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Autore: Aisu Yuurei    23/09/2009    0 recensioni
“Ho lasciato che la mia vita si distruggesse su un destino già stabilito.”
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mentre quelle dita battevano all’impazzata i tasti di quel pianoforte, Seth non c’era.

Seth sentiva, percepiva, piangeva, singhiozzava. Ma non era lì.

Sentì suo padre entrare, urlare e piangere come un  disperato, sentì il suo cuore spezzarsi, sentì il vuoto.

Il vuoto.

Non ricordava nulla, la sua mente si rifiutava di ricordare qualsiasi cosa riguardasse Vince, più lui ci stava provando più non ci riusciva.

La sua mente si rifiutava categoricamente di ricordare.

Quel suono glielo impediva, si era perso nella follia delle note, nel ricordo che esse avevano.

Era come se quelle note tenessero per loro il ricordo di Vince, gelose che lui glielo rubasse.

Ma Vince era suo, Vince era il suo dolce fratellino, colui che gli permetteva di essere sincero, colui che amava con tutta l’anima, colui per cui avrebbe dato la vita. E allora perché continuava a suonare quel fottuto pianoforte, perché non si era già ucciso?

Perché aveva semplicemente paura, una pura e fottuta paura che lo attanagliava.

Quando aveva visto Sean in un mare di sangue, a soli quattro anni, aveva avuto una fifa blu della morte per tutti gli anni a venire. Nella sua testa c’era una sola frase dominante: “la morte ti porta via le persone a cui vuoi bene, per cui la morte è una brutta cosa.”

La morte aveva portato via Sean a Seth proprio quando lui aveva scoperto di volergli bene, quando aveva deciso di stargli vicino. Al funerale non aveva neppure pianto, pensava che lasciandosi andare alla disperazione avrebbe finito per fare come Sean e lui non avrebbe voluto. Era sicuro che lo stava guardando da qualche parte lassù e non voleva deluderlo, voleva essere forte al suo posto, voleva vivere la vita che lui non aveva potuto vivere. Voleva essere felice per Sean. Voleva sopportare in silenzio per Sean.

Voleva essere tutto ciò che Sean non era stato.

Quando era nato Vince, Seth si era rivisto in quel bambino, si era ripromesso di volergli bene come Sean aveva fatto con lui, si era promesso di aiutarlo a superare le paure e di dedicare tutte le sue attenzioni a lui.

“ Seth, anch’io ti voglio molto bene, non morire...”

E invece era morto lui.

Aveva pianto, si era disperato, aveva ucciso sua madre e mandato alla pazzia suo padre.

Si meritava l’inferno, e lo avrebbe ottenuto.

Smise di suonare e appoggiò la testa sopra il leggio, facendolo cadere, le lacrime non smisero di scorrere e non si limitò più a singhiozzare, urlò facendo compagnia al padre che di là intonava una litania disperata.

Ad un tratto sentì dei passi provenire dall’altra stanza e dirigersi verso la sua. Seth si asciugò le lacrime con la manica e aspettò che il padre sfogasse tutta la sua furia su di lui. Ne aveva tutto il diritto anche se la colpa non era di nessuno, tantomeno propria. Probabilmente era ubriaco e nella peggiore delle ipotesi avrebbe alzato le mani su di lui, privo di ragione. Si voltò nella stessa posizione per vedere la sua ombra arrivare, i suoi occhi erano gonfi e rossi di pianto, ma dubitava che avrebbero intenerito il padre furente. L’ombra finalmente giunse e si stagliò sul pavimento della stanza come un orco, a Seth parve di sentire la litania del gigante che diceva: “Ucci ucci sento odore di problemucci.”, quasi gli venne da ridere, ma più per disperazione che per altro.

Suo padre lo guardò in silenzio per un tempo che gli sembrò infinito, cercava di trovare una risposta senza porre una domanda e l’unica cosa che ebbe tempo di notare era che era tutto tranne che ubriaco.

Forse per la prima sera in quindici anni era perfettamente sobrio e fu quello il ringraziamento che si trovò in casa; una carneficina e suo figlio disperato che suonava il pianoforte come un cliché dei film d’orrore.

Continuava a fissarlo senza dire nulla e Seth sentì improvvisamente nelle narici una zaffata di odore di sangue, in tutto quel tempo non aveva nemmeno avuto il tempo di accorgersene, gli risalirono le lacrime e cercò di ricacciarle indietro con scarsi risultati. Non aveva la forza di parlare e suo padre si ostinava a stare in silenzio, mettendolo a disagio, al punto di pensare che sarebbero rimasti così tutta la notte, finché finalmente non sentì la sua voce gutturale e strozzata dal pianto, fu come ricevere una coltellata in pieno petto.

<< Hai del sangue nel collo, sai? Mi ricorda lo stesso sangue che aveva Sean quando lo trovammo morto nel bagno, e c’è pure lo stesso odore sai? Lo ricordi? Stesso sangue, stesso odore, stesse circostante, come si fa a non avere un deja vu?>> non riusciva quasi a parlare correttamente, Seth si sentì montare di nuovo quelle maledette lacrime. << Papà ascolta...>> ma fu fermato dalla mano dell’uomo che si alzò e scosse la testa.

<< Non dire nulla, mi spiegherai tutto a tempo debito, adesso rischio di impazzire...>>

“Probabilmente impazzirai lo stesso.” pensò sconsolato Seth.

Si mise per bene, togliendosi da quella scomoda posizione che gli faceva scricchiolare la povera colonna vertebrale, poi iniziò a raccontare nonostante l’avvertimento del padre.

Sentiva di doverlo fare perché aveva poco tempo.

Raccontò di come la madre gli avesse teso un tranello mandandolo fuori casa, di come lui se ne fosse accorto troppo tardi e che quando entrò in casa trovò il fratellino accoltellato e la madre svenuta, di come in un impeto di rabbia avesse inzuppato il coltello del sangue della madre e infine andò a suonare il pianoforte per rendere Sean partecipe della sciagura attraverso lui.

Le labbra di suo padre tremarono e progressivamente strinse i pugni poi come se un masso gli fosse caduto addosso si inginocchio e iniziò un lento lamento agitandosi avanti e indietro come in trance.

<< Perché l’ha fatto, perché mi ha portato via mio figlio? Cosa le è passato in mente maledizione!>> e così via.

Seth sentiva di non poter più stare in quella stanza buia così uscì nel corridoio e si diresse verso la stanza in cui giaceva Vince, appena lo vide subito le lacrime minacciarono di uscire fuori e Seth glielo lasciò fare, s’inginocchiò vicino al bambino e prese ad accarezzargli i capelli con fare affettuoso mentre la mano gli tremava, poi gli baciò la fronte fredda. << Sii forte lassù, birbantone.>> cercò di sorridere ma ciò che venne fuori fu un altro verso strozzato e il nodo in gola che si ingigantiva sempre di più.

Non guardò nemmeno la madre e uscì.

<< Dove vai?>> chiese debolmente il padre vedendo Seth dirigersi verso la porta d’ingresso.

Il ragazzo si fermò a guardare i regali caduti sul pavimento, cominciava a fargli male la testa per il troppo pianto e vedeva tutto appannato, ma riuscì a scorgere il modellino di auto d’epoca e lo spartito per piano. Per qualche istante le corde vocali non riuscirono ad emettere alcun suono, serrate dal groppo, poi voltò lentamente il viso verso suo padre.

<< Da Sean...>> e chiuse la porta.

 

Fuori il vento sibilava e l’odore di pioggia non riusciva a sovrastare quello del sangue nelle narici di Seth, d’altronde pensava che entrambi avessero come un aroma ferroso. Si accorse dopo un po’ che stava camminando in una maniera strana, come ricurva e allora la presenza di Sean si fece più pressante, sapeva già dov’era diretto e sperava di arrivarci in fretta.

Per la prima volta in tutta la sua vita non si godè il percorso, non guardò nulla, non sentì nulla. << Suppongo sia così quando stai per fare il passo definitivo, ti sentivi così Sean? Quella mattina di tredici anni fa?>> sussurrò. Arrivò finalmente a destinazione e si trovò davanti ad un imponente cancello scuro che bloccava il passaggio, ovviò il problema scavalcandolo abilmente fino a fare un salto giù e a sentire le suole delle scarpe strisciare nel terreno quando perse l’equilibrio e batté la nuca, per un po’ vide le stelle poi riemerse dal torpore e si avviò verso la landa che dava il benvenuto alle anime morte.

Il cimitero.

Tra tutte quelle lapidi Seth ne cercava una sola, si aggirava sperduto in quel villaggio di morti e cercava di scorgere nel buio il nome del fratello. << Cazzo dov’è?>> imprecò a fior di labbra non riuscendo a scorgerla. Poi riuscì a trovarla, l’ultima tomba a sinistra.

Allora iniziò di nuovo a diluviare e Seth s’inginocchio col peso della pioggia sulle spalle, raccolse le mani e le posizionò giù come se stesse pregando.

<< Vedi un po’ Sean come mi sono ridotto?>> rise, ma era una risata che portava con sé frustrazione.

<< Proprio come te...>> proseguì << Sembra una maledizione, io che avevo giurato di vendicare la tua morte rifiutandola io stesso, ora sono qui in procinto di sciogliere quel giuramento. Potrai mai perdonarmi? Spero mi perdonerai all’inferno, sempre che là esista il perdono, spero di vederti e spero di poter finalmente consolare quella tua solitudine. Non voglio vedere più solo la tua schiena curva.>>

Si fermò ed estrasse il coltello dalla tasca, l’aveva prelevato a sua madre prima di uscire, gocciolava ancora un po’ di pioggia un po’ di sangue. Lo guardò, lo rigirò tra le mani che gli tremavano, poi iniziò a sentire freddo. Guardò timoroso la lastra di marmo che lo guardava rabbiosamente (o almeno così pareva a Seth).

<< Sto facendo la cosa giusta Sean? Ti prego dammi un segno, dimmi se sto facendo o no la scelta giusta, non lasciarmi da solo, non di nuovo...>>  I suoi occhi erano sgranati, il terrore lo aveva assalito di colpo. La sua sicurezza era andata a farsi benedire e d’un tratto non voleva farlo.

<< Dannazione, sono proprio un codardo.>> sibilò.

E fu allora che la rabbia prese il sopravvento, conficcò il coltello nello stomaco e il bruciore fu immediato. Vide prima doppio e poi triplo, finché il nero non lo inghiottì.

 

Inizialmente vide solo buio pesto, sapeva di essere disteso perché sentiva sotto la schiena qualcosa di duro, ma non troppo. Aprire gli occhi fu come non aprirli visto che non vedeva nulla intorno a sé. Cercò di alzarsi a sedere, non avvertiva forza di gravità che lo spingesse in quella specie di terreno su cui sostava, ma nello stesso tempo non riusciva a volare. La leggerezza però era tangibile, il suo corpo sembrava un guscio vuoto. “ Si ci sente così quando si è anime?” pensò e si sorprese di pensare, non credeva che i fantasmi pensassero ma da un certo punto di vista lui non sapeva nulla sulla vita dell’aldilà. Si decise a camminare sperando di trovare qualcosa da qualche parte, quell’immensa distesa di nulla era soffocante e lo faceva diventare isterico, forse era proprio quello l’inferno, la dannazione eterna a vivere nel nulla. Sperò ardentemente che non fosse così.

D’un tratto i suoi occhi si abituarono al buio e ciò che vide non lo rassicurò per niente, non sentiva l’eco dei suoi passi e sembrava star camminando sul vuoto, ma intorno a sé aveva delle pareti nere contrassegnate negli angoli da linee bianche. “Sembra un videogioco 3D” e quasi quasi lo trovava divertente.

Non ebbe il tempo di pensare altro che da quel pugno di nulla si sprigionarono delle fiamme rosse spaventose che producevano un rumore simile alla fiamma ossidrica, non smettevano di apparire e scomparire e Seth si sentiva immobilizzato e terribilmente spaventato. Cercava di guardare da tutte le parti contemporaneamente ma quei fuochi lo confondevano, durò qualche minuto poi sopra il rumore dei kaiser di fuoco si aggiunse quello sommesso del pianoforte, era una melodia forte e veloce come se volesse trasmettere la profonda disperazione di chi la suonava, Seth la riconobbe immediatamente e sentì dentro stringersi qualcosa, non sapeva dire se fosse il cuore.

<< Sean! Sean dove sei? Fatti vedere ti prego! Sean! SEAN!!>> urlò con tutto il fiato che aveva. In effetti una sagoma apparve tra i fuochi e il suono del piano, ma Seth non riusciva a vederla perché era abbagliato. Scorse la figura alzare le braccia verso il cielo e dalle fiamme giunsero delle voci, non erano chiare, sembravano più un sussurro.

<< Ma è normale quello? A volte lo vedo fissare il vuoto e sembra che i suoi occhi cambino colore...>>  ... << Penso stia cercando di nascondere una forma di autismo, anzi ne sono sicura...>> ... << Bastardo!! Perché diavolo non ci badi tu a lui? Tanto non riuscirà mai a prendere il posto di Sean!>> ... << Seth sei un rifiuto, cerchi di essere quello che non sei, ma non ti vergogni?>> ... << Seth, Sean è morto. Lo sai vero? E allora perché cazzo non versi neanche una lacrima? Non meriti nulla.>>

Ad un certo punto le voci si accavallarono e i gemiti di Seth si trasformarono in un urlo scomposto mentre si portava le mani nelle tempie pregando a quella sagoma di farli smettere.

<< Seth... voltati.>>

Sentì una voce sussurrarlo, o almeno pensò di averlo sentito. Intanto le altre voci si erano fermate come un risucchio nel momento in cui la sagoma aveva abbassato le braccia e sentì i suoi occhi posarsi su di lui che nel frattempo si era posato in ginocchio e sembrava un cane bastonato. Si voltò lentamente e scorse dietro di lui un’altra sagoma illuminata dai focolai, quando poté vedere chiaramente osservò che aveva una di quelle maschere bianche senza alcuna espressione che a volte si usano a carnevale, a lui avevano sempre fatto una paura del diavolo. “Appunto...” pensò.

La sagoma era seduta di fronte a qualcosa di più grande che a prima vista gli sembrò un pianoforte, capì che allora era Sean e stava per precipitarsi da lui quando dei rovi incandescenti lo acchiapparono per le braccia ustionandolo, gettò un urlo disumano sentendo il dolore improvviso spodestargli il corpo.

La sagoma che era Sean alzò una mano e si abbassò la maschera, rivelando due occhi rossi che fecero ricordare a Seth le bestie malvagie dei film. Poi parlò, e ciò che disse gli fece accapponare la pelle.

<< Benvenuto nel mio mondo, Seth.>>

 

In quell’istante desiderò svenire, ma era consapevole che le anime non svengono e allora desiderò piangere, ma nemmeno quello era concesso in quel luogo. Sembrava che solo le urla soddisfacessero l’ego del mostro dietro di lui che continuava a piantargli gli occhi addosso.

Il terrore stava iniziando ad insinuarsi dentro le sue vene, quel silenzio abissale sembrava un preludio alla tragedia e iniziò a tremare completamente, rantolando versi insignificanti. Non aveva il coraggi di girarsi per guardare la Bestia e nemmeno di alzare lo sguardo verso suo fratello che un volto non ce l’aveva più, ma solo una cupa faccia stagliata da due occhi sanguinanti. Lui sarebbe diventato così? Una volta diventato anche lui un’anima dell’inferno avrebbe perduto l’identità e l’unica cosa che gli sarebbe rimasta erano quegli occhi rossi? Non lo accettava, era troppo anche per lui.

<< L’hai voluto tu, Seth. Sei tu che ti sei conficcato quel dannato coltello nello stomaco. Sei tu che ti sei fatto sopraffare dalla tua curiosità, dalla disperazione di potermi vedere ridotto così. Seth ricordi quando eri bambino? Mi ricordo di te con quei grandi occhioni verdi mentre mi guardavi sgomento nella mia vasca di sangue nei miei ultimi istanti di vita, qui all’inferno sei condannato a rimanere sempre lucido e a ricordare ogni singola parte della tua disperazione per l’eternità, è questa ciò che chiamano “dannazione eterna”, capisci Seth? Solo se tu obbedirai a Lui potrà concederti di dimenticare tutto, ma nemmeno questo è bello, sappilo. So per certo di averti sussurrato di non imitare mai ciò che avevo fatto e so che mi hai dato ascolto, per un po’. Adesso è troppo tardi per rimediare, Seth. >>

Da dietro si sentì un fruscio come un turbine di foglie in autunno che turbinano in un viale deserto, i capelli di Seth si rizzarono e lentamente, ancora limitato dai rovi meno incandescenti che lo ghermivano, si voltò per vedere.

Si trovò faccia a faccia con la Bestia.

I suoi occhi erano enormi, rossi e brillanti come sangue, non aveva più la maschera e adesso ghignava in modo disumano, alzò le mani e vide che portava le unghia molto lunghe. Tutto il suo corpo era vero e sembrava sapesse solo emettere ghigni. Gli sfiorò il volto come una donna innamorata, delicatamente. Quel tocco iniziò quasi a piacergli e alzò gli occhi sperando che quel momento non finisse mai. Fin quando non sentì scorrere del sangue caldo che dal suo volto andava fino al collo inzuppandogli la maglia, non smetteva più di scendere sembrava un torrente e allora l’orrore prese la sua gola e fece l’unica cosa che dentro quel luogo era consentita, urlò.

La Bestia sembrava compiaciuta dei suoi urli perché continuo a sprofondare le sue unghie in quella che doveva essere carne e il suo ghigno si allargava sempre di più. L’anima o il corpo di Seth iniziò a tremare come quando si hanno le convulsioni e una scia di bava attraversò il sangue che sgorgava a fiotti, le sue pupille raggiunsero una velocità inestimabile e fu in quel momento che Seth volle morire di nuovo.

<< Non si può Seth... Non si può...>> sussurrò il fratello dietro.

Lui non poteva vederlo, non poteva girarsi, non poteva muoversi con quelle dita conficcate nella faccia che facevano un male del diavolo, affermazione corretta in quel contesto. Lui che si era ucciso per star vicino a suo fratello adesso non poteva neanche avvicinarsi a lui.

<< Sean...>> ansimò, cercando disperatamente di combattere il dolore che lo attanagliava. La Bestia non batté ciglio, ma ora non ghignava più.

<< Sean, so che puoi sentirmi, Sean lo sai che per tutto questo tempo ho vissuto solo in tua funzione, ho cercato di essere un tuo degno successore, lo sai? Da quando ti ho viso riverso in quella vasca, con gli occhi che avevano cambiato colore, non so cosa ho pensato, ma sono sicuro di aver sentito la tristezza avvinghiarsi al mio cuore così profondamente da non avere nemmeno il coraggio di piangere. Io ti volevo molto bene Sean, ma tu mi hai abbandonato. Nella mente di un bambino queste sono cose che ti colpiscono, cose che ti feriscono e che lasciano i segni. Beh Sean io ho vissuto in modo da renderti fiero di me, anche se alla fine non ce l’ho fatta, io ci ho provato Sean. Ma ora questa situazione  mi fa sentire nuovamente solo Sean, lo capisci? Questo mostro mi sta dilaniando e tu stai lì dietro di me a non fare nulla. Io... io...>> non riuscì a finire perché un altro urlo s’impossessò della sua gola quando le unghia della Bestia scesero in basso e affondarono sul petto, straziandolo gravemente.

<< Tra un po’ sarà tutto finito Seth, è il rituale dell’inferno, non hai cuore, non hai corpo. Qui puoi solo soffrire costantemente il dolore. Ma non hai neanche la soddisfazione di sentir piangere il cuore o di poter piangere tu stesso, qui si soffre e basta. Non posso avvicinarmi Seth, la mia posizione me lo impedisce.>>

Seth digrignò i denti. << Vai all’inferno, Sean.>>

<< Ci siamo già.>>

“Cosa è che sanguina se non ho un corpo?” si chiese Seth.

<< E’ la tua anima, Seth. Tutto ciò che vedi è la tua anima, non puoi svenire o piangere perché quelle sono prerogative del cuore e della mente e qui non sono ammesse. Puoi solo urlare tutta l’angoscia che la tua anima ha represso per tutti questi anni.>>

<< Sta zitto Sean.>> sibilò Seth. << Sono stanco di sentirti parlare come un fottuto professorino, io ero venuto qui per te, ma tu stai lasciando che mi facciano tutto questo. Non sei ciò che mi aspettavo Sean, non sei il fratello che credevo che fossi quando ero bambino, quando pensavo tu fossi un eroe che si era sacrificato per me, quando mi piaceva pensare che se avessi resistito alla furia dei nostri genitori tu saresti stato felice, quando suonavo il pianoforte e pensavo che tu stessi dietro di me a guardarmi. Sono stato un illuso e ora sto qui a patire le pene dell’inferno. Almeno abbi la cortesia di star zitto.>>

Chiuse gli occhi.

Dietro di lui sentì un lamento, ma giurò di aver percepito un soffocamento nella voce, come presa da un nodo in gola. “Qui non è possibile piangere.” si ricordò. Intanto la Bestia aveva tolto le sue mani dal suo corpo e adesso sostava davanti a lui senza parlare. Osservandolo con sguardo commiserevole, mentre Seth si era ormai abbandonato a sé stesso.

 

Improvvisamente tutto divenne sbiadito e le sue palpebre s’ingrigirono, la Bestia scomparve e pure tutto ciò che aveva intorno. Rimase di nuovo solo col nulla e ciò gli provocò un fremito di paura, di nuovo la calma che precede la tempesta. Era finalmente libero da quei fastidiosi rovi che lo avevano ustionato terribilmente. In quel momento si accorse di non respirare, non capì perché rimase così sorpreso visto che non si trovava più nel mondo terreno, bensì nella dimensione dei morti e i morti non hanno bisogno di respirare. Decise allora di concentrarsi e di rimanere calmo, si mise il volto tra le mani e distese i nervi, il risultato non fu pienamente soddisfacente, ma si accontentò.

<< Seth... Seth...>>

I suoi occhi si dilatarono, la sua bocca rimase aperta come in sospeso e quella voce trafisse il suo intero corpo come una lama affilata, quella voce che aveva tanto voluto sentire quando toccava quella fredda fronte senza sudore e quella bocca che non emanava respiro. Si girò da una parte all’altra per capire da dove proveniva, ma non lo scorgeva, non riusciva a vederlo da nessuna parte. La frustrazione si stava impossessando di lui, il desiderio incondizionato di poter rivedere il suo fratellino lo aveva colmato inizialmente di gioia, poi tutto si era distrutto quando aveva pensato alle pene che avrebbe sofferto all’inferno e si chiedeva come un bambino di soli 9 anni potesse essere all’inferno.

<< Vince! Vince dove sei? Fatti vedere per l’amore del cielo! VINCE!!>>

D’un tratto una piccola sagoma si delineo nelle tenebre immense di quello spazio informe, guardò disperatamente in quella direzione cercando di vedere, o meglio sperando di vedere, il volto del fratellino senza quell’odiosa maschera e quegli occhi rossi. Lui non poteva essere un anima dell’inferno, era inconcepibile.

<< Vince, fatti vedere Vince. >> era quasi una supplica verso quella sagoma che si avvicinava sempre di più. Dentro di sé sentiva desiderio, ma anche terrore. Quello non poteva essere l’anima di suo fratello, lui era in Paradiso, ne era certo. Ma anche se quella doveva essere un illusione creata dalla Bestia, poco importava, Seth aveva bisogno del calore di Vincent dopo quello che aveva sofferto poco prima.

Ciò che non sapeva, era che quello non era per niente il Vincent che conosceva, era un bambino voluto dalla Bestia e un bambino voluto dalla Bestia non era mai buono e gentile.

 

Seth non aspettava altro che vedere suo fratello, ma quando lo vide, desiderò non averlo mai visto.

Vincent era abbagliato dagli sbuffi di fuoco che erano ricominciati, aveva quella maledetta maschera e camminava avvolto in un mantello nero, le sue manine sporgevano dalle maniche ed erano di un pallore cadaverico.  Seth provò terrore, indietreggiò ma si accorte che era inutile in quell’immenso spazio.

<< Seth, Lui ha incaricato me. Devo farlo, scusa.>>  disse una vocina ovattata dietro la maschera.

<< Vincent tu non puoi essere qui, tu devi stare in Paradiso, cosa diavolo ci fai qui dentro??>> urlò Seth.

Vincent sospirò. << Scoprirai tutto a tempo debito, Seth.>> poi mise poi la mano sinistra nella manica destra e ne estrasse un coltello che luccicò in quelle tenebre. Seth spalancò gli occhi.

<< Vince cosa vuoi fare? Eh? Non fare scherzi, non è divertente dannazione!>> quasi balbettava, il bambino rimase fermo davanti a  lui come in stato contemplativo, mentre teneva il coltello nella pallida mano. Poi con un movimento veloce lo alzò con entrambe le braccia e lo calò sulla testa di Seth, sprigionando una nera nube che sembrava più uno sciame d’insetti.

<< Io proclamo te, Seth, a diventare discepolo incondizionato della Bestia che giace nella terra dei morti di cui sei risiedente. Giura di non tradirlo mai e di obbedire ad ogni suo immenso ordine. Inoltre sei obbligato a non creare disordine e a sommergere la tua anima di dolore che non ha nulla a che vedere col dolore terreno. Rimpianto e frustrazione risiederanno per tutto il tuo soggiorno indeterminato in queste terre desolate popolate dai fuochi, non ci sarà né giorno né notte, ma solo oscurità perenne. Domanda costante perdono per i mali da te commessi in modo da ricevere un trattamento migliore di quello riservato ad altri tipi di pene. Detto questo adesso muterai in una vera anima infernale. Addio.>>

Seth sentiva dentro di se una rivoluzione ardente e il bruciore era insopportabile, capì subito che quel bambino non era Vince, la Bestia aveva solo voluto farlo avvicinare senza problemi. “Astuto...” pensò, ma non ebbe il tempo di fare altro che il dolore lo avvolse completamente e prese ad urlare forsennatamente.

 

Mentre cercava di tenere gli occhi aperti che per la prima volta tentavano disperatamente di chiudersi, Seth voleva vedere il volto di Vince, anche se era fittizio, anche se non era lui ed era invece il prodotto della Bestia, lui voleva vederlo. Alzò un braccio, o almeno ci provò, e faticosamente raggiunse il volto del bambino, fino a quando non raggiunse la maschera, mentre rantolava per il dolore che lo aveva interamente invaso, mentre voleva tornare indietro a quella sera di tanto tempo fa e far si che non succedesse nulla di tutto questo, afferrò la maschera di un Vince immobile e la strappò via. La sua faccia era oscurata dalle tenebre, in quel posto nulla si vedeva chiaramente, ma la cosa che sperò di vedere erano i suoi occhioni neri e non quegli obbrobri rossi che aveva visto prima. Li vide, i suoi occhi neri che lo osservavano dall’alto in severo silenzio.

<< Anche se non sono i tuoi Vince, mi fa sentire felice che ne abbia potuto vedere almeno una copia, prima che la mia coscienza sparisca, dì al vero Vince che gli ho voluto...sempre...bene...>> dicendo questo chiuse gli occhi e lasciò scivolare la mano sulla sua guancia candida e si stupì di trovarla bagnata.

Dopo un ultimo sbuffo di fuoco che rivelò la faccia addolorata del bambino, Vince perse i sensi, la sua coscienza e la sua identità per sempre.

 

Mentre camminavo tra i fuochi dell'inferno, deliziato dai godimenti del genio..

 

Quando si svegliò la trasformazione era completa, indossava una tunica nera e una maschera bianca. Era ufficialmente un’anime della Bestia e si crogiolava su un godimento che non c’era. Una volta che aprì gli occhi non ricordò nulla, nulla di tutto ciò che aveva passato sia nella vita terrena che nel suo soggiorno all’inferno, era un’anima senza volontà e senza desideri, una bambola in un certo senso. I fuochi non avevano smesso di sbuffare nel frattempo e ad un certo punto sembrò che si trovasse in un circo o in qualche concerto con effetti speciali, il suo cammino era prestabilito bastava solo percorrerlo lentamente fino ad arrivare alla Bestia che gli avrebbe dato l’ingiunzione finale. In quel luogo non poteva mentire ne a sé stesso ne a gli altri, ma sentiva dentro di sé una traccia di coscienza rimasta come una macchia persistente su un vestito appena lavato. Quel piccolo strato di ricordo aveva un nome e un volto, Sean.

Finalmente giunse a destinazione e si prostrò di fronte alla Bestia che sedeva su un trono di pietra e lo osservava coi consueti occhi rosso fuoco, Seth chinò il capo e si preparò a ricevere l’ultimo atto per diventare un anima completa. Rimase in attesa per un bel po’, quasi si preoccupò e stava per alzare la testa, quando la Bestia parlò e fu come un fulmine a ciel sereno.

<< Non posso congiungere le mani sopra il tuo capo finché non avrai abbandonato anche l’ultima goccia di coscienza che risiede nel tuo corpo, voi siete mia esclusiva proprietà e non voglio che sentimentalismi di alcun genere vengano a prevenire il vostro dovere di diavoli, se vuoi passare dalla parte dei forti, dimentica. Altrimenti finirai nella parte più sacrilega  dell’inferno dove patirai pene ancora peggiori di quante tu ne abbia sofferte al tuo arrivo. Dimentica. Dimentica e sarai salvato.>>

Seth chiuse gli occhi. << Sì, oh mio Signore.>> finse di dimenticare chi era e chi aveva conosciuto.

Allora Satana giunse le mani sopra il suo capo e dopo aver mormorato una litania a lui sconosciuta poggiò le mani sui suoi capelli impregnandoli di un liquido bollente che però non sentì. Non aveva percezione di nulla, ora era un’anima completa. S’inchinò e andò via.

 

Camminò senza una meta precisa per un lungo tratto, mentre adesso non c’erano più solo pareti scure, ma vedeva altre anime come lui passargli accanto senza fermarsi, ognuno affaccendato a fare chissà cosa.

Si sedette sopra un qualcosa che doveva essere un cumulo e rimase così, guardando il nulla con i suoi occhi color fuoco. Non aveva idea di dove si trovasse Sean e cercarlo sarebbe sembrato sospetto, per cui lo aspettò, tanto aveva tempo da perdere.

Non aveva idea di quanto tempo avesse passato su quel cumulo, non lo voleva sapere, ma quando riconobbe Sean in quella fila di maschere tutte uguali, tutto sembrò avere meno importanza. Si alzò barcollando col mantello e si avvicinò toccando l’altra anima, questa si girò stranita, evidentemente non era usanza toccarsi in quel luogo, io indietreggiai un passo.

<< Posso parlarti?>> chiesi con voce soffocata dalla maschera. Ero sicuro che non ricordasse nulla, come lui, tranne per quel piccolo particolare.

Lui annuì impercettibilmente e si avviarono più lontano dove erano meno visibili.

<< Cosa devi dirmi?>> disse lui. Sentire la sua voce gli fece mancare il fiato per un secondo, ma dato che non provavano emozioni, né tantomeno respiravano, fu solo una sensazione.

<< Io e te siamo fratelli.>> disse in modo diretto, la sua espressione non cambiò. << Lo so.>> gli rispose e rimase di stucco. “Lo sapeva? Allora anche lui ha ingannato la Bestia.” 

<< Sei uno stolto. Dirlo ad alta voce potrebbe essere un suicidio. Perché me lo dici? Cosa pensi di ottenere dicendomelo? Pur ammettendo che io non lo sapessi, cosa vorresti fare?>> chiese scettico lui e lo mise in crisi. In verità non aveva idea di cosa fare una volta che glielo avesse detto. << Non lo so.>> disse sinceramente. L’altro abbassò il capo. << Moriremo entrambi, tra molto poco.>>

Seth lo guardò scettico. << Non siamo già morti?>>, Sean sospirò. << No, può tranquillamente polverizzarci e porre fine alle nostre vite, grazie alla tua stoltezza ci ha sentiti, lo sento arrivare. Lui odia essere preso in giro.>>

Seth chiuse gli occhi. “Alla fine sono solo riuscito ad essere inutile come sempre...” , poi sentì una mano sulla spalla. << Non preoccuparti, quando ci polverizzerà non sentirai dolore, non senti nulla in questo stato, solo la paralisi delle cose, è terribile. Sono contento che tu non l’abbia vissuto più a lungo.>>

<< Sento il bisogno di piangere, adesso.>> sussurrai. << Non puoi.>> <>

Si abbracciarono, ma non riuscì a sentire nessuna emozione. Andava bene così, aspettava di abbracciarlo da anni e anni e non pensava di poterlo fare giusto mentre moriva una seconda volta. Il fuoco che si abbatté su di loro poco dopo fu eclatante e maestoso, un’enorme palla di fiamme roventi si dischiuse facendo vedere la Bestia sempre in penombra, ci piantò il suo sguardo addosso e rimase fermo.

<< Anime in pena, se avete anche solo pensato che mi fossi bevuto la menzogna vi sbagliate di grosso. Aspettavo l’occasione che uno di voi facesse lo sbaglio e sapevo che il più piccolo avrebbe fatto un passo falso. Ora accettate il destino e patite la vera morte, diventate polvere e contribuite al terreno che avete sotto i piedi, memore di milioni di morti. Vi ordino di regredire allo stato di polvere e adagiarvi per permettere alle anime di calpestarvi per il resto dell’eternità.>>  dopo di che alzò le mani e iniziò a ridere malvagiamente fino a farci sanguinare le orecchie. Sean cadde improvvisamente all’indietro e Seth lo prese sulle braccia, lui tremava e sembrava molto leggero, lo posizionò in modo da poterlo vedere, poi gli tolse la maschera e vide il suo volto pallido che boccheggiava. Non aveva più gli occhi rossi, ora c’erano le sue pupille a guardarlo e improvvisamente scoppiò a piangere, un pianto solitario e triste. << Prima di polverizzarsi alle anime è concesso di piangere...>> disse piano. << Volevo farlo da tanti anni, ho sempre aspettato questo momento...>> mise una mano nella guancia di Seth. << Seth, fratellino, come sei cresciuto! Mi sei mancato sai? Da qui non potevo vederti piccolo Seth, ma sei cresciuto bene, mi fa piacere. Devo chiederti scusa per tutto quello che ti ho fatto passare per la mia vigliaccheria, spero un giorno mi perdonerai. Addio Seth, stavolta per sempre, sappi che ti ho voluto molto bene, mi spiace che sia finita così.>>

Mi ritrovai solo polvere nelle mani, e sentii i miei piedi come sciogliersi in gelatina, il processo fu veloce e così anch’io mi ritrovai come polvere in quel pavimento di anime morte.

 

 

Aprii gli occhi e mi ritrovai a fissare il soffitto bianco di una stanza. All’inizio era tutto appannato e non vedevo bene, poi girai piano le pupille per guardarmi intorno senza osare muovere la testa, e vidi una finestra spoglia e un tavolo vuoto. Capii di essere in ospedale quando risaltarono ai miei occhi i mille macchinari attaccati alla mia persona. Sentii un ronzio e il bip sonoro del macchinario che contava diligentemente le mie pulsazioni.

“Sono in un ospedale...” pensai stordito, come in trance. “Sono vivo...” pensai subito dopo, e tutto ciò che avevo vissuto mi passò per la mente come un flashback doloroso. Le lacrime iniziarono a sgorgare senza controllo, bagnandomi le orecchie e i capelli, iniziai a singhiozzare provocando singulti nel mio petto e mi sentivo talmente pesante...

Poi un viso si stagliò nella luce che traspariva dalla finestra e lo sentii trattenere il fiato mentre lo osservavo con gli occhi appannati dalle lacrime.

<< Pa..pà?>> dissi con una voce talmente flebile che anch’io faticai ad udire. Lo sentii fare un verso, come un lamento e poi le sue lacrime raggiunsero il mio viso già fradicio. << Seth, oh mio Dio Seth ti sei svegliato, Dio ti ringrazio... >> poi uscì velocemente dalla stanza per andare a chiamare un dottore. Distesi le labbra in quello che doveva essere un sorriso e mi sentii felice di vivere, di vedere mio padre gioioso di me, addirittura di vederlo piangere per me. D’un tratto mi venne davanti il viso di Vince, attorniato da  quei fuochi, bagnato di lacrime e mi misi a singhiozzare nuovamente. << Vince, perché sei andato via, perché?>>

Sentii entrare i dottori, uno con la faccia piacevolmente simpatica si chinò davanti a me e vide con espressione sbigottita che avevo davvero gli occhi aperti, sorrise ampiamente e mi fece il segno dell’ok col pollice. << Sei davvero in gamba, ragazzo, smettila di piangere. Ho davvero assistito a un miracolo, dovresti sorridere, tuo padre è qui da mesi in attesa del tuo risveglio, nonostante gli avessimo detto che le speranze scarseggiavano, che il tuo coma era irreversibile, si è sempre ostinato a non voler staccare le macchine. “Starò qui per tutta la vita se sarà necessario, i soldi non mancano e a casa nessuno mi aspetta.” soleva dire sempre. Ora guardalo.>> Indicò mio padre che dietro di lui continuava a versare lacrime silenziose come un bambino. Sorrisi e alzai debolmente la mano e gli feci segno di avvicinarsi, il dottore si scostò e lui venne immediatamente. << Abbracciami...papà.>> sussurrai. Lui allora mise goffamente le braccia dietro la mia schiena e mi sollevò dal letto stringendomi pieno di calore. Lo sentii piangere più forte, ma non trovi la forza di alzare le braccia. << Ti voglio bene Seth, figlio mio, ti voglio bene...>> quasi urlò, non seppe contenersi e vidi i dottori commossi uscire dalla stanza. Quando si sciolse dall’abbraccio e mi sistemò per bene nel letto, lo guardai. << Sai papà, pensavo di essere all’inferno, ho sognato Satana e Sean che era diventato un’anima dell’aldilà. E’ stato orribile, ma lui mi ha detto tante cose. Era molto triste papà, ma non sono riuscito per l’ennesima volta a confortarlo, sono proprio un fratello inutile. Ho pure visto Vince, lui piangeva...>> mio padre mi guardò con gli occhi gonfi di pianto.

<< Sta tranquillo Seth, d’ora in poi vivremo insieme in modo felice, andremo ogni week end al cimitero e permetterò che tu viva una vita felice, cercheremo di superare tutto questo una volta che ti dimetteranno, devi promettermi che sarai forte.>> poi sorrise e io annuii.

 

Sean, so che puoi sentirmi, volevo solo ringraziarti. Grazie a te e al tuo spirito sono riuscito a maturare, spero sarai felice di vedere me e papà così speranzosi per il futuro.

Alla fine di questa storia rivolgo un pensiero a te e a Vince, le persone più importanti della mia vita, augurandovi la felicità ovunque voi siate.

 

FINE

 

  
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