[Capitolo 13]
[Akuro Cinderheart]
“Cosa desiderate che vi racconti?”
Kae non aveva accennato di volermi far parlare direttamente con il borgomastro di Cyrrium. Mi aspettavo di ricevere domande durante il loro colloquio, non di dover raccontare la mia vita. L’imponente laxxe piumato mi fissa con occhi gentili, c’è dell’umano nello suo sguardo.
A conti fatti, è la prima persona che mi sta realmente ascoltando senza pregiudizi. Forse.
Belsar accompagna la frase con un cenno della zampa. “Cosa speri di trovare qui a Cyrrium?”
Un luogo dove fermarmi, dal quale non dovrò scappare. Un luogo in cui la gente non mi veda solo come un mostro. Un luogo di cui possa diventare parte. Dove sentirmi accettata.
“Speranza.” Mi mordo la lingua. Di tutto ciò che potevo dire ho scelto la cosa più patetica. Uso tutta la mia forza di volontà per non arrossire in seguito ad una risposta tanto adolescenziale.
Belsar tuba. “Speranza dite… Vi mancava a Cinderheart?”
Faccio un passo indietro. Come fa a sapere da dove provengo-
Arial.
Il laxxe porta le zampe dietro la schiena. “Ho avuto modo di scambiare due parole con la giovane Arial. Mi ha narrato della vostra situazione. Posso, se non sono indiscreto, chiedervi delucidazioni sui fatti?”
Non è una questione che sono disposta a riesumare. La mia vita a Cinderheart è il passato. Non posso tornare, non voglio tornare, non devo tornare.
Kae mi appoggia una mano sulla spalla. Annuisce con un lieve sorriso. Non siate fiera di quello che avete fatto mettendomi in mezzo in questa situazione. Qualsiasi cosa che mi faccia sembrare scontrosa oppure ostile a quello che è il capo della loro comunità potrebbe portare alla revoca del suo benestare alla creazione della gilda.
Gli sguardi dei presenti sono diventati insostenibili. Abbasso gli occhi. “Ho nutrito la piaga che appesta l’isola di Cinderheart con la mia sola presenza. Chi possiede il dono di Erlathan è destinato a combattere fino alla sua fine, perché questa è la volontà dell’araldo della morte incisa sul nostro destino.”
“Drammatica.”
Kae si stacca da me e fronteggia Syn. “Potresti avere un momento di rispetto? Si sta aprendo!”
Stringo le dita sul cappuccio, lo abbasso, le guance mi si scaldano. Che umiliazione…
Belsar allunga la zampa verso la mia testa. Donatemi l’eterno riposo ve ne prego, è meglio di continuare a sostenere questa situazione.
Mi appoggia la mano sulla testa, è un gesto quasi paterno. È anche peggio di prima! Mi sfugge un singhiozzo. La mia dignità divorata dal fuoco della vergogna.
“Giovane Akuro, in te vedo solo una fragile fanciulla che è stata scacciata ingiustamente tanto da dubitare di se stessa. Se Cyrrium non ti accoglierà subito, col tempo vedranno oltre il tuo retaggio.”
Abbasso la testa, stringo i pugni. Non sarà così, lo so. “Non tutti.”
Belsar tuba. “Certamente, non tutti ti apprezzeranno ma questo vale per qualsiasi persona. Io stesso, nonostante abbia fondato la città dove vivono, non ho le simpatie di tutti i cittadini.”
“Grazie al cazzo,” Syn s’intromette. “A Fion non piace nessuno se non può controllarlo. E non piace a chi può essere controllato.”
“Linguaggio, Syn ti ho cresciuta educata.”
Syn schiocca la lingua infastidita.
Belsar annuisce un paio di volte. “Giovane Akuro, sarete un membro eccelso per la gilda di Kae.”
Alzo lo sguardo stupita. “Volete davvero che risieda all’interno delle mura di Cyrrium? Borgomastro, io sono-”
“Stata condizionata da troppe voci esterne. La Guardiana ha messo nelle nostre mani il nostro destino.”
È la prima volta dopo anni dove l’opzione di aprirsi sembra più felice della fuga perenne. Temo di sbagliarmi ma in fondo, se le cose andranno male ripeterò ancora una volta il ciclo di persecuzione. Annuisco.
Belsar stacca la mano. “Eccellente! Dunque giovane Kae, tutti i membri della gilda sono pronti?”
Kae ciondola appena la testa. “A questo proposito…”
“…capisco.”
Belsar non sembra sorpreso dalla situazione, ma non è nemmeno sulla difensiva. Kae riprende parola.
“Ricordate un fatto che possa aver dato origine al suo risentimento per le gilde?”
Belsar chiude gli occhi, abbassa appena il capo. Si sta addormentando? Preferisce dormirci davanti pur di non rispondere?
“Non mi risulta che Strale abbia mai avuto faide con le gilde, ad eccezione di alcune risse con alcuni membri di esse, ma casi singoli, terminate in alcune centinaia di scaglie di danni e una birra al bancone.”
Kae si avvicina speranzosa. “E siete sicuro che in nessuno di quei casi siano rimasti rancori?”
“Accetta che non vuole fare quello che vuoi tu.”
Syn non ha mezzi termini noto, ma penso che abbia ragione. Mi schiero con le argomentazioni della corsara. “Dovrete scendere a compromessi con l’infante se vogliamo portare a termine il vostro progetto.” Con la speranza che in seguito a un chiarimento voglia diventare parte della gilda.
Kae inspira, incrocia le braccia. “Se si tratta solo di questo, e non di qualche fatto antecedente… Dovrò porgergli le mie scuse… E reclutarlo.” Si volta verso Belsar fa un lieve inchino. “Vi ringraziamo del vostro tempo, borgomastro.”
Syn alza due dita della mano, le appoggia alla tempia e le allontana, dirigendosi poi verso le scale.
Una delle due è stata profondamente rispettosa, l’altra lo ha salutato come se si allontanasse da un amico di locanda. Come devo comportarmi?
Abbasso la testa e mi inchino, almeno non sembrerò rozza. “Borgomastro, con permesso…”
Belsar tuba. “Auguro a tutte e tre un futuro radioso!”
[Kae]
I miei metodi hanno funzionato con qualsiasi altro soggetto, nessuno si è mai lamentato di dover fare quello che progettavo per lui. È sempre stato per il loro bene. Mi verrà davvero difficile scusarmi con Strale, non credo di aver sbagliato. Ma non farà certamente progressi in cella.
Kalkhus si è piazzato di fronte alla porta della vecchia prigione cittadina. Edificio piccolo, non più usato da tempo. La gente considerata criminale viene mandata a Lastgard, al massimo i detenuti rimangono lì dentro finché non c’è una nave pronta a partire.
Ovviamente, quel vecchio pensionato non ha altro da fare che fare il vigilante. Sta sulla porta, ci squadra con una smorfia inquisitrice. Mani sul pomello del bastone, gambe troppo piegate per essere comodo a causa della scarsa altezza dello sgabello sul quale sta seduto.
“Bene bene bene, la giovinetta buonista. Anche Strale ha capito che il suo posto è dietro le sbarre.” Kalkhus preme le mani sul bastone e si tira su. “Certi individui sono nati maligni, e non li raddrizzerebbe nemmeno una lavata di capo dagli eroi in persona.”
Terrei a precisare che uno degli eroi era conosciuto per superare il record di boccali bevuti consecutivamente in ogni locanda in cui si fermavano. Non mi pare il caso di soffermarci su questo al momento. Tiro fuori i documenti di rilascio di Strale e glieli metto sotto al naso. “Qualcuno non la pensa così. Ora con permess-”
“Un momento signorinella.” Kalkhus si piega in avanti fissando il testo.
M’irrigidisco. Non può averlo notato a colpo d’occhio. Abbasso il documento, lui lo indica con il bastone. “Il sigillo del consiglio della Nimbus è nel posto sbagliato, il che mi fa pensare ad un falso. Fammelo rivedere.”
Arrotolo il foglio. “Ah- si, ieri è stato fatto di fretta c’era trambusto nell’ufficio, ma è un documento valido.”
“Kae…” Mi volto verso Akuro, si tiene il bavero del cappuccio abbassato. “…dobbiamo sapere qualcosa?”
Se anche loro iniziano a dubitare di me diventerà impossibile fondare la gilda.
“Il documento è falso! Ecco cosa! Anche questo è reato signorinella!” Il bastone di Kalkhus si aggancia alla mia giacca, mi strattona all’interno della prigione.
Il vecchio non mi ha effettivamente messo dietro le sbarre, posso muovermi liberamente qui dentro. Forse non è così male, avrò raggio d’azione per raggiungere Strale e parlargli. Syn andrà ad avvertire sicuramente Belsar e lui risolverà quella parte del problema.
Non impiego molto a trovare Strale. Nemmeno lui è stato messo in una cella. Realizzo che siamo stati messi in castigo più che in prigione. Inspiro.
Vecchiaccio maledetto.
Strale fa finta di non vedermi, continua a gironzolare per la stanza in cui l’ho trovato come una fiera.
“Bene, sei in cella, come volevi. Sei soddisfatto?” Formulare delle scuse sarà molto più difficile del previsto. Dovrebbe essere lui a chiedere scusa per non aver capito la situazione.
Il ragazzino si ferma mi fissa. “Si. Perché è come voglio io.”
Orgoglioso e testardo. Forse dovrei spaccargli la testa e inculcarci a forza del buonsenso. “Pensi che questo ti darà un qualche tipo di vantaggio?”
“Sono moralmente pulito. Tu?”
Mi avvicino mi punto l’indice al petto. “Io? Io cosa?”
Lui si sporge in avanti. “Tu ti senti pulita moralmente? Quando non hai fatto altro che sfruttarci per chissà quale piano?”
“Per darvi un posto dove stare? Per non farvi additare come disastri ambulanti? Per farvi accettare?”
Strale incrocia le braccia. “Ora dinne una che non riguarda le darkrariane.”
“Questi riguardano te Strale. Ti hanno di nuovo sbattuto dentro perché hai creato scompiglio!”
Non si smuove, volta la testa verso la finestra. Pure il trattamento del silenzio, maturo, molto maturo. Se non faccio io il primo passo qui non ci muoviamo.
“Avrei dovuto parlarne con te, è vero.”
Strale gira gli occhi. Mi sta ascoltando.
“Avevo un… piano. Lo chiamerei più un progetto.”
Si volta verso di me incrocia le braccia.
Deglutisco. “Ho sempre ammirato gli eroi che hanno sconfitto il Ferale. Hanno ridato speranza in un mondo che si stava lasciando sprofondare nel buio. E nessuno di loro era un caso di rettitudine assoluta, ma hanno fatto del loro meglio per salvare Boral.”
Strale alza il mento intimandomi a continuare. Piccolo stro-
“Io credo che voi possiate essere eroi se voleste.”
“Non pensi tu stia dimenticando qualcosa?”
Sospiro. È veramente quello il punto. “Non dovevo prendere questo genere di iniziativa. Ma non potevo lasciarti in quel posto. Volevo mostrarti che potevi essere orgoglioso di te stesso. Ho… Sss…” Deglutisco, sono più che contrariata a quello che devo far uscire dalla mia bocca. Ma devo farlo perché ricominci a ragionare. “…sbagliato. Mi dispiace.”
Strale abbassa il mento e rilassa le spalle. “Se non seguiamo il tuo piano le darkrariane non possono uscire?”
Annuisco.
“E funzionerà dato che tu sei qui dentro con me?”
Agito la mano incurante. “Kalkhus è in pensione, non ha vero potere giudiziario.”
Strale strabuzza gli occhi. “…Vero. Aspe- Allora perché sei dentro?”
Non saprà mai del permesso falso. “Dovevo parlarti in quanto tua ravvivafiaccole.”
“Quindi possiamo uscire?”
“Se corri abbastanza veloce, sì.”
Strale ghigna. “Figo.”
Strale mi precede dell’intera passerella. Mi guardo alle spalle, Kalkhus ci è rimasto dietro come se non avesse il peso degli anni sulla schiena. A fatica abbiamo guadagnato qualche metro di stacco. Scorgo Syn appoggiata al parapetto con espressione stupefatta.
“Ritira la passerella!”
“Sei ancora a terra!”
“Tu fallo!”
Mi volto verso Kalkhus. Il vecchio alza il bastone e lo imbraccia come un archibugio, me lo punta contro. In cima alla canna si forma una sferetta d’energia.
Quello è un Alwe.
La passerella si ritrae arrotolandosi su se stessa. Pensare che è la lingua del mimic mi dà i brividi. Spicco un salto. Il parapetto della nave non si sta avvicinando rapidamente come pensavo, perdo quota, allungo la mano verso il legno per aggrapparmi. La mano di Strale raggiunge la mia e si stringe su di essa.
“Non hai ancora finito con me, giusto?”
Allungo la mano libera e mi aggrappo al suo braccio. “Siamo appena all’inizio.”