Capitolo
3
-Ecco qui il risultato della vostra sconfinata passione per la
Divina Commedia –
esordì la mattina dopo – qualcuno li consegni, io
non voglio
tenerli in mano più dello stretto necessario, urgh.
Li mollò sul
tavolo e una ragazza fece per alzarsi, ma un suo compagno, al secolo
Federico Cappelletto, detto Cappellotto, intervenne con un
ghigno:
-Prof, li può consegnare la Ferreri?
'La Ferreri' in
quel momento stava guardando distrattamente fuori dalla finestra,
dondolando una penna tra l'indice e il medio. Quando sentì
il suo
nome, si voltò immediatamente.
-Perché, Federico? - domandò
paziente Emanuele – Cosa c'è che non va se le
consegna
Francesca?
-Eh, c'è che senza offesa, Fra, ma tu non hai né
le
minigonne né il culo della Ferreri.
-Signor Cappelletto, le
dispiace tenere un registro un pelo più formale quando si
trova in
classe e di fronte a un professore? Perché mi farebbe girare
un
pelino il cazzo se lei perpetrasse l'utilizzo di determinati
termini.
-Ma prof, lei ha appena...
-Sì, appunto. Facciamo
tutti fatica a
trattenerci. Io faccio lo sforzo e quindi lo fai anche tu, e che
cazzo; cos'è, hai più diritti di me?
Cappelletto sembrò
convinto al riguardo del registro, ma aveva ancora voglia di guardare
il fondoschiena di Bianca. Perciò ritentò.
-Allora: siccome il
sottocoda della signorina Ferreri mi risulta più gradito
rispetto a
quello della signorina Giraldi, sarebbe possibile...
-... scusami,
Federico...
-Eh.
-Ma il sottocoda...?
-Eh, è il culo! L'ho
imparato ieri sera a Passaparola,
hanno detto che il 'boccone del prete' è il 'sottocoda'.
È giusto,
prof!
-È giusto se parli di un pollo, non se parli di una
ragazza. Per cui, finché non sarai in grado di fare
formalmente
richiesta di una visione approfondita della parte in questione, la
signorina Ferreri rimarrà seduta al suo posto. Tra
parentesi, non
fare il pirla, Federico, non è educazione dire cose del
genere.
Non
fece in tempo a finire di dirlo che, voltandosi, notò la
signorina
Ferreri intenta a succhiare il tappo della penna con uno sguardo
decisamente equivocabile, facendo un occhiolino in direzione di
Federico Cappelletto, detto Cappellotto.
-Quando mi fai vedere
il tuo cappellotto? - la sentì mormorare nella direzione del
suo
compagno.
-Madamigella, se permette, sarei felice di proseguire
nella mia lezione senza che ulteriori proposte poco dignitose
aleggino nell'aria.
-Ok, allora possiamo andare in bagno,
prof?
-Bianca, non testare i limiti della mia pazienza. È una
quantità finita, te l'assicuro; se proprio insisti nel
volerlo
scoprire a spese tue, ottimo, poi però non piagnucolare 'lei
è
cattivo come tutti gli altri', ok?
-Ok, prof. Adesso sto
buona.
-Anch'io sto buono, prof, scusi. Glielo guardo dopo, il
sottocoda.
-Spero per te che Bianca non abbia una coda, Federico.
E adesso per favore andiamo avanti col canto quinto...
Era
difficile tenere testa a una classe. I pericoli erano molteplici:
innanzitutto, non si poteva piacere a tutti. Mai e poi mai. Anche
cercando di spiegare in modo vivace, di parlare come loro, di non
alzare mai la voce e di essere più permissivo sulla linea di
condotta, c'era sempre chi disprezzava il prof che faceva l'amicone,
e c'era sempre chi, dall'altro lato, cercava invece di
approfittarsene. Accontentare chi non voleva un amicone e tenere a
bada chi l'avrebbe voluto come un amico a tutti gli effetti era
decisamente difficile, anche senza contare la difficoltà in
sé di
spiegare un testo tanto arduo a una classe di sedicenni, mantenendo
il loro interesse, la loro attenzione e le loro simpatie, a livello
costante, senza mai sbagliare perché altrimenti sarebbe
caduto in
disgrazia.
Le cose erano due, quand'eri insegnante: o te ne
fregavi di piacergli e pensavi alla tua vita, e allora era certo che
gli saresti stato antipatico; oppure la prendevi a cuore e finivi col
cercare di compiacerli, cosa che Emanuele cercava costantemente e
disperatamente di evitare; e che, in ogni caso, non assicurava niente
a nessuno.
Ogni tanto si chiedeva chi gliel'avesse fatto
fare.
Gestirli singolarmente o a gruppetti non era difficile, ma
non si poteva riunire una ventina di sedicenni che per giunta erano
lì controvoglia e pretendere non solo che ascoltassero quasi
ininterrottamente per cinque ore, ma addirittura che si
interessassero alle materie. Non che facessero finta d'interessarsene
o che si limitassero a non fare rumore: no, che se ne
interessassero.
Li
capiva profondamente e proprio per questo, da giovane, aveva deciso
di fare l'insegnante; per interessarli davvero alla
materia. Ma poi aveva capito che non era questione di approccio, il
quale poteva anche piacere e guadagnargli un silenzio di un quarto
d'ora per simpatia: il punto era che a loro quella roba non andava
giù, e che, per quanto fossero affezionati a lui, non
riuscivano a
trattenersi dal pensare a tutt'altre cose.
Li capiva ed era
tentato di giustificarli; a che titolo dunque pretendeva piena
attenzione verso le sue parole? L'attenzione andava guadagnata e, se
lui forse ne era stato in grado, Dante Alighieri assolutamente no. Si
sentiva sempre in colpa quando li obbligava a mantenere il completo
silenzio durante la lettura di un testo noiosissimo; più
passava il
tempo, più si chiedeva perché avesse scelto di
fare l'insegnante,
cosa che idealmente, in effetti, andava contro a tutti questi
fondamentali principi.
E, certo, qualche volta aveva fantasticato
di portarsi in ufficio una bella diciottenne disinibita, ma,
purtroppo, nella dura realtà non aveva nemmeno un ufficio
dove
portarle, le belle diciottenni disinibite. E l'unica che fosse
veramente disposta a fare certe cose con lui aveva sedici anni, e,
per quanto fosse disinibita, di certo non si poteva definire'
bella'.
Forse un giorno sarebbe stata 'bella'; per ora era solo
carina e volgare. Sembrava un bel giardino di fiori lasciato incolto
per anni e anni e anni.
-Allora, prof, ieri ha dovuto correggere i
compiti fino a tardi?
-Eh già. Molto, molto tardi.
-Aah!
Allora il tempo per la Camilla l'ha trovato. È per me che
non ha mai
tempo, eh? Devo correggere, devo ricevere, devo parlare coi My Mini
Pony volanti qui fuori dalla finestra...
-Sai com'è, Camilla è
la mia fidanzata, tu sei una mia alunna rompiscatole...
-Dica pure
scassacazzo, sa, lo so che distruggo i coglioni. Non mi offendo
mica.
-Non ho paura di offenderti, Bianca, ma solo di sembrare
triviale. È una paura che dovresti avere anche tu.
-Mah, io so di
non essere triviale. Per questo mi permetto di comportarmi come se lo
fossi. In caso di necessità, so che potrei presentarmi
davanti alla
Regina Madre e farle fare una figura da bifolca.
-Vestita così,
non credo.
-Ma no, prof, non vestita così. Be', in effetti
sarebbe il top se andassi lì vestita così e le
tenessi un'orazione
in un perfetto inglese davanti alla quale perfino lei dovrebbe
ammettere che ha ancora molto da imparare.
-Bianca, non dico
molto, ma qualcosa ce l'hai anche tu da imparare da lei.
-Cosa?
-Un
po' di eleganza e sobrietà nel vestire, tanto per dirne una.
-Da
chi,
scusi? -
strabuzzò gli occhi – Dalla Regina Madre? Con quei
cappellini? Con
quei vestitini viola...? Ma, al di là di tutto... imparare a
vestirsi da un'inglese?!
Emanuele
scosse la testa e sospirò. A volte avrebbe preferito fare il
casalingo e guardare Incantesimo
e badare solo ai suoi, di bambini.
-Va bene, Bianca, hai vinto tu.
Hai ragione. Adesso però puoi tornare in classe?
-Bah, prof, non
non è che interessasse vincere. Volevo solo chiacchierare un
po' con
lei.
-Dì, ma non puoi chiacchierare coi tuoi compagni?
-Ah,
sa, con loro non chiacchiero molto. Sono più una tipa
d'azione, non
so se mi spiego.
-E le tue compagne?
-Non mi parlano. Ma vabbè.
Io ho una mia vita.
-Certo. E questa vita extrascolastica è così
soddisfacente che ti fa passare sopra al fatto che tutti ti
considerano una troia, al di là di come reagiscono alla
cosa?
-Prego...?
-Le ragazze ti odiano e i ragazzi ti usano, ma
tutti loro ti considerano una troia. Ti spiace se parlo chiaro?
Pensano che tu sia facile, Bianca, se questo termine ti è
più
congeniale.
Bianca alzò le spalle e levò gli occhi al
cielo.
-Sì, lo so – rispose, guardando il soffitto senza
scomporsi.
-E le cose che fai nel tempo libero ti fanno
dimenticare di avere una reputazione del genere?
-Sì, prof. Il
sesso tiene enormemente impegnati. È l'unica cosa che ti
impedisce
del tutto di pensare per un discreto periodo di tempo; oddio, poi
dipende da con chi lo fai, perché con certi mi metto a
pensare
all'ultimo articolo dell'Internazionale sul riscaldamento globale, ma
in generale è un buon passatempo, glielo garantisco.
-Sì,
Bianca, grazie della preziosa lezione di vita. Mi rivolgerò
a te
quando avrò dei dubbi su come gestire la mia vita sessuale.
-Scusi,
non volevo essere saccente. È che credo di aver fatto
più
esperienze di... più o meno tutti quelli che
conosco.
-Bianca.
-Sì?
Si tolse gli occhiali lentamente,
poi la guardò negli occhi.
-Perché mi dici queste cose?
Lei
tacque per un istante; poi si fece pensosa, poi lo guardò
con aria
perplessa.
-Sa che non lo so? A qualcuno devo pur dirle, credo.
Lei mi dà l'idea di uno che mi ascolterebbe.
-E se io non volessi
ascoltare tutte le tue porcherie?
-Oh – arrossì – allora me
lo dica subito, non volevo essere inopportuna. Pensi sempre che gli
altri siano sempre lì in attesa di sapere gli affari tuoi...
mi
scusi davvero. Giuro che non gliene parlo più.
-Ma no, Bianca,
parlamene quando vuoi. Vorrei solo che mi parlassi di cose
più
allegre.
-Allegre? Faccio sesso in continuazione, che c'è di
più gaio? E poi io
non sono mica una musona. Come Valeria, sempre lì con quelle
croci e
vestita di nero a disegnare le donnine sanguinanti.
-Nero o non nero, Valeria mi
sembra più felice di vivere, rispetto a te.
-Mbah.
Ci fu un momento di silenzio.
-Ma io non le
piaccio proprio?
-E daje...
-Ma ho due belle tette.
-Ok.
-E
Cappellotto ha detto che ho un bel culo.
-Perdonami, ma parliamo
appunto di Cappelletto...
-E non peserò più di cinquanta chili e
non sono né troppo alta né troppo bassa!
-Sono certo che sia
un'ottima cosa.
-Ah! È la faccia? Sono una di quelle che vanno
bene di fisico ma hanno una brutta faccia? A me la mia faccia sembra
normale.
-La tua faccia non ha nulla che non va.
-E
allora?
-Hai sedici anni.
-Uuuh! Ma allora è solo questo! Cioè
ho sedici anni ma se ne avessi diciotto un pensierino se lo farebbe!
Anzi... magari se lo fa già, il pensierino, ma siccome ho
solo
sedici anni è costretto a relegarlo al rango di pensierino!
Ho
capito, prof, ho capito. Be', senta, legalmente non fa niente di
male. Se non le va di farlo a scuola la capisco, non voglio metterla
nei guai, possiamo...
-Bianca, piantala.
-Ma potremmo...
-Anche
se parli ininterrottamente per sei ore, prima o poi sarai costretta
ad interromperti e a lasciarmi dire che non mi interessi, e che non
è
l'età il freno che ti separa da me.
-... ma allora c'è un freno,
no? Altrimenti lei andrebbe dritto a chiodo! Be', mi dica qual
è
questo freno, allora, e vediamo di fare in modo di toglierlo.
-Il
mio freno si chiama 'Camilla', e mi sembrava di avertelo
detto.
-Aaah, la fidanzata ufficiale... be', sì, è un
buon
motivo. Ma io non voglio mica che la lasci per me, figurarsi se un
uomo rinuncerebbe mai alla sua scelta solida e sicura. No, no. Mi
accontento di un po' di sesso e qualche coccola ogni tanto se ha
voglia di farmela. Sennò anche niente coccole, tanto sono
inutili.
-Sei più cinica di una zitellaccia gattara di
settantacinque anni.
-Ha! Cos'è questa discriminazione verso le
povere zitellacce, le povere gattare e le povere settantacinquenni?
Mia nonna ha più di settantacinque anni, vive da sola coi
gatti ed è
la signora più buona del mondo.
-E com'è che sua nipote è la
ragazza più problematica della scuola?
-Macché problematica,
siete voi che ve li fate, i problemi. Ah, a proposito di farsi i
problemi! Tenta di farmi cambiare discorso, eh? Dicevamo della
fidanzata. Ah, sì, ecco cosa dicevamo! Che a me va bene che
lei
rimanga con la sua amata Camilla e che la sposi e che abbiate tanti
bei bambini, e gne gne gne. Però per una volta, per una
soltanto...
me la dà questa soddisfazione?
-Ma cos'è, Bianca, devi mettere
il tuo timbro su ogni essere con le mutande pesanti che capita
davanti ai tuoi occhi?
-No, prof. Ma lei non potrebbe mai
innamorarsi di me, quindi le chiedo quello che forse le è
più
facile darmi.
-Non mi va.
-Ok.
Bianca balzò giù dalla
sedia e si avviò verso la porta.
-Arrivederci – si girò
sull'uscio e lo salutò con la mano, con aria tranquilla.
Ricambiò
e rimase fermo dov'era per qualche minuto, con la cocente sensazione
di trovarsi in un vicolo dal quale sarebbe stato molto arduo
venire fuori.
-Ancora Bianca, eh?
Camilla gli massaggiava
le tempie e aveva chinato la testa per guardarlo negli occhi.
-Ancora
Bianca - confermò. - Ormai inizio a pensare che sia un
trailer dell'inferno che mi
ha inviato Dio per avvertirmi di cosa mi aspetta.
-Mi dispiace,
amore. Vorrei tanto conoscerla, questa ragazzina.
-Perché, credi
di poter fare qualcosa per lei? Tutti vorrebbero essere il suo
salvatore o il suo giustiziere, ma lei non te lo permette in nessun
modo. È sfuggente. È incomprensibile, non
è niente che tu abbia
letto nella collana TEA di esperienze di vita vissuta.
-Non volevo fare la Torey Hayden dei poveri –
s'imbronciò Camilla – è solo che
mi hai incuriosita, nient'altro.
-Ha incuriosito più o meno
tutti. Penso che lei voglia
incuriosirci, ma che in realtà non voglia dirci
assolutamente
niente.
-Mi fa pensare che abbia un segreto che inizialmente
vorrebbe rivelare, ma poi, quando si arriva troppo in là,
scopre di
non volerlo rivelare davvero. Oppure, forse, non può.
-Non
esageriamo.
-Non voglio fare la Torey Hayden, lo ripeto. Ma
promettimi che scaverai più a fondo.
-Fosse per me, anzi, per me
e tutti i miei colleghi e tutti i miei alunni, vorremmo esserci
già
arrivati, al fondo. Vorremmo capire. Ma, più che altro,
ammetto che
vorremmo soltanto che smettesse. Non è molto nobile.
-Però è normale, amore. Non fartene
una colpa; abbiamo tutti così tante cose a cui pensare,
è normale
avere più voglia di semplificarci la vita che di
complicarcela.
Emanuele sospirò e l'abbracciò.
-Grazie.
Quando sono con quella ragazzina, perdo di vista anche la logica. Mi
spiazza. Pensi di capirlo, un sedicenne, di ricordarti com'era a
sedici anni, ma la verità è che noi eravamo
diversi da come sono
loro adesso.
-Piuttosto, stando a quanto ho capito, è lei
che
è diversa da chiunque. Da noi, e anche da loro. È
una
caratteristica dei ragazzi problematici; danno problemi. Non sentirti
mai incapace per colpa sua. Tu sei solo un insegnante.
-Non
solo... - mormorò – non solo. È in
corso una diatriba tra noi
colleghi, al riguardo. Siamo solo insegnanti? Siamo anche degli
amici? E magari un po' psicologi? Non so mai che posizione
prendere.
Lei si alzò, l'abbracciò, gli posò la
testa sul suo
seno e gli baciò i capelli bianchi. Avevano iniziato a
ingrigirsi a
sedici anni e, ora che ne aveva ventinove, la sua sembrava la testa
di un cinquantenne.
Bianca una volta gli aveva detto che quella
caratteristica era affascinante e speciale. Lui pensava semplicemente
che il fatto di essere un bell'uomo l'aveva salvato da una condanna a
vita.
-Cosa devo fare, io? - gemette, sfiduciato – Non ho
nemmeno l'età per essere suo padre. Potrei essere suo
fratello
maggiore. Non so nemmeno io come mi devo comportare con la gente, e
dovrei insegnarlo a lei...? Dove sono i suoi genitori, in tutto
questo? Perché fanno fare il lavoro duro a me...?
Camilla
gli accarezzò e baciò i capelli per un po'. Dopo
qualche minuto,
riprese la parola.
-Beh – suggerì – fai in modo di
incontrarli, questi genitori. No? Chiamali, chiedi loro un
appuntamento. Parlaci. E se vedi che è il caso, ripetigli
ciò che
hai detto a me.
-Cosa, che non so gestire una ragazzina di sedici
anni?
-No, che non possono mandarti il diavolo della Tazmania in
classe e pretendere che sia tu a crescerla al posto loro. Essere un
insegnante comprensivo è giusto, accollarsi la
responsabilità di una persona che sta diventando adulta nel
modo
sbagliato non è giusto per niente. Diglielo. Glielo dico io,
se vuoi
– aggiunse combattiva.
Il giorno dopo, chiese alla segreteria il
numero di telefono e si ripropose, non appena fosse stato fuori dalla
portata di Bianca, di chiamare a casa sua e fissare quel dannato
appuntamento.
(Nda: ecco, questo è
più o meno quanto accade in classe quando c'è
Bianca. Cioè quasi ogni giorno. E questo è anche
il dramma umano di un insegnante davanti a un caso quasi disperato XD e
in generale davanti a una terza liceo.
Sono contenta di come mi sta venendo Camilla, dolce ma forte proprio
come la volevo io. E sono anche fiera di come mi sta uscendo Bianca;
è proprio come me la figuravo nelle mie idee iniziali,
sapete, quei trip sulla storia che ti fai poco prima della stesura.
Ad ogni modo!
Grazie a tutti per le recensioni - CTA, cioè Kalos, l'ho
già ringraziata, ma non fa male ripetere - perché
più ne ricevo più ho voglia di continuare *O*.
Fatevi sentire, mi raccomando è_é.
Al prossimo capitolo ^_^!)