Inutile dirlo, la guardia che mi aveva invitato alla taverna era finita sopra il tavolo a battere i piedi al ritmo del violino insieme ai suoi compagni. Prima o poi quel tavolo sarebbe crollato, ci scommisi.
Riporsi la mia concentrazione al piatto con qualche straccio di patè e ossa di pollo rimanenti. Non mi ricordai nemmeno l’ultima volta in cui mangiavo così bene, e tanto.
La carne del pollo condita con la salsa rossa, specialità del locale, era a tutto un altro livello rispetto ai roditori e scarafaggi che nutrivo per strada. Tutta questa gente nel locale non si rendevano conto di quanto fossero fortunati a permettersi tutto questo, mentre io...
Scossi la testa e presi un sorso di succo d'uva. Appoggiai il boccale vuoto e abbassai lo sguardo verso il piatto. I miei occhi si spostarono verso l'elmo enorme posato sul tavolo, e vidi il riflesso di una ragazza con il naso all'insù, le labbra sottili ricoperte di salsa fino al mento, le sopracciglia folte aggrottate e qualche ciocca di capelli castani appiccicati sul volto umido. Roteai gli occhi altrove e scostai l'elmo lontano.
All’improvviso la porta d’ingresso venne sbattuta nello stesso tempo in cui il tavolo su cui stavano danzando i ballerini crollò. Mi voltai e vidi un uomo grosso e robusta in biancheria sulla soglia.
Oh no...
-QUALCUNO QUI HA RUBATO LA MIA ARMATURA! - urlò facendo voltare tutti i presenti del posto. La sua voce era così rabbiosa che tutti rimasero in silenzio. Persino la musica si fermò.
-Io lo so! - urlò in risposta quel Bert, ormai ubriaco fradicio e seduto per terra in mezzo al tavolo distrutto. -È stato lui- e indicò il suo compagno di fianco.
L'altro rise alla battuta e non s'accorse che il pavimento stava tremando: il gigante in mutande gli venne incontro, lo sollevò sopra la testa con due mani e lo scaraventò fuori dalla finestra spaccando il vetro in mille pezzi.
Si udì un flebile "sto bene!" dall'esterno, e fu di nuovo l'uomo-armadio a parlare con tutti: -Quella non è la mia armatura, sciocchi! Chiunque sia stato, venga avanti, o non esiterò a defenestrare tutti voi fino all'ultimo! -.
Tutti voltarono le teste da una parte all’altra. Mi feci piccola.
Una parte di me volle rassegnarsi e confessare la colpa, ma temendo per le conseguenze, la paura ebbe la meglio: rimasi seduta sul posto, immobile.
Come temevo, l'uomo iniziò a scrutare ciascuno mentre passeggiava da un tavolo all'altro. Tutti restarono muti, a fissare ogni suo movimento. Prima o poi, in fondo al locale, sarebbe arrivato il mio turno.
In quell’istante percepii qualcosa cambiarsi nella mia bocca: i canini si stavano allungando, diventando appuntiti. Sentii degli scricchiolii sotto i guanti dell'armatura, e notai con terrore che le punta degli artigli li hanno perforati.
Iniziai ad affannare mentre le ossa delle mie gambe si spostarono come delle lame. Dovetti stringere i denti per soffocare l'urlo di dolore. L'aria faticò ad arrivare ai polmoni e mi piegai in due. Come poteva succedere questo? Il sole era ancora in alto!
-Ehi, tu! Là in fondo, tu! -.
Caddi per terra mentre il mio corpo si stava trasformando sotto l'armatura: il dolore delle ossa scricchiolate divenne insopportabile e iniziai ad urlare con tutto il fiato che avevo. La bestia stava prendendo il possesso in me.
Le mie orecchie captarono una voce flebile e la mia vista iniziò ad annebbiarsi. Faceva troppo caldo. Il pavimento e le sagome nere in piedi iniziarono a girarmi intorno. Non capii più cosa stesse succedendo, e da quel punto non ricordai più nulla.