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Autore: NyxTNeko    31/08/2024    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 166 - Chi non ama i cani non ama la fedeltà -

Primolano, 6 settembre

- Guardate là - indicò uno dei soldati dell'armata di Masséna ai suoi compagni, nonostante avesse la mano spellata, a causa delle corde usate per liberare i cannoni impantanati e per il loro trasporto - È il paradiso oppure è davvero reale?! - Chiese nel mentre rivolgeva lo sguardo ai suoi compagni, che uno dopo l'altro, spalancavano la bocca per lo stupore: davanti ai loro occhi c'era un meraviglioso paesaggio montano, alpino. Nonostante non fosse il primo che avevano contemplato, ognuno di essi sembrava essere unico e irripetibile.

- No amico è tutto vero! - rispose un altro, esausto al suo pari, che non riusciva a credere a quanto stesse vedendo - Ed è anche meglio del paradiso... - ridacchiò, pensava a quanto potesse essere tedioso il regno dei Cieli, immaginandolo come luogo pieno di luce, in cui si lodava la divinità per l'eternità - Sai che noia dover stare fermi a cantare Dio senza sosta, sarebbe un inferno, secondo me - continuava ridendo, assieme ai suoi compagni.

- Ma tanto siamo già condannati all'inferno! - emise il più anziano del reggimento, nonostante l'età e lo sforzo, aveva ancora energia da vendere, anche perché voleva assistere alla vittoria totale di quel giovane uomo, che pareva aver stregato tutti con il suo indomito carisma. Voleva resistere sino ad allora, voleva far parte del mito che stava creando sfruttando quella campagna militare. Non era istruito, ma certe cose si capivano senza avere per forza un titolo di studio - Non ricordate la faccia di quei cani austriaci quando ci hanno visto alle loro spalle...erano praticamente terrorizzati!

- Già come se avessero visto i figli del demonio - continuò un altro ancora, molto soddisfatto di essere paragonato ad una creatura infernale; non era mai stato particolarmente credente, per questo fu sempre molto contento della decisione della Francia rivoluzionaria di allontanare tutti quei prelati dalla circolazione - Guidati dall'Anticristo in persona, come definiscono il nostro comandante! - aggiunse poi, ricordando la paura e il disgusto negli occhi di quei soldati in divisa bianca. Erano visti come reietti, rifiuti umani, invece avevano molta più dignità di loro, poiché era fedeli realmente a qualcuno che li trattava con umanità, pur pretendendo sforzi sovrumani. Ma la guerra era dura, di questo ne erano più che consapevoli.

- Lascia parlare quei pavidi - emise nuovamente l'anziano soldato - Ora godiamoci un po' di riposo, ce lo meritiamo! - ormai non pensava ad altro che a quel bellissimo prato che si stagliava alla loro vista. La stanchezza che quegli uomini avevano ricacciato più volte, tra lamenti e brontolii, li travolse e senza pensarci due volte si buttarono su quella distesa verdissima, l'estate non era finita ancora. In poco tempo un russare continuo si diffuse, arrivando alle orecchie dei due generali, che concessero loro il riposo necessario.

Alla fine avevano mantenuto la promessa fatta al comandante, che si era preoccupato della condizione fisiche dei soldati - Le vostre divisioni sono in grado di mettersi in marcia fra un'ora? Ci sono almeno 31 miglia da fare tutti d'un fiato. Naturalmente i soldati vanno ben rifocillati di cibo e di vino, tanto qui è pieno di magazzini austriaci - aveva detto quasi apprensivo Bonaparte, indicando gli accampamenti che avevano sottratto al nemico, specialmente dopo averli resi prigionieri. Masséna, che oramai conosceva il carattere quasi premuroso del corso nei confronti dei suoi uomini, aveva risposto senza battere ciglio - Ben alimentati, vi seguiremo dappertutto - Augereau replicò la risposta e tanto bastò a Napoleone per sentirsi rasserenato.

I due esperti generali, però, sapevano della difficoltà di reperire il cibo a sufficienza durante quelle marce, il generale Berthier era stato preciso, quel giorno al consiglio di guerra, su quelle vette, a simile velocità, le cucine non sarebbero potute arrivare in fretta. L'unico modo per smuovere i soldati era dare l'esempio e Bonaparte stesso era il primo a metterlo in pratica, scendendo da cavallo per mescolarsi tra i reparti: emozionati dalla sua presenza i militari si erano sentiti incoraggiati e avevano proseguito valorosamente, sfidando pure la fame. Ed era questo atteggiamento ad aver spaventato gli austriaci, ai loro occhi, tale comportamento non pareva comune, né tantomeno umano, abituati al loro modo di servire nell'esercito di un impero che non sentivano come proprio e che li considerava semplice carne da cannone e baionetta.

- Dovremmo approfittarne anche noi che ne dite, cittadino Augereau? - domandò Masséna al suo fianco, balzando agilmente dal destriero - È un'occasione più unica che rara questa! - Specialmente per il parigino quelle giornate furono particolarmente movimentate: dopo la cittadina di Levico, anche dalla fortezza di Lavis era stata opposta una piccola resistenza, supportata dagli Schützen, che fece infuriare non poco il generale francese e il comandante. In un impeto di ira Bonaparte aveva dato l'imperativo di incendiare quel paesino, tuttavia si era ripetuto lo stesso schema di Pavia, riuscendo a convincere il corso dell'innocenza di gran parte della popolazione e che quindi la colpa fosse solo di coloro che avevano osato sparare dalla finestra. Napoleone fece dare alle fiamme soltanto le case che si trovavano lungo il torrente e permise il saccheggio, notizia che rese particolarmente felice Augereau.

- Avete acquisito la capacità di leggermi la mente cittadino Masséna? - emise ridacchiando il suo collega, ridestandosi dopo un lungo silenzio - Stavo per chiedervelo in anticipo! - Non riuscì a trattenere uno sbadiglio - Approfittiamone immediatamente, conoscendo il comandante, sicuramente ci farà marciare e combattere senza sosta ancora per molto, quindi cerchiamo di recuperare almeno le energie sufficienti a non cadere da cavallo durante l'assalto - e si sdraiò su quel letto naturale, addormentandosi quasi di colpo. Il nizzardo replicò i suoi movimenti, senza esitazione.

Cismon, 7 settembre

La giornata appena trascorsa fu davvero molto intensa per l'esercito rivoluzionario, il quale era riuscito ad attaccare nella cittadina di Primolano, una posizione imbattibile, per via dei lati della vallata, che costituivano una valle a u, i cui dirupi erano distanti per parecchie miglia. Ma guidati dalla forza di volontà e dalla disperazione di finire il prima possibile quella guerra, i francesi erano riusciti ad occupare il passo e a respingere, verso Bassano, gli austriaci, sempre più spaesati e increduli: non c'era nulla che pareva arrestare gli oltralpe, nemmeno la forte corrente del Brenta e l'acqua che arrivava sino al loro petto che, sparpagliati lungo i lati, li avevano attaccati.

Bonaparte aveva dato l'ordine di inseguirli, nessuno, però, fu in grado di star loro dietro, erano tutti stanchi e affamati, compreso il comandante, che fu ad un passo dallo svenire per le poche forze rimastegli. Più di chiunque altro si era esposto al pericolo e all'azione. Inoltre era quasi sopraggiunta la notte, il sole stava per tramontare, in lontananza già si notava il colore rosato e arancio dell'astro pronto a calare alla vista degli uomini. Napoleone non ebbe nemmeno la forza di sistemare il quartier generale con tutta la sua roba, piombò stancamente su uno dei bivacchi lungo il fiume che i soldati stavano già sistemando - Perdonate cittadini - emise una volta seduto - Ma non riesco più a fare un altro passo...sono esausto...

- E di cosa dovete scusarvi cittadino comandante?! - fu la risposta di uno degli uomini di Augereau che stava rinfrescando i suoi poveri piedi arrossati, scorticati e callosi nell'acqua fresca - Siete un essere umano anche voi, in fondo - guardava quel giovane che aveva la spossatezza e la fame stampata sul volto emaciato e sottile: la barba era leggermente incolta e i capelli arruffati, ma al tempo stesso, appiccicati sul volto, le guance e la fronte. Era davvero arrivato al limite: l'affanno si stava calmando per fortuna.

Improvvisamente si sentì un brontolio provenire proprio da Bonaparte - È il mio stomaco...come essere umano anche io ho dei bisogni necessari - rispose Napoleone con il suo solito umore scherzoso - Aspetterò che abbiate finito di sistemare il tutto, riprendere le forze e unirmi a voi - precisò alla fine molto pacatamente, aveva aspettato fino a quel momento di mangiare, poteva farlo per un altro po'. Per i soldati udire ciò era emozionante, avere con loro il comandante, che condivideva ogni loro aspetto, persino il loro cibo, era pari ad un sogno.

Non era la prima volta che accadeva, eppure la sola presenza di Napoleone dava loro la motivazione per non arrendersi - Anche perché non abbiamo molto - ironizzò uno degli ufficiali che passava di lì - Se non del pane e del vino, come all'Ultima Cena - e scoppiarono in una fragorosa risata che mise di buon umore chiunque, Bonaparte si era unito volentieri a quella manifestazione così spontanea di gioia. Si sentiva improvvisamente leggero, rifletté su quanto fosse stato stupido in gioventù, nel rifiutare, spesso e volentieri, di dividere parte della sua esistenza con i soldati: all'epoca era ancora un frutto acerbo, pur vantandosi di un'intelligenza superiore "Non avevo realmente compreso il Grande Alessandro e Cesare, chiuso nel mio sciocco patriottismo corso".

Quei pensieri furono frenati dalla pagnotta scura che il sottotenente Pelleport gli aveva offerto tra le mani - Tenete comandante è il pezzo più grande che avevo con me - disse sorridendo generosamente e anticipando le parole di Napoleone - Non preoccupatevi, ve la sto elargendo io, quindi non fatevi remore, avete bisogno di più energia rispetto a noi - soltanto allora vide Bonaparte divorare quel pezzo di pane "Era davvero affamato" pensò, sedendosi e mangiando a sua volta il proprio pezzo - È veloce anche nel mangiare, quella pagnotta è sparita in un lampo! - si stupì un altro soldato, il quale non aveva fatto in tempo a prendere la sua parte e accomodarsi che Bonaparte aveva già finito.

Muiron, che era riuscito a raggiungere soltanto in quell'istante il comandante, nello scorgere quella scena di giovialità, sorrise largamente. Quegli uomini rudi e rozzi riuscivano ad essere cordiali e gentili nei confronti di Bonaparte, ogni qualvolta che accadeva, era sempre molto toccante, l'affezione che nutrivano verso di lui era tangibile, reale, erano persone concrete e dirette, capaci di mostare un lato sentimentale, quando volevano. "Forse è meglio avvertire gli altri aiutanti di lasciarlo con loro, quando vorrà ci raggiungerà egli stesso" e si allontanò silenziosamente.

- Mi va bene solo un po' di vino - precisò Napoleone - Purtroppo non lo posso annacquare, perciò devo limitarlo, sapete devo essere lucido, altrimenti come vi conduco alla vittoria? - e bevve lentamente, era un po' forte per i suoi gusti, ma ci tenne a svuotare il bicchiere - Com'è fetente il nostro comandante! - emise uno di quelli più ignoranti, ma orgoglioso di far parte dell'armata - Si dice fervente, asino! - ci tenne a correggerlo un suo collega, che sembrava essere molto più colto degli altri, nonostante appartenesse alla sua stessa classe sociale - Come sei pinolo! - sbuffò quello; l'altro si mise la mano sulla fronte, era irrecuperabile, glielo aveva ripetuto più e più volte il termine giusto, ma si ostinava nel fare di testa propria - Alla fine il comandante ha capito quello che volevo dire!

- Però saper leggere è importante - disse Napoleone rivolgendosi al piccolo gruppo - Vi rende indipendenti, senza aver bisogno di altri che interpretino le parole al posto vostro, vi rende capaci di pensare con la vostra testa e di parlare bene - era onesto in questo, doveva far comprendere quanto l'istruzione fosse uno strumento fondamentale affinché si potesse ottenere davvero la libertà - È grazie alla lettura se ho potuto elaborare le mie strategie, nel passato ci sono le indicazioni giuste - notò come lo stessero ascoltando con interesse, stava riuscendo ad accendere la fiamma del sapere persino in individui come loro, convinti fino a poco prima dell'inutilità di saper leggere e scrivere - Dobbiamo essere grati a chi è venuto prima di noi, per questo li leggiamo e li studiamo - il soldato colto scorgeva il grande amore che il comandante provava per i libri, era un aspetto che li accomunava - Tu - puntò il dito Napoleone - Ti incarico di istruirli sui rudimenti della lettura e della scrittura, i miei soldati devono essere i migliori in ogni campo - quello annuì, lo stesso fecero anche il resto, non volevano deluderlo.

Trascorse del tempo assieme al bivacco fino a quando, uno dopo l'altro i soldati si appisolarono ronfando, soltanto Bonaparte rimase sveglio, osservando quel meraviglioso cielo stellato che si estendeva sopra di lui. Si sdraiò, coprendosi con il suo mantello che si era portato, il suo fisico asciutto percepiva il freddo più intensamente, lo sbalzo termico tra giorno e notte iniziava a crearsi, sarebbe stato così sino al sopraggiungere dell'autunno. Napoleone lasciò andare tutti i suoi pensieri, aveva come la sensazione che quella campagna militare stesse assumendo i connotati di un viaggio avventuroso, al pari delle guerre antiche, che duravano decine e decine di anni, non erano continue e rispettavano determinate pause. Ma anche di quelle che aveva sfogliato e immaginato da bambino, in cui vi erano eroi coraggiosi, amicizie e amori intensi: probabilmente era per questo che considerava Omero al di sopra di qualsiasi altro poeta e scrittore dell'umanità.

Il cantore di Chio era riuscito a penetrare nell'animo umano come nessuno, portando alla luce i pregi degli eroi e i difetti dell'uomo, scontri tra visioni del mondo diverse: furore, coraggio, lacrime, odio, amore, curiosità, onore, fedeltà, tradimento. Ogni singolo aspetto della razza umana emergeva prepotente da quei versi vegliardi e poderosi, ai quali chiunque da lì in poi avrebbe attinto, per poter raccontare altrettante storie che non avevano alcuna pretesa di eguagliarlo, ma solamente di potersi avvicinare. Pur non amando particolarmente i greci antichi, per il loro atteggiamento di superiore spocchia, ogni qualvolta si soffermava sul cieco poeta il cuore di Napoleone prendeva a battere rapidamente, per l'emozione e un tenero pianto sgorgava dai suoi occhi senza riuscire a fermarlo. "So che ci sono forti dubbi su di lui, sull'attribuzione di molte opere, comprese l'Iliade e l'Odissea, persino sulla sua stessa esistenza, eppure tale enigma non intacca minimamente la granitica eredità che ci ha tramandato, siamo tutti figli di quella cultura".

La brezza notturna rilassava quel corpo sempre teso e in movimento, era raro per uno come Napoleone essere pervaso dalla calma, da una pace interiore che non pensava di poter sperimentare: era così che si erano sentiti Dante e Virgilio mentre riposavano tra le rocce della montagna del Purgatorio? Era questa sensazione di stanchezza appagante di un viaggiatore alla fine di una lunga giornata di cammino? In quel momento si percepiva semplicemente come una piccola parte del mondo e una infinitesimale dell'universo - Le stelle che appaiono minuscole ai nostri occhi, in realtà sono più grandi della nostra Terra e così gli altri pianeti del Sistema Solare, è dunque soltanto una questione di prospettiva! Chissà quanti mondi sconosciuti ci sono nell'infinità del firmamento! - sospirò tristemente, la sua costante ricerca di sapere non sarebbe mai stata soddisfatta? - Mondi e civiltà che non si incontreranno mai, anche se ci sono tanti misteri irrisolti sul nostro di mondo, forse prima di conoscere l'incognito etere, dovremmo prima svelare i segreti del nostro passato...

- Siete ancora sveglio, comandante... - una voce alle sue spalle lo fece quasi sobbalzare, tanto era immerso nella sua meditazione riflessiva. Napoleone si voltò spaventato: era Muiron che si era avvicinato alle sue spalle - Scusatemi, non volevo spaventarvi, ma avevo sentito una voce soffusa, mi sono avvicinato e quando ho capito che eravate voi, mi sono messo ad ascoltare i vostri discorsi - ridacchiò nel rivelare questa debolezza - Sono sempre coinvolgenti e colmi di saggezza! - Si sdraiò accanto a lui, Napoleone gli lasciò un po' di posto - Peccato che non ci sia la luna piena, stelle cadenti o addirittura delle comete - ammise nel mentre fissava quello spicchio sorridente, che mostrava illuminato soltanto il lato sinistro del satellite naturale: era dunque crescente. Per Dante la Luna era la sorella del Sole e la sede degli angeli, oltre agli spiriti mancanti ai voti; per Ariosto, invece, su di essa andava a confluire quanto si era perduto, come il senno del paladino Orlando.

- Una cometa apparve in cielo l'anno in cui nacqui - disse Napoleone quasi di getto - Lungi da me paragonarmi ad un nuovo Cristo, però da quando l'ho saputo non riesco a comprendere se sia un segno di buono auspicio, come lo è per i cristiani, oppure nefasto, come lo è stato per gli antichi e i medievali - l'accezione di Anticristo che gli avevano affibbiato lo aveva turbato non poco, nonostante non lo avesse dato a vedere: sarebbe stato davvero una disgrazia per il mondo intero? Oppure un prodigio benevolo? Il tormento colmò nuovamente il suo cuore.

- Per me è un segno di ottimo auspicio, comandante - disse fiducioso Muiron, credeva sinceramente nella grandezza di quell'uomo che aveva accanto, più lo conosceva e più si rendeva conto della sua straordinarietà - Non date peso alle parole di bigotti codardi, se siete convinto di quanto state facendo, seguite la strada indicata dalla stella, come fecero secoli fa i Re Magi e raggiungete la gloria che vi attende - lo guardava con ammirazione e fiducia, qualsiasi cosa sarebbe accaduta. Napoleone sorpreso dalla profonda fedeltà di quell'aiutante di campo annuì e lo ringraziò, rincuorato e nuovamente deciso - Sara meglio dormire per qualche ora, se vogliamo essere entrambi pronti per la prossima battaglia - coprì anche il fraterno Muiron e insieme caddero tra le braccia di Morfeo, poco dopo.

8 settembre

Il sonno dei francesi fu breve: alle 2 del mattino Bonaparte aveva dato ordine della sveglia; avrebbe approfittato del buio per muovere le truppe e sfruttare l'effetto sorpresa. "Bassano del Grapppa dovrà essere mia in giornata" era determinato più che mai ad avanzare e sconfiggere definitivamente Wurmser: la divisione di Masséna si sarebbe mossa sulla riva destra del fiume e quella di Augereau sulla parte sinistra e così fecero. Il rumore dei passi e delle armi giunse alle orecchie nemiche dopo quattro ore, quando ormai l'alba era sorta. Anche questa volta gli asburgici rimasero di sasso e tentarono di resistere più che potevano, l'artiglieria rompeva il silenzio nel mentre veniva posizionata tra le imprecazioni francesi.

A Wurmser e i suoi generali tutto questo appariva sempre più diabolico, una vera e propria tregenda, con tanto di tuoni e lampi - Vincere o morire - udivano provenire da ogni francese, come un'unica grande voce. Non si persero d'animo, Sebottendorf e Quasdanovich, cominciarono ad indietreggiare, come stabilito. Tuttavia non avevano previsto che Bonaparte aveva calcolato quell'arretramento, anzi, lo stava aspettando trepidante, dopo aver passato tutta la mattina ad incoraggiare i suoi uomini attraverso quel motto e a controllare personalmente le artiglierie - Cittadino Murat è il vostro momento! - gridò il corso facendosi da parte, desideroso di assistere a quella carica di dragoni che sarebbe stata sicuramente spettacolare: l'aspettativa non venne affatto tradita, gli austriaci furono travolti senza pietà.

Presso la divisione di Masséna, un altro giovane ufficiale si stava distinguendo per tenacia e decisione: era il colonello Lannes, si era ripreso da poco, ma non aveva perso tempo nel dimostrare ancora una volta la sua audacia. Aveva avvistato un ponte, che permetteva il collegamento con la città di Bassano, gli austriaci vi posizionarono delle bocche di piombo caricate a mitraglia, sperando di intimorire quei folli che lo avrebbe sfidato. Il ventisettenne però lo attraversò ma di sotto, assieme ai suoi uomini, dopodiché risalirono e attaccarono gli austriaci. Lo scontrò durò poco, Lannes non si risparmiò nulla, li sconfisse, prese persino due bandiere nemiche, come prova del suo contributo alla vittoria - Apriamo la strada al cittadino Masséna, valorosi! - Quasdanovich si era arreso ed era stato ricacciato verso il Friuli.

Lo stesso destino toccò al suo collega Sebottendorf, gli uomini di Augereau non erano da meno e raggiunsero la città subito dopo. Wurmser era nel panico più totale, alcune truppe non avevano compreso gli ordini e invece di avanzare verso sud erano andate a nord. Dovette far scendere sul campo le truppe migliori, neppure queste poterono nulla contro la furia francese, le azioni combinate e gli attacchi ripetuti costrinsero il fieldmaresciallo ad abbandonare Bassano, che cadde, quindi, in mano francese: le perdite austriache furono 2,600, quelle francesi appena 400. Napoleone non era ancora del tutto soddisfatto, avrebbe voluto metterlo sulle strette, ma tutti si opposero, avevano combattuto con ogni fibra, energia di cui disponevano - Quell'uomo continua a sfuggirmi - disse soltanto il corso, finalmente diede del tempo per riprendersi alla sua armata.

Bassano

La sera era calata nuovamente, Napoleone, insonne come al suo solito, stava perlustrando il campo di battaglia, assieme ad alcuni membri del suo entourage, per controllare se ci fossero dei feriti passati inosservati, in mezzo a quei corpi. Improvvisamente vide un cane che era sbucato dal mantello di un soldato morto, con ogni probabilità austriaco, che corse loro incontro, per poi tornare indietro e leccare il viso ormai insensibile di quello che era il suo padrone e ululava disperatamente. Gli altri al suo seguito non diedero molta importanza a tale evento, era solo una bestia che non aveva accettato la scomparsa del suo padrone dopotutto, mentre Bonaparte rimaneva in silenzio, cercando di capire se quella povera bestiola cercasse aiuto o volesse vendicarsi.

Fu profondamente colpito e lo notarono anche gli altri, aveva l'inquietudine stampata, quasi oscurata dall'ombra che celava gli occhi lucidi "Questo soldato" si rese conto "Doveva avere degli amici a casa e nel suo reggimento; eppure giaceva lì abbandonato da tutti tranne che dal suo cane", gli venne in mente la scena, molto simile, tra Ulisse e il suo fido Argo, che dopo averlo aspettato per vent'anni, vecchio, sporco, trascurato, pieno di zecche e pulci, fu il solo ad averlo riconosciuto, nonostante il travestimento da mendicante del sovrano di Itaca, per poi morire poco dopo. Uno dei passi più toccanti della letteratura mondiale e di tutti i tempi.

"Avevo guardato, impassibile, battaglie che avrebbero deciso il futuro delle nazioni. Senza lacrime avevo dato ordini che avevano portato la morte a migliaia di persone". Seppur fosse la sua prima esperienza sul campo come comandante, aveva ricoperto già da giovanissimo incarichi militari. Era consapevole che la strada per raggiungere il suo scopo sarebbe stata lastricata dai cadaveri delle innumerevoli vite spezzate dalla guerra e dalla propria ambizione. Il prezzo da pagare era sempre più alto.

"Eppure eccomi qui commosso, profondamente commosso, commosso fino alle lacrime. E da cosa? Dal dolore di un cane". Quelle lacrime silenziose e rispettose rigarono e sue guance, voleva liberarsi anche dal senso di colpa che lo attanagliava, pur sapendo che non avrebbe portato ad alcun rimedio. Era stato un cane a risvegliare una parte della sua umanità, a ricordargli della crudeltà della guerra e della morte, capace di stroncare ogni forma di rapporto, era la fine di tutto, era il sonno eterno. Fino a quel momento non aveva mai realmente compreso l'amore puro, innocente, di un cane, avendo conosciuto solamente dei cagnetti da salotto, viziati e antipatici. Invece si scoprì molto più affine a quelli leggermente randagi: quella tipologia capace di donare affetto incondizionato, al pari dei bambini - Ritorniamo al quartier generale! - esclamò, facendo dietro-front, non c'era altro da guardare. Aveva scolpito quell'incontro inaspettato nel suo cuore e nella sua mente, non lo avrebbe dimenticato mai più.

 

   
 
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