Sono in anticipo di una
settimana!o_o
Oggi ho miracolosamente trovato il tempo di sistemarlo, così eccolo qui. E siamo arrivati allo
scontro finale. Finalmente, direte voi^^
Capitolo "effetto sorpresa" che è stato anche il più difficile, scritto dopo tanti dubbi e
indecisioni.
Ah, è anche un po' più duro rispetto agli altri, ma sinceramente non sapevo se lo è abbastanza
da dover alzare il rating...magari fatemi sapere. Buona lettura!
Capitolo decimo – Infra-red
One more thing before we start the final face off
I will be the one to watch you fall.
(Placebo - Infra-red)
Uno scricchiolio la informò che qualcuno aveva aperto la porta. Stagliata contro
la debole luce del corridoio, la figura di Dragunov era entrata a passi lenti e
pesanti. Cosa strana, non aveva acceso la luce – non amava gli ambienti
luminosi, questo Nina lo sapeva – la luce lunare gli bastava.
Aspettò che fosse alla sua portata per colpirlo violentemente con il calcio del
fucile. Dragunov barcollò in avanti e cadde parandosi con le mani quando Nina si
era avventata su di lui, riuscendo ad immobilizzarlo con il suo peso cavalcioni
sulla schiena, con una mano che teneva il suo viso premuto a terra e l'altra che
stringeva il fucile. Dragunov si trovava con il braccio sinistro schiacciato dal
suo stesso peso, mentre il destro tentava invano di afferrarla. Nina gli puntò
il fucile alla tempia.
– Ne peremeshajte[1]
– sibilò in russo cercando di contenere la rabbia che ormai stava sgorgando
dai recessi più profondi del suo petto.
Dragunov abbassò il braccio e rimase immobile. Nina era rimasta leggermente
spiazzata, e premette ancora di più la canna di metallo sulla sua testa. Doveva
soffrire prima di morire. Un altro colpo sulla nuca, poi un altro ancora sulla
guancia, calibrati e mirati a provocare il massimo dolore possibile senza ledere
il cervello.
Sorrise sotto il passamontagna, sentendo una gioia selvaggia prendere il posto
del veleno.
– Non ti lascerò finché non ti avrò preso tutto – sussurrò in inglese. Anche se
non l'avesse capita, il tono di quella frase era inequivocabile.
Ripose il fucile dietro la spalla e lo afferrò per i gomiti, avendo cura di
tirare le braccia verso di sé per stirare i legamenti all'altezza della
clavicola. Dragunov sopportava in silenzio, senza apparente dolore.
Nina si accorse che stava opponendo resistenza, tutta la muscolatura si era
irrigidita e tirava della direzione opposta. Era come stringere acciaio.
In quel braccio di ferro quello che contava era la forza, ed entrambi stavano
dando il massimo.
Con un guizzo Dragunov era riuscito a sbilanciarla, liberandosi dalla sua presa.
Nina aveva messo a segno un altro colpo terribile in piena faccia prima di
rotolarsi su un fianco e rialzarsi. Si trovò faccia a faccia con la sua preda,
squadrandosi l'un l'altra come due lupi pronti ad attaccare. Saltarono in avanti
contemporaneamente, ma Dragunov fu più veloce a prenderla e scagliarla contro la
parete che la accolse con un tonfo sordo. Alzandosi velocemente in piedi lo vide
venire verso di lei, quasi correre, e prima che potesse reagire di nuovo sentì
un calcio sullo stomaco che le mozzò il respiro. Ormai all'apice
dell'esasperazione, iniziò a lottare guidata dal suo istinto di assassina. Uno,
due, tre, quattro schiaffi a palmo aperto e un calcio tra le gambe l'avevano
fatto barcollare per un momento permettendole di preparare il colpo decisivo,
che però venne parato e ricambiato con un pugno sul mento.
Nina serrò le mascelle per resistere al dolore, mentre sentiva che il
passamontagna le veniva strappato dalla testa, lacerando anche un pezzo di tuta.
I capelli biondi rilucerono alla luna e, quando Dragunov vide chi era l'ombra di
un sorriso sadico attraversò il suo volto. Un'altra serie di colpi, poi Nina
vide il suo fucile cadere a terra e si ritrovò con le braccia dietro la schiena,
bloccata come nel giardino d'inverno. Il respiro corto di Dragunov sulla nuca,
dietro di lei, le fece venire la pelle d'oca.
Poi lui le affondò i denti nell'incavo tra il collo e la spalla, lasciato
scoperto dalla tuta, mordendola tanto forte da farla gemere. Il dolore si
materializzò in tante scintille bianche davanti ai suoi occhi, e per un attimo
pensò che fosse riuscito a farla sanguinare. Quando allentò la morsa i denti
avevano lasciato una corona livida che andava via via arrossandosi.
Dragunov risalì il suo collo sfiorandola appena con le labbra, per arrivare
vicino al suo orecchio.
– Sai come mi chiamano? –
Per la prima volta Nina sentì la sua voce, una voce profonda, con un'inflessione
particolare che aveva qualcosa di inquietante.
– Sai come mi chiamano, djevotchka? – ripeté, intensificando la stretta. Lei
provava ancora a dibattersi, ma ogni tentativo era stroncato da uno strattone,
che alla lunga diventava sempre più doloroso. Dragunov si avvicinò un po' di più
al suo orecchio, soffiando lentamente le parole.
– Belyi bog smerti.* Nella tua lingua significa "Dio bianco di morte". Io
do la morte, ma riesco sempre a sfuggire a lei. E tu, sei uguale a me, tu sei
terribile - e bellissima - come una dea. –
Nina vide il loro riflesso nello specchio, vide Dragunov, quasi osceno mentre
posava un bacio sui segni del morso, rivolgersi poi al riflesso per parlarle di
nuovo.
– Però...solo un dio può uccidere un altro dio. E stanotte...tu muori. –
Faticava anche a comprendere le parole. Sentì uno scatto metallico, e poco dopo
la luce lunare stava illuminando una lama a pochi centimetri da lei. Nello
specchio, la vide avvicinarsi al suo collo finché non sentì il freddo metallo
sulla gola. Chiuse gli occhi e si preparò al peggio, provando per la prima volta
la vera paura.
Una fitta improvvisa - sicuramente non alla gola - le fece riaprire gli occhi
mentre sentiva la pelle squarciarsi. Dragunov le stava conficcando quel coltello
nel fianco, ma non sembrava avere fretta. Il dolore era insopportabile, e stava
tentando con tutte le sue forze di non urlare. Il sangue iniziò a colare sul
pavimento, e Nina stava cercando di rimanere cosciente resistendo al dolore
ormai atroce.
Quando la lama venne sfilata e la stretta si allentò riuscì solo a disarmarlo,
facendo volare il coltello poco lontano.
Senza forze, contro quello che ormai era un avversario vero e proprio e non più
una semplice preda da cacciare. Nina non aveva potuto immaginare un’impasse
peggiore. Dragunov la guardava con un'espressione crudele e divertita allo
stesso tempo - poteva fare di lei ciò che voleva, a quel punto.
Non che si sarebbe arresa facilmente, ovvio.
– Ce ne sono altri con te? – chiese duro nel suo accento russo. Aveva difficoltà
a pronunciare le 't' aspirate ed era questo, insieme alla voce baritonale, a
renderlo inquietante. Era a una decina di centimetri da lei, tenendola
saldamente per gli avambracci.
– No. – rispose mettendoci tutto l'odio che aveva. Non doveva dire di Lars, o
sarebbe stato tutto inutile.
– Tu menti. –
– No. – ripeté per la seconda volta fissandolo nelle iridi artiche. Non sapeva
quanto era stata convincente, ma aveva cominciato a tossire. Perdeva sangue e
iniziava a respirare a fatica, non sapeva quanto avrebbe resistito.
– Non scherzare con fuoco, bambolina. – disse in tono quasi calmo.
Era troppo. Incurante del dolore, Nina gli sferrò un altro calcio tra le gambe.
Lui accusò il colpo, perché si piegò leggermente su se stesso dandole occasione
di liberarsi della presa e fargli perdere l'equilibrio buttandolo a terra. Con
le ultime forze si gettò verso il fucile, rimasto a terra li vicino, e sparò un
colpo nella sua direzione. Dragunov strinse i denti, soffocando un gemito - il
proiettile l'aveva colpito ad un braccio mentre tentava di rialzarsi.
Il dolore non contava più niente per Nina ormai, doveva finirlo a tutti i costi.
Si trascinò verso di lui stringendo l’arma, colpendolo sul braccio ferito con la
punta, e riuscì a immobilizzarlo di nuovo con il suo peso salendogli cavalcioni
sulle gambe. Il pavimento si stava riempiendo di sangue, nero alla luce della
luna.
– Hai ragione, siamo uguali – sibilò Nina premendo sotto il suo mento la canna
del silenziatore e chinandosi sul suo volto. La sua lingua tracciò una linea dal mento alle
labbra, raccogliendo il rosso fresco. – perciò anche tu mi devi temere, dio bianco di
morte – disse rialzandosi, quasi sputando le ultime parole.
Per un secondo si sentì mancare, e capì che doveva fare in fretta.
Dragunov la guardò negli occhi, assolutamente impassibile, ma Nina potè giurare
di aver sentito un verso sordo. Come lampi le ritornarono alla mente i mesi passati a cercarlo,
a consumarsi in cerca del riscatto, e proprio ora le sue vene stavano pulsando prepotenti,
come ad esortarla a fare quello per cui aveva dato via i suoi equilibri, la sua salute, il suo
proverbiale distacco.
Portò il dito sul grilletto, spostando la canna il corrispondenza del cuore.
– Ho vinto io. Da svidania, moj Sergei.[2]
–
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[1] Не
перемещайте:
non ti muovere.
*traslitterato da Белый бог
смерти
[2] до свидания,
мой Сергей: Addio, mio
Sergei.
Spero di aver tradotto bene, sono ancora agli inizi^^
Note abbastanza importanti:
Infra-red è la canzone che mi ha ispirato e spinto a scrivere questa storia. L'atmosfera
che ricrea nella mia mente è stata alla base di quasi ogni capitolo.
E poi, lo so, il soprannome di Sergei Dragunov è "angelo bianco della morte", non "dio"...a
questo proposito devo dire che l'ispirazione per questa scena l'ho avuta circa tre anni fa,
quando ancora non conoscevo vita morte e miracoli di quello che sarebbe diventato il mio
preferito di sempre insieme a Nina...consideratela una piccola "licenza letteraria"^^
Ho tentato di condensare tutte le idee che posso aver avuto in tutto questo tempo, anche se
purtroppo alcune sono rimaste fuori. Spero di non aver deluso nessuno, perché veramente
questa storia è di fondamentale importanza per me.
Un enorme grazie a Evilcassy, Nila Gor_kj, The Mad Hatter e Angel Texas Ranger, che
hanno mi tirato su il morale in una maniera incredibile con le loro recensioni!
Ci rivediamo il 10 ottobre (se non prima) con l'ultimo atto.
un bacione enorme a tutti! :*
P.S. Una caramella per chi trova la citazione cinematografica in questo capitolo^^
Miss Trent