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Autore: Charlize_Rei    17/09/2003    11 recensioni
Bellatrix Lestrange... quasi tredici anni rinchiusa nella prigione di Azkaban... Una mente forse rifugiatasi nella follia. L'adorazione incondizionata per il Signore Oscuro, affamato di potere e, soprattutto, di anime... fino a quando l'incontro con colui che tutti i Mangiamorte considerano il Traditore cambierà radicalmente le vite di molte persone, innescando una serie imprevedibile di eventi che trascineranno il mondo magico in una Seconda Guerra, il cui esito dipenderà sia dalle scelte fatte sia, in eugual misura, da quelle non fatte. Le carte si mescoleranno, la parete che separa i nemici dagli amici si farà sempre più sottile. E mentre Voldemort si avvicina all'immortalità, c'è chi lotta senza sosta per impedire l'inizio della fine.
Genere: Dark, Drammatico, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Luna Lovegood, Remus Lupin, Severus Piton, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Morsmordre

Disclaimer: Bellatrix Lestrange e gli altri personaggi che compaiono in questa fanfiction sono proprietà di J.K. Rowling e di editori come Bloomsbury, Bros, Salani. Nessuna violazione del copyright si ritiene pertanto intesa.

 

“ Bisogna essere sempre ubriachi.

E’ tutto lì il problema.

Per non sentire l’orribile fardello del Tempo che vi spezza le spalle e vi piega verso la terra, dovete ubriacarvi senza sosta.

Ma di cosa?

Di vino, di poesia o di virtù, a vostra scelta.

Ma ubriacatevi.

E se qualche volta, sui gradini di un palazzo, sull’erba verde di un fossato, nella tetra solitudine della vostra camera, voi vi risvegliate con l’ubriachezza già diminuita o scomparsa, domandate al vento, all’onda, alla stella, all’uccello, all’orologio, a tutto ciò che fugge, a tutto ciò che geme, a tutto ciò che gira, a tutto ciò che canta, a tutto ciò che parla, domandate che ora è; ed il vento, l’onda, la stella, l’uccello, l’orologio vi risponderanno: - E’ l’ora di ubriacarsi!

Per non essere gli schiavi martirizzati del Tempo, ubriacatevi, ubriacatevi senza sosta!

Di vino, di poesia o di virtù, a vostra scelta”

 

Charles Baudelaire,  ˝Enivrez-vous˝; Le Spleen de Paris - Petits Poëmes en prose

 

 

Pares Vires

- Forze in equilibrio -

 

 

- Alzati, Bella -

La sua voce era poco più che un sussurro, un sussurro che sapeva di ghiaccio e di fuoco. La voce in cui si dissolvevano gli antipodi.

Bellatrix Lestrange alzò il mento sottile ed i suoi occhi ardenti si posarono con muta adorazione su quella figura ammantata di nero che stava avanzando verso di lei, quasi scivolasse nell’aria. Rimase in ginocchio ancora per qualche istante, fissando gli occhi di rubino del suo Signore… sarebbe stata disposta ad ardere nelle fiamme perenni pur di poter continuare ad adorare quelle polle di sangue, rosse, infinite, abissali.

E poi si alzò, lentamente, riabbassando lo sguardo verso il pavimento di pietra nuda.

Lord Voldemort era lì di fronte a lei, la sua aura potente avvolgeva entrambi, come se continuamente emanata da una fonte inesauribile.

Un’aura dolorosa.

Un’aura irresistibile.

Morte, potere, immortalità, amore, sofferenza, piacere… Era tutto con Lui, tutto in Lui, e tutto scaturiva da Lui. La donna non osò muoversi, mentre quel potere la pervadeva, la inebriava, inchiodandosi in ogni centimetro della sua pelle, insinuandosi in ogni anfratto del suo spirito che bramava di ubriacarsi di Lui, della sua forza, della sua trascendenza.

- Mio Signore – rispose lei, e le parole vibrarono in accordo con il suo animo incandescente, forgiato da quelle pupille feline, plasmato dalla Sua volontà, infiammato d’amore insano per Lui, il suo principio e il suo eskathos, lo scopo ultimo di un’esistenza.

- Voglio che tu faccia qualcosa per me, Bella –  sussurrò Voldemort, muovendo appena le bianche cicatrici sottilissime che sostituivano le sue labbra – ma spetta a te decidere se accettare. Sarai sola, stavolta. Ti senti pronta? – concluse, mentre una strana espressione gli sfiorava i lineamenti sottili, soffermandosi sul suo volto d’alabastro solo un istante, gli occhi scarlatti che riflettevano le fiamme guizzanti delle torce ai lati dei muri.

Bellatrix fremette. Stava riferendosi a Rodolphus… a lui, che non c’era più. A lui, che l’aveva lasciata, spirando tra le sue braccia; a lui, i cui ultimi pensieri erano stati per lei, ancor prima che per il suo Signore, che più adorava sopra ogni altra cosa.

Rodolphus aveva lasciato una voragine slabbrata, ed il suo ricordo bruciò come una ferita sanguinante toccata da una mano ruvida. Una voragine che s’inabissava, sempre di più, sempre più giù, inarrestabile, incalcolabile, ai limiti della sopportazione umana, e che squarciava violentemente anche la protezione della follia.

Ma le parole del suo Signore erano miele, erano balsamo refrigerante, erano rigenerazione: le aveva chiesto se si sentiva pronta.

Conosceva fino a che punto il suo animo fosse dilaniato. Un punto di non-ritorno, se non ci fosse stato Lui.

Il solo che riusciva a vedere nella follia provocata dai lunghi anni di prigionia in Azkaban una mente sorprendentemente lucida.

Il solo che non aveva timore ( e perché avrebbe dovuto averne!) di fissare a lungo quei suoi occhi neri e immensi e roventi di pazzia, di amore, di insania, due finestre spalancate su di un animo torbido, che diventava trasparente come diamante ogni qual volta gli occhi sanguigni del Lord Oscuro lo scrutavano fino a toccarne il fondo.

- Sono pronta, mio Signore – e la sua voce si mantenne salda e corposa. Si sentiva forte, potente, inarrestabile… perché la Sua mano e la Sua mente l’avrebbero guidata, sempre.

- Voglio che tu vada ad Azkaban. E’ giunto il momento di chiamare i Dissennatori -

Bellatrix udì qualcuno sussultare. Peter Pettigrew si era involontariamente portato la mano metallica davanti alle labbra, mentre i suoi occhietti acquosi si colmavano di terrore.

- Si, mio Signore – rispose la donna, inginocchiandosi a baciargli le vesti. Poi si voltò, tirandosi il nero cappuccio sulla testa, mentre rivolgeva un’occhiata a Pettigrew.

I suoi occhi famelici erano traboccanti di disprezzo.

 

Bellatrix si materializzò con un fruscio davanti ai cancelli di Azkaban, mentre un vento impietoso sferzava l’isola ululando di rabbia e le onde marine frustavano fragorosamente le ripide pareti rocciose, nell’inutile tentativo di consumarle. Il posto, come aveva previsto, era deserto.

La donna si calò il cappuccio con un movimento fluido, lasciando che i suoi lunghi capelli color notte si librassero sfrontatamente nell’aria. Il ricordo di quei luoghi era marchiato a fuoco nella sua mente e non si sarebbe mai cancellato, fino a quando lei avrebbe esalato l’ultimo respiro e il suo spirito si sarebbe ricongiunto a quello di Rodolphus.

Un giorno forse non lontano.

Improvvisamente freddo e gelo parvero abbracciarla, come un sudario di morte, mentre mani invisibili si stringevano attorno alla sua gola, smorzandole il respiro, e un sudore freddo cominciò a imperlarle la fronte.

Erano loro e si stavano avvicinando.

Quante volte aveva sentito quel ghiaccio colloso che la aggrediva, paralizzandole il corpo e la mente, quante volte aveva avvertito la sensazione di essere condannata all’infelicità permanente, intrappolata in un limbo doloroso, condannata a vivere un’esistenza scissa dal suo corpo, ridotto a puro involucro cavo e rimbombante.

Presto Bellatrix li vide avanzare verso di lei…

Erano tre figure alte e lattiginose, come se fatte di nebbia condensata, avvolte in lunghi manti logori, drappeggiati più volte intorno a corpi che mai nessuno aveva visto. Portavano con loro un odore pungente, un lezzo indefinibile di legno marcio e acqua putrida, mentre un rantolo basso e prolungato saturava l’ambiente… il loro respiro, il loro alito immondo che tutti i prigionieri di Azkaban avevano imparato ad odiare con furore.

I tre Dissennatori si fermarono a pochi metri dalla Mangiamorte, che continuava a spostare il suo sguardo incandescente da uno all’altro, mentre quello che le aveva detto il Signore Oscuro prima che lei partisse le ritornava alla mente.

“Sentiranno la mia presenza con te e non ti toccheranno… dì loro quello che devi e aspetta il loro segnale d’assenso. Poi smaterializzati.”

- Sapete perché sono qui. – esordì lei, cercando di sovrastare il rombo del vento che aumentava sempre più di intensità.

I Dissennatori rimasero immobili, statue di pietra sospese a mezz’aria, le sculture della morte e dell’annientamento.

- E’ per chiedervi di unirvi a Lord Oscuro, il solo che può donarvi la libertà che bramate da secoli e il nutrimento di cui siete ghiotti. Se accettate, datemi il segno della vostra alleanza-

La donna attese, bella e terribile come un esercito schierato in battaglia.(*)

Improvvisamente il Dissennatore centrale estrasse da sotto il mantello quello che sembrava essere un arto, con una lentezza esasperante. Bellatrix strinse gli occhi.

Sembrava una mano, anche se di essa conservava soltanto la forma. La pelle incartapecorita che ricopriva quell’arto scheletrico era del colore della melma, una pelle traslucida, che lasciava scorgere al di sotto di essa vene di sangue nero che si avviluppavano intorno alle ossa, al pari di serpenti che stritolano la preda avvolgendola nelle proprie spire. Quella mano putrescente stringeva una pesante catena aggredita dalla ruggine.

Era quello il segnale. La catena simboleggiava il legame, il legame indissolubile che i Dissennatori stavano consacrando con il Signore Oscuro.

Bellatrix si avvicinò, tendendo avanti a sé entrambe le mani, e delicatamente prese la catena che l’essere le stava offrendo – Reductio – mormorò.

Il Patto era stipulato.

- Tenetevi pronti – disse alle figure dinanzi a sé e fece per smaterializzarsi…

- Expelliarmus! – ruggì all’improvviso una voce, e quasi senza accorgersene la donna si ritrovò scaraventata a diversi metri di distanza.

- Accio! -

Sbatté violentemente la testa contro qualcosa e gli occhi le si riempirono di lampi, mentre un liquido caldo e denso prese a scorrerle da una tempia. Bellatrix cercò di aprire gli occhi, frastornata, mentre la fronte le pulsava dolorosamente…e vide tutto come se stesse guardando attraverso un vetro rosso. Per un istante fu invasa da un terrore folle, poi capì che probabilmente si era tagliata sulla fronte e che adesso il sangue le stava colando negli occhi, scorrendo lungo le guance e morendo nei suoi capelli.

Gli occhi rossi…

come quelli di Lui…

Un furore cieco sembrò sommergerla a più ondate. Chi stava osando interferire?

Cercò di pulirsi il volto sulla manica della tunica, rialzandosi lentamente.

- Expecto Patronum! – esclamò una seconda voce, mentre una forma argentata metteva in fuga i tre Dissennatori.

- Ma guarda chi abbiamo qui… la vedovella Lestrange… - gracchiò qualcuno alle sue spalle. Bellatrix si voltò, il cuore che batteva di rabbia nel suo petto. Si trovò davanti la faccia deturpata dell’Auror Alastor Moody.

Eccolo, il principale responsabile della morte di Rodolphus.

Il vecchio stringeva tra le dita, oltre che la propria, la sua bacchetta. Gli occhi della donna si fecero di fuoco.

- Tu… - sibilò, la voce arrochita da una collera insana – me la pagherai… -

- Non sei nella posizione più adatta per minacciare, Bellatrix Lestrange. Sei circondata, e lo sai benissimo -

La donna lo fissò un lungo istante, prima di scoppiare in una lunga, cattiva risata, gettando la testa all’indietro e poi risollevandola di scatto.

Si zittì di colpo.

- Mi avevano detto che eri pazza… ed ora sto vedendo personalmente fino a che punto.-

La donna sorrise in modo terribile: - Sei tu il pazzo, vecchio Mad-Eye! Pazzo! Non hai ancora capito che il Signore Oscuro sta vincendo? l’alleanza dei Dissennatori ormai gli appartiene! -

L’Auror sembrò per un istante sconcertato, ma poi un’espressione d’indifferenza prese il posto sul suo volto sfregiato:

- I Dissennatori si possono mettere in fuga con i Patronus, ma se fossi in te comincerei a preoccuparmi… Voldemort oggi perde una sua fedelissima schiava. Sei in trappola. -

La donna strinse le mani a pugno con sempre più forza, permettendo al dolore di invaderla e di mescolarsi con l’odio in un micidiale sentimento. L’avrebbe ucciso, l’avrebbe ucciso persino a mani nude.

- Come osi nominare Lui, tu, immondo! - la donna faticava parlare, la rabbia le faceva digrignare i denti.

Moody le lanciò una rovente occhiata di disgusto, e poi – Stupeficium! – esclamò, puntando la bacchetta dritto al cuore della donna. Ma Bellatrix riuscì ad evitare il lampo rosso, che si limitò soltanto a bruciacchiarle il lato destro del mantello insieme a qualche ciocca di capelli. Repentina, estrasse dalle pieghe dell’abito una piccola boccetta contenente un liquido trasparente e la bevve d’un fiato. Scomparve.

- Ha bevuto una pozione per l’invisibilità! – sentì gridare Moody agli altri maghi che erano con lui – Tenetevi pronti, l’effetto è passeggero! -

 

Bellatrix sapeva che doveva sbrigarsi, o poteva considerarsi morta. Per un attimo l’idea la sfiorò… rivedere Rodolphus…

Di nuovo insieme, per sempre

Poi due fiamme gemelle si fecero strada nella sua mente, due fuochi rossi che sembravano lambire l’orlo della sua anima, procurandole qualcosa simile alla gioia trapunta di dolce sofferenza. Mylord…

Voldemort

Tornerai da me, Bella, tornerai da me…”

E la donna fu di nuovo visibile.

Era riuscita a nascondersi in una delle grotte che ogni tanto si aprivano sui fianchi dell’isola di Azkaban, come nere piaghe purulente di muschio fradicio. L’odore salmastro era molto intenso. Doveva pensare a come riappropriarsi della sua bacchetta, o non avrebbe avuto scampo…

- Bellatrix -

Una voce maschile, bassa, pacata.

Il cuore mancò un battito. C’era qualcuno lì con lei.

- Vieni allo scoperto, maledetto! – si ritrovò a dire, odiandosi per il panico che era riuscito a trapelare dalle sue parole. Lo sentì avanzare, mentre il frusciare delle sue vesti le riportarono alla mente qualcosa di molto familiare – Sapevo che ti saresti rifugiata qui. D’altronde le grotte ti sono sempre piaciute – continuò l’uomo, portandosi sotto la fioca luce che proveniva dall’ingresso della caverna. E Bellatrix lo riconobbe.

- Severus -

Un sottile sorriso gli piegò le labbra: - Felice che tu mi abbia riconosciuto –

La donna lo fissò, affondando lo sguardo febbricitante negli occhi neri e profondi di lui, che parevano capaci di scandagliare un’anima con incredibile facilità, accentuati maggiormente dall’estremo pallore del volto magro, un viso non bello, né fascinoso, ma attraente nella sua spigolosità, nell’essenzialità delle linee. Incrociò le mani bianche, lunghe e affusolate e si appoggiò ad una parete, continuando a guardarla con interesse.

- Riconosco un traditore a prima vista, Snape – ringhiò la donna – anche dopo molto tempo -

Snape piegò la testa da un lato, mentre il suo corpo sottile si staccava dalla parete:

- Traditore? E’ una parola con troppi significati reconditi per essere usata con una tale leggerezza – sussurrò l’uomo, guardandola con quegli occhi che sembravano appartenere ad altri tempi… tempi remoti, distanti, indecifrabili.

- E’ quello che sei, Snape. Tu L’hai tradito -

Lui sospirò: - Il tuo Signore mi ha offerto una vita, ed io non l’ho abbracciata, come invece hai fatto tu. Ho preferito rinunciarvi –

- Ciò non toglie che collabori con gli sporchi Mezzosangue e gli abominevoli babbanofili per la sua sconfitta! - sibilò Bellatrix, a denti stretti.

Snape tacque, fissandola ancora, ma nei suoi occhi non c’era odio, né rancore.

- Sei ferita – disse invece lui, osservando il suo vistoso taglio alla fronte. Ancora con quel mezzo sorriso enigmatico. Snape frugò un attimo tra i suoi abiti ed estrasse un piccolo lembo di panno bianco. – Engorgio – sussurrò, e le dimensioni del panno si moltiplicarono. Si avvicinò alla donna, e senza preavviso, le poggiò il panno su una tempia, delicatamente e con pochi movimenti esperti. Bellatrix lo guardò a lungo, col volto atteggiato a maschera indecifrabile.

- Tienilo sopra la ferita – sussurrò Snape – è imbevuto di una pozione cicatrizzante e disinfettante -

 Le dita della donna si accostarono alla tempia, e per un attimo sfiorarono la mano dell’uomo. Quel lieve contatto le procurò una scossa che la lasciò totalmente sorpresa. Poi Snape si allontanò di nuovo.

- Lord Voldemort non cadrà mai – disse l’uomo dopo alcuni istanti di profondo silenzio.

- Che vorresti dire… - e la voce di Bellatrix era arrochita.

- Non esiste l’ombra senza la luce, cosi come è impossibile che la luce non generi l’ombra. Bene e male coesisteranno sempre, Bellatrix. Certo, la bilancia penderà a volte dalla parte dell’uno, altre volte da quella dell’altro, ma nessuno dei due potrà mai essere annientato. O l’equilibrio del mondo si spezzerà, e sarà il principio della fine di ogni cosa. -

La donna lo guardò ancora, in silenzio. Le sembrò inutile pronunciare anche una sola sillaba.

E poi Severus fece una cosa che la spiazzò completamente: le porse la sua bacchetta. Gli occhi della donna si dilatarono dalla sorpresa.

- Conoscevo Rodolphus – sussurrò Snape, osservando Bellatrix che non aveva ancora mosso un muscolo per riappropriarsi della sua bacchetta – lo conoscevo bene. Se dev’essere una guerra, che almeno sia ad armi pari. Moody penserà che sia stata direttamente tu a sottrargliela. Da quando ha perso l’occhio magico, non è più abile come una volta. -

- Perché – riuscì finalmente a sillabare la donna, prendendo cautamente la sottile asticella di legno che Snape le porgeva.

- Perché tu possa lottare per quello in cui credi, giusto o sbagliato che sia. Torna da lui, Bella. Ci rivedremo molto presto, immagino. E chissà, forse per l’ultima volta… siamo uomini, dopotutto, soltanto deboli esseri umani in balia del fato, condannati a non sapere per quanto ancora soggiorneremo su questa Terra – E sorrise ancora, un sorriso intessuto di saggezza, dolore, cinismo, disillusione, consapevolezza.

Di umanità, semplice e gloriosa umanità.

E Snape svanì, senza fare il più piccolo rumore.

Bellatrix rimase a guardare ancora a lungo il posto in cui pochi istanti prima si trovava il corpo snello e pallido di Severus, poi si voltò e alzò gli occhi al cielo, basso e coperto di pesanti nubi color fuliggine. Le sue dita stringevano ancora il panno che le aveva dato Snape, ora intriso del suo sangue…ma la ferita si era davvero rimarginata.

La donna lo fissò: - Forse un giorno, Severus, un giorno – sussurrò, prima di smaterializzarsi con il solito lieve fruscio.

Due occhi scarlatti, di cui lei non poteva fare a meno, la stavano aspettando.

 

Continua…

  
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