il bicchiere in plastica davanti a Lisbon, il cui volto faceva chiaramente trasparire la seccatura per quella sua prima “frecciata mattutina”.

“Jane…” iniziò Teresa, avvicinando alla scrivania la sedia scorrevole su cui era seduta.

“Oh tranquilla Lisbon…può capitare a tutti di arrivare tardi a lavoro. Di solito succede se si rientra tardi o se si sta male o…se si ha qualche ospite!” esclamò sottolineando divertito l’ultima parola “…ma nel tuo caso sembra che il letto non sia stato neanche sfiorato!”

“Ah sì? E quale parte del mio corpo te lo sta involontariamente svelando?...sempre ammettendo che tu abbia ragione!” puntualizzò con il suo consueto scetticismo.

“Bè…indossi la maglia del giorno prima…. Probabilmente non hai chiuso occhio per tutta la notte, addormentandoti solo quando eri esausta sulla poltrona di casa tua…abbastanza lontana dalla sveglia da non riuscire a sentirla. Così quando hai aperto gli occhi e ti sei accorta dell’ora ti sei precipitata in ufficio…dimenticandoti di…”

“Ok…” lo interruppe brusca Lisbon, sistemandosi nervosamente i capelli mossi, i quali le cadevano un po’ più giù delle spalle “…che c’è?” 

“Ti ho portato il caffè!” le disse, porgendole uno dei suoi affascinanti sorrisi.

“Jane..”

“Oh ma non l’ho mica fatto io!” la interruppe Patrick sedendosi sul divanetto poco distante dalla porta “…sono andato a prenderlo al Cafè qui vicino…se non sbaglio ti piace particolarmente!”

“….non ho mai detto che mi piace particolarmente…”

“Vero!...ma ogni volta che ci fermiamo a lavorare fino a tardi e Van Pelt lo va a prendere poi sembri molto più…contenta”

Non è affatto vero…non sembro contenta solo perché bevo un caffé acquistato al Bar in strada…” replicò leggermente risentita, più per il tentativo di Jane di continuare a voler leggere il suo comportamento che sulla veridicità dei suoi gusti in fatto di caffé.

Si invece…infatti appena lo assaggi subito dopo ti si fa quella leggera fossetta sulla guancia destra, tra il naso e la bocca…” cominciò a spiegarle, indicando il punto esatto in cui le si creava quella caratteristica del suo sorriso “..che devo dire ti da un tocco di classe!”

Per qualche istante Lisbon non seppe cosa dire, temendo di arrossire com’era già capitato ogni qual volta Patrick estraesse uno di quei suoi commenti fuori luogo.

Non sapeva ancora come ci riuscisse, ma da quando quell’uomo era entrato a far parte del CBI il suo umore era decisamente cambiato e anche la sua reazione a determinati…commenti, se così li si voleva chiamare, era diversa.

–diavolo Lisbon…- pensò nervosamente la mora.

Patrick rimase seduto sul divano, intento ad osservare con i suoi splendidi occhi chiari qualsiasi movimento della donna di fronte a lui, senza sciogliere per un solo istante quel sorriso spontaneo, in grado di affascinare qualunque donna degli Stati Uniti, e non solo.

“Ok…grazie…” disse flebilmente Lisbon, abbassando lo sguardo, per poi afferrare il caffé che Jane gli aveva portato.

“Di niente…” le rispose sicuro e divertito, continuando a guardarla mentre sorseggiava il caffé ancora fumante, soddisfatto nel notare quella fossetta così…così singolare, così caratteristica.

“Lisbon  nel mio ufficio!” tuonò improvvisamente una voce maschile, in direzione della porta dell’ufficio.

Chi poteva essere se non Minelli, il grande capo di Lisbon. Non era un uomo cattivo o troppo pretenzioso, ma il suo umore, la maggior parte delle volte, invadeva gran parte dell’ufficio, influenzando inevitabilmente quello dei suoi sottoposti.

Subito dopo aver convocato Lisbon, Minelli sparì, con la stessa velocità con cui si era presentato, facendo sbattere la porta dell’ufficio, interrompendo così in maniera del tutto definitiva quello strana atmosfera che sembrava essersi creata tra i due colleghi.

Dopotutto era tipico del grande capo entrare in quel modo; il più delle volte per riprendere Lisbon su qualche comportamento tenuto dai suoi componenti della squadra. Un componente in particolare.

Velocemente Teresa si alzò dalla sedia, dirigendosi verso la porta del suo ufficio, seguita a ruota da Jane

“Ah…grazie…lo stesso” disse la donna fermandosi nella soglia, porgendo nuovamente il caffé a Jane.

“…te lo tengo da parte…” le rispose l’uomo continuando a sorriderle.

La donna sorrise a sua volta, facendo comparire nuovamente quella lieve ruga d’espressione ai lati della bocca, per poi avviarsi verso l’ufficio del suo capo, ancora leggermente stordita dalla mancanza di sonno. E non solo..

Con l’aria leggermente più allegra rispetto a poco prima, Jane si andò a sedere sul suo amatissimo divano in pelle marrone, posando il caffé sul tavolino in vetro a pochi centimetri da lui.

“Porti il caffé al capo?...si direbbe un comportamento da raccomandati!” esclamò improvvisamente Rigsby, seduto alla sua scrivania.

Alle volte non si capiva se le affermazioni di Wayne fossero semplicemente sarcastiche o con un sottile strato di serietà e irritazione. Non che Rigsby nutrisse un qualche interesse per Lisbon, di quello Jane ne era assolutamente certo visto che ogni piccolo centimetro del suo corpo diceva chiaramente “voglio fare sesso con Van Pelt”. Ma chissà…forse quelle erano congetture fatte da Cho e poi riportate da Rigsby. O forse Rigsby era semplicemente privo di tatto. E la seconda opzione sembrava decisamente più accreditata.

“Volevi che lo portassi anche a te?!” chiese ironico Jane, sdraiandosi completamente sul divano, portando le braccia dietro la testa.

“Sì, non mi dispiacerebbe!”

Comunque il caffé te lo sei riportato indietro…ergo non l’ha accettato!” intervenne Cho, nascondendo un sorriso sornione, avvicinandosi verso il divano su cui era sdraiato il collega.

“Sbagliato Cho!”

“Non credo proprio!” incalzò l’orientale.

“Dieci dollari che quando arriva mi chiede dov’è il suo caffé!” lo esortò a scommettere il biondo.

“Ok ci sto!”

Dal canto suo, la bella Grace, la quale portava rigorosamente i suoi lunghi capelli rossi raccolti in una coda, era intenta a scrivere un resoconto a computer, lanciando regolarmente occhiate leggermente irritate verso i suoi colleghi. Come si poteva scommettere su ogni cosa non riusciva proprio a capirlo.

E poi…Cho e Rigsby non avevano ancora capito che Jane ci azzeccava sempre? Stavano diventando la sua riserva di dollari personale e loro nemmeno se ne erano accorti.

“Io oggi non tirerei troppo la corda con Lisbon se fossi in voi!” esclamò improvvisamente la rossa, staccandosi finalmente dallo schermo davanti a lei.

“Ah sì, e perché?!” le chiese Rigsby, cercando di ignorare i primi chiari segnali di appetito mattutini che provenivano dal suo stomaco.

“Perché è arrivata tardi?!” tentò Cho, posando lo sguardo su Van Pelt.

“Già…mi sa che è la prima volta che la vedo arrivare tardi…che abbia una qualche relazione?!” tentò a sua volta Wayne sorridendo.

“No affatto!” esclamò improvvisamente Jane, quasi senza riuscire a controllare la sua voce. Chissà perché aveva risposto in maniera così…così decisa, per giunta ad una domanda che non lo riguardava affatto. Dopotutto Teresa era una bella donna, e solo un idiota avrebbe potuto affermare il contrario.

Ma stava di fatto che quella mattina non era arrivata tardi per una qualche notte di fuoco; al contrario, doveva essere stata proprio la solitudine a non farla dormire, e la maglia del giorno prima, per giunta macchiata, abbinata a delle profonde occhiaie ne erano una prova schiacciante.

Fin da subito aveva notato i suoi occhi chiari fin troppo lucidi e il volto tirato, e la cosa lo aveva fatto sentire così…così strano. Come se un qualcosa dentro di lui volesse….

Ad ogni modo, la domanda che ronzava sulla mente di Jane era…perché Lisbon aveva trascorso la notte sveglia? Certo non si aspettava che lo avrebbe chiamato per farsi consolare, dopotutto non avevano una simile confidenza. Ma era pur vero che lui le aveva rivelato una parte del suo passato che non aveva mai svelato a nessuno, se non a lei.

Allora perché lei non riusciva a fare altrettanto? Cosa poteva tenere sveglia Teresa tutta la notte, portandola addirittura ad arrivare tardi a lavoro e con un’espressione notevolmente provata? Che fosse successo qualcosa?

“Ah certo…che Lisbon non si vede con nessuno lo hai letto da qualche sua movenza delle sopracciglia, giusto?!” lo derise Rigsby.

“mmm…no le sopracciglia non centrano!”

“Smettetela!” li riprese Grace, con il suo tono fin troppo dolce per apparire serio e autoritario. “…non sto scherzando…oggi non…non è il caso!”

“Ma si può sapere il perché?!” la incalzò Rigsby, lasciando improvvisamente da parte il suo appetito.

“Bè..” iniziò Van Pelt, visibilmente preoccupata “…non so se potrei dirlo ma…”

“Il fatto che tu nutra dei dubbi a riguardo significa che probabilmente non potresti dirlo…ma…arrivati a questo punto tanto vale buttarsi non credi?!” esclamò Jane, rimettendosi a sedere sul divano.

Van Pelt rimase un secondo con lo sguardo fisso sul consulente; perché si divertiva così tanto  a metterla in difficoltà? In fin dei conti doveva capire le paure che nutriva nei confronti di Lisbon…era il loro capo…e se avesse saputo che aveva letto il suo dossier, …avrebbe passato molto più di un brutto quarto d’ora.

 Ad ogni modo Jane aveva ragione; era inutile rimangiarsi tutto.

“Oggi…è l’anniversario della morte…della…madre di Lisbon!” disse, con voce leggermente più bassa rispetto al suo tono consueto.

“Oh…” si limitò a dire Rigsby, spostando lo sguardo da Van Pelt alla sua scrivania, come se quest’ultima potesse suggerirgli la cosa più intelligente e delicata da dire.

Non credo affatto sia per questo!” esclamò improvvisamente Patrick, dopo qualche istante di silenzio, riportando tutta l’attenzione dei tre colleghi su di se.

“Ah no?...mi sembra un motivo più che valido!” rispose irritata Grace.

“Non sto mettendo in dubbio che sia o meno un motivo valido. Ma non credo che…” Patrick stava per terminare la frase, quando vide arrivare Lisbon dall’ufficio di Minelli, e il suo sguardo non sembrava essere molto più steso rispetto a poco prima.

“Abbiamo un nuovo caso!” esclamò Teresa, non appena giunse alle scrivanie dei suoi colleghi.

Per qualche istante tutti rimasero in silenzio, guardando Lisbon con l’espressione di chi sta cercando un qualche strano particolare impercettibile ad occhio nudo.

La donna rimase immobile, leggermente imbarazzata da quegli occhi puntati addosso. Non sopportava che la gente la guardasse in quel modo, soprattutto se a farlo era Jane con quel sorriso dipinto in faccia.

“Si può sapere cosa vi è preso?!

“Scusa capo..

“Scusa capo…”

“Sc…scusa capo….” Concluse Van Pelt, divenendo visibilmente più rossa in viso “….di che caso si tratta?!”

Jane non disse nulla, cercando di captare qualcosa nei movimenti di Lisbon che gli potesse rivelare qualcosa.

Lisbon  non riuscì a trattenere un leggero cipiglio, per poi aprire il dossier del caso appena consegnatogli da Minelli.

“…Si tratta di Susan Long...una donna di 35 anni trovata morta a San Francisco sul ciglio della strada!”

“Long? Non avrà a che fare con il noto studio legale Long & Strass San di Francisco?!” chiese interessato Cho, appoggiandosi al tavolo poco distante dal divano su cui era seduto Patrick.

“Esatto proprio lei… per questo Minelli vuole che ce ne occupiamo noi! La vittima lavorava come avvocato nello studio legale del padre ed era sposata da due anni con il socio, Mitch Strass. Era scomparsa da due giorni senza lasciare traccia, il marito ha chiamato la polizia dopo 24 ore. Van Pelt…tu, Rigsby e Cho andate  allo studio legale per interrogare il padre. Io e te andiamo a vedere il corpo!” concluse decisa Lisbon, spostando l’attenzione su Jane, il quale di scatto si alzò in piedi, entusiasta come al solito.

“Guido io?!” chiese speranzoso.

“Non pensarci nemmeno!” lo liquidò la donna, sorridendogli sarcastica.

Tutti si stavano dirigendo verso l’uscita dell’ufficio, tranne Cho, il cui volto appariva decisamente soddisfatto.

“Credo proprio che tu mi debba dieci dollari?!” affermò, quasi incredulo per aver finalmente vinto una scommessa contro Jane.

 “…Ah…a proposito…” li interruppe Lisbon, uscendo velocemente dal suo ufficio con la giacca nera addosso “..Jane dov’è il mio caffé?!”

 

 

 

 

 

Eccoci arrivati alla fine del prologo…allora che ne pensate??????

COMMENTATEEEEEEE!!!!!!!

A presto…un bacione, la vostra Teresa^^

 

 

 

 

  
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