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Autore: JadeDevour    25/09/2009    1 recensioni
Una ragazza bellissima ed adorabile, ma fin troppo paranoica. Un migliore amico vampiro che a differenza sua non sembra avere intenzione di spigersi oltre al bacio sulla fronte, e una famiglia intera di vampiri con cui convivere. Jade vi da ufficialmente il benvenuto nel suo mondo.
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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dunque: questo primo capitolo è un puro e semplice esperimento. Tengo moltissimo a questa storia, che ho creato a partire da personaggi già ampiamente sviluppati e caratterizzati, nati da un gioco di ruolo: ognuno di essi ha un'identità ben precisa, che poi esternerò nel caso che la storia venga apprezzata e mi sia chiesto di continuare. Tengo a precisare che non è in alcun modo da considerare una fanfiction di twilight: come noterete i miei vampiri hanno caratteristiche diverse da quelle del libro, e sono decisamente più integrati all'interno del mondo umano. Spero vivamente che questo capitolo vi piaccia almeno quanto è piaciuto a me scriverlo *W* mi rendereste assurdamente felice lasciando un commento, anche brevissimo, positivo o negativo che sia, in modo da aiutarmi a migliorare il mio stile o in ogni caso capire se postare i capitoli seguenti o meno. Non mi resta che augurarvi una buona lettura *---*  Jade. Oh, piccolo appunto: ovviamente i continui riferimenti ai My Chemical Romance non sono casuali, ma in ogni caso anche questi particolari vi saranno più chiari nei capitoli seguenti :D

A blue, black shade of love.
Sent from above.
My hands are tied to worlds alone,
And this I know.
Your breath's like wine,
And just like clouds, my skin crawls.
It's so divine, the sky it glows with fields of light


Pioggia.
Mi abbraccio le ginocchia sottili, posandovi sopra le labbra, e osservo la pioggia ticchettare contro il vetro, fuori dalla mia finestra. Il cellulare accanto a me, lo schermo rivolto al copriletto viola, trilla attutito dal suono assordante e divino della musica che riempie la mia stanza avvolta dalla penombra. Non so se si tratti dell'ennesimo augurio da parte di qualcuno che nemmeno conosco: non ho realmente idea di come faccia un numero tanto spropositato di persone a possedere il mio numero. Sospetto che qualcuno l'abbia scritto sul muro del bagno della scuola o qualcosa di simile accanto alla data del mio compleanno, perchè, sul serio, non vedo altre spiegazioni.
Socchiudo appena gli occhi, con un leggero brivido nell'avvertire uno spiffero proveniente dalla porta/finestra solleticare le mie braccia, lasciate nude dalla canottiera viola chiaro che indosso, prima di scivolare giù dal letto ed avvicinarmi alla grande vetrata, dietro la quale le cime degli alberi stanno iniziando a piegarsi, schiacciate dal vento: sollevo lo sguardo, e rimango affascinata dal magnifico contrasto creato dalle nuvole nerissime, che lottano per la supremazia del cielo con pallidi ma tenaci raggi di sole che filtrano dove lo strato di nubi è meno denso, e d'un tratto confermano la propria superiorità con un poderoso tuono, che squarcia il vago fruscio della pioggia, dominante fino a quel preciso istante. Le mie dita, dalle unghie smaltate di nero, picchiettano appena contro il vetro, e quasi richiamata da quel suono sottilissimo abbasso lo sguardo e le fisso, come se non appartenessero al mio corpo: oh, lo smalto è rovinato, si è ridotto a piccole macchie nere.
Papà adora tenerlo così, e anche Jamie. E Matt, ultimamente, ho notato che di tanto in tanto la mia boccetta sparisce curiosamente, per poi tornare ridotta a metà nel cestino dei trucchi, paradossalmente in corrispondenza delle occasioni in cui il mio biondo fratellino si presenta indifferente con le unghie smaltate..ancora piuttosto male, non ci ha ancora fatto la mano e probabilmente è troppo orgoglioso per chiedere ad Elìn di aiutarlo.
Sorrido, mentre i miei occhi azzurro ghiaccio vagano per la superficie trasparente fino a posarsi stabilmente sul mio riflesso: mi agito, quasi a disagio nel vedermi scrutata dal mio stesso sguardo, e mi passo una mano tra i liscissimi capelli neri, che ricadono lucidi sulle spalle, decisamente più bianche della carnagione della quattord..quindicenne media.
Già, perchè oggi è il giorno del mio quindicesimo compleanno..è ora di crescere, piccola Jade. Ora di stabilire priorità e obbiettivi, ed impegnarsi per raggiungerli. Ora di aprire gli occhi e cavarsela da sola, e di lasciare da parte i sogni infantili, almeno per un pò, per dedicarsi all'immaginare cosa realmente vorrai e potrai diventare nella tua vita. Discorsi triti e ritriti, certo, solite frasi di circostanza, soliti consigli che ogni genitore declama al proprio figlio nel vederlo crescere, come se quelle semplici frasi potessero farlo sentire in pace con sè stesso. Mio padre non mi ha detto niente del genere, quando stamattina sono scesa scalza a fare colazione, l'espressione assonnata perfettamente identica a quella della mattina precedente, quando ero ancora quattordicenne e secondo i canoni del genitore medio i sogni infantili mi sarebbero stati ancora concessi, almeno fino a mezzanotte: no, lui mi ha sorriso, mi ha posato le mani sulle spalle, mi ha guardato negli occhi azzurri perfettamente identici ai suoi, e mi ha augurato un buon compleanno dichiarando:
"Sei stupenda, Jade."

Sorrido istintivamente, mentre il cellulare torna a trillare offeso, e con un leggero sbuffo mi allontano dal vetro, per poi lasciarmi cadere all'indietro sul letto, rimbalzando leggermente, ed afferrare l'iphone li accanto, roteando le pupille nel vedere il nome di Iris, uno delle due mie migliori amiche, lampeggiare sullo schermo, accanto ad una piccola foto in cui tecnicamente starebbe sorridendo: considerato che sarà la quarta volta che mi chiama senza risultato, però, persino quella sembra contratta in una smorfia minacciosa. Con una piccola fitta al cuore nel vedere due occhi verdi al di sopra del bordo della foto, unica parte visibile dello sfondo insieme ad una massa di meravigliosamente scompigliati capelli neri, mi porto finalente il cellulare all'orecchio, esordendo con un divertito
"pronto?"
"JADE! no scusa, ma hai idea di quante volte ti ho chiamato, nell'ultima mezz'ora?"
Allontano appena il cellulare, sfioro un paio di volte lo schermo fino al registro delle chiamate, e torno a ripristinate la comunicazione, cinguettando innocente
"dodici, forse?"
"ahah, sì, davvero divertente. Io e Maria qui a sbatterci per organizzarti una festa e tu a fare chissà cosa guardando chissà cosa."
"ancora con questa storia? Ma finiscila! Non faccio propr.."
"sì, sì. Allora, a che ora riesci ad arrivare?"
Lancio un'occhiata all'orologio sul comodino, e mi stringo appena nelle spalle, rendendomi conto subito dopo della perfetta inutilità del gesto, considerato che lei non può vedermi: evidentemente la mia capacità di giudizio dev'essere stata offuscata dalla foto sullo sfondo della sveglia. Sospiro, vagamente tentata dal prendere a testate il muro.
"mmm. Tra un paio d'orette?"
"COSA? Mezz'ora."
"un'ora e mezza!"
"un'ora, è la mia ultima offerta. Muovi il tuo stupendo culetto!"
Sbuffo nuovamente, e lancio svogliata il cellulare poco lontano. Non riuscirò a fare niente in un'ora. Voglio dire, devo ancora decidermi su che diavolo mettere!
Sto meditando senza alcun entusiasmo se infilarmi nella doccia o in camera dei miei per rubare qualche meraviglioso vestito alla mamma, quando il cellulare trilla nuovamente. Ancora Iris.
"oh, dimenticavo. Sono arrivati gli alcolici. Dieci casse, ci credi?"
Beh, suppongo che tutto sommato questa festa potrebbe anche rivelarsi interessante.

Quando mamma bussa alla porta, il pavimento della mia camera è letteralmente ricoperto da uno strato spessissimo di vestiti, e io me ne sto in mezzo, con un'espressione di puro panico dipinta sul viso. Il mio cellulare ha ripreso a trillare furiosamente nell'ultima mezz'ora, e questo semplicemente perchè dovrei già essere alla MIA festa da poco più di venti minuti: ma hey, avete idea di quanto sia dannatamente difficile decidere cosa indossare? Se siete una ragazza di appena quindici anni, con un armadio stracolmo di vestiti e la netta sensazione che nemmeno uno di questi sia azzeccato per la serata, allora sì, probabilmente l'avete. Sospiro, passandomi una mano tra i capelli neri, e mormoro un vago
"avanti.."
sollevando lo sguardo con un vago sorriso nel vedere mia madre, probabilmente la creatura più incantevole che possiate mai incontrare, fare capolino sulla soglia, sbattendo appena le ciglia nel notare la massa di vestiti scartati sparsa in masse scomposte qua e là per la stanza: apre la bocca per dire qualcosa, in particolare quando i suoi magnifici occhi viola si posano su una maglia rossa dalle maniche a sbuffo che ciondola a mezz'aria da sopra la lampada della scrivania. Poi, probabilmente impietosita dal mio sguardo implorante, torna a sorridere, sistemandosi una ciocca di capelli di un nero corvino perfettamente identico al mio dietro l'orecchio..quando sorride ci somigliamo ancora di più,papà lo dice sempre.
"problemi con i vestiti, amore?"
chiede, non senza una sfumatura ironica nel tono melodioso, e io annuisco, affranta.
"grossissimi problemi, mami!"
esclamo, e lei ride cristallina, posandosi le mani bianche sui fianchi sottili..rimane qualche istante in silenzio, la testa appena piegata, poi sorride e solleva una mano piccola e bianca, un indice sollevato, come a dirmi di aspettare un istante..sparisce in camera, e un istante
dopo ne fa ritorno trionfante, stringendo tra le mani il più bel vestito che io abbia mai visto in tutta la mia vita..e credetemi, ne ho visti centinaia, data l'apprezzabile abitudine della mia famiglia di non farsi alcun problema nello spendere miliardi su miliardi in, tra le altre cose, capi d'abbigliamento. è viola, ovviamente, essendo il colore preferito di mamma, ed è formato da un corpetto con stupendi e minuscoli fiori ricamati neri, e una gonna arricciata stile tutù. Mi getto su di lei con uno strillo entusiasta, brandendo il vestito che lei mi porge e stringendomelo al petto come un adoratissimo figlio ritrovato, mentre saltello qua e là per la stanza, semplicemente entusiasta: DIo, adoro mia madre, sul serio. NOn c'è giorno in cui non ringrazi il fatto che, almeno apparentemente, sia quasi una mia coetanea. Certo, questo comprende altri spiacevoli dettagli come il fatto che debba nutrirsi esclusivamente di sangue, e per ottenerlo uccida quasi ogni giorno un paio di persone. O che lei e mio padre passino intere giornate chiusi in camera loro, considerato il fervido appetito sessuale tipico dei vampiri, ma immagino siano dettagli trascurabili, nel panorama complessivo dei vantaggi che il loro stato comporta.
"grazie mami, grazie grazie grazie grazie!! Dio, non ti ringrazierò mai abbastanza, sul serio. Sei la mia salvatrice!"
esclamo, gli occhi azzurro ghiaccio che brillano, e lei ride cristallina, scuotendo la testa, mettendo in mostra i denti perfetti,di un bianco accecante.
"figurati, piccola..oh, non per metterti fretta, ma Gee ti sta aspettando giù da almeno quaranta minuti. Comunque non preoccuparti..ci sono anche Frankie ed Hel, è in buonissima compagnia."
sorride, e dal lampo che attraversa i suoi occhi viola sembra aver avvertito il battito mancato dal mio cuore (ancora) umano, nel sentir pronunciare quel nome.
Annuisco vaga, mordendomi il labbro inferiore, tutto l'entusiasmo improvvisamente convertitosi in qualcosa di meno ostentato, ma decisamente più intenso: prima che lei chiuda la porta mi sporgo appena verso lo spiraglio man mano più piccolo, come sperando di avvertire un qualsiasi, anche impercettibile segno della sua presenza, ma la porta si chiude prima che io possa aver carpito anche solo un frammento della sua voce, il suono più meraviglioso che io abbia mai sentito. Poi ride. Ride, probabilmente in seguito a qualcosa di detto da mamma, e io lo sento, e l'intera stanza, prima immersa nella penombra, sembra illuminarsi, come se i raggi di luce che prima filtravano timidi attraverso le nuvole nere le abbiano improvvisamente dissipate, e la piena luce del sole caldo di fine maggio si sia appropriata della mia camera..chiudo gli occhi, sospirando, lasciando che gli echi di quella seppur breve risata invadano ogni mia cellula, che ogni millimetro del mio corpo si impregni di frammenti di quel suono divino, e quando apro gli occhi, come ogni volta, avverto un leggero capogiro, e sono costretta a socchiudere gli occhi, portandomi una mano bianca alla testa, a sfiorare appena i capelli neri..è amore, questo? GLi adulti sembrano avere la singolare convinzione che un essere umano possa iniziare ad amare veramente solo allo scoccare di una precisa ora, e dopo un numero considerevole di anni trascorsi dalla sua nascita. COme se tutti i sentimenti che egli aveva, erroneamente, ricondotto all'amore fossero semplicemente germogli di questo. Qualcosa che al piccolo ingenuo pare immensamente forte e bello, ma che con il passare degli anni riconoscerà essere solo spiragli di luce tra le nubi..come se si potesse avvertire il calore del sole sulla pelle solo una volta raggiunta l'età adulta.
Tutti i tiepidi raggi precedenti sono definiti "cotte" "infatuazioni" "amori platonici".
Mi lascio cadere sul letto, sollevando una mano per sfiorarmi le labbra con la punta dell'indice. è veramente solo questo, che sento?
No, un raggio tanto piccolo non illuminerebbe mai un'intera stanza, nè mi scalderebbe tanto il cuore.
Con una lentezza quasi estenuante, come indifferente al cellulare che continua a squillare e alle lancette che ticchettano inesorabilmente dall'orologio sul comodino (ho sempre avuto un udito particolarmente raffinato, come ogni altro mio senso. Eredità dei miei genitori, immagino, sebbene i miei fratelli sostengono di aver sempre avuto percezioni prettamente umane): infilo il vestito, senza guardarmi allo specchio se non per truccarmi, matita nera per valorizzare gli occhi azzurro ghiaccio: mi sembra un crimine voler scurire in qualsiasi altro modo la mia adorata pelle, meravigliosamente pallida, e infilarmi un fiocchetto viola, con un teschietto nero all'interno. Un ultimo sguardo allo specchio, una domanda fuggevole che come ogni volta si presenta nella mia mente solo per essere repentinamente scacciata in un angolo della mia coscienza, con quella che appare come una certezza, pesante quanto un macigno, a tenerla ben inchiodata al suolo, senza permettere che alcuna speranza si sollevi in volo da essa: poi, dopo un respiro profondo, apro la porta e la richiudo dietro di me.

  
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