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Autore: Mnemosine__    26/11/2024    0 recensioni
Logan è sempre stato il migliore di noi.
Sequel di Nous - Le ombre degli auryn
Per leggere questa storia sarebbe consigliato leggere quella precedente, anche se non è strettamente necessario.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nous Saga'
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Logan era seduto sulla sedia accanto al letto, la testa appoggiata sulle braccia incrociate sul materasso. La notte era passata lentamente, scandita solo dal ritmo del respiro di Vittoria e dal suono ovattato del suo cuore che batteva nelle orecchie. Aveva cercato di rimanere sveglio, di vigilare su di lei, ma alla fine il peso della stanchezza lo aveva piegato, facendolo crollare in un sonno leggero e frammentato.
Quando si risvegliò, sentì un leggero movimento sotto di sé. Aprì gli occhi lentamente, ancora confuso dal torpore del sonno, e si accorse che Vittoria lo stava osservando. I suoi occhi erano socchiusi, ancora velati di fatica, ma vigili. Lo stava guardando con un'espressione mista di curiosità e sollievo, le labbra distese in un debole sorriso.
"Ehi," mormorò lei, la voce roca ma dolce. "Grazie."
Logan si raddrizzò di scatto, il cuore che saltava un battito. Non era preparato a vederla sveglia così presto, e meno ancora a sentirla parlare. "Ti sei svegliata," disse con un tono che non riusciva a nascondere il sollievo e la sorpresa.
Vittoria annuì lentamente, cercando di non muoversi troppo. Sembrava debole, ma c'era una luce nei suoi occhi che non aveva visto prima. "Cos'è successo?" chiese, guardandolo con una vaga preoccupazione mentre cercava di mettere insieme i pezzi di ciò che ricordava.
Logan sospirò, passandosi una mano tra i capelli spettinati. Non era sicuro di come spiegarle tutto senza farla agitare. " Sei stata colpita da una freccia..." iniziò, cercando di mantenere la voce calma. " La punta era di nyx."
Gli occhi di Vittoria si spalancarono leggermente, l'espressione preoccupata. "Nyx?" sussurrò. "Come... quanto grave?"
"Abbastanza grave," ammise Logan, inclinando la testa per osservarla meglio. "Ma Alexander ha fatto un buon lavoro per chiudere la ferita. Sei stata forte, davvero."
Lei lo guardò per un attimo, come cercando di processare tutte quelle informazioni, poi si accasciò leggermente contro i cuscini, lasciando andare un respiro profondo. "Non ricordo molto," ammise piano, stringendo un po' la mano che teneva sul materasso.
"È normale," disse Logan, cercando di rassicurarla. "È stato un inferno là fuori... ma ora sei al sicuro. Abbiamo distrutto il nido e respinto i farkas."
Logan la guardava in silenzio, il volto disteso ma gli occhi ancora pieni di ombre. La stanchezza gli pesava addosso come un macigno, eppure non riusciva a smettere di fissare il volto di Vittoria. Era pallida, ma viva. Questo era l'importante.
Lei lo osservò per un momento, come cercando di catturare ogni sfumatura del suo volto. Le labbra si piegarono in un sorriso stanco. "Hai un'aria orribile, lo sai?"
Logan alzò un sopracciglio, divertito. "Grazie per la premura," rispose con una risata leggera. "Sai, di solito le persone sono un po' più grate a chi le salva."
Vittoria fece una smorfia e strinse leggermente la mano che aveva sul materasso, quasi cercando una forza che ancora non possedeva del tutto. "Lo sono," mormorò, abbassando gli occhi per un istante. "Solo che... Non so ancora come processare tutto."
Logan le fece un sorriso comprensivo. "Non devi farlo adesso. È stato un inferno là fuori... ma ora sei al sicuro. Ci hanno pensato gli altri due."
"Alex e Ric sono davvero arrivati a distruggere il nido?" chiese Vittoria, la sua voce incredula.
Logan annuì, lasciandosi sfuggire un sorriso stanco. "Oh sì. E ti assicuro che erano decisamente incazzati. Non ho mai visto Alexander così determinato."
"Immagino che debbano ringraziarti per averli lasciati sfogare," disse lei con un tono che cercava di essere scherzoso, ma Logan poteva sentire la stanchezza nelle sue parole.
Lui scrollò le spalle, facendo una smorfia. "Non avrei potuto fermarli nemmeno se avessi voluto. Quando Alex prende una decisione, puoi solo stargli dietro. E Ric… beh, sai com'è. È sempre quello che completa la follia di Alex."
Vittoria abbozzò un sorriso, anche se debole. "Già."
Logan annuì, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia. Gli occhi tornavano sempre a lei, preoccupati per ogni minimo movimento. Non poteva negare che vederla cosciente gli aveva tolto un peso enorme dal petto, ma non riusciva a liberarsi del senso di colpa. Era stato un attimo, ma non era riuscito a proteggerla come avrebbe dovuto.
Vittoria, forse intuendo il silenzio carico di pensieri di Logan, lo fissò per un attimo con lo sguardo stanco ma attento. "Non ti incolpare." disse, la voce dolce eppure ferma.
“Mhmm?”
“Te lo leggo in faccia. Non è stata colpa tua.”
Logan distolse lo sguardo, stringendo le labbra. "Non avrei dovuto lasciarti sola in mezzo a quel casino."
"Non potevi fare di più," sussurrò lei. "Hai fatto tutto quello che potevi, e mi hai portata via. Non tutti avrebbero reagito come te."
Lui alzò lo sguardo, sorprendendosi di quanto fosse lucida nonostante le circostanze. "Se non fossimo arrivati in tempo..." Logan si fermò, incapace di finire la frase.
Vittoria lo interruppe scuotendo leggermente la testa. "Ma siete arrivati. E questa è l'unica cosa che conta."
Logan non disse nulla per qualche istante, lasciando che le parole di Vittoria si sedimentassero dentro di lui. Le sue dita sfiorarono il bordo del materasso, come cercando un contatto più vicino, ma si fermò appena prima. Non voleva spaventarla né sembrare troppo invadente. Alla fine, sospirò. "Devi riposare."
Lei annuì leggermente, chiudendo gli occhi solo per un attimo, ma poi li riaprì, guardandolo con un leggero scintillio negli occhi. "Se resti tu qui... potrei anche riuscirci."
Logan sorrise, sentendo un calore improvviso diffondersi nel petto. "Non vado da nessuna parte," le promise, prendendo la sua mano e stringendola leggermente.
Un leggero silenzio cadde nella stanza, rotto solo dal suono del respiro regolare di Vittoria che, pian piano, si lasciò andare a un sonno più sereno. Logan rimase lì, con lo sguardo fisso su di lei, sentendo finalmente un po' di pace dopo una notte infernale.
Logan restò lì accanto a Vittoria, vegliando su di lei mentre il tempo sembrava scorrere in modo quasi impercettibile. Il suono del suo respiro regolare era l'unica cosa che lo teneva ancorato a quel momento, il pensiero che, nonostante tutto, fosse ancora lì con loro. Ogni tanto chiudeva gli occhi per pochi istanti, cercando di scacciare la stanchezza che gli appesantiva le palpebre. Non voleva rischiare di addormentarsi profondamente, non voleva lasciarla sola.
Passò un po' di tempo in questo stato di semi-sonno, finché non sentì dei passi leggeri avvicinarsi alla stanza. Sollevò appena la testa e vide Alexander sulla soglia. Aveva l’aria esausta, ma i suoi occhi erano vigili, preoccupati.
"Come va?" sussurrò Alexander, avvicinandosi piano al letto.
Logan scrollò le spalle, con un sorriso stanco ma tranquillo. "Sta riposando. Si è svegliata per qualche minuto, ha parlato un po', ma è tornata a dormire."
Alexander annuì, osservando Vittoria con un'espressione pensierosa. "Bene, almeno ora sembra stabile," mormorò, passando una mano tra i capelli.
Si avvicinò alla sedia su cui Logan era seduto, guardandolo con un misto di gratitudine e preoccupazione. "Vuoi che ti dia il cambio? Potrei stare io qui, mentre tu ti fai un po' di riposo."
Logan scosse la testa senza esitazione. "No, davvero. Grazie, Alex, ma resto io qui. Non mi va di lasciarla sola... anche solo per un po'."
Alexander gli rivolse uno sguardo comprensivo, sapendo che non avrebbe insistito. Conosceva Logan abbastanza bene da capire che, quando prendeva una decisione, c’era ben poco da fare per fargli cambiare idea. "Capisco. Ma prova a dormire, okay?" disse piano, dandogli una pacca leggera sulla spalla prima di tornare verso la porta.
Logan annuì, senza aggiungere altro. Rimanendo con lo sguardo fisso su Vittoria, continuava a sentirsi responsabile per lei, come se fosse l’unica cosa che importava in quel momento.
Circa mezz'ora dopo, Richard fece il suo ingresso nella stanza con un vassoio in mano. Si avvicinò silenziosamente, cercando di non fare troppo rumore, e posò la colazione su un piccolo tavolino accanto a Logan. C'erano del pane tostato, della frutta e una tazza di caffè fumante.
"Butta almeno giù qualcosa," disse Richard con un sorriso. "Non è molto, ma ti farà bene."
Logan guardò il vassoio, poi Richard, e annuì con un sorriso grato. "Grazie, Ric."
Richard si sedette su una sedia vicino, osservando Vittoria per qualche istante. "Come sta?"
"Stabile," rispose Logan, sorseggiando un po’ di caffè. "Dormiva tranquilla fino a poco fa. Si è svegliata un attimo, abbiamo parlato, ma poi è crollata di nuovo."
Richard annuì, poi si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le braccia sul petto. "Sono contento che stia migliorando," disse piano, la sua voce carica di sollievo.
Logan prese un morso di pane tostato, cercando di mantenere la calma. Era una strana sensazione: la quiete dopo la tempesta. Sapeva che doveva nutrirsi, recuperare le forze, ma la sua mente era ancora lì, su di lei, sempre preoccupata.
"Riposa un po', Logan," disse Richard dopo qualche minuto di silenzio. "Ci siamo passati tutti. Hai bisogno di ricaricare le energie. Ci siamo noi."
Logan non rispose subito. Il senso di colpa che lo aveva assalito quando aveva visto Vittoria ferita non si era ancora dissipato del tutto. Ma c'era una strana serenità nell'aria ora, una consapevolezza che, almeno per il momento, erano al sicuro.
"Sì," rispose Logan alla fine, abbassando lo sguardo sul vassoio. "Provo a rilassarmi un po'."
Richard annuì, rimase in silenzio per un po', e poi, con un cenno, si alzò per lasciarlo riposare.
Quando Richard uscì dalla stanza, Logan si appoggiò di nuovo al materasso, lasciando che la stanchezza gli pesasse un po’ meno addosso. Anche se i pensieri continuavano a turbinare nella sua mente, con ogni respiro sentiva la tensione sciogliersi, piano piano.
Logan si svegliò di nuovo, questa volta con un senso di pesantezza ancora più pronunciato. Si stiracchiò leggermente, massaggiandosi il collo indolenzito dalla posizione scomoda sulla sedia. La stanza era silenziosa, e l’unico suono che riempiva l’aria era il respiro regolare di Vittoria, il che lo rassicurava.
Si raddrizzò, sbattendo le palpebre per scacciare il torpore residuo. Vittoria era ancora lì, sdraiata, ma la coperta si era spostata durante il suo sonno agitato. Logan notò come il bordo si fosse abbassato, rivelando l’inizio del suo seno. Un leggero rossore gli salì alle guance. Inspirò profondamente, cercando di non pensarci troppo, e si alzò in piedi. Con delicatezza, prese il bordo della coperta e cercò di tirarla su, coprendola meglio per proteggerla dal freddo che poteva insinuarsi nella stanza.
Proprio mentre aggiustava la coperta, sentì un lieve movimento. D’un tratto, Vittoria aprì gli occhi. Logan rimase immobile per un secondo, come un ladro colto in fragrante. I loro sguardi si incrociarono, e lui notò subito la confusione che si rifletteva nei suoi occhi.
Lei guardò Logan, poi abbassò lo sguardo su di sé. Il leggero disorientamento si trasformò rapidamente in una consapevolezza imbarazzata quando realizzò di essere nuda sotto la coperta. Strinse il tessuto contro di sé con una mano, cercando di mantenere il suo aplomb nonostante la situazione. "Logan…" iniziò piano, il rossore che le colorava le guance pallide. "Mi hai spogliata tu?"
Logan scosse la testa rapidamente, un po' in imbarazzo ma deciso a chiarire subito. "No, non proprio," disse in fretta, alzando una mano come per rassicurarla. "Io... io ti ho solo tolto la maglietta per vedere meglio il taglio."
Si interruppe per un secondo, evitando accuratamente di menzionare il fatto che aveva anche tagliato via il suo reggiseno, preferendo mantenere i dettagli tecnici fuori dalla conversazione. Si grattò nervosamente la nuca. "Alexander si è occupato del resto," aggiunse, cercando di mantenere un tono più neutro possibile. "Non volevamo farti soffrire di più muovendoti troppo."
Vittoria lo fissò per un momento, le sopracciglia leggermente sollevate. Sembrava voler elaborare tutte quelle informazioni, e Logan poteva quasi vedere i suoi pensieri che scorrevano. Alla fine, lasciò andare un leggero sospiro e annuì, cercando di rilassarsi. "Capisco," mormorò, stringendosi un po’ di più nella coperta per proteggersi non solo dal freddo ma anche dall'imbarazzo della situazione.
Logan le fece un sorriso comprensivo, cercando di alleggerire l'atmosfera. "È stato solo per aiutarti, lo sai. Nessuna intenzione strana o altro."
"Lo so," rispose lei con un mezzo sorriso. Anche se stanca e debilitata, il suo sguardo aveva una scintilla di ironia. "Potrei quasi ritenermi offesa, se non hai provato a dare una sbirciatina nemmeno una volta."
Logan fece una risata nervosa, passando una mano tra i capelli e cercando di mantenere la calma di fronte alla battuta inaspettata di Vittoria. "Beh," rispose con un sorriso malizioso, inclinando leggermente la testa, "sono un gentiluomo. O almeno cerco di esserlo quando la situazione lo richiede."
Vittoria lo osservò, un angolo della bocca che si sollevava in un piccolo sorriso divertito. Nonostante la debolezza che ancora la affliggeva, c'era una scintilla di vivacità nei suoi occhi. "Un gentiluomo, dici?" scherzò, mordendosi appena il labbro inferiore. "Cosa stavi facendo con la coperta, prima?"
Logan scosse la testa, cercando di mascherare il nuovo rossore che gli saliva al viso. "Stava scivolando. Volevo coprirti.”
Vittoria rise, un suono lieve ma autentico, e per un attimo Logan si sentì più leggero. Era stato un periodo teso e difficile, e vedere quel sorriso, anche solo per un istante, gli fece pensare che forse le cose stavano migliorando. Si sedette di nuovo accanto al letto, i loro sguardi che si incrociavano, e la tensione sembrava evaporare lentamente, lasciando spazio a un'intesa più morbida, più intima.
Lei sussultò e socchiuse gli occhi. “Idea del cazzo. Non farmi ridere.”
Logan sorrise, cercando di nascondere il senso di colpa per averla fatta ridere in un momento del genere. "Scusa," disse piano, prendendole la mano con delicatezza. "Non volevo peggiorare le cose. Forse dovrei smetterla di essere così rispettoso."
Vittoria scosse leggermente la testa, nonostante il dolore. "No, va bene così," sussurrò, stringendogli la mano in una presa più salda. "Ne avevo bisogno."
“Magari, per ringraziarmi, potresti farmi vedere quello che ho così educatamente cercato di non guardare.” La provocò lui, dopo qualche secondo, accennando al suo seno con un cenno del mento.  
Vittoria spalancò gli occhi per un momento, sorpresa dalla provocazione. Poi, lentamente, un sorriso malizioso si fece strada sulle sue labbra. “Sfacciato,” sussurrò, mordendosi il labbro inferiore, trattenendo a stento un'altra risata. “Non eri un gentiluomo?”
Logan la guardò con un'espressione tra il divertito e il colpevole. “A giorni alterni,” ammise, alzando le mani in segno di resa.
Vittoria lo osservò attentamente per un lungo momento, i suoi occhi scrutavano il volto di Logan come se volesse leggergli ogni più piccolo pensiero nascosto dietro quel sorriso colpevole. Alla fine, sollevò un sopracciglio, il sorriso sul suo volto diventando più audace. "A giorni alterni, eh?" sussurrò, la sua voce carica di sfida. "Allora oggi è il tuo giorno fortunato?"
Logan si lasciò andare a una risata leggera, quella complicità tra di loro che sembrava crescere con ogni battuta scambiata. "Chi può dirlo?" rispose, inclinando leggermente la testa di lato. "Non ho ancora visto nulla."
Lei scosse la testa “Occasione persa, mi dispiace.” mormorò, stringendo un po' di più la coperta contro di sé. Ma nonostante il suo tentativo di mostrarsi seria, l'ironia non riusciva a nascondersi nei suoi occhi.
Si guardarono in silenzio per un attimo, un'intesa profonda che sembrava creare uno spazio tutto loro, al riparo dalle ferite e dalla sofferenza. Logan poteva vedere nei suoi occhi una luce che, nonostante la fatica e il dolore, non si era spenta. Era una guerriera, e lo aveva dimostrato più volte, ma in quel momento sembrava fragile, quasi vulnerabile. Non era un lato di lei che aveva visto spesso, eppure, paradossalmente, la rendeva ancora più forte ai suoi occhi.
Un silenzio confortevole cadde tra di loro, e Logan la osservò, cercando di capire se fosse davvero a suo agio. Lei lo guardava ancora con quel suo sguardo profondo e attento, nonostante la stanchezza evidente nei suoi occhi. Alla fine, Vittoria sospirò e chiuse per un attimo gli occhi, come se volesse lasciarsi andare di nuovo al sonno, ma li riaprì poco dopo, fissandolo con un’espressione serena ma seria.
"Grazie. Sul serio." La sua voce era più morbida adesso, quasi un sussurro.
Logan si sentì toccato da quelle semplici parole. Non era il tipo che cercava riconoscimenti, ma sentire il suo grazie gli fece capire che, in qualche modo, aveva fatto la differenza. "Non c’è bisogno di ringraziarmi," rispose, scuotendo la testa. "Non ti avrei lasciata lì."
Lei lo guardò con gratitudine, e un po' di quell'iniziale tensione sembrò sciogliersi. "Lo so… ma lo apprezzo comunque."
Logan ricambiò il sorriso, ma mentre la guardava notò un'ombra di disagio attraversarle il volto. Vittoria si mosse leggermente, serrando le labbra come per trattenere un gemito.
"Ti fa ancora male?" chiese Logan, con la voce velata di preoccupazione.
Vittoria annuì piano, distogliendo lo sguardo. "Sì... sento la pelle tirare attorno alla ferita. Non sono abituata a questo tipo di dolore... prolungato."
Logan si lasciò sfuggire un sospiro, consapevole di quanto fossero diversi loro due, abituati a guarire rapidamente dalle ferite più gravi. Per loro, dolore del genere era raro e breve, ma per lei, ora, ogni minuto sembrava un'eternità. "Ci vorrà un po' più di tempo del solito," disse piano, cercando di darle una qualche forma di conforto. "Ma guarirai. Devi solo avere pazienza."
"Io e la pazienza non siamo molto amiche," ammise Vittoria con un sorriso stanco.
Logan si accovacciò accanto a lei, cercando di alleviare la tensione con la sua presenza. "Hai fame?" chiese poi, sperando che un po' di cibo potesse aiutarla a riprendersi più velocemente.
Vittoria annuì leggermente. "Sì, credo di sì," rispose piano, come se solo in quel momento avesse realizzato di avere davvero fame.
"Perfetto," disse Logan, facendo un piccolo sorriso prima di alzarsi. "Vado a prepararti qualcosa."
Si diresse in cucina con passo tranquillo, cercando di non fare troppo rumore per non disturbare il silenzio della casa. Una volta in cucina, aprì il frigorifero e si mise a esaminare il contenuto. Mentre scorreva con lo sguardo tra gli ingredienti, Alex e Richard apparvero sulla soglia della porta.
"Che stai facendo?" chiese Richard con un sorriso.
Logan scrollò le spalle senza distogliere lo sguardo dal frigo. "Vittoria ha fame. Sto cercando di mettere insieme qualcosa."
Alexander si avvicinò, aprendo un armadio per prendere delle stoviglie. "Bene. Ascolta, noi stiamo per uscire," annunciò mentre sistemava piatti e bicchieri sul tavolo. "Torniamo fuori città a vedere cos’è rimasto del nido... e controllare se gli umani hanno notato qualcosa."
Logan sbuffò, afferrando qualche ingrediente. "Odio quando dobbiamo combattere gli Eidolon di notte," disse, il tono leggermente acido. "Sono più forti, e dobbiamo sempre stare attenti a non farci scoprire dagli umani."
"Non è mai divertente," concordò Alexander, prendendo una mela dal tavolo e addentandola. "Ma non possiamo correre rischi, soprattutto con quella zona così vicina alla città."
Richard annuì. "Faremo in fretta, non preoccuparti. Tu occupati di lei e tieni tutto sotto controllo qui."
Logan fece un cenno, tornando a concentrarsi sul cibo. "State attenti, però. Non c’è bisogno che vi mettiate nei guai inutilmente."
Alexander e Richard risero sottovoce. "Quando mai ci mettiamo nei guai inutilmente?" replicò Alex con un sorriso malizioso prima di dirigersi verso l'uscita con Richard.
"Non farmi rispondere," borbottò Logan mentre sentiva la porta chiudersi dietro di loro.
Una volta rimasto solo in cucina, Logan preparò una colazione semplice ma sostanziosa: pane tostato, uova strapazzate e un po' di frutta fresca. Non era certo un banchetto, ma sarebbe stato sufficiente per dare a Vittoria un po' di energia.
Mise tutto su un vassoio, aggiungendo anche un bicchiere d'acqua. Poi, con calma, tornò in camera.
Quando entrò, trovò Vittoria ancora distesa, gli occhi chiusi, ma si accorse che era sveglia dal modo in cui le sue dita tamburellavano leggermente sul materasso.
Logan si avvicinò al letto, poggiando il vassoio sul comodino. "Ecco qua," disse piano, cercando di non spaventarla. "Niente di speciale, ma dovrebbe bastare."
Vittoria aprì gli occhi, un sorriso lieve apparve sulle sue labbra. "Grazie," mormorò, cercando di spostarsi leggermente nel letto per mettersi in una posizione più comoda.
"Alex e Ric sono usciti," aggiunse Logan mentre le porgeva il bicchiere d'acqua. "Torneranno più tardi. Vanno a controllare se è rimasto qualcosa del nido e se qualcuno degli umani ha notato qualcosa."
Vittoria fece una smorfia. "Spero di no. L'ultima cosa che ci serve è che qualcuno cominci a fare domande strane."
Logan annuì, sedendosi accanto a lei sul bordo del letto. "Già... è già abbastanza complicato così."
Rimasero in silenzio per qualche momento, mentre Vittoria iniziava a mangiare lentamente. Il dolore la faceva muovere con cautela, ma sembrava più tranquilla rispetto a prima.
Rimasero in silenzio per qualche momento, mentre Vittoria iniziava a mangiare lentamente. Il dolore la faceva muovere con cautela, ma sembrava più tranquilla rispetto a prima. Logan la osservava di tanto in tanto, cercando di non farle pesare troppo la sua presenza, ma anche di non lasciarla mai davvero sola. Nonostante la tensione, c'era qualcosa di quasi confortevole nel trovarsi lì con lei, lontano da tutto il caos e le battaglie.
"È commestibile?" chiese Logan dopo un po', indicando il piatto. Cercava di spezzare il silenzio con una battuta leggera, ma il suo sguardo era pieno di sincerità.
Vittoria annuì piano, le labbra leggermente increspate in un sorriso. "Sì... grazie. È proprio quello che mi serviva. Anche se non ho molto appetito, mi sento già un po' meglio."
Logan si lasciò andare contro lo schienale della sedia, rilassandosi un po' alla vista del suo viso meno teso. "Sono felice di sentirlo. Dopo tutto quello che hai passato…"
Vittoria alzò un sopracciglio, quasi divertita. "Non è stato così male," replicò con un tono che cercava di essere scherzoso, ma Logan poté percepire la verità dietro quelle parole. "Ma ho dovuto fare affidamento solo su me stessa."
"Lo so," ammise Logan, abbassando per un attimo lo sguardo. "Ma non sei sola. Non lo sei da molto tempo, anche se a volte può sembrare così."
Vittoria lo fissò per un attimo, come se cercasse di capire se stesse parlando sul serio. Poi annuì, appoggiandosi ai cuscini con un sospiro stanco. "Vorrei riuscire a crederci di più... è solo che... mi sento sempre come se fossi in bilico tra due mondi. Non appartengo davvero a nessuno dei due."
Logan la guardò, cercando le parole giuste. Non era mai stato bravo con le emozioni, né le sue né quelle degli altri. Ma con lei sentiva di poter essere sincero, di non dover nascondere nulla. "Non devi decidere uno o l’altro. Sei un auryn, sei una di noi. E so che Alexander e Richard la pensano allo stesso modo."
Lei lo guardò per un attimo, come se quelle parole fossero più di quanto si fosse aspettata. Poi sorrise, un sorriso piccolo ma sincero. "Grazie, Logan. Davvero."
Lui fece un cenno con la testa, sentendo il suo cuore battere un po' più velocemente. C'era qualcosa in quel suo sorriso, in quel momento tranquillo, che gli faceva provare sensazioni che non riusciva del tutto a spiegare. Non era solo la preoccupazione per la sua salute o il senso di responsabilità che sentiva verso di lei. Era qualcosa di più profondo, qualcosa che forse non aveva nemmeno voglia di analizzare in quel momento.
"Cosa farai quando starai meglio?" chiese Logan, cercando di alleggerire l'atmosfera. “Quando potrai uscire.”
“Appena potrò, andrò a comprare delle caramelle.” Inspirò, socchiudendo gli occhi.
“Caramelle?” Logan ridacchiò.
“Quelle gommose alla frutta. Sai – le gelatine ricoperte di zucchero. So che sono – non sono il massimo, per la salute. Non che ci possano uccidere, comunque.” Si leccò le labbra. “Ma me le compravano mamma e papà da piccola e – sono buone.” Sorrise.
Logan sorrise a sua volta. "Hai già in mente un piano per tornare subito in azione o ti prenderai una pausa?"
Vittoria sospirò, mettendo giù la forchetta. "Se dipendesse da me, probabilmente non mi fermerei neanche adesso... ma so che Alexander non me lo permetterà. E sinceramente... una pausa non suona così male."
Logan rise piano, scuotendo la testa. "Alex può essere piuttosto testardo, sì. Ma ha ragione. Hai bisogno di riposarti."
"Si, lo so. Ma non dirglielo," disse Vittoria con un sorriso malizioso. "Cos'hai in mente per i prossimi giorni? Hai qualche impegno o ti concederai un po' di riposo anche tu?"
Logan si strinse nelle spalle, incrociando le braccia sul petto. "Per adesso non ho nulla in programma. Stavo pensando di restare qui e assicurarmi che tu stia bene. Poi... vedrò cosa c'è da fare. Ma non ho fretta di tornare a casa."
Vittoria lo guardò, un'espressione che mescolava gratitudine e affetto. “Potrei farti fare un giro. Quando potrò di nuovo farlo, un giro.”
Lui abbassò lo sguardo, sentendo un leggero imbarazzo salire dentro di sé. Non era abituato a sentirsi dire quelle cose, né a gestire quel tipo di emozioni. "Mi piacerebbe."
Il silenzio calò di nuovo su di loro, ma questa volta non era carico di tensione. Era un silenzio tranquillo, quasi piacevole, come se entrambi stessero trovando una sorta di pace nella reciproca compagnia.
Vittoria, dopo aver mangiato qualche boccone, si appoggiò di nuovo ai cuscini, osservando Logan con uno sguardo attento. Un sorriso le sfuggì dalle labbra, un sorriso che non riuscì a trattenere.
"Logan," disse piano, con una voce più calda e gentile. "Perché non ti siedi qui, sul letto? Hai fatto la guardia tutta la notte e gran parte della mattina… dovresti riposare un po' anche tu."
Logan la guardò, sorpreso da quell’offerta. "Sto bene, non preoccuparti per me," mormorò, cercando di mascherare la stanchezza.
Vittoria scosse la testa, insistente. "Potresti provare a chiudere gli occhi, anche solo per un attimo." Battè una mano sul materasso.
Logan esitò, non volendo sembrare invadente, ma alla fine si arrese al suo sguardo insistente. Si alzò dalla sedia e, con un po' di titubanza, si sedette sul bordo del letto, accanto a lei. "Solo per qualche minuto," disse, come per giustificarsi. "Non voglio darti fastidio."
Vittoria gli fece un piccolo cenno con la testa, come se lo avesse già convinto. "Nessun fastidio. Anzi, così almeno so che non crollerai all’improvviso. Se scivolassi dalla sedia non sarei in grado di ritirarti su."
Logan, finalmente rilassato, si lasciò andare un po' di più, appoggiando la schiena contro la testata del letto. Vittoria lo guardò, prima di chiudere gli occhi. Lui rimase sveglio per qualche minuto, ma alla fine la stanchezza prese il sopravvento. Si distese piano accanto a lei, cercando di non darle fastidio, con un braccio lungo il bordo del letto e l’altro piegato sopra il petto.
“Copriti.” La voce di Vittoria lo fece sussultare. “Fa freddo.” Aggiunse.
Dopo che lui rimase fermo per qualche minuto, indeciso sul da farsi, la sentì muoversi al suo fianco. “Guarda cosa mi tocca fare. Sono io quella ferita, qui. Se mi saltano i punti è colpa…”
Lui non la fece finire che scivolò fuori dal letto e alzò il piumone dal suo lato del letto. “Coatta.” Ringhiò, infilandosi nelle lenzuola pulite e si distese al suo fianco.
“Dormi.” Fu la laconica risposta della ragazza. 
Lui fece una smorfia, ma il letto era estremamente comodo e morbido. E lui era estremamente stanco. Fanculo. In pochi istanti, il respiro di Logan divenne regolare e si lasciò cadere in un sonno leggero.
Passarono alcune ore, con il sole che ormai iniziava a calare dietro le finestre. La quiete della stanza era interrotta solo dal respiro tranquillo dei due, finché il rumore della porta che si apriva non risvegliò Logan. Sbatté le palpebre confuso e si accorse subito della presenza di Alexander e Richard nella stanza, le braccia cariche di buste piene di cibo cinese.
"Guarda chi si è dato il cambio da solo," commentò Richard con un sorriso malizioso, posando le buste sul tavolo. "Pensavo che fossi rimasto a farle la guardia, non a farle compagnia così... da vicino."
Alexander alzò un sopracciglio, divertito. "Guardatelo. Disteso accanto a lei come un cavaliere mezzo morto accanto alla sua dama."
Logan si sollevò in fretta, imbarazzato, scivolando via dal letto mentre cercava di riprendere il controllo. "Non è quello che sembra," mormorò, passandosi una mano sul viso ancora assonnato. "Stavamo solo dormendo."
Vittoria, che nel frattempo si era svegliata, si girò verso i ragazzi con un sorrisetto divertito. "Se l’è meritato."
Richard si avvicinò al letto, scuotendo la testa in segno di scherno bonario. "Beh, che scena adorabile! Un cavaliere e la sua dama ferita. Sei stato proprio un eroe, Logan."
Logan sbuffò, cercando di ignorare il tono canzonatorio. "Piantatela, idioti. Non c’è niente di romantico qui, solo una buona dose di sonno arretrato."
Alexander tirò fuori i contenitori dal sacchetto e li posò sul tavolo. "Non preoccuparti, amico. Non giudichiamo. In effetti, ti abbiamo portato del cibo, così puoi ricaricare le energie."
Vittoria sorrise, divertita dallo scambio tra i tre, e si sistemò meglio contro i cuscini. Logan, dopo un momento di esitazione, si alzò e andò a prendere un contenitore, poi si sedette di nuovo sul bordo del letto, stavolta più rilassato.
"Grazie," mormorò, lanciando un’occhiata a Vittoria, che continuava a sorridere.
Alexander si sedette su una sedia, mentre Richard si appoggiò alla scrivania con uno dei contenitori tra le mani. "Abbiamo fatto un giro per controllare la situazione fuori città," disse Alexander, rompendo il silenzio. "Il nido è distrutto, e per fortuna sembra che gli umani non si siano accorti di nulla... almeno per ora."
Logan annuì, ascoltando il rapporto, ma il suo sguardo tornava sempre su Vittoria. Anche se la situazione sembrava essersi calmata, sentiva ancora la responsabilità di proteggerla.
"Per quanto sia comodo combattere di notte per non farci scoprire dagli umani, preferirei davvero che le cose si calmassero un po'," aggiunse Richard con un tono ironico, mentre afferrava un paio di bacchette. "Non che mi dispiaccia avere a che fare con quei dannati eidolon, ma un po' di pace ogni tanto non guasterebbe."
 
*
 
Quel pomeriggio Alexander e Richard uscirono di nuovo, poco dopo pranzo, diretti versi un supermercato per rifornire il frigorifero e per fare un giro della città in cerca dei farkas che erano riusciti a sfuggire durante l’attacco della sera prima.
Logan era rimasto insieme a Vittoria, seduto sul letto al suo fianco, mentre parlava con Lucas, al telefono, per metterlo al corrente degli ultimi avvenimenti. “Sì, ora siamo a casa.” Annuì verso il gemello, lanciando un’occhiata veloce alla ragazza vicino a lui.
“Credo che rimarremo ancora un po’, non è saggio lasciarla qui da sola e ferita.” Aggiunse, a bassa voce.
“Non sono così incapace di prendermi cura di me stessa.” Lo rimbeccò lei. E Lucas rise dall’altro lato del telefono. “Stai quanto serve, fratello. Qui me la cavo alla grande.”
“Il signor Davis è felice di averti tutto per sé?” Ridacchiò Logan, notando però Vittoria irrigidire la mascella.
“Non mi sopporta più, probabilmente. Non c’è un granché, da fare. Mi annoio.” Logan riconobbe perfettamente la bugia e per un momento si sentì in colpa di aver lasciato il gemello lì da solo.
“Torneremo presto, promesso.” Disse, stringendo il telefono.
“Non c’è fretta, davvero.” Garantì Lucas, dall’altro capo della linea. Fece una pausa, tentennando. “Lui… vorrebbe avere qualche notizia.”
Logan guardò Vittoria. Erano abbastanza vicini perché lei potesse sentire anche le risposte di Lucas dall’altoparlante del suo cellulare.
Scosse la testa e abbassò gli occhi. Lui sospirò. “Non credo che…”
“Ti prego. Mi sta tormentando.” Lo bloccò Lucas. Logan guardò di nuovo la ragazza e le chiuse gli occhi. Inspirò. “Digli che se dopo tre anni si preoccupa per me solo nel momento in cui ho rischiato di morire può andare gentilmente a fanculo.” Disse, tagliente. “E rimanerci.”
Logan alzò gli occhi al cielo. “Hai sentito?”
“Forte e chiaro. Mi piace, lei.” Lucas ridacchiò. “Riferirò parola per parola.”
“Grazie, Luke. Ci sentiamo.” Logan mise fine alla chiamata con un sospiro e lasciò ricadere la testa sul muro su cui era appoggiato.
Logan restò in silenzio per un attimo, osservando il soffitto mentre sentiva il peso della tensione che aleggiava nella stanza. Abbassò lo sguardo verso Vittoria, che giaceva a pochi centimetri da lui. La ferita sul suo fianco era nascosta sotto la coperta, ma l'ombra del dolore era evidente nei suoi occhi, anche se cercava di nasconderlo. Era forte, lo sapeva. Troppo forte per permettersi di mostrare debolezza, anche quando ogni movimento sembrava una tortura.
La osservò ancora per un momento, indeciso su come affrontare la situazione. Alla fine, decise di rompere il silenzio con un tono di voce più dolce, quasi timido.
"Ehi..." iniziò piano, cercando i suoi occhi. Lei non rispose subito, ma alla fine sollevò lo sguardo verso di lui, scrutandolo con un misto di curiosità e resistenza. "Hai pensato di provare a... lavarti un po'?"
Lei lo fissò, sorpresa. Un lieve rossore si diffuse sulle sue guance pallide, e Logan si affrettò a chiarire, sollevando le mani in segno di pace. "Non fraintendermi, non voglio metterti a disagio. So che sei ferita e che muoverti potrebbe essere difficile, ma pensavo... Potrei aiutarti io. Solo... qualcosa di semplice, come lavarti i capelli. Potrei portare una sedia nel bagno, la metto davanti al lavandino. Tu ti siedi, e io mi occupo di tutto. Poi... per il resto, possiamo fare a pezzi, passo dopo passo."
Vittoria lo guardò perplessa. Le sue labbra si serrarono in una linea sottile, e per un attimo sembrò voler rifiutare. Ma poi il pensiero del sollievo che avrebbe potuto provare, anche solo sentendo l'acqua scorrere sui suoi capelli, sembrò smuovere qualcosa in lei. Non lo ammise a voce alta, ma le faceva piacere sapere che Logan era lì, che voleva davvero aiutarla.
"Non mi piace aver bisogno di aiuto," mormorò alla fine, incrociando le braccia come se cercasse di proteggere quel suo orgoglio ferito.
"Ti hanno quasi ammazzata," disse Logan, la sua voce così sincera da farla abbassare lo sguardo per un istante. "Sei solo... hai bisogno di un po' di assistenza in questo momento. E va bene così. Lasciami fare questo per te."
Vittoria sospirò, esitando per qualche altro secondo, prima di annuire lentamente. "Va bene," disse alla fine, quasi a denti stretti. "Ma solo i capelli, ok?"
Logan sorrise, sollevato. "Promesso."
Si alzò dal letto con un movimento fluido e andò verso il bagno. Prese una sedia robusta e la posizionò con cura davanti al lavandino, poi aprì l'acqua, regolando la temperatura. Quando tornò verso di lei, la trovò che cercava, con difficoltà, di sollevarsi dal letto. Per un momento distolse lo sguardo, ma poi si accorse che aveva indossato un reggiseno morbido per coprirsi un minimo dai suoi occhi. Si avvicinò rapidamente, pronto a sostenerla, e con gentilezza la aiutò a mettersi in piedi. Nonostante i suoi sforzi per non mostrare debolezza, Logan poté sentire la tensione nel suo corpo mentre si appoggiava leggermente a lui.
Logan la sostenne con delicatezza, avvertendo la tensione che percorreva il suo corpo. Nonostante la sua volontà di mostrarsi forte, il suo respiro tradiva un dolore sordo e costante. Lui la guidò pazientemente verso il bagno, passo dopo passo, sentendo il suo peso oscillare contro di sé. Ogni movimento era un piccolo sforzo per lei, ma non si lamentò una sola volta.
Arrivarono alla sedia che Logan aveva sistemato davanti al lavandino. Con movimenti attenti e sicuri, la aiutò a sedersi, facendo attenzione a non farle sforzare troppo il fianco ferito. Quando fu seduta, Vittoria si lasciò sfuggire un sospiro profondo, come se quel piccolo gesto di arrendersi alla gravità fosse già una sorta di sollievo. Logan si assicurò che fosse comoda, poi le sfiorò delicatamente le spalle, un gesto che voleva essere di conforto e rassicurazione.
"Va bene così?" le chiese, inclinando appena la testa per cercare i suoi occhi.
Lei annuì in silenzio, mordendosi leggermente il labbro per contenere il disagio. Logan le lanciò un'occhiata breve ma intensa, cercando di non farle pesare quella vulnerabilità. Si mosse dietro di lei, prendendo con cura una ciotola d'acqua tiepida che aveva preparato.
Iniziò versando l'acqua sui capelli di Vittoria con movimenti delicati e costanti, facendo attenzione a non farla scorrere troppo in fretta. L'acqua calda scivolò lungo le sue ciocche castane, ammorbidendo i capelli sotto il tocco delle dita di Logan. Con gesti lenti e precisi, iniziò a massaggiarle il cuoio capelluto, distribuendo lo shampoo con movimenti circolari. Le sue mani si muovevano con una cura quasi reverenziale, sfiorando la sua pelle con la massima dolcezza, come se temesse di farle male.
All'inizio, Vittoria sembrava trattenere il respiro, il suo corpo teso come una corda tirata. Ma man mano che i movimenti di Logan si facevano più ritmici, una calma iniziò a farsi strada dentro di lei. Logan poteva sentirla rilassarsi, quasi impercettibilmente, sotto il suo tocco. Le sue spalle, inizialmente rigide, cominciarono a cedere. Lentamente, il suo corpo sembrava allentare la morsa del dolore e della tensione, come se finalmente avesse concesso a se stessa il permesso di abbandonarsi a quel raro momento di pace.
Logan continuò con movimenti misurati, lasciando che l'acqua lavasse via il sapone. I suoi polpastrelli tracciavano linee lungo la nuca e ai lati del collo di Vittoria, sfiorandola con una gentilezza che lei non si sarebbe mai aspettata da lui. Ogni passaggio delle sue mani sembrava allentare un po' di quel peso invisibile che lei portava con sé.
La sua voce si fece bassa, quasi un sussurro. "Sto andando bene?"
Lei aprì gli occhi, fissando un punto nel vuoto davanti a sé, ancora immersa nella sensazione rilassante delle sue mani tra i capelli. Alla fine, annuì lentamente. "Mhmm."
Logan accennò un sorriso che lei non poté vedere, soddisfatto di sentire quel barlume di sollievo nella sua voce. Continuò a versare acqua sui suoi capelli finché non fu sicuro che tutto il sapone fosse sparito, poi prese un asciugamano morbido e cominciò ad avvolgere le sue ciocche umide con una cura quasi affettuosa.
Mentre lo faceva, si chinò leggermente verso di lei. "Credevo fosse più complicato lavare i capelli di una ragazza," scherzò con un sorriso nella voce.
Vittoria fece una risatina breve, quasi come se non riuscisse a credere di star ridendo in un momento del genere.
Logan le diede una leggera pacca sulla spalla e si allontanò di poco per lasciarle un po' di spazio. Poi si girò verso di lei, asciugando piano i capelli con l'asciugamano, sempre attento a non farle male. La stanza era silenziosa, tranne per il suono dell'acqua che gocciolava e dei loro respiri lenti e misurati.
Logan la sorresse con attenzione mentre Vittoria si appoggiava a lui. Sentiva il suo corpo teso, quasi come se stesse combattendo contro la propria debolezza, determinata a non mostrare quanto le facesse male muoversi. Quando finalmente la aiutò a sedersi sulla sedia che aveva preparato davanti al lavandino, lei emise un leggero sospiro, come se anche quel piccolo gesto fosse un sollievo. Logan si accertò che fosse comoda, osservandola con discrezione. Voleva essere sicuro che non fosse troppo scomoda o che non si sentisse ancora più vulnerabile di quanto già non fosse.
Per un attimo rimase lì, a guardarla, mentre si chiedeva come potesse alleviare almeno un po' il peso che sembrava gravarle addosso. Notò il phon appoggiato vicino al lavandino e senza pensarci due volte, lo prese e lo collegò alla presa. Sapeva che, anche se era solo una piccola cosa, asciugarle i capelli l'avrebbe fatta sentire più a suo agio, più vicina alla normalità.
Quando accese il phon, il ronzio riempì il silenzio della stanza e vide Vittoria voltarsi a guardarlo con un'espressione quasi sorpresa. Non si aspettava quel gesto, forse perché non era abituata a essere accudita in quel modo, ma lui voleva farla sentire bene, voleva prendersi cura di lei, anche se si trattava di qualcosa di così semplice. Notò un leggero sorriso nascosto dietro la sua sorpresa, e questo lo incoraggiò.
Si avvicinò e, con movimenti lenti e precisi, iniziò a passare la spazzola tra i suoi capelli mentre dirigeva il calore del phon. Iniziò dalle punte, procedendo con cautela, temendo di farle male senza volerlo. I capelli bagnati scivolavano sotto le sue dita e, con il passare dei minuti, sentì Vittoria rilassarsi lentamente. Il suo respiro si fece più regolare, e la tensione che aveva avvertito prima sembrava sciogliersi, come se quei piccoli gesti le stessero portando un po' di sollievo.
Mentre continuava a spazzolare, Logan si accorse che stava iniziando a concentrarsi più su di lei che sul movimento delle sue mani. Sentiva il suo respiro rallentare, la rigidezza nel suo corpo allentarsi sotto il tocco gentile della spazzola e del phon. Era come se in quel momento Vittoria si stesse permettendo di abbassare per un attimo le difese, di fidarsi di lui.
Quando finì, spense il phon e lo appoggiò sul ripiano del lavandino. Si chinò verso di lei, le sue mani che si muovevano con una calma naturale, come se fosse la cosa più normale al mondo prendersi cura di lei. "Credo che siano a posto adesso," disse con un sorriso, cercando di alleggerire l'atmosfera.
Vittoria si guardò nello specchio e Logan notò un piccolo sorriso che le sfiorò le labbra. Il suo riflesso sembrava più sereno, come se, per la prima volta da giorni, il peso del dolore fosse stato sostituito da un barlume di pace. "Sei stato bravo," disse lei, il tono della sua voce più leggero, come se stesse tornando a essere sé stessa.
Logan rise piano, cercando di non farla sentire imbarazzata per quel momento di tenerezza che avevano condiviso. Poi, il suo sguardo cadde su una spugna e un pezzo di sapone delicato poggiati sul bordo della vasca. Senza pensarci troppo, si voltò verso di lei con una calma gentile. "Ti senti abbastanza bene per fare altro?" chiese con attenzione, il tono della sua voce morbido. Non voleva forzare nulla, ma sapeva che forse aveva ancora bisogno di un po' di aiuto. "Posso aiutarti a lavarti un po', se ti va. Solo a pezzi, come dicevamo prima. Senza fretta."
Per un attimo, Vittoria lo fissò senza dire nulla. Logan poteva quasi vedere la battaglia interiore nei suoi occhi, la lotta tra la sua indipendenza e il suo bisogno di assistenza. Non voleva forzarla, ma c'era qualcosa nel suo sguardo che lo spinse a mantenere l'offerta. Alla fine, lei annuì lentamente. "Ok..." disse, la sua voce quasi timida. "Cerca solo di non sbirciare troppo esplicitamente."
Logan sollevò le mani in segno di resa, sorridendo. "Promesso."
Si chinò accanto a lei e immerse la spugna nell'acqua tiepida, insaponandola con cura. Iniziò dal suo braccio, passando la spugna sulla pelle con movimenti lenti e precisi. Poteva sentire il calore dell'acqua fondersi con il suo tocco, e ogni volta che sfiorava la sua pelle, faceva attenzione a non causarle alcun disagio. Si muoveva con rispetto, consapevole della delicatezza del momento, quasi come se stesse curando una ferita invisibile, quella che andava oltre i suoi lividi e tagli.
Le lavò le spalle, il collo, muovendosi in silenzio, ma consapevole di ogni piccola reazione di Vittoria. Il suo corpo sembrava accogliere quel gesto, e ogni passaggio della spugna sembrava alleggerire un po' il peso che lei portava dentro. Ogni tanto, le loro mani si sfioravano per caso, e Logan si accorse che quei brevi contatti non erano carichi di imbarazzo, ma di una strana intimità che si stava sviluppando tra di loro.
Senza mai rompere quel fragile equilibrio, Logan continuò a lavarla a pezzi, rispettando il suo spazio e il suo silenzio. Ogni tanto la guardava, cercando i suoi occhi per accertarsi che stesse bene. E ogni volta che lo faceva, Vittoria lo guardava di rimando, con un'espressione più serena e rilassata, come se, per la prima volta da quando tutto era iniziato, avesse permesso a qualcuno di avvicinarsi davvero.
Logan sapeva che quel momento, per quanto semplice, era importante. E voleva farlo durare il più possibile, perché in quel silenzio e in quei gesti di cura, entrambi stavano trovando un po' di pace.
 
*
 
Logan passò i tre giorni successivi praticamente rinchiuso in casa con Vittoria, mentre Alexander e Richard sfruttavano il tempo per uscire, monitorando la città e tenendo d'occhio l'attività dei farkas. La vita dentro casa era tranquilla, scandita dai piccoli gesti quotidiani. Logan, sempre vigile, rimase accanto a Vittoria, trovando nuovi modi per tenerle compagnia.
Passavano ore a chiacchierare di tutto e di niente, dal passato alle loro avventure, fino a piccoli aneddoti buffi che facevano sorridere la ragazza nonostante il dolore. Quando il silenzio si faceva pesante, Logan tirava fuori un mazzo di carte e lo piazzava sul letto. La sfidava a giochi semplici che non richiedevano troppa concentrazione, più per distrarla che per il gusto della competizione.
Al terzo giorno, però, Vittoria si stancò definitivamente di quella monotonia. Era stufa di stare ferma nel letto, di sentire la tensione accumularsi nei muscoli. Una mattina, dopo aver sbadigliato e stirato un po' le braccia, guardò Logan con uno sguardo deciso.
"Non ne posso più di questo letto," disse, interrompendo un la partita e lasciando le carte sul letto. "Devo uscire da qui."
Logan alzò lo sguardo dalle carte, perplesso. "Non credo sia una buona idea," rispose “Se fai troppi movimenti rischi di far saltare i punti."
Vittoria lo guardò dritto negli occhi, il suo sguardo era determinato e inflessibile. "Se non mi porti tu fuori, ci vado da sola."
Logan sbuffò, sapendo che non avrebbe vinto quella battaglia. "Non mi lasci scelta, eh?" chiese con un mezzo sorriso. Si avvicinò all'armadio con un misto di esitazione e concentrazione, cercando di mantenere il controllo mentre lei gli diceva quale anta aprire per trovare un vestito adatto da indossare. Si sforzava di rimanere professionale, ma non poteva fare a meno di sentire una sottile tensione sotto la pelle. L’aria tra loro era cambiata, soprattutto da quando lei aveva ripreso conoscenza. E ora, l’idea di aiutarla a vestirsi lo metteva in un certo imbarazzo.
“Penso che quello possa andare,” disse Vittoria, indicando un vestito di lana ed elastico, facile da infilare e che non avendo i pantaloni non avrebbe fatto pressione sul bacino.
Logan annuì, recuperò il vestito e glielo passò, ma non poteva evitare di chiedersi come avrebbe gestito la situazione. Era già abbastanza difficile non notare ogni dettaglio del suo corpo durante i giorni in cui l'aveva accudita. Ora, doveva letteralmente aiutarla a vestirsi.
“D'accordo, vediamo di farlo con calma,” disse Logan, cercando di mantenere un tono sicuro, anche se sentiva una lieve tensione attraversargli la schiena.
Lei alzò le coperte e lui cercò di tenere lo sguardo alto, rivolto semplicemente al suo viso. La vide sorridere e fece schioccare la lingua sul palato. “Potrei guardare, sai?”
“Non mi stupirei se lo facessi. E poi, credo che ti meriteresti un premio, dopo avermi fatto da balia.”
Lui ridacchiò, ma non osò abbassare lo sguardo. Si avvicinò lentamente, aiutandola a infilare le braccia nelle maniche del vestito. Le dita di Logan sfiorarono la sua pelle, fredda e morbida allo stesso tempo, facendolo trattenere il respiro per un istante. Si sforzò di concentrarsi sul suo compito, ma i suoi occhi non potevano fare a meno di buttare l’occhio di tanto in tanto, catturando i dettagli del suo corpo esposto. Merda. Non guardare. Era una battaglia interiore: cercava di essere rispettoso, ma il suo istinto maschile si faceva sentire, sottolineando la bellezza e la vulnerabilità di Vittoria.
Ogni gesto doveva essere preciso, non voleva farla soffrire. Ma quando le tirò delicatamente il vestito giù lungo i fianchi, sfiorando la linea sottile della pelle vicino alla ferita, si rese conto di aver trattenuto il fiato. Inspiro ed espirò lentamente, cercando di rilassarsi.
"Ci sei quasi," disse, la sua voce un po' più roca del solito, mentre abbassava il vestito lungo il corpo di Vittoria, evitando di guardare troppo a lungo. Ma poi il profumo di lavanda, che sembrava intensificarsi ogni volta che si muoveva vicino a lei, gli riempì i polmoni. Era fresco, naturale e inaspettatamente avvolgente. Logan chiuse gli occhi per un breve istante, lasciando che il profumo lo pervadesse, cercando di non pensare troppo a come fosse finito in quella situazione così intima.
Quando la aiutò a mettersi in piedi, Vittoria sembrava cercare il suo sostegno, e Logan, senza pensarci due volte, le mise un braccio intorno alla vita. Il loro contatto era stretto e immediato, e ogni tanto sentiva il suo corpo appoggiarsi a lui, come per cercare equilibrio. Anche se cercava di restare concentrato sulla sua sicurezza, il tocco della sua pelle contro di lui, e il profumo delicato che emanava, lo rendevano più consapevole di quanto fosse vicina.
Sostenendola mentre si avvicinavano alla porta di casa, Logan continuava a respirare quel profumo di lavanda, trovandolo quasi rassicurante. Cercava di non pensare a quanto fosse strano trovarsi così vicino a lei, a quanto fosse difficile ignorare il battito accelerato del suo cuore. Vittoria, per fortuna, sembrava concentrata sulla fatica di camminare e non sembrava accorgersi del suo nervosismo.
Finalmente, raggiunsero il piccolo giardino sul retro. Logan guidò Vittoria con calma fino a una delle due panchine che si affacciavano sulla strada e la aiutò a sedersi. Si chinò leggermente verso di lei, cercando di sistemare meglio il vestito, assicurandosi che fosse comoda.
"Vedi?" disse Vittoria con un sorriso soddisfatto, "Non è poi così male."
Logan ricambiò il sorriso, sentendo che, nonostante la sua lotta interiore, l'importante era che lei fosse al sicuro e a suo agio. "Ammetto che l'aria fresca fa bene anche a me," rispose, sedendosi accanto a lei, ancora avvolto nel profumo di lavanda della ragazza.
Logan, Alexander e Richard rimasero con Vittoria per un'altra settimana, dedicandole tutte le attenzioni di cui aveva bisogno per riprendersi completamente. Le sue ferite guarivano a ritmo costante, ma non senza sforzo. Logan non abbassava mai la guardia, preoccupato per ogni piccolo segno di disagio, per ogni movimento che sembrava costarle fatica. Ma giorno dopo giorno, Vittoria si fece sempre più forte, riuscendo a muoversi meglio e a stare in piedi più a lungo senza il suo aiuto.
Richard e Alexander approfittarono di quel tempo per uscire e controllare la situazione in città. I farkas sembravano aver abbandonato la zona per il momento, ma non erano mai del tutto scomparsi, ed era necessario mantenere un certo livello di vigilanza. Il loro lavoro fuori casa diventava più pressante ogni giorno che passava, e Logan sapeva che presto sarebbero stati richiamati all'Oikos. Tuttavia, non voleva andarsene finché non fosse certo che Vittoria fosse davvero in grado di badare a se stessa.
Il richiamo arrivò puntuale. Il signor Davis li contattò, con la voce carica di tensione, comunicando che Lucas aveva bisogno di rinforzi. Da solo, il ragazzo non riusciva a gestire tutto, e i farkas si stavano facendo più audaci. La situazione all'Oikos richiedeva la presenza immediata dei tre.
Logan sospirò mentre riattaccava il telefono, seduto al tavolo della cucina con un'espressione pensierosa.
Alexander si appoggiò al tavolo, studiandolo. "Dobbiamo tornare a casa," disse in tono pratico, anche se c'era un velo di comprensione nei suoi occhi. "Lucas ha bisogno di noi."
Richard, appoggiato al lavandino, annuì. "Non possiamo restare qui per sempre. Ma," aggiunse, guardando Logan, "possiamo assicurarci che sia davvero a posto prima di partire."
Logan si alzò e fece un respiro profondo. "Devo parlare con lei."
Trovò Vittoria in giardino, seduta sulla stessa panchina su cui si era seduta la prima volta che l'aveva portata fuori. Era avvolta in una coperta, il volto più rilassato, ma i suoi occhi lo tradivano; sapeva che la partenza era imminente.
Logan si sedette accanto a lei, il suo sguardo incerto. "Devo sapere che stai davvero meglio."
Vittoria lo guardò con un sorriso stanco, ma autentico. "Sto bene, Logan. Davvero."
Lui annuì, anche se sembrava ancora riluttante. "Non voglio lasciarti qui da sola se non sei pronta."
"Non mi caccerò nei guai, promesso," disse Vittoria, posandogli una mano sul braccio.
Logan sospirò, cercando di ignorare il battito accelerato nel suo petto. "Se c'è qualsiasi problema, ci chiami subito. Va bene?"
Lei annuì, stringendogli leggermente il braccio. "Lo farò."
Dopo essersi assicurato che tutto fosse in ordine, Logan tornò dentro per aiutare Alexander e Richard a caricare la macchina. Sistemarono le loro cose nel bagagliaio con movimenti rapidi e pratici, il peso della loro missione tornando a farsi sentire. Quando furono pronti, Logan diede un'ultima occhiata alla casa. Vittoria stava in piedi sulla soglia, con una mano appoggiata al telaio della porta, ancora avvolta nella coperta.
"Prenditi cura di te," disse Logan, facendo un passo tentennante verso di lei, ma non osando toccarla. Il suo profumo di lavanda gli riempì di nuovo i sensi, e per un istante, gli sembrò difficile andarsene.
"Lo farò," rispose lei, sorridendo. "Ci vediamo.”
Con un ultimo cenno, Logan salì in macchina accanto a Richard e Alexander. Si misero in marcia, lasciandosi alle spalle la casa di Vittoria e dirigendosi verso l'Oikos. Logan guardò fuori dal finestrino mentre la casa si allontanava, sentendo un misto di preoccupazione e sollievo.
Era tempo di tornare a casa e affrontare i loro doveri. Ma mentre il motore ruggiva sotto di loro e la strada si snodava davanti, Logan sapeva che non avrebbe mai smesso di pensare a Vittoria, né di preoccuparsi per lei, nonostante tutto.
Quando incrociò gli occhi di Lucas, che lo aspettava fuori dal castello, ancora prima di abbassare le proprie barriere mentali e crogiolarsi nel contatto con la mente del gemello, scosse la testa e gemette. “Sono fottuto.”



# Angolo autrice
Ciao. Non vi dico che casino domenica tornare a casa con lo sciopero dei treni. Comunque, ecco. So che è martedì ma come al solito aggiorno circa il mercoledì e la domenica. Alla prossima!
   
 
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