Mentre
quelle dita battevano all’impazzata i tasti di quel pianoforte, Seth non c’era.
Seth
sentiva, percepiva, piangeva, singhiozzava. Ma non era lì.
Sentì
suo padre entrare, urlare e piangere come un
disperato, sentì il suo cuore spezzarsi, sentì il vuoto.
Il vuoto.
Non
ricordava nulla, la sua mente si rifiutava di ricordare qualsiasi cosa
riguardasse Vince, più lui ci stava provando più non ci riusciva.
La
sua mente si rifiutava categoricamente di ricordare.
Quel
suono glielo impediva, si era perso nella follia delle note, nel ricordo che
esse avevano.
Era come se quelle note tenessero
per loro il ricordo di Vince, gelose che lui glielo rubasse.
Ma
Vince era suo, Vince era il suo dolce fratellino, colui che gli permetteva di
essere sincero, colui che amava con tutta l’anima, colui per cui avrebbe dato
la vita. E allora perché continuava a suonare quel fottuto pianoforte, perché
non si era già ucciso?
Perché aveva semplicemente paura,
una pura e fottuta paura che lo attanagliava.
Quando
aveva visto Sean in un mare di sangue, a soli quattro anni, aveva avuto una
fifa blu della morte per tutti gli anni a venire. Nella sua testa c’era una
sola frase dominante: “la morte ti porta via le persone a cui vuoi bene, per cui
la morte è una brutta cosa.”
La
morte aveva portato via Sean a Seth proprio quando lui aveva scoperto di
volergli bene, quando aveva deciso di stargli vicino. Al funerale non aveva
neppure pianto, pensava che lasciandosi andare alla disperazione avrebbe finito
per fare come Sean e lui non avrebbe voluto. Era sicuro che lo stava guardando
da qualche parte lassù e non voleva deluderlo, voleva essere forte al suo
posto, voleva vivere la vita che lui non aveva potuto vivere. Voleva essere
felice per Sean. Voleva sopportare in silenzio per Sean.
Voleva essere tutto ciò che Sean
non era stato.
Quando
era nato Vince, Seth si era rivisto in quel bambino, si era ripromesso di
volergli bene come Sean aveva fatto con lui, si era promesso di aiutarlo a
superare le paure e di dedicare tutte le sue attenzioni a lui.
“ Seth, anch’io ti voglio molto
bene, non morire...”
E
invece era morto lui.
Aveva
pianto, si era disperato, aveva ucciso sua madre e mandato alla pazzia suo
padre.
Si
meritava l’inferno, e lo avrebbe ottenuto.
Smise
di suonare e appoggiò la testa sopra il leggio, facendolo cadere, le lacrime
non smisero di scorrere e non si limitò più a singhiozzare, urlò facendo
compagnia al padre che di là intonava una litania disperata.
Ad
un tratto sentì dei passi provenire dall’altra stanza e dirigersi verso la sua.
Seth si asciugò le lacrime con la manica e aspettò che il padre sfogasse tutta
la sua furia su di lui. Ne aveva tutto il diritto anche se la colpa non era di
nessuno, tantomeno propria. Probabilmente era ubriaco e nella peggiore delle
ipotesi avrebbe alzato le mani su di lui, privo di ragione. Si voltò nella
stessa posizione per vedere la sua ombra arrivare, i suoi occhi erano gonfi e
rossi di pianto, ma dubitava che avrebbero intenerito il padre furente. L’ombra
finalmente giunse e si stagliò sul pavimento della stanza come un orco, a Seth
parve di sentire la litania del gigante che diceva: “Ucci ucci sento odore di problemucci.”, quasi gli venne da ridere,
ma più per disperazione che per altro.
Suo
padre lo guardò in silenzio per un tempo che gli sembrò infinito, cercava di
trovare una risposta senza porre una domanda e l’unica cosa che ebbe tempo di
notare era che era tutto tranne che ubriaco.
Forse
per la prima sera in quindici anni era perfettamente sobrio e fu quello il
ringraziamento che si trovò in casa; una carneficina e suo figlio disperato che
suonava il pianoforte come un cliché dei film d’orrore.
Continuava
a fissarlo senza dire nulla e Seth sentì improvvisamente nelle narici una
zaffata di odore di sangue, in tutto quel tempo non aveva nemmeno avuto il
tempo di accorgersene, gli risalirono le lacrime e cercò di ricacciarle
indietro con scarsi risultati. Non aveva la forza di parlare e suo padre si
ostinava a stare in silenzio, mettendolo a disagio, al punto di pensare che
sarebbero rimasti così tutta la notte, finché finalmente non sentì la sua voce
gutturale e strozzata dal pianto, fu come ricevere una coltellata in pieno
petto.
<<
Hai del sangue nel collo, sai? Mi ricorda lo stesso sangue che aveva Sean
quando lo trovammo morto nel bagno, e c’è pure lo stesso odore sai? Lo ricordi?
Stesso sangue, stesso odore, stesse circostante, come si fa a non avere un deja
vu?>> non riusciva quasi a parlare correttamente, Seth si sentì montare
di nuovo quelle maledette lacrime. << Papà ascolta...>> ma fu
fermato dalla mano dell’uomo che si alzò e scosse la testa.
<<
Non dire nulla, mi spiegherai tutto a tempo debito, adesso rischio di
impazzire...>>
“Probabilmente
impazzirai lo stesso.” pensò sconsolato Seth.
Si
mise per bene, togliendosi da quella scomoda posizione che gli faceva
scricchiolare la povera colonna vertebrale, poi iniziò a raccontare nonostante
l’avvertimento del padre.
Sentiva
di doverlo fare perché aveva poco tempo.
Raccontò
di come la madre gli avesse teso un tranello mandandolo fuori casa, di come lui
se ne fosse accorto troppo tardi e che quando entrò in casa trovò il fratellino
accoltellato e la madre svenuta, di come in un impeto di rabbia avesse
inzuppato il coltello del sangue della madre e infine andò a suonare il
pianoforte per rendere Sean partecipe della sciagura attraverso lui.
Le
labbra di suo padre tremarono e progressivamente strinse i pugni poi come se un
masso gli fosse caduto addosso si inginocchio e iniziò un lento lamento agitandosi
avanti e indietro come in trance.
<<
Perché l’ha fatto, perché mi ha portato via mio figlio? Cosa le è passato in
mente maledizione!>> e così via.
Seth
sentiva di non poter più stare in quella stanza buia così uscì nel corridoio e
si diresse verso la stanza in cui giaceva Vince, appena lo vide subito le
lacrime minacciarono di uscire fuori e Seth glielo lasciò fare, s’inginocchiò
vicino al bambino e prese ad accarezzargli i capelli con fare affettuoso mentre
la mano gli tremava, poi gli baciò la fronte fredda. << Sii forte lassù,
birbantone.>> cercò di sorridere ma ciò che venne fuori fu un altro verso
strozzato e il nodo in gola che si ingigantiva sempre di più.
Non
guardò nemmeno la madre e uscì.
<<
Dove vai?>> chiese debolmente il padre vedendo Seth dirigersi verso la
porta d’ingresso.
Il
ragazzo si fermò a guardare i regali caduti sul pavimento, cominciava a fargli
male la testa per il troppo pianto e vedeva tutto appannato, ma riuscì a
scorgere il modellino di auto d’epoca e lo spartito per piano. Per qualche
istante le corde vocali non riuscirono ad emettere alcun suono, serrate dal
groppo, poi voltò lentamente il viso verso suo padre.
<<
Da Sean...>> e chiuse la porta.
Fuori
il vento sibilava e l’odore di pioggia non riusciva a sovrastare quello del
sangue nelle narici di Seth, d’altronde pensava che entrambi avessero come un
aroma ferroso. Si accorse dopo un po’ che stava camminando in una maniera
strana, come ricurva e allora la presenza di Sean si fece più pressante, sapeva
già dov’era diretto e sperava di arrivarci in fretta.
Per
la prima volta in tutta la sua vita non si godè il percorso, non guardò nulla,
non sentì nulla. << Suppongo sia così quando stai per fare il passo definitivo,
ti sentivi così Sean? Quella mattina di tredici anni fa?>> sussurrò. Arrivò
finalmente a destinazione e si trovò davanti ad un imponente cancello scuro che
bloccava il passaggio, ovviò il problema scavalcandolo abilmente fino a fare un
salto giù e a sentire le suole delle scarpe strisciare nel terreno quando perse
l’equilibrio e batté la nuca, per un po’ vide le stelle poi riemerse dal
torpore e si avviò verso la landa che dava il benvenuto alle anime morte.
Il cimitero.
Tra
tutte quelle lapidi Seth ne cercava una sola, si aggirava sperduto in quel
villaggio di morti e cercava di scorgere nel buio il nome del fratello.
<< Cazzo dov’è?>> imprecò a fior di labbra non riuscendo a
scorgerla. Poi riuscì a trovarla, l’ultima tomba a sinistra.
Allora
iniziò di nuovo a diluviare e Seth s’inginocchio col peso della pioggia sulle
spalle, raccolse le mani e le posizionò giù come se stesse pregando.
<<
Vedi un po’ Sean come mi sono ridotto?>> rise, ma era una risata che
portava con sé frustrazione.
<<
Proprio come te...>> proseguì << Sembra una maledizione, io che
avevo giurato di vendicare la tua morte rifiutandola io stesso, ora sono qui in
procinto di sciogliere quel giuramento. Potrai mai perdonarmi? Spero mi
perdonerai all’inferno, sempre che là esista il perdono, spero di vederti e
spero di poter finalmente consolare quella tua solitudine. Non voglio vedere
più solo la tua schiena curva.>>
Si
fermò ed estrasse il coltello dalla tasca, l’aveva prelevato a sua madre prima
di uscire, gocciolava ancora un po’ di pioggia un po’ di sangue. Lo guardò, lo
rigirò tra le mani che gli tremavano, poi iniziò a sentire freddo. Guardò
timoroso la lastra di marmo che lo guardava rabbiosamente (o almeno così pareva
a Seth).
<<
Sto facendo la cosa giusta Sean? Ti prego dammi un segno, dimmi se sto facendo
o no la scelta giusta, non lasciarmi da solo, non di nuovo...>> I suoi occhi erano sgranati, il terrore lo
aveva assalito di colpo. La sua sicurezza era andata a farsi benedire e d’un
tratto non voleva farlo.
<<
Dannazione, sono proprio un codardo.>> sibilò.
E
fu allora che la rabbia prese il sopravvento, conficcò il coltello nello
stomaco e il bruciore fu immediato. Vide prima doppio e poi triplo, finché il
nero non lo inghiottì.
Inizialmente
vide solo buio pesto, sapeva di essere disteso perché sentiva sotto la schiena
qualcosa di duro, ma non troppo. Aprire gli occhi fu come non aprirli visto che
non vedeva nulla intorno a sé. Cercò di alzarsi a sedere, non avvertiva forza
di gravità che lo spingesse in quella specie di terreno su cui sostava, ma
nello stesso tempo non riusciva a volare. La leggerezza però era tangibile, il
suo corpo sembrava un guscio vuoto. “ Si ci sente così quando si è anime?”
pensò e si sorprese di pensare, non credeva che i fantasmi pensassero ma da un
certo punto di vista lui non sapeva nulla sulla vita dell’aldilà. Si decise a
camminare sperando di trovare qualcosa da qualche parte, quell’immensa distesa
di nulla era soffocante e lo faceva diventare isterico, forse era proprio
quello l’inferno, la dannazione eterna a vivere nel nulla. Sperò ardentemente
che non fosse così.
D’un
tratto i suoi occhi si abituarono al buio e ciò che vide non lo rassicurò per
niente, non sentiva l’eco dei suoi passi e sembrava star camminando sul vuoto,
ma intorno a sé aveva delle pareti nere contrassegnate negli angoli da linee
bianche. “Sembra un videogioco 3D” e quasi quasi lo trovava divertente.
Non
ebbe il tempo di pensare altro che da quel pugno di nulla si sprigionarono delle
fiamme rosse spaventose che producevano un rumore simile alla fiamma ossidrica,
non smettevano di apparire e scomparire e Seth si sentiva immobilizzato e
terribilmente spaventato. Cercava di guardare da tutte le parti
contemporaneamente ma quei fuochi lo confondevano, durò qualche minuto poi
sopra il rumore dei kaiser di fuoco si aggiunse quello sommesso del pianoforte,
era una melodia forte e veloce come se volesse trasmettere la profonda
disperazione di chi la suonava, Seth la riconobbe immediatamente e sentì dentro
stringersi qualcosa, non sapeva dire se fosse il cuore.
<<
Sean! Sean dove sei? Fatti vedere ti prego! Sean! SEAN!!>> urlò con tutto
il fiato che aveva. In effetti una sagoma apparve tra i fuochi e il suono del
piano, ma Seth non riusciva a vederla perché era abbagliato. Scorse la figura
alzare le braccia verso il cielo e dalle fiamme giunsero delle voci, non erano
chiare, sembravano più un sussurro.
<<
Ma è normale quello? A volte lo vedo fissare il vuoto e sembra che i suoi occhi
cambino colore...>> ... <<
Penso stia cercando di nascondere una forma di autismo, anzi ne sono
sicura...>> ... << Bastardo!! Perché diavolo non ci badi tu a lui?
Tanto non riuscirà mai a prendere il posto di Sean!>> ... << Seth
sei un rifiuto, cerchi di essere quello che non sei, ma non ti
vergogni?>> ... << Seth, Sean è morto. Lo sai vero? E allora perché
cazzo non versi neanche una lacrima? Non meriti nulla.>>
Ad
un certo punto le voci si accavallarono e i gemiti di Seth si trasformarono in
un urlo scomposto mentre si portava le mani nelle tempie pregando a quella
sagoma di farli smettere.
<<
Seth... voltati.>>
Sentì
una voce sussurrarlo, o almeno pensò di averlo sentito. Intanto le altre voci
si erano fermate come un risucchio nel momento in cui la sagoma aveva abbassato
le braccia e sentì i suoi occhi posarsi su di lui che nel frattempo si era
posato in ginocchio e sembrava un cane bastonato. Si voltò lentamente e scorse
dietro di lui un’altra sagoma illuminata dai focolai, quando poté vedere
chiaramente osservò che aveva una di quelle maschere bianche senza alcuna
espressione che a volte si usano a carnevale, a lui avevano sempre fatto una
paura del diavolo. “Appunto...” pensò.
La
sagoma era seduta di fronte a qualcosa di più grande che a prima vista gli
sembrò un pianoforte, capì che allora era Sean e stava per precipitarsi da lui
quando dei rovi incandescenti lo acchiapparono per le braccia ustionandolo,
gettò un urlo disumano sentendo il dolore improvviso spodestargli il corpo.
La
sagoma che era Sean alzò una mano e si abbassò la maschera, rivelando due occhi
rossi che fecero ricordare a Seth le bestie malvagie dei film. Poi parlò, e ciò
che disse gli fece accapponare la pelle.
<<
Benvenuto nel mio mondo, Seth.>>
In
quell’istante desiderò svenire, ma era consapevole che le anime non svengono e
allora desiderò piangere, ma nemmeno quello era concesso in quel luogo.
Sembrava che solo le urla soddisfacessero l’ego del mostro dietro di lui che
continuava a piantargli gli occhi addosso.
Il
terrore stava iniziando ad insinuarsi dentro le sue vene, quel silenzio
abissale sembrava un preludio alla tragedia e iniziò a tremare completamente,
rantolando versi insignificanti. Non aveva il coraggi di girarsi per guardare
la Bestia e nemmeno di alzare lo sguardo verso suo fratello che un volto non ce
l’aveva più, ma solo una cupa faccia stagliata da due occhi sanguinanti. Lui
sarebbe diventato così? Una volta diventato anche lui un’anima dell’inferno
avrebbe perduto l’identità e l’unica cosa che gli sarebbe rimasta erano quegli
occhi rossi? Non lo accettava, era troppo anche per lui.
<<
L’hai voluto tu, Seth. Sei tu che ti sei conficcato quel dannato coltello nello
stomaco. Sei tu che ti sei fatto sopraffare dalla tua curiosità, dalla
disperazione di potermi vedere ridotto così. Seth ricordi quando eri bambino?
Mi ricordo di te con quei grandi occhioni verdi mentre mi guardavi sgomento
nella mia vasca di sangue nei miei ultimi istanti di vita, qui all’inferno sei
condannato a rimanere sempre lucido e a ricordare ogni singola parte della tua
disperazione per l’eternità, è questa ciò che chiamano “dannazione eterna”,
capisci Seth? Solo se tu obbedirai a Lui potrà concederti di dimenticare tutto,
ma nemmeno questo è bello, sappilo. So per certo di averti sussurrato di non
imitare mai ciò che avevo fatto e so che mi hai dato ascolto, per un po’.
Adesso è troppo tardi per rimediare, Seth. >>
Da
dietro si sentì un fruscio come un turbine di foglie in autunno che turbinano
in un viale deserto, i capelli di Seth si rizzarono e lentamente, ancora
limitato dai rovi meno incandescenti che lo ghermivano, si voltò per vedere.
Si trovò faccia a faccia con la Bestia.
I
suoi occhi erano enormi, rossi e brillanti come sangue, non aveva più la
maschera e adesso ghignava in modo disumano, alzò le mani e vide che portava le
unghia molto lunghe. Tutto il suo corpo era vero e sembrava sapesse solo
emettere ghigni. Gli sfiorò il volto come una donna innamorata, delicatamente.
Quel tocco iniziò quasi a piacergli e alzò gli occhi sperando che quel momento
non finisse mai. Fin quando non sentì scorrere del sangue caldo che dal suo
volto andava fino al collo inzuppandogli la maglia, non smetteva più di
scendere sembrava un torrente e allora l’orrore prese la sua gola e fece
l’unica cosa che dentro quel luogo era consentita, urlò.
La
Bestia sembrava compiaciuta dei suoi urli perché continuo a sprofondare le sue
unghie in quella che doveva essere carne e il suo ghigno si allargava sempre di
più. L’anima o il corpo di Seth iniziò a tremare come quando si hanno le
convulsioni e una scia di bava attraversò il sangue che sgorgava a fiotti, le
sue pupille raggiunsero una velocità inestimabile e fu in quel momento che Seth
volle morire di nuovo.
<<
Non si può Seth... Non si può...>> sussurrò il fratello dietro.
Lui
non poteva vederlo, non poteva girarsi, non poteva muoversi con quelle dita
conficcate nella faccia che facevano un male del diavolo, affermazione corretta
in quel contesto. Lui che si era ucciso per star vicino a suo fratello adesso
non poteva neanche avvicinarsi a lui.
<<
Sean...>> ansimò, cercando disperatamente di combattere il dolore che lo
attanagliava. La Bestia non batté ciglio, ma ora non ghignava più.
<<
Sean, so che puoi sentirmi, Sean lo sai che per tutto questo tempo ho vissuto
solo in tua funzione, ho cercato di essere un tuo degno successore, lo sai? Da
quando ti ho viso riverso in quella vasca, con gli occhi che avevano cambiato
colore, non so cosa ho pensato, ma sono sicuro di aver sentito la tristezza
avvinghiarsi al mio cuore così profondamente da non avere nemmeno il coraggio
di piangere. Io ti volevo molto bene Sean, ma tu mi hai abbandonato. Nella
mente di un bambino queste sono cose che ti colpiscono, cose che ti feriscono e
che lasciano i segni. Beh Sean io ho vissuto in modo da renderti fiero di me, anche
se alla fine non ce l’ho fatta, io ci ho provato Sean. Ma ora questa situazione
mi fa sentire nuovamente solo Sean, lo
capisci? Questo mostro mi sta dilaniando e tu stai lì dietro di me a non fare
nulla. Io... io...>> non riuscì a finire perché un altro urlo
s’impossessò della sua gola quando le unghia della Bestia scesero in basso e
affondarono sul petto, straziandolo gravemente.
<<
Tra un po’ sarà tutto finito Seth, è il rituale dell’inferno, non hai cuore,
non hai corpo. Qui puoi solo soffrire costantemente il dolore. Ma non hai
neanche la soddisfazione di sentir piangere il cuore o di poter piangere tu
stesso, qui si soffre e basta. Non posso avvicinarmi Seth, la mia posizione me
lo impedisce.>>
Seth
digrignò i denti. << Vai all’inferno, Sean.>>
<<
Ci siamo già.>>
“Cosa
è che sanguina se non ho un corpo?” si chiese Seth.
<<
E’ la tua anima, Seth. Tutto ciò che vedi è la tua anima, non puoi svenire o
piangere perché quelle sono prerogative del cuore e della mente e qui non sono
ammesse. Puoi solo urlare tutta l’angoscia che la tua anima ha represso per
tutti questi anni.>>
<<
Sta zitto Sean.>> sibilò Seth. << Sono stanco di sentirti parlare
come un fottuto professorino, io ero venuto qui per te, ma tu stai lasciando
che mi facciano tutto questo. Non sei ciò che mi aspettavo Sean, non sei il
fratello che credevo che fossi quando ero bambino, quando pensavo tu fossi un
eroe che si era sacrificato per me, quando mi piaceva pensare che se avessi
resistito alla furia dei nostri genitori tu saresti stato felice, quando
suonavo il pianoforte e pensavo che tu stessi dietro di me a guardarmi. Sono
stato un illuso e ora sto qui a patire le pene dell’inferno. Almeno abbi la
cortesia di star zitto.>>
Chiuse
gli occhi.
Dietro
di lui sentì un lamento, ma giurò di aver percepito un soffocamento nella voce,
come presa da un nodo in gola. “Qui non è possibile piangere.” si ricordò. Intanto
la Bestia aveva tolto le sue mani dal suo corpo e adesso sostava davanti a lui
senza parlare. Osservandolo con sguardo commiserevole, mentre Seth si era ormai
abbandonato a sé stesso.
Improvvisamente
tutto divenne sbiadito e le sue palpebre s’ingrigirono, la Bestia scomparve e pure
tutto ciò che aveva intorno. Rimase di nuovo solo col nulla e ciò gli provocò
un fremito di paura, di nuovo la calma che precede la tempesta. Era finalmente
libero da quei fastidiosi rovi che lo avevano ustionato terribilmente. In quel
momento si accorse di non respirare, non capì perché rimase così sorpreso visto
che non si trovava più nel mondo terreno, bensì nella dimensione dei morti e i
morti non hanno bisogno di respirare. Decise allora di concentrarsi e di
rimanere calmo, si mise il volto tra le mani e distese i nervi, il risultato
non fu pienamente soddisfacente, ma si accontentò.
<<
Seth... Seth...>>
I
suoi occhi si dilatarono, la sua bocca rimase aperta come in sospeso e quella
voce trafisse il suo intero corpo come una lama affilata, quella voce che aveva
tanto voluto sentire quando toccava quella fredda fronte senza sudore e quella
bocca che non emanava respiro. Si girò da una parte all’altra per capire da
dove proveniva, ma non lo scorgeva, non riusciva a vederlo da nessuna parte. La
frustrazione si stava impossessando di lui, il desiderio incondizionato di
poter rivedere il suo fratellino lo aveva colmato inizialmente di gioia, poi
tutto si era distrutto quando aveva pensato alle pene che avrebbe sofferto
all’inferno e si chiedeva come un bambino di soli 9 anni potesse essere
all’inferno.
<<
Vince! Vince dove sei? Fatti vedere per l’amore del cielo! VINCE!!>>
D’un
tratto una piccola sagoma si delineo nelle tenebre immense di quello spazio
informe, guardò disperatamente in quella direzione cercando di vedere, o meglio
sperando di vedere, il volto del
fratellino senza quell’odiosa maschera e quegli occhi rossi. Lui non poteva
essere un anima dell’inferno, era inconcepibile.
<<
Vince, fatti vedere Vince. >> era quasi una supplica verso quella sagoma
che si avvicinava sempre di più. Dentro di sé sentiva desiderio, ma anche
terrore. Quello non poteva essere l’anima di suo fratello, lui era in Paradiso,
ne era certo. Ma anche se quella doveva essere un illusione creata dalla
Bestia, poco importava, Seth aveva bisogno del calore di Vincent dopo quello
che aveva sofferto poco prima.
Ciò
che non sapeva, era che quello non era per niente il Vincent che conosceva, era
un bambino voluto dalla Bestia e un bambino voluto dalla Bestia non era mai
buono e gentile.
Seth
non aspettava altro che vedere suo fratello, ma quando lo vide, desiderò non
averlo mai visto.
Vincent
era abbagliato dagli sbuffi di fuoco che erano ricominciati, aveva quella
maledetta maschera e camminava avvolto in un mantello nero, le sue manine
sporgevano dalle maniche ed erano di un pallore cadaverico. Seth provò terrore, indietreggiò ma si accorte
che era inutile in quell’immenso spazio.
<<
Seth, Lui ha incaricato me. Devo farlo, scusa.>> disse una vocina ovattata dietro la maschera.
<<
Vincent tu non puoi essere qui, tu devi stare in Paradiso, cosa diavolo ci fai
qui dentro??>> urlò Seth.
Vincent
sospirò. << Scoprirai tutto a tempo debito, Seth.>> poi mise poi la
mano sinistra nella manica destra e ne estrasse un coltello che luccicò in
quelle tenebre. Seth spalancò gli occhi.
<<
Vince cosa vuoi fare? Eh? Non fare scherzi, non è divertente dannazione!>>
quasi balbettava, il bambino rimase fermo davanti a lui come in stato contemplativo, mentre
teneva il coltello nella pallida mano. Poi con un movimento veloce lo alzò con
entrambe le braccia e lo calò sulla testa di Seth, sprigionando una nera nube
che sembrava più uno sciame d’insetti.
<<
Io proclamo te, Seth, a diventare discepolo incondizionato della Bestia che
giace nella terra dei morti di cui sei risiedente. Giura di non tradirlo mai e
di obbedire ad ogni suo immenso ordine. Inoltre sei obbligato a non creare
disordine e a sommergere la tua anima di dolore che non ha nulla a che vedere
col dolore terreno. Rimpianto e frustrazione risiederanno per tutto il tuo
soggiorno indeterminato in queste terre desolate popolate dai fuochi, non ci
sarà né giorno né notte, ma solo oscurità perenne. Domanda costante perdono per
i mali da te commessi in modo da ricevere un trattamento migliore di quello
riservato ad altri tipi di pene. Detto questo adesso muterai in una vera anima
infernale. Addio.>>
Seth
sentiva dentro di se una rivoluzione ardente e il bruciore era insopportabile,
capì subito che quel bambino non era Vince, la Bestia aveva solo voluto farlo
avvicinare senza problemi. “Astuto...” pensò, ma non ebbe il tempo di fare
altro che il dolore lo avvolse completamente e prese ad urlare forsennatamente.
Mentre
cercava di tenere gli occhi aperti che per la prima volta tentavano
disperatamente di chiudersi, Seth voleva vedere il volto di Vince, anche se era
fittizio, anche se non era lui ed era invece il prodotto della Bestia, lui
voleva vederlo. Alzò un braccio, o almeno ci provò, e faticosamente raggiunse
il volto del bambino, fino a quando non raggiunse la maschera, mentre rantolava
per il dolore che lo aveva interamente invaso, mentre voleva tornare indietro a
quella sera di tanto tempo fa e far si che non succedesse nulla di tutto
questo, afferrò la maschera di un Vince immobile e la strappò via. La sua
faccia era oscurata dalle tenebre, in quel posto nulla si vedeva chiaramente,
ma la cosa che sperò di vedere erano i suoi occhioni neri e non quegli obbrobri
rossi che aveva visto prima. Li vide, i suoi occhi neri che lo osservavano
dall’alto in severo silenzio.
<<
Anche se non sono i tuoi Vince, mi fa sentire felice che ne abbia potuto vedere
almeno una copia, prima che la mia coscienza sparisca, dì al vero Vince che gli
ho voluto...sempre...bene...>> dicendo questo chiuse gli occhi e lasciò
scivolare la mano sulla sua guancia candida e si stupì di trovarla bagnata.
Dopo
un ultimo sbuffo di fuoco che rivelò la faccia addolorata del bambino, Vince
perse i sensi, la sua coscienza e la sua identità per sempre.
Mentre camminavo tra i fuochi
dell'inferno, deliziato dai godimenti del genio..
Quando
si svegliò la trasformazione era completa, indossava una tunica nera e una
maschera bianca. Era ufficialmente un’anime della Bestia e si crogiolava su un
godimento che non c’era. Una volta che aprì gli occhi non ricordò nulla, nulla
di tutto ciò che aveva passato sia nella vita terrena che nel suo soggiorno
all’inferno, era un’anima senza volontà e senza desideri, una bambola in un
certo senso. I fuochi non avevano smesso di sbuffare nel frattempo e ad un
certo punto sembrò che si trovasse in un circo o in qualche concerto con
effetti speciali, il suo cammino era prestabilito bastava solo percorrerlo
lentamente fino ad arrivare alla Bestia che gli avrebbe dato l’ingiunzione
finale. In quel luogo non poteva mentire ne a sé stesso ne a gli altri, ma
sentiva dentro di sé una traccia di coscienza rimasta come una macchia
persistente su un vestito appena lavato. Quel piccolo strato di ricordo aveva
un nome e un volto, Sean.
Finalmente
giunse a destinazione e si prostrò di fronte alla Bestia che sedeva su un trono
di pietra e lo osservava coi consueti occhi rosso fuoco, Seth chinò il capo e
si preparò a ricevere l’ultimo atto per diventare un anima completa. Rimase in
attesa per un bel po’, quasi si preoccupò e stava per alzare la testa, quando
la Bestia parlò e fu come un fulmine a ciel sereno.
<<
Non posso congiungere le mani sopra il tuo capo finché non avrai abbandonato
anche l’ultima goccia di coscienza che risiede nel tuo corpo, voi siete mia
esclusiva proprietà e non voglio che sentimentalismi di alcun genere vengano a
prevenire il vostro dovere di diavoli, se vuoi passare dalla parte dei forti,
dimentica. Altrimenti finirai nella parte più sacrilega dell’inferno dove patirai pene ancora
peggiori di quante tu ne abbia sofferte al tuo arrivo. Dimentica. Dimentica e
sarai salvato.>>
Seth
chiuse gli occhi. << Sì, oh mio Signore.>> finse di dimenticare chi
era e chi aveva conosciuto.
Allora
Satana giunse le mani sopra il suo capo e dopo aver mormorato una litania a lui
sconosciuta poggiò le mani sui suoi capelli impregnandoli di un liquido
bollente che però non sentì. Non aveva percezione di nulla, ora era un’anima
completa. S’inchinò e andò via.
Camminò
senza una meta precisa per un lungo tratto, mentre adesso non c’erano più solo
pareti scure, ma vedeva altre anime come lui passargli accanto senza fermarsi,
ognuno affaccendato a fare chissà cosa.
Si
sedette sopra un qualcosa che doveva essere un cumulo e rimase così, guardando
il nulla con i suoi occhi color fuoco. Non aveva idea di dove si trovasse Sean
e cercarlo sarebbe sembrato sospetto, per cui lo aspettò, tanto aveva tempo da
perdere.
Non
aveva idea di quanto tempo avesse passato su quel cumulo, non lo voleva sapere,
ma quando riconobbe Sean in quella fila di maschere tutte uguali, tutto sembrò
avere meno importanza. Si alzò barcollando col mantello e si avvicinò toccando
l’altra anima, questa si girò stranita, evidentemente non era usanza toccarsi
in quel luogo, io indietreggiai un passo.
<<
Posso parlarti?>> chiesi con voce soffocata dalla maschera. Ero sicuro che
non ricordasse nulla, come lui, tranne per quel piccolo particolare.
Lui
annuì impercettibilmente e si avviarono più lontano dove erano meno visibili.
<<
Cosa devi dirmi?>> disse lui. Sentire la sua voce gli fece mancare il
fiato per un secondo, ma dato che non provavano emozioni, né tantomeno
respiravano, fu solo una sensazione.
<<
Io e te siamo fratelli.>> disse in modo diretto, la sua espressione non
cambiò. << Lo so.>> gli rispose e rimase di stucco. “Lo sapeva?
Allora anche lui ha ingannato la Bestia.”
<<
Sei uno stolto. Dirlo ad alta voce potrebbe essere un suicidio. Perché me lo
dici? Cosa pensi di ottenere dicendomelo? Pur ammettendo che io non lo sapessi,
cosa vorresti fare?>> chiese scettico lui e lo mise in crisi. In verità
non aveva idea di cosa fare una volta che glielo avesse detto. << Non lo
so.>> disse sinceramente. L’altro abbassò il capo. << Moriremo
entrambi, tra molto poco.>>
Seth
lo guardò scettico. << Non siamo già morti?>>, Sean sospirò.
<< No, può tranquillamente polverizzarci e porre fine alle nostre vite,
grazie alla tua stoltezza ci ha sentiti, lo sento arrivare. Lui odia essere
preso in giro.>>
Seth
chiuse gli occhi. “Alla fine sono solo riuscito ad essere inutile come
sempre...” , poi sentì una mano sulla spalla. << Non preoccuparti, quando
ci polverizzerà non sentirai dolore, non senti nulla in questo stato, solo la
paralisi delle cose, è terribile. Sono contento che tu non l’abbia vissuto più
a lungo.>>
<<
Sento il bisogno di piangere, adesso.>> sussurrai. << Non
puoi.>> <
Si
abbracciarono, ma non riuscì a sentire nessuna emozione. Andava bene così,
aspettava di abbracciarlo da anni e anni e non pensava di poterlo fare giusto
mentre moriva una seconda volta. Il fuoco che si abbatté su di loro poco dopo
fu eclatante e maestoso, un’enorme palla di fiamme roventi si dischiuse facendo
vedere la Bestia sempre in penombra, ci piantò il suo sguardo addosso e rimase
fermo.
<<
Anime in pena, se avete anche solo pensato che mi fossi bevuto la menzogna vi
sbagliate di grosso. Aspettavo l’occasione che uno di voi facesse lo sbaglio e
sapevo che il più piccolo avrebbe fatto un passo falso. Ora accettate il
destino e patite la vera morte, diventate polvere e contribuite al terreno che
avete sotto i piedi, memore di milioni di morti. Vi ordino di regredire allo
stato di polvere e adagiarvi per permettere alle anime di calpestarvi per il
resto dell’eternità.>> dopo di che
alzò le mani e iniziò a ridere malvagiamente fino a farci sanguinare le
orecchie. Sean cadde improvvisamente all’indietro e Seth lo prese sulle
braccia, lui tremava e sembrava molto leggero, lo posizionò in modo da poterlo
vedere, poi gli tolse la maschera e vide il suo volto pallido che boccheggiava.
Non aveva più gli occhi rossi, ora c’erano le sue pupille a guardarlo e
improvvisamente scoppiò a piangere, un pianto solitario e triste. <<
Prima di polverizzarsi alle anime è concesso di piangere...>> disse
piano. << Volevo farlo da tanti anni, ho sempre aspettato questo
momento...>> mise una mano nella guancia di Seth. << Seth,
fratellino, come sei cresciuto! Mi sei mancato sai? Da qui non potevo vederti
piccolo Seth, ma sei cresciuto bene, mi fa piacere. Devo chiederti scusa per
tutto quello che ti ho fatto passare per la mia vigliaccheria, spero un giorno
mi perdonerai. Addio Seth, stavolta per sempre, sappi che ti ho voluto molto
bene, mi spiace che sia finita così.>>
Mi
ritrovai solo polvere nelle mani, e sentii i miei piedi come sciogliersi in
gelatina, il processo fu veloce e così anch’io mi ritrovai come polvere in quel
pavimento di anime morte.
Aprii gli occhi e mi ritrovai a
fissare il soffitto bianco di una stanza. All’inizio era tutto appannato e non
vedevo bene, poi girai piano le pupille per guardarmi intorno senza osare
muovere la testa, e vidi una finestra spoglia e un tavolo vuoto. Capii di
essere in ospedale quando risaltarono ai miei occhi i mille macchinari
attaccati alla mia persona. Sentii un ronzio e il bip sonoro del macchinario
che contava diligentemente le mie pulsazioni.
“Sono in un ospedale...” pensai
stordito, come in trance. “Sono vivo...” pensai subito dopo, e tutto ciò che
avevo vissuto mi passò per la mente come un flashback doloroso. Le lacrime
iniziarono a sgorgare senza controllo, bagnandomi le orecchie e i capelli,
iniziai a singhiozzare provocando singulti nel mio petto e mi sentivo talmente
pesante...
Poi un viso si stagliò nella luce
che traspariva dalla finestra e lo sentii trattenere il fiato mentre lo
osservavo con gli occhi appannati dalle lacrime.
<< Pa..pà?>> dissi con
una voce talmente flebile che anch’io faticai ad udire. Lo sentii fare un
verso, come un lamento e poi le sue lacrime raggiunsero il mio viso già
fradicio. << Seth, oh mio Dio Seth ti sei svegliato, Dio ti ringrazio...
>> poi uscì velocemente dalla stanza per andare a chiamare un dottore. Distesi
le labbra in quello che doveva essere un sorriso e mi sentii felice di vivere,
di vedere mio padre gioioso di me, addirittura di vederlo piangere per me. D’un
tratto mi venne davanti il viso di Vince, attorniato da quei fuochi, bagnato di lacrime e mi misi a
singhiozzare nuovamente. << Vince, perché sei andato via, perché?>>
Sentii entrare i dottori, uno con
la faccia piacevolmente simpatica si chinò davanti a me e vide con espressione
sbigottita che avevo davvero gli occhi aperti, sorrise ampiamente e mi fece il
segno dell’ok col pollice. << Sei davvero in gamba, ragazzo, smettila di
piangere. Ho davvero assistito a un miracolo, dovresti sorridere, tuo padre è
qui da mesi in attesa del tuo risveglio, nonostante gli avessimo detto che le
speranze scarseggiavano, che il tuo coma era irreversibile, si è sempre
ostinato a non voler staccare le macchine. “Starò qui per tutta la vita se sarà
necessario, i soldi non mancano e a casa nessuno mi aspetta.” soleva dire
sempre. Ora guardalo.>> Indicò mio padre che dietro di lui continuava a versare
lacrime silenziose come un bambino. Sorrisi e alzai debolmente la mano e gli
feci segno di avvicinarsi, il dottore si scostò e lui venne immediatamente.
<< Abbracciami...papà.>> sussurrai. Lui allora mise goffamente le
braccia dietro la mia schiena e mi sollevò dal letto stringendomi pieno di
calore. Lo sentii piangere più forte, ma non trovi la forza di alzare le
braccia. << Ti voglio bene Seth, figlio mio, ti voglio bene...>>
quasi urlò, non seppe contenersi e vidi i dottori commossi uscire dalla stanza.
Quando si sciolse dall’abbraccio e mi sistemò per bene nel letto, lo guardai.
<< Sai papà, pensavo di essere all’inferno, ho sognato Satana e Sean che
era diventato un’anima dell’aldilà. E’ stato orribile, ma lui mi ha detto tante
cose. Era molto triste papà, ma non sono riuscito per l’ennesima volta a
confortarlo, sono proprio un fratello inutile. Ho pure visto Vince, lui
piangeva...>> mio padre mi guardò con gli occhi gonfi di pianto.
<< Sta tranquillo Seth, d’ora
in poi vivremo insieme in modo felice, andremo ogni week end al cimitero e
permetterò che tu viva una vita felice, cercheremo di superare tutto questo una
volta che ti dimetteranno, devi promettermi che sarai forte.>> poi
sorrise e io annuii.
Sean, so che puoi sentirmi, volevo
solo ringraziarti. Grazie a te e al tuo spirito sono riuscito a maturare, spero
sarai felice di vedere me e papà così speranzosi per il futuro.
Alla fine di questa storia rivolgo
un pensiero a te e a Vince, le persone più importanti della mia vita, augurandovi
la felicità ovunque voi siate.
FINE