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Autore: JoeyCe    31/05/2005    2 recensioni
La
vita ad Hogwarts può essere molto difficile. Ma a volte puoi trovare un alleato
dove meno te lo aspetti.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Severus Piton
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Different ways'
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L’ALLEANZA

PREMESSA ALLA SERIE Appena ho letto il nome Marlene McKinnon nell'Ordine della Fenice, ho sentito subito che un nome così bello doveva per forza avere una sua storia. Di Marlene (che per inspiegabili motivi ho sentito da subito come legata a Severus Piton) si sa ben poco, tranne la fine delle sue vicende. E' da lì che per me è partito tutto, dal finale, che ho inizialmente provato a raccontare in "Broken road", one-shot che poteva benissimo rimanere come racconto a se stante.
E invece no! Mi sono fatta prendere la mano e non sono più riuscita a staccarmi da questi personaggi,come sempre mi accade quando si tratta di Severus!
Mancava l'inizio della storia, e così è nato "L'alleanza", poi, pian piano, immaginare Piton negli anni della scuola si è rivelato per me imprescindibile dalla comprensione dell'uomo che è diventato, quindi sentivo il bisogno di immaginare i motivi alla base delle sue scelte, di vederle germogliare e di indagare nel passato il perché delle sue azioni future.
La serie è ancora in lavorazione, ho dei tempi a dir poco lunghi e sono stata ferma per anni, tanto che nel frattempo JKR ha pubblicato la conclusione della saga ;) Ed è ovvio a questo punto che il mio racconto, che inizialmente poteva essere un'ipotesi, ora, a saga conclusa, è fuori dal Canon (soprattutto perché non c'è traccia di Severus/Lily, che pure amo molto), ma ho cercato di rendere il tutto più verosimile possibile, per quanto riguarda la psicologia di Severus innanzitutto.
Non mi resta che augurarvi...buona lettura!(Se siete sopravvissuti alla premessa, of course)

Capitolo 1 (incrocio)

“Sei sicuro di essere stato smistato nella casa giusta?”
Non sembrava esserci sarcasmo nella voce della ragazzina e fu esattamente questo che riuscì a fare aumentare ancora di più l’odio feroce che lui aveva dentro in quel momento: quella sua espressione di comprensione mista a pietà.
“Nel tuo caso invece è evidente di sì” rispose, continuando a camminare sotto il peso della borsa carica di libri e senza degnarla di uno sguardo. Non era il tipo di persona con la quale valesse la pena perdere tempo.
Ma a quanto pare invece lei di tempo doveva averne in abbondanza se, dopo l’iniziale sconcerto, aveva deciso di andargli dietro invece che occuparsi di passatempi più interessanti. Sentiva i suoi passi dietro di lui ma era deciso a fare finta di nulla. Ma cosa aveva fatto per meritarsi anche quella rottura?!
La tattica non sembrò dare i frutti sperati: alla fine la ragazzina decise di superarlo e di pararsi davanti al portone del castello impedendogli di entrare. Oh, certo, avrebbe anche potuto darle uno spintone e scansarla ma le maniere brutali non rientravano nel suo stile.
“Non riconosci il sarcasmo quando lo senti?” sussurrò scrutandola con disprezzo malcelato.
“E tu non riconosci una semplice domanda? Mica tutti hanno secondi fini.”
“Mica tutti sono dei sempliciotti come i tassorosso…”
“Oh, basta, non me ne frega niente di raccogliere le tue provocazioni. Mi chiedevo solo perché non ti decidi ancora a dare prova di quell’orgoglio e di quell’astuzia di cui si fa gran vanto la tua casa. Credo che potresti cambiare un po’ le sorti del gioco così…”
A questo punto la rabbia che aveva dentro esplose senza più freni “GIOCO?!? Certo, è di questo che si tratta, per te e per tutti gli altri! Oh, ma che divertente, guarda, il dio Potter e la sua banda che si divertono a lanciare incantesimi a quell’eccentrico secchione di Piton! E’ davvero un bel gioco per tutti! Eccetto per me forse…ma che importa? Arrivederci.” Disse voltandole le spalle ed entrando nel castello.
La ragazzina rimase sulla soglia, immobile. Non aveva il coraggio di seguirlo ancora, si era resa conto di aver usato davvero poco tatto e ne era mortificata. Si sforzava sempre di dire e fare la cosa giusta, cercando di compiacere tutti come le avevano insegnato, mentre ora…sentì una lacrima pungerla dietro gli occhi.
Ma al diavolo, lei voleva solo aiutarlo! E non voleva che per una parola usata a sproposito, senza alcuna malizia, lui pensasse che anche lei si divertiva come gli altri alle sue spalle. Perché se c’era una cosa sacrosanta era che Piton si vendicasse di quegli idioti grifondoro e rendesse loro pan per focaccia. Non sapeva perché volesse condurre con tanto fervore quella crociata…beh, a dire il vero lo sapeva benissimo e dovette ammettere che alcuni motivi non erano dei più nobili e altruistici ma cosa importava? Avrebbe fatto comodo ad entrambi un’alleanza.
Strinse i pugni e si avviò a testa alta verso il portone.
Trovò Piton esattamente dove immaginava.
Avanzò silenziosamente fino al tavolo posto tra gli scaffali “Antiche rune” e “Erbe magiche” e si piazzò davanti al ragazzo che, con il naso incollato ad un grosso libro e i capelli davanti al viso, non l’aveva vista arrivare.
“Sono venuta a farti una proposta” sussurrò.
Piton alzò la testa con un’ espressione di sommo fastidio ed evidente disgusto.
“Lo avevo sentito dire che i tassorosso sono pazienti fino all’inverosimile. Mi ricordi molto un mulo.”
Non raccolse la provocazione “Volevo scusarmi con te per aver usato la parola “gioco”, prima. Non era quello che intendevo dire, mi dispiace. Nessuno più di me pensa che Potter e Black siano dei perfetti stupidi pieni di boria. Puoi credermi.”
“Oh, grazie, sei molto premurosa. Non mi ero accorto che fossero degli idioti. Mi hai davvero illuminato.” le rispose con un ghigno sarcastico sul volto, prima di tornare a immergersi nelle pergamene.
La situazione era talmente assurda che sembrava comica. Ad entrambi. Lui vedeva una ragazzina che si era incaponita a parlare con lui di cose ovvie e banali e lei non riusciva a trovare la maniera di dirgli quello che voleva senza perdersi in frasi scontate e sbattere la faccia sulle sue frecciatine.
Alla fine decise che l’unica via era dirlo e basta.
“Tu devi fargliela pagare e io ti aiuterò.”
Questa frase suonò piacevolmente nuova e curiosamente interessante alle orecchie del ragazzo. Certo, fra sé lui la ripeteva molto spesso e aveva anche provato a metterla in pratica più volte – già, come se fosse facile sorprendere Potter o Black, dal momento che erano sempre scortati dalle loro guardie del corpo! Era solo quello il loro punto di forza: il fatto di avere minimo due scagnozzi sempre attaccati al sedere - ma sentirla dire da un’altra persona era una novità. Era ormai così abituato all’adorazione che quasi tutta la scuola tributava alla ditta Potter&soci, eccetto qualche mezzosangue di grifondoro e, ovvio, i serpeverde al completo, che certo non si aspettava una tale dichiarazione di guerra e meno che mai da parte di una piccola e insulsa tassorosso.
La cosa stuzzicava la sua curiosità. E anche la sua prudenza.
“Ma io chi? Ci conosciamo, forse?” le chiese.
La ragazzina parve sollevata: aveva deciso di risponderle. Non era stato poi così difficile, pensò.
“Sono Marlene McKinnon, quinto anno - disse porgendogli una mano piccola e paffuta - Ma puoi chiamarmi Marnie.”
“E io sono Severus Piton. O preferisci Sevvie?” rispose con un sorriso tanto grande quanto affettato. Ma gli occhi ridevano davvero.
“Beh, vedo che l’autoironia non ti manca. E’ un buon inizio.”
“Un buon inizio per cosa, scusa?”
“Per la nostra alleanza.”
Piton sollevò un sopracciglio. E attese.
Infatti, ora che il difficile, l’inizio, era passato, ora che lei aveva in qualche modo superato la soggezione e anche un po’ il timore che quel ragazzo le incuteva - cavoli, sempre in biblioteca, sempre con quei libri di dubbio argomento, aveva persino sentito dire che stava sempre da solo perché aveva un grosso segreto da nascondere, qualcosa di terribile che lui aveva fatto e che nessuno sapeva - ora, cominciò a parlare come un fiume in piena della sua idea per farla pagare a Potter.
Sembrava inarrestabile, gesticolava, ed il suo tono di voce stava cominciando seriamente ad alzarsi in maniera poco consona ad una biblioteca. Un attimo prima che Madama Pince li cacciasse via a pedate, Piton si alzò e prendendola per un gomito la trascinò fuori fino ad un’aula vuota.

“Dunque è questo il tuo piano?” Severus si scostò dalla finestra e si voltò a guardarla tra il pulviscolo che galleggiava fra di loro.
Improvvisamente lei arrossì, in un attimo consapevole che se lui le avesse riso in faccia, cosa non così improbabile a dire il vero, oltre a sentirsi smisuratamente stupida avrebbe anche perso l’unica occasione per vendicarsi.
Il ragazzo di fronte a lei era serio.
“Perché dovrei crederti?”
“Che?” questo proprio non se lo aspettava.
“Non fare la finta ingenua, ragazzina. Lo sanno tutti che i tassorosso sono sempre stati i leccapiedi dei grifondoro. Perché tu dovresti essere diversa, scusa? Chi mi assicura che non sia tutta quanta una messinscena per convincermi e che poi non correrai a spifferare tutto a Potter e gli darai un’ottima occasione per divertirsi con me? Come se non ne trovasse già abbastanza da solo.”
Marlene si inalberò, anche se piccola com’era sembrava abbastanza ridicola nel suo tentativo di affrontare il ragazzo. “Guarda che dà fastidio anche a me l’adorazione che tutti i miei compagni hanno per i grifondoro, cosa credi? Credi che sia bello vedere sempre tutti che cercano di emularli, che li seguono in ogni cosa, che fanno tutto ciò che gli chiedono? Sono talmente abbagliati che non si accorgono nemmeno di quanto quelli là se ne approfittino…E io mi sono stufata. Non dico che cambieremo le cose ma…” Lo guardò negli occhi con espressione supplichevole ormai. A Piton per un attimo venne in mente un cucciolo di cane che aspetta l’osso. Ma non era ancora convinto. Da quanto ne sapeva lui, non esisteva nessuno che stesse dalla sua parte per puro senso di giustizia, ogni persona, per ogni cosa, ha un suo fine, né altruistico né generoso, e chi professava il contrario riusciva soltanto a trasmettergli una sgradevole sensazione di ipocrisia.
Le piantò gli occhi scuri addosso. “Non ci sto.” sibilò.
Alla ragazzina sembrò che il pavimento diventasse all’improvviso più basso. “Pe…perché?” riuscì a mormorare.
“Perché non ti credo. E se non mi fido non ne può venire nulla di buono, puoi capirlo perfino tu. O mi dici qual è il vero motivo per cui hai deciso di usarmi oppure non se ne fa niente.”
Bastò appena un istante perché la maschera di sicurezza e disinvoltura che Marlene si era costruita per l’occasione cadesse miseramente. E ancora una volta si sentì sciocca e insignificante.
Esattamente come allora.
Come nel momento in cui Sirius aveva candidamente ammesso che era uscito con lei solo per riuscire ad avvicinare la sua migliore amica, Eva Abbott, che però, in barba alla Sacra Regola Numero Uno di ogni ragazza che si rispetti, si rifiutava di sognare Black ad ogni ora del giorno e della notte, ostinandosi a non volergli concedere alcun appuntamento. E così a Sirius era sembrata un’ottima idea proporlo alla piccola Marlene, d’altronde lei era evidentemente cotta di lui e di sicuro dopo lo avrebbe aiutato con Eva: un favore in cambio di un favore. E poi era pur sempre una ragazza con cui divertirsi un po’, cosa che lui non disdegnava affatto. Peccato che il patto non fosse stato controfirmato anche da Marlene, che nel giro di una settimana era passata dall’indescrivibile estasi che si prova a quindici anni quando un sogno impossibile si avvera, alla più bruciante delusione della sua vita. Come se non bastasse, Sirius aveva anche pensato di confessarle, senza nemmeno troppa malizia a dire il vero, talmente a lui sembrava scontato, che il loro gli pareva uno scambio più che equo: qualche bacio in cambio dell’aiuto per riceverne, lui stavolta, ben altri da ben altra ragazza! Mai si era sentita più stupida, umiliata e insignificante. Mai come in quel momento aveva sentito la rabbia salirle alla gola. E mai prima di allora aveva deciso che si sarebbe vendicata per un torto.
Era questo che Piton voleva sentire?
Ebbene, eccolo servito.
Severus osservava con gli occhi socchiusi la ragazzina, mentre le guance le si facevano di fuoco e negli occhi brillava una luce risoluta, a nascondere la vergogna che aveva provato e che stava provando ancora nel ripetere la storia ad un estraneo.
E così Black era passato da idolo incontrastato a verme schifoso. Chissà se sapeva di essersi fatto una nemica giurata, pensava Piton.
Scrutò in silenzio la ragazzina che gli stava di fronte, quasi impossibile pensare che potesse contenere tutto quel risentimento. Ma l’orgoglio ferito fa miracoli, lo sapeva. D’altra parte, con quella coda di cavallo striminzita, la frangia scura che quasi le copriva gli occhi nocciola e la figura così indubbiamente infantile, ancora quasi completamente priva delle attrattive che il corpo di una giovane donna che sboccia può offrire, come poteva aver creduto di interessare sul serio a Black?! Beh, quello poteva sempre aver pensato che anche lei faceva numero.
Ma comunque fossero andate le cose, ormai le era passata. Buon per lei. Non provava comprensione per una che chissà per quanto tempo aveva fatto di Black il suo ideale amoroso, dimostrando in questo modo di non possedere una briciola di buon gusto. Ma gli piacque il suo desiderio di rivalsa e il modo disarmante con cui, alla fine, aveva ammesso di essere spinta solo da uno scopo egoistico. A questo poteva credere. Era concreto.
Si poteva fidare.

  
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