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Autore: Glenda    03/09/2024    1 recensioni
In un mondo in cui la magia è rara e con un grande peso politico, ed i maghi figure temute e inquietanti, Heze, un giovane viaggiatore dal cuore limpido e il carattere solare, viene ingaggiato da uno di loro perché lo accompagni fino alla capitale a consegnare un messaggio segreto. Ma la persona con cui si trova ad affrontare questa avventura è completamente diversa dalle aspettative che si era costruito: svagato, onesto, gentile e smaccatamente vulnerabile, Yèlveran diventa per Heze un mistero da svelare, e finisce per legarsi a lui al punto di farsi trascinare in un complotto che potrebbe costare la vita a entrambi...
Storia di avventura con una componente politica, ma principalmente focalizzata sulla relazione tra i personaggi (a cui sono affezionatissima e dei quali ho volentieri indugiato nel descrivere i pensieri). Un bel po' di bromance e molto drama.
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Heze non avrebbe voluto doversi affidare a un complice simile, ma che altra scelta aveva? Se anche non avesse allontanato il pugnale dalla sua gola, se anche lo avesse ammazzato (e poi no, non ne sarebbe stato capace) cosa avrebbe risolto? C’erano dei Persuasori in quella casa. Dei maghi, degli stregoni: quelle figure che adesso gli apparivano di nuovo terrificanti come nelle leggende eshkarti… i nemici della Maledizioni, ma non meno spaventosi di loro.

“Non possiamo fare nulla, al momento.” spiegò l’uomo, che si era presentato come Xau “Ci sono due Persuasori qui. Dobbiamo aspettare che arrivi il mattino, quando quello di Cesura se ne andrà.”

Yèlveran gli aveva spiegato in cosa consistesse la Persuasione della Cesura e gli aveva più volte detto di aver rifiutato di apprenderla in quanto contraria ai suoi principi morali: poteva recidere il legame tra corpo e mente e costringerti a fare qualsiasi cosa, il pensiero gli metteva i brividi.

“L’altro non ci farà questo favore, invece.” proseguì, e il suo sguardo si adombrò “Vuole parlare ancora col signor Devenya prima di decidere cosa fare di lui.”

Heze ebbe uno stallo e si chiese se gli fosse sfuggito qualcosa che era già stato detto.

“Con chi…?”

Xau avvicinò le sopracciglia e lo studiò come aveva già fatto in quella notte di prigionia, quando lo guardava con l’espressione di chi sta cercando di intuire dei non detti o di svelare menzogne.

“Non c’è bisogno che tu mantenga il suo segreto, tutti noi lo sappiamo già, altrimenti non…”

“Per mille maledizioni, di che stai parlando...?”

L’uomo accennò un sorriso offuscato.

“Preferisco non sentire usare questa imprecazione.”

Ora si metteva a fare il pignolo sul linguaggio, pensa un po’!

“Porca puttana! Ti ho dato la mia parola, potresti almeno degnarti di essere chiaro? Io non ho alcun segreto: piuttosto siete voi a non averci mai spiegato che volete da noi: prima arrivi tu con quello stregone sadico, poi salta fuori una pazza vigliacca che non so come abbia fatto a portare il mio amico fino qui, e ora tiri in ballo altra gente come se la conoscessi: possibile che tutti credano che io la sappia più lunga di quello che ho ammesso di sapere?”

La faccia di Xau si dipinse di autentica sorpresa: per un attimo parve persino divertita, ma quel barlume di leggerezza fu subito sopraffatto dal buio dei suoi occhi.

“Davvero tu non sai con chi viaggi?”

– pensò – con la persona più gentile, più altruista e più affascinante che io abbia mai conosciuto.

Ma la verità era che questo non bastava. La missione di Yèlveran era un mistero, lui era un mistero, e per quanto Heze desiderasse fidarsi, già troppe volte era accaduto qualcosa che aveva rimescolato le carte in tavola, facendogli sospettare di essere stato tenuto allo scuro di ciò che contava davvero.

“Colui che stai accompagnando, Yèlveran Devenya, è un membro delle Famiglie.” disse, e poi, scambiando il suo sbigottimento per ignoranza, precisò “Le Nove Famiglie: il vertice del potere.”

Il Potere.

Quanto aveva imparato a disprezzare quella parola fin da bambino!

Per cultura, prima.

Per ideologia, poi.

Il Potere era il Mostro che, sopra a tutti, lasciava gli ultimi indietro. Il Potere nascondeva schiavitù e sfruttamento sotto il tappeto e, in segreto, li alimentava, il Potere impediva ad un popolano di esercitare la professione medica mentre legalizzava l’assassinio di una bambina chiamandola Maledizione.

Cosa c’entrava Yèlveran col Potere?

Yèlveran che era sempre umile, non sopportava le formalità, dormiva per terra, e il solo lusso a cui ambiva era quello di vestirsi pulito e lavarsi il viso al mattino?

Yèlveran che si sedeva a giocare a carte con i Folli e si entusiasmava per le nuvolotte?

Yèlveran che era pronto a prendersi una coltellata per uno schiavo eshkarti?

Non riusciva a credere che gli avesse nascosto una cosa del genere.

E a quanti rischi lo aveva esposto, tacendo? Agguati, rapimenti, spionaggio…

Aveva veramente pensato di poter proteggere entrambi da solo? Rivide la morte del Persuasore di Sensi, il sangue sul pavimento, Yèlveran legato alla sedia che piangeva e ripeteva sono pericoloso, ho tanta paura. Accidenti. Accidenti…!

“Non mi interessa chi è o non è” (ma gli interessava, invece) “Voglio solo tirarlo fuori di qui.”

“E anche io.” disse Xau, con una piccola luce negli occhi spenti.

Sembrava dannatamente sincero.

 

Iruvàn lo riteneva innocuo.

Iruvàn lo riteneva un codardo.

Iruvàn pensava di averlo spaventato a sufficienza da non curarsi nemmeno di controllare dove andasse e cosa facesse: era convinto di avere la situazione sotto controllo, non credeva che uno come lui potesse davvero scegliere di mettere in pericolo la propria vita per quello che considerava un semplice capriccio.

Per la prima volta da quando lo conosceva, l’uomo che sembrava leggere nell’animo di tutti aveva commesso un errore di valutazione, e da quell’errore adesso dipendeva tutto. Era incredibile – si diceva Xau con innaturale freddezza mentre saliva le scale – quanto la Persuasione del Cuore influenzasse i suoi sentimenti: sapeva benissimo che il suo piano non gli avrebbe lasciato scampo, ma a dargli forza era il pensiero che Iruvàn non avrebbe potuto guardarlo mai più con gli stessi occhi.

Era indipendente.

Era coraggioso.

Entrò nella stanza con un cestino ricolmo di pane e frutta.

Yèlveran si era addormentato nel giaciglio predisposto per lui, mentre Meirem sembrava assopita con le spalle appoggiate alla parete, ma Xau era certo che fosse parzialmente vigile: finché non le avessero detto che il suo compito era finito, non sarebbe crollata, a costo di distruggersi.

La conosceva bene.

Che avrebbe fatto Iruvàn di tutta quella devozione? Che avrebbe fatto di lei?

“Colazione per voi!” esclamò, sfoggiando un falso sorriso.

La ragazza aprì gli occhi subito, quasi lo facesse apposta per confermare la sua teoria.

“Potevi anche riposare un po’:” la riprese benevolmente “il signor Devenya è una persona molto ragionevole e non vuole che nessuno si faccia male. Sarebbe evidente anche all’ultimo dei cretini.”

Yèlveran si stropicciò gli occhi e si tirò su a sedere.

“Io gliel’ho detto…” confermò, guardandosi in giro come per riprendere l’orientamento “ma…”

Neppure lui aveva l’aria di qualcuno che ha realmente dormito.

“Non piove più e il cielo è pulito.” proseguì Xau, lasciando il cesto sul tavolo e andando ad aprire le ante della finestra “Faccio entrare un po’ di aria.”

Guardò fuori e si scambiò uno sguardo con Heze, che attendeva arrampicato sul tetto.

“Meirem, tirati su di lì e permetti anche al nostro ospite di sedersi a mangiare qualcosa.”

Nel dirlo, tese la mano a Yèlveran per aiutarlo ad alzarsi, e quello fu il momento in cui fece scivolare nella sua mano la biglia di vetro che gli aveva dato il ragazzo eshkarti.

«Devi fare in modo che capisca con un po’ di anticipo.» gli aveva detto «Lui non è una persona istintiva. È molto più coraggioso di quello che crede, ma non è un uomo d’azione.»

Dopo un attimo di confusione, nel quale Xau temette che l’espressione del volto del prigioniero li tradisse, Yèlveran abbozzò un sorriso cortese e ringraziò.

“Iruvàn deve parlarti.” si rivolse allora a Meirem.

Lei accennò alla corda con un’occhiata eloquente.

“Temo dovrà venire lui.”

“Oh, andiamo.” fece Xau, seccamente “Se quest’uomo volesse davvero essere aggressivo, non scommetterei su di te. Ma è chiaro che non intende uccidere nessuno: Iruvàn lo sa benissimo, o non si sarebbe intrattenuto tanto a lungo con lui, né ti avrebbe lasciata tutta la notte sola in sua compagnia con tanta tranquillità”

La conosceva bene, già.

Vide il volto di lei distendersi, come se il pensiero di quella premura le avesse dato una profonda gioia.

Quello fu il primo momento in cui Xau si sentì davvero un traditore.

“Puoi legarlo alla sedia e lasciarlo qualche minuto con me.” le strizzò l’occhio “Del resto, non vorrai mica restargli appiccicata per sempre?”

Se la situazione fosse stata diversa, se non avesse pensato che quella era l’ultima partita della vita, Xau avrebbe trovato teneramente divertente scherzare sul lieve rossore che tinse le gote di Meirem. Ma la stagione delle amorevoli schermaglie tra loro era finita: non avrebbe potuto giocare mai più a fare il fratello maggiore.

“D’accordo.” disse lei “Ma tu resta a distanza.”

Si preoccupava: era, come sempre, pronta a offrirsi come scudo pur di proteggere quella che reputava la sua famiglia. Meirem non aveva mai avuto una visione del futuro, un’ambizione, un sogno: da quando Iruvàn l’aveva salvata, aveva donato la vita a lui, e in seconda battuta, ma non con minor dedizione, ai suoi compagni.

Xau lasciò che lei sciogliesse la corda e fermasse i polsi di Yèlveran alla spalliera, poi aspettò che si chiudesse la porta alle spalle.

 

Per Heze, abituato a scalare montagne, calarsi dentro la finestra in assoluto silenzio non fu un problema. Yèlveran spalancò gli occhi e non fece un fiato.

“Ti porto fuori di qui.” gli sussurrò pianissimo all’orecchio mentre gli liberava le mani “Cerca di fare esattamente quello che ti dico, come sul Valico del Vento.”

Srotolò la scala di corda che teneva avvolta attorno alla spalla e la assicurò alla finestra.

“Comincia a scendere, io la tengo più ferma che posso.”

Yèlveran guardò i metri che lo separavano da terra e fece per aprire bocca, ma Heze gli intimò il silenzio portandosi l’indice alla punta del naso.

Se non altro, aveva procrastinato il primo oddio.

 

Meirem si strofinò la mano contro il polso: non c’erano segni, né provava dolore. Il cappio era sempre stato largo e quell’uomo così mite non aveva mai fatto una sola mossa per liberarsi di lei. Forse proprio per questo provava sollievo: era come se il suo braccio fosse d’improvviso divenuto leggero. Ma fu una sensazione che durò un attimo: l’attimo prima che Xau la afferrasse e una mano le chiudesse la bocca.

All’inizio fu talmente sbigottita che non si mosse: eppure le sarebbe bastato reagire prontamente per sbilanciarlo, era più agile e addestrata di lui. Invece il suo primo istinto fu di gridare “che cazzo ti prende?”, ma aveva la bocca tappata, quindi morse la mano che le impediva di parlare. Sentì il sapore del sangue e della rabbia sulla labbra.

Perché le stava facendo questo?

Xau, il suo migliore amico, suo fratello?

Lo sapeva benissimo.

Ma si era fatta fregare dall’amore, quello sbagliato di cui le aveva parlato Yèlveran: l’amore che non fa domande. Lui, invece, gliene aveva fatte tante: ne faceva dal giorno in cui era stato mandato in missione con Yurlan. O forse ne aveva fatte anche prima, e lei era rimasta sorda. Pensò a tutte le volte che l’aveva guardata con quel sorriso indolente, aveva scosso la testa, scrollato le spalle mentre ravvivava il fuoco nel caminetto.

«Il… giorno stabilito? Per fare cosa?»

«Per cambiare il mondo, no?»

Xau aveva smesso di crederci da tempo, di poter cambiare il mondo: anzi, di volerlo cambiare.

«Ma sì, non è successo niente. Le cose andranno come devono andare…»

Proprio così dovevano andare?

Afferrò con entrambe le mani quella che premeva sulla sua bocca, aspettò che la presa si indebolisse, che le forze lo abbandonassero, poi lo colpì con un gomito in un fianco e lo costrinse a lasciarla andare: si voltò, gli scagliò un calcio all’inguine, lo gettò a terra e gli balzò addosso.

Non poteva perdonarlo di aver scelto uno sconosciuto anziché lei.

Non poteva perdonarlo di averla costretta a scegliere tra lui e Iruvàn.

 

Il secondo momento in cui si sentì davvero un traditore.

Quello in cui Meirem gli rivolse quello sguardo pieno di odio, quello in cui si accorse che stava per dare l’allarme e allora le disse: “Iruvàn mi ucciderà.”

Lei non lo mollò: era quasi piacevole avvertire per la prima volta il proprio corpo subire l’effetto del suo potere… era come aver bevuto molto, perdere le percezioni, sprofondare in un mondo morbido.

“Iruvàn mi ucciderà perché me lo ha detto, e tu sai che non ti sto mentendo.”

Se erano stati abbastanza veloci, Heze e Yèlveran stavano già scavalcando il muro diroccato nel punto che lui gli aveva indicato, sul lato nord della casa, dove non si aprivano finestre.

“Iruvàn non ucciderebbe mai uno dei suoi…!” esplose Meirem, ma la sua voce rimase soffocata.

“Se ne fossi certa ora grideresti per chiamarlo in aiuto.” sussurrò lui.

Era la sua migliore amica, era sua sorella, lei e Leu erano i soli per cui aveva resistito, accettato l’inaccettabile, continuato a credere nel Patto. Sentiva il pianto di suo fratello esplodergli nella testa.

“Finisci quel che devi finire.”

Le mani di lei lo lasciarono. I suoi occhi si riempirono di lacrime.

“Vattene.”

Meirem si alzò in piedi e lui sentì lentamente le energie fisiche tornare.

“Vattene fottuto bastardo, raggiungi i tuoi amici del cazzo e non farti vedere mai più. Hai fatto la tua scelta, non sperare che a punirti sia io.”

E si mise a gridare il nome di Iruvàn e di Teshdei.

 

“Yèlveran, porca miseria, non sono nemmeno due metri, salta!”

Lui esitò, ondeggiando instabile in cima al muro diroccato: poi sentì dei rumori sopraggiungere e si lasciò scivolare giù, atterrando in malo modo addosso ad Heze, che si era preoccupato di ammortizzare la sua caduta. Gli allungò il braccio, tirandolo su quasi di peso.

Un attimo dopo, la testa di Xau sbucò oltre la parete.

“Di là!” esclamò, indicando la direzione opposta rispetto a quella da cui erano arrivati.

Poi scavalcò il muro e si unì a loro.

“Mm…” Yèlveran si massaggiò i palmo delle mani graffiati e si spazzolò i pantaloni: non pareva avere molta fretta “No, io direi di qua…” e si incamminò verso la fenditura.

Heze lo trattenne per il polso.

“Dove cavolo vai? Dobbiamo correre!”

“Direi… no.” rimarcò lui, con l’aria più assorta del mondo “Quando sono arrivato qui ero spaventato, non sapevo dove mi trovavo, dovevo memorizzare tutto quello che avevo intorno: la visualizzazione di questo luogo l’ho già fatta.”

Heze comprese a metà: aveva visto Yèlveran costruire un confine in una manciata di minuti a Marvino, ma lui gli aveva anche spiegato che con uno spazio delimitato era molto più semplice… e nessuno, quel giorno, li stava inseguendo probabilmente per ammazzarli!

“Pensi di… averne il tempo?”

“Direi… si.” sembrava piuttosto sicuro di sé “Ho studiato il Confine di Iruvàn. Ho pensato che avrei potuto fare molto meglio con pochi punti di riferimento. Così li ho… immaginati. Non devo installare un Confine capace di resistere per ore. Posso riuscirci. Ma voi dovete…”

“Fare silenzio e respirare come se tutto rallentasse.” completò Heze.

“Sì.” e rivolse uno sguardo a Xau, come a chiedere una conferma.

“So come funziona.” disse lui “L’ho visto fare a Luxei.”

Gli occhi di Yèlveran per un attimo parvero sorridere: poi si persero del tutto, in quel modo solo suo di guardare le cose come se fossero quello che erano e già anche qualcos’altro.

Heze contava i secondi.

Per quanto volesse credere in Yèlveran, l’idea che tre inseguitori – di cui due Maledizioni e un Mago – potessero piombargli addosso da un momento all’altro gli metteva un’agitazione nelle gambe che a stento riusciva a trattenere. Stava rigido, col coltello in mano, pronto a reagire. Fu Xau ad appoggiargli due mani sulle spalle.

“Fallo lavorare. Un Persuasore di Confini sente questa tensione.”

Sembrava essere molto preparato in materia, e aveva fatto un nome che aveva attratto l’attenzione del suo amico, come stabilendo una complicità tra loro.

“Chi è Luxei?”

Xau mormorò qualcosa ma la sua voce fu sopraffatta da quella di Yèlveran.

“Non reggerà tanto…” disse, massaggiandosi la fronte.

Solo in quel momento Heze si rese conto di quanto la sua espressione fosse provata. Avrebbe voluto fargli domande, sapere cosa gli era successo, come lo avevano trattato, ma non ce ne era tempo.

“Allora sbrighiamoci ad allontanarci da qui.”

  
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